C’est la VAR

Marco A. Munno
Crampi Sportivi
Published in
8 min readAug 28, 2017

7 personaggi la cui vita sarebbe cambiata con la VAR

Ronaldo

Prima delle sentenze relative al processo di Calciopoli e dei conseguenti trionfi nerazzurri culminati col Triplete mourinhano, l’unica sentenza a reggere era quella che, al di là di qualsiasi evento, l’Inter non vinceva mai. Corroborata nel tempo da investimenti in perle calcistiche, da Pancev a Gresko passando per Caio e Vampeta, nel tunnel di disastri si mostrò uno spiraglio di uscita.

Stagione 97–98, c’è il Fenomeno Ronaldo, quello che al suo massimo avrebbe rivaleggiato col Ronaldo attuale a trascinare i milanesi verso uno scudetto che si gioca ad aprile, nello scontro diretto con la Juventus prima in classifica, a 66 punti contro i 65 nerazzurri.

La Forza Irresistibile del brasiliano va a scontrarsi con l’Oggetto Inamovibile della difesa juventina; senza la VAR non c’è possibilità di poter finalmente risolvere il secolare paradosso dell’onnipotenza, come può dare un indirizzo netto un semplice uomo con fischietto? Ceccarini quindi lascia correre.

L’occasione per il brasiliano di portare al trionfo l’Inter in Serie A così come invece riuscì in Europa non si presenterà mai, anzi la sua avventura nerazzurra terminerà fra le lacrime di qualche anno dopo, nell’altro trauma del 5 maggio, quando realizza come non diventerà più l’eroe coi dentoni dei trionfi sotto la Madunnina che aveva sempre sognato di essere.

Trapattoni, imperatore dei leprechaun

Vogliosi di espandere la loro notorietà, chiusa fra paesaggi, birra e folk, l’Irlanda tentò la strada del calcio, ponendo a capo della selezione nazionale che avrebbe dovuto scaldare i cuori l’intramontabile Trap.

Fra conferenze stampa in improbabile inglese e tatticismi poco spettacolari, il mitico allenatore si rivela una grande scelta e quasi riesce a risollevare dall’oblio il team. Qualificazioni mondiali 2010, nei playoffs l’Irlanda è contrapposta alla Francia; alla sconfitta dell’andata, in casa, i verdi rispondono con l’1–0 in casa transalpina che impatta lo scontro portandolo al supplementare.

La famigerata “luck of the irish” si scontra però con l’altro noto detto “luck is for losers”; la selezione francese difatti esce vittoriosa dal confronto e quindi qualificata grazie a questa rete di Gallas, propiziata dal tocco di Henry, anche quello riassumibile con un famoso detto “gioco di mano, gioco da villano”.

L’Irlanda non fallirà comunque l’assalto alla fase finale della competizione successiva, guadagnandosi l’ingresso agli Europei del 2012; insomma, finalmente, il gatto è nel sacco pure in salsa estera:

Di certo, vista anche la fine non onorevole sia nell’Europeo stesso che nelle qualificazioni per la competizione successiva, che portarono il mister alle dimissioni, la VAR avrebbe permesso a mister Giovanni non solo di scrivere una bella pagina per lo sport nazionale, ma di restare per sempre nella testa dell’intera popolazione degli irlandesi e dei nativi buffi nanetti!

Marcozzi

C’è chi dalla tensione sportiva si è fatto trascinare, c’è chi ha perso le staffe di fronte a ripetuti torti subiti ed è sbottato alla sorte che gli aveva voltato le spalle.

A questi martiri la VAR avrebbe potuto destinare un percorso di pace e serenità, in luogo della sofferenza che ha poi portato a gesti inconsulti.

Come loro simbolo può assurgere Francesco Marcozzi.

Non vi dice nulla questo nome? Avete l’occasione di ricredervi: telecronista serio e preparato, per oltre 40 anni al servizio del quotidiano “Il Messaggero” e da più di 30 direttore dell’emittente radiofonica locale “Radio G Giulianova”, col solo peccato veniale di non aver resistito a lungo ad una sfiga che aveva scelto proprio una persona del suo calibro e del suo aplomb per accanirsi. Ascoltare per capire…

Muntari uomo-scudetto

Avreste mai pensato di ereggere l’effige di Sulley a volto principale di uno scudetto? Proprio lui, quel Muntari incontrista esploso in gioventú dalla multietnica cantera dell’Udinese, dal piede non nobilissimo ma dai grandi polmoni e tanti contrasti in mediana. Quello che credavate di ricordare solo per l’aver militato in Serie A in sole squadre dalla divisa a righe verticali nere, passando dai friulani alle due sponde dei Navigli milanesi, prima all’Inter e successivamente al Milan. Proprio lí, stagione 2011–2012, la storia calciatica del ragazzo che la cara VAR avrebbe fatto sublimare: scontro diretto fra Milan e Juventus, mischia in area, Sulley tocca il pallone, Buffon la devia dopo che ha superato la linea.

Niente gesto di tv da parte dell’arbitro, niente salvezza tecnologica e il nostro ragazzo non arriva alla meritata gloria; da lí, per Sulley una carriera da incontrista in declino e, dopo la fuga dalla Serie A il ritorno con l’ultima casacca indossata in Italia, con le immancabile strisce nere ormai sbiadite nell’azzurro, quella del povero Pescara retrocesso in Serie B.

