Chi avrebbe potuto fermare il Siviglia?

Crampi Sportivi
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7 min readMay 18, 2016

Tre cose certe nella vita: la morte, le tasse e il Siviglia vincitore dell’Europa League.

Così potremmo riadattare un antico adagio per constatare come il Siviglia sia effettivamente imbattibile una volta che è inserito nella seconda competizione continentale. Ancor prima della finale di Basilea dello scorso maggio 2016, la squadra spagnola era comunque detentrice del primato di vittorie: quattro.

Il dato che rende questo dominio ancora più schiacciante è che il Siviglia, una volta che arriva in finale, non perde mai: quattro finali, quattro trofei. Spesso sofferti all’ultimo atto, ma il Siviglia vince. Sempre.

La sua ascesa è cominciata quando all’inizio degli anni 2000 la presidenza fu assunta da José María del Nido. Prima di quell’insediamento, la bacheca del Siviglia contava su una Liga e tre Copa del Rey, con sole otto partecipazioni a competizioni continentali. Quasi 15 anni più tardi, si sono aggiunte altre due coppe nazionali, una Supercoppa di Spagna, ben quattro Europa League e persino una Supercoppa Europea. Inoltre, nel 2006 l’IFFHS ha consegnato al Siviglia il titolo di squadra migliore al mondo.

Il merito non va solo a del Nido, ma anche alla sua scelta dell’epoca di confermare il tecnico Joaquín Caparrós, che aveva ottenuto la promozione in Liga, e di scegliere Monchi come d.s. del club. Specie la nomina di quest’ultimo — ex portiere del Siviglia appena ritiratosi e ancora oggi a bordo — ha cambiato per sempre la storia dei Rojiblancos.

Da quel momento, diversi giocatori poi di fama mondiale giocheranno al Ramón Sánchez Pizjuán. Però mi chiedo se qualcuno, oltre a celebrare (giustamente) il Siviglia, si sia mai messo nella prospettiva di chi ha perso quelle finali. Tra club persi nella memoria collettiva e serate che sarebbero potute andare diversamente.

2006 — Middlesbrough (0–4 a Eindhoven)

Il primo appuntamento con la storia è a Eindhoven, dove gli spagnoli affrontano nella loro prima finale europea il Middlesbrough. Il Boro è recentemente tornato alle cronache del calcio grazie alla risalita in Premier dopo sette anni, ma all’epoca è conosciuto soprattutto per aver ospitato gli anni finali della carriera di Fabrizio Ravanelli.

Eppure il Middlesbrough di Steve McClaren ha gli stessi meriti del Siviglia. Alla seconda partecipazione europea nella storia del club, il Boro ha fatto sfaceli in Coppa UEFA (all’epoca si chiamava ancora così). Ha eliminato lo Stoccarda, la Roma di Spalletti, il Basilea. Infine, ha passato una folle semifinale contro lo Steaua Bucarest, con Maccarone a pescare il jolly-qualificazione al minuto 89 della semifinale di ritorno al Riverside Stadium.

Anche il Siviglia di Juande Ramos è arrivato in finale dopo i supplementari, con il gol decisivo del compianto Antonio Puerta. Eppure a Eindhoven non sembra esserci storia: i biancorossi — che hanno in campo Schwarzer, Southgate, Downing, Rochemback e la coppia d’attacco Viduka-Hasselbaink — crollano gradualmente.

Il Siviglia va in vantaggio con Luis Fabiano nel primo tempo, poi una doppietta di Maresca nella ripresa chiude i giochi. L’italiano sarà persino premiato Man of the Match dopo il 4–0 segnato da Kanouté. Maccarone entra nell’intervallo, ma non cambierà molto.

2007 — Espanyol (3–5 d.c.r. a Glasgow)

L’anno successivo, il Siviglia arriva di nuovo all’ultimo atto. Stavolta però, a Glasgow, sarà sfida nei confini nazionali. Già, perché l’Espanyol ha fatto un ottimo cammino verso la finale. Dopo aver vinto il suo gruppo (in cui c’era l’Ajax), ha eliminato Livorno, Maccabi Haifa, ma soprattutto Benfica e il Werder Brema.

I Periquitos possono anche vantare il bomber della competizione, El Rifle Pandiani, a quota 11 reti. L’Espanyol punta a scacciare i ricordi di quasi vent’anni prima, quando il club perse la Coppa UEFA nella finale del 1988 contro il Bayer Leverkusen. A Glasgow va in scena una vera e propria battaglia di nervi.

In quell’Espanyol allenato da Ernesto Valverde (l’uomo che ha portato l’Athletic Bilbao in Champions League negli ultimi anni), ci sono diversi elementi interessanti. Dal portiere Gorka Iraizoz a Zabaleto, dal compianto Dani Jarque a Riera, arrivando fino a Pandiani, Luis Garcia, capitan Tamudo e de la Peña.

Il Siviglia va in due volte in vantaggio: una nei regolamentari, un’altra nei supplementari. Eppure l’Espanyol non si perde d’animo, forte di un primo tempo ben giocato. Nonostante l’inferiorità numerica, il club di Barcellona riagguanta la partita due volte e la porta ai rigori. La stanchezza e il nervosismo, però, hanno la meglio sui Periquitos ai rigori: tre errori dal dischetto e Palop è l’eroe della serata.

La forma positiva del Siviglia in Europa League è talmente forte che l’Espanyol è una delle due uniche squadre ad aver perso la competizione pur non avendo mai registrato una sconfitta nella strada che l’ha portata in finale. L’altra squadra ad aver fatto la stessa fine è proprio un’altra vittima del Siviglia.

2014 — Benfica (2–4 d.c.r. a Torino)

Ecco, se c’è una squadra che è il simbolo della sfiga, credo sia proprio il Benfica. La maledizione di Béla Guttmann, l’allenatore che portò il club di Lisbona a vincere due Coppe dei Campioni. Alla separazione tra le due parti (a causa di un mancato adeguamento contrattuale), l’ungherese fu profetico: «Senza di me, non vincerete più una finale europea».

Detto fatto: il Benfica ha giocato altre sette finali continentali, ma le ha perse tutte, compresa quella dell’anno precedente ad Amsterdam contro il miracolato Chelsea. Ora i portoghesi ci riprovano con l’Europa League dopo aver eliminato Tottenham e la Juve di Conte (e dei 100 punti). Invece, il Siviglia torna in finale a sette anni di distanza con l’aria di chi ci è arrivato un po’ per caso. Il gol di M’Bia nella pazzesca semifinale contro il Valencia ha dato un’opportunità che sembrava ormai sparita.

Forse è un approccio che si riflette anche nella finale. Dopo un primo tempo sostanzialmente equilibrato, il Benfica schiaccia gli avversari nella loro area e il portoghese Beto — ex vivaio Sporting Lisbona e passato dal Porto: ce le aveva tutte… — è costretto ad almeno due-tre salvataggi clamorosi. Un assalto clamoroso che porta a un secondo tempo da assalto: 10–3 il conto dei tiri in porta (!) in favore dei portoghesi. Eppure, si va ai rigori.

Dal dischetto, i pensieri di quell’ungherese scorbutico e della delusione dell’anno precedente hanno la meglio. Sotto il settore occupato dai tifosi spagnoli, Cardozo e Rodrigo sbagliano i loro penalty. Quelli del Siviglia segnano tutti e allora la coppa finisce sulle rive del Guadalquivir.

Così a occhio, direi che il Benfica 2013/14 è stata decisamente l’avversaria più temibile per il Siviglia nelle quattro finali disputate. Ben diversa da quello che gli spagnoli affronteranno nella successiva edizione.