Turone ottavo Re di Roma e mezzo

Da secoli ormai la storia dell’Urbe non vedeva un nuovo monarca da incensare. Dopo aver duellato con etruschi, cartaginesi e galli, l’unica tenzone rimasta, oltre alla perpetua agitazione interna fra laziali e romanisti, è quella calcistica con la Juventus. Nella stagione 80-81 si presenta l’opportunità di tornare agli splendori di un tempo, uscendo finalmente di nuovo trionfatori. In quel di Torino i giallorossi, staccati di una lunghezza in classifica dalla Juventus capolista, segnano l’agognato punto del sorpasso: al 75esimo minuto, è Maurizio Turone, uomo di sacrificio solitamente dedito alla protezione della propria roccaforte invece che all’offesa dello schieramento avversario, a realizzare la sortita vincente e a fornire un nuovo profilo di vincitore al popolo capitolino.

Purtroppo il periodo storico si rivela quello sbagliato: troppo tardi per una restaurazione imperiale, troppo presto per la giustizia inoppugnabile che avrebbe fornito la VAR.

Re Maurizio allora non viene incoronato, la sua truppa non completa la marcia sull’ostile terreno torinese e il quadretto consegna alla storia non 11 trionfatori, ma 11 novelli Spartaco.

Ahn

Edizione dei Mondiali di calcio del 2002 con sede inusuale: l’organizzazione tocca a Corea del Sud e Giappone. Negli ottavi di finale, gli azzurri, fra le formazioni più accreditate del torneo, si trovano di fronte gli stessi coreani. La partita inizia con un rigore a favore dei padroni di casa, calciato dall’allora giocatore del Perugia, Ahn Jung-hwan:

Rigore neutralizzato da Buffon, rete italiana rimasta immacolata e azzurri che non partono con l’handicap.

Quella che però sembrava solo una giornata sfortunata per l’attaccante capellone diventa l’inizio di una montagna russa di emozioni senza una VAR a smettere di pagare i gettoni per le corse.

Da quel momento, infatti, nel ruolo di Lucignolo ad accompagnare il ragazzo coreano nel paese dei balocchi assurge Byron Moreno; il robusto arbitro dall’aria stralunata e il fischietto libero di agire o non agire senza l’austero controllo della VAR.

E’ in questo modo che il nostro Ahn pensa di godersi la cuccagna, restando dentro alla partita con la sua Corea del Sud finchè non arriva all’estasi della rete che porta alla vittoria i suoi e condanna l’Italia all’eliminazione.

Quello che sembrava un momento bellissimo tuttavia nascose per Pinocchio la trasformazione in ciuco; stessa sorte per la mezzapunta dagli occhi a mandorla, che al termine della rassegna mondiale si ritrovò cacciato dalla squadra del vulcanico patron Gaucci accusato di aver attentato con quella rete all’onore della nazione italica. Effimera quindi fu la gioia che poi portò alla sua esclusione dalla Serie A, quella che la VAR avrebbe ancora donato lasciando Ahn al suo destino di simpatico calciatore di rigori errati.

Maradona

Mondiali 1986, in scena l’incontro fra Argentina e Inghilterra. Non solo un quarto di finale di Coppa del Mondo, ma un match che sapeva di scontro dopo quello fra le due intere nazioni legato alle Isole Falkland. Diego Maradona mette a segno i due gol più famosi della sua carriera, sintesi del personaggio: quello splendido, forse il più bello dell’intera storia del calcio e quello malandrino, con la famigerata Mano de Dios.

Ecco, quest’ultimo sarebbe stato fermato senza pietà dalla VAR.

In quel momento, Diego avrebbe avuto tutto chiaro. Avrebbe compreso come un talento così speciale non dovrebbe essere macchiato da peccati veniali o mezzucci che potessero limitarlo.

Per simboleggiare al meglio la ferrea disciplina abbracciata, avrebbe iniziato a correre distanziando bene le braccia dal capo, sfrecciando sui campi in corse come quella di Naruto:

La vera e propria sfida sarebbe stata quella con sè stesso:

Il tutto, per superare il dualismo di sempre, per la palma di migliore della storia: quello con Pelè, proprio come quello fra il biondo ninja e la sua nemesi Sasuke:

E moltiplicando i propri sforzi:

la redenzione sarebbe stata completa e il sorpasso sarebbe stato effettuato, finalmente col trono di indiscutibile migliore di tutti.

E invece no. El Pibe de Oro definì la sua mano come quella divina, giustificando il fatto: e sino ai giorni nostri, la testa del tutto a posto non l’ha mai messa e un colpo di questo tipo non se l’è mai risparmiato.

Bonus: quando invece la VAR ha già cambiato la vita delle persone…senza, Kakà sarebbe asceso al cielo

Quando la carriera in campo di un calciatore è agli ultimi fuochi, diventa ora di pensare al futuro. Per alcuni il passo successivo diventa naturalmente la panchina, per altri la condotta in campo con indosso gli scarpini apre direttamente gli uffici da dirigente; per quanto riguarda il nostro Ricardo, è sempre stato palese dalle sue manifestazioni come a spalancarsi sarebbero state le porte del Paradiso.

Per anni difatti l’unica azione rintracciabile da bad boy di Ricardo è questa nei confronti di Julio Baptista, e magari Carlo Zampa manco la vede come così malvagia:

Insomma, un posto lì nella volta celeste sembrava ormai acquisito di diritto. E invece, maramalda arriva la VAR: nell’esperienza americana del ragazzo, presumibilmente l’ultima di una carriera stellare, arriva addirittura una espulsione a macchiargli definitivamente l’immacolata coscienza.

E guarda caso, anche in questa situazione zero volontà di far male da parte di Kakà, la reazione è scherzosa visto che l’avversario è un suo caro amico.

Ma tutto questo non fermerà una VAR dal controllare i destini degli atleti sui campi di calcio: una VAR per domarli, una VAR per trovarli, una VAR per ghermirli e nel buio incatenarli.

--

--

Marco A. Munno
Crampi Sportivi

Pensa troppo e allora scrive. Soprattutto di pallacanestro.