2015 — Dnipro (2–3 a Varsavia)

Se cercate l’intruso, l’avete trovato. Il Dnipro a Varsavia non doveva neanche esserci. Tutto risale al dicembre 2014: un clamoroso errore del guardalinee annulla il vantaggio al Qarabağ contro un’Inter già qualificata e rimaneggiata. Con quel gol, gli azeri avrebbero ottenuto una storica qualificazione (e sarebbero rimasti per sempre nei nostri cuori: questo lo aggiungo io).

Da quel momento in poi, il Dnipro sfrutta varie congiunzioni astrali e riesce ad arrivare in finale. Il sorteggio gli offre sulla strada Olympiacos, Ajax, Club Brugge e infine il Napoli, che spreca la grande chance di tornare in una finale europea dopo 26 anni. Ciò nonostante, il Dnipro ha i suoi meriti, ma è meno forte di quello allenato da Juande Ramos giusto un paio d’anni prima.

Tuttavia, il club ucraino ha trovato una sua quadratura con quel maestro del male che è Myron Markevych: il suo 4–2–3–1 è un esempio perfetto di copertura difensiva. Ci pensa poi il trio Konoplyanka-Matheus-Kalinic a trovare la via del gol: gli altri devono occupare bene gli spazi. Il Siviglia ha avuto un calendario più difficile, ma è troppo galvanizzato dall’avventura della passata stagione e riesce a far fuori un quartetto di avversarie molto difficili (Gladbach, Villareal, Zenit e Fiorentina).

In finale, il Dnipro vuole stravolgere la tradizione: gli ucraini passano con Kalinic e il Siviglia è per la prima volta in svantaggio in una finale di Europa League. Ciò nonostante, la squadra di Unai Emery effettua il sorpasso prima di esser ripresa all’ultimo possesso del primo tempo. Sul 2–2, la differenza la fa aver Carlos Bacca: il Siviglia ce l’ha, il Dnipro no. Altra sconfitta, altra squadra che (forse) non si riprenderà dalla delusione.

L’eccezione Reds

Cosa aveva di diverso il Liverpool rispetto a queste quattro? Perché la squadra di Klopp avrebbe dovuto fare una fine diversa da quella di tutte le compagini che sono cadute sotto i colpi — tecnici e psicologici — del Siviglia?

I motivi sarebbero potuti essere tre. Due tecnici e uno scaramantico.

Primo: il Siviglia del 2016, condizionato da una prima parte dell’anno comunque trascorsa in Champions League, ha concluso il campionato al settimo posto. Un bilancio di 52 punti conquistati: -39 dal Barcellona campione, ma anche -12 dal Villareal arrivato quarto. Senza contare una striscia finale di appena quattro punti nelle ultime nove gare. Il Siviglia 2015/16 è forte e ha un gruppo compatto ma forse non è forte come quelli che lo hanno preceduto.

Secondo: il Liverpool sembrava aver trovato una sua strada. Non era facile per Klopp prendere in mano la squadra a metà stagione, rivoltarla come un calzino e comunque arrivare in fondo a questa competizione. Nel farlo, ha eliminato quella che probabilmente era la candidata finale alla vittoria (l’amato Borussia Dortmund, in un incrocio dai mille lacrimoni), gli acerrimi rivali del Manchester United e una buona compagine come il Villareal di Marcelino.

Non solo: Klopp aveva lanciato una marea di giovani (sette in Premier, nove in tutte le competizioni). Insomma, aveva iniziato a creare un futuro generando un presente.

Terzo: il fattore statistico, con un pizzico di scaramanzia. Il Siviglia non aveva mai perso nelle quattro finali disputate. Sapete qual era la squadra con un record positivo al 100% in questa competizione, ma che ha giocato appena una finale in meno?

Esatto, il Liverpool, vincitore nel 1973, 1976 e 2001. Che incontrava il Siviglia per la prima volta nella sua storia europea. E che infatti ha perso, perché nessuno avrebbe potuto fermare il Siviglia. L’avreste mai detto?

E niente, arrivederci e grazie.

Articolo a cura di Gabriele Anello

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