Chi ha messo lì Casemiro?

Crampi Sportivi
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13 min readMay 25, 2016

Quattro maggio duemilasedici.
Il calcio continua a sfornare favole e storie ormai da alcuni giorni, a un ritmo che nessun appassionato può sostenere: il Leicester è campione d’Inghilterra per la prima volta nella sua storia, Luca Toni ha annunciato che si ritirerà al termine della stagione ed è pronto a passare dal lato dei Nostalgici, mentre l’Atletico Madrid ha imbrigliato il Bayern Monaco fino a sottrargli il posto nella finale di Milano.
Per ritagliarsi un posto in prima pagina o per essere mezz’ora nella home page di una qualsiasi testata sportiva online devi compiere un’impresa o essere Mario Balotelli.

Nell’altra semifinale di Champions League, quella dove non ci sono due correnti di pensiero opposte che si scontrano, si affrontano due squadre che esprimono un non-gioco fatto di individualità: il Manchester City è ospite del Real Madrid al Santiago Bernabeu, lo zero a zero scialbo e privo di emozioni dell’andata è il biglietto da visita della gara di ritorno. L’edizione odierna de La Gazzetta dello Sport ha ancora spazio per parlare di qualcosa che non sia il Vardyccino e il corrispondente da Madrid, che si occupa di presentare l’incontro, appunta a fine pagina “Casemiro non ce la fa, Zizou senza pivote ma un’idea è Kovacic”.

Tiro un lungo sospiro di sollievo e fotografo la notizia col mio smartphone.
Siamo salvi. Il calcio, come estetica rappresentazione di corpi che danzano con un pallone tra i piedi, ha trionfato e perciò Casemiro non scenderà in campo questa sera. In un centrocampo dove un paio di stagioni fa si muovevano Modric-Xabi Alonso-Di Marìa non ci sarà spazio per lui, per l’Equilibratore, il punto fermo che forse serve davvero a questo Real ma che crea una spaccatura vistosa in una squadra ricca di così tanta bellezza.
Il giocatore che mi piace definire “il meno Galacticos dai tempi di Gravesen”.

È necessario un appunto: qualsiasi cosa leggerete più avanti serve solo a smaltire l’incredibile repulsione che provo nei confronti di Carlos Henrique Casemiro, da São José dos Campos: ogni parola è dettata dal fastidio che provo nel vederlo con indosso la gloriosa camiseta blanca e la mia analisi, fondamentalmente, si basa su due aspetti.

Da una parte l’inconsistenza del personaggio Casemiro, che mi appare lontano anni luce dall’ambiente madridista, rimandandomi sempre all’immagine di un alunno che cambia scuola ad anno in corso e prova a prendere posto accanto a Beckham, Zidane o Figo. Il secondo aspetto è un’analisi del doppio confronto tra Real e City, con lo 0–0 dell’Etihad Stadium (che ha visto Casemiro tra i migliori in campo) e l’1–0 del ritorno, con Casemiro in tribuna e i compagni in campo a vincere.

Proprio per queste coincidenze, Carlos, io ti ringrazio.

Madridista per caso

Casemiro è un centrocampista ventiquattrenne brasiliano, calcisticamente svezzato nella dorata accademia del São Paulo Futebol Clube e arrivato in Europa grazie al Real Madrid. Al termine del periodo di formazione giovanile trascorso in Brasile, gli spagnoli hanno deciso di scommettere su di lui, pagandolo circa 6 milioni al termine di una mezza stagione che il volante verdeoro ha trascorso in prestito tra le fila della Castilla, la squadra riserve del Real.

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Qui mette a segno un gol di testa sugli sviluppi di un corner, impegnato in un campo della provincia spagnola. È possibile notare due suoi compagni di squadra, Alvaro Morata e Lucas Vazquez.

Ricordo che prima del suo trasferimento, come succede spesso ai giovani talenti in procinto di sbarcare in Europa, Casemiro fosse perennemente al centro di intricate trame di calciomercato che lo vedevano oggi al Milan, domani al Tottenham, poi all’Inter in prestito dalla Juventus, poi in comproprietà tra Roma e Fiorentina, in un sali-scendi di destinazioni fortemente influenzato dalle sue prestazioni con la maglia Tricolòr.

In realtà possiamo dar forma ai dubbi dei dirigenti di ognuna di queste squadre, quelle paure che ti impediscono di staccare un benedetto assegno a sei zeri: negli ultimi anni in Europa abbiamo assistito a giocatori come Paulinho, Keirrison, Ze Eduardo e Bruno Uvini, mentre oltreoceano si perdevano le tracce dei vari Arouca, Paulo Henrique Ganso, Dagoberto e Leandro Damiao. Nessuno vuole più spendere uno sproposito per un trasferimento rischioso, in quest’epoca che rimarca ancor di più i limiti (spesso psicologici) di molti giocatori brasiliani e quindi, una alla volta, le pretendenti di Casemiro sono scomparse finché il suo prezzo non si è abbassato dai soliti 30–35 milioni iniziali ai più accessibili 6 milioni sborsati da Florentino Perez.

Sei milioni è la cifra che solitamente il Real ha speso per Sergio Canales o per Cicinho, Garay è stato pagato di più e anche se questa statistica risulta palesemente pretenziosa, il fatto che i madridisti lo abbiano lasciato mezza stagione con la Castilla prima di aggregarlo alla rosa a disposizione di Ancelotti, girandolo poi per un anno al Porto, lascia intendere che non ci fosse così tanta attesa nei confronti del ragazzo. Anzi, quando è stato esercitato il controriscatto sul Porto su ordine di Benìtez c’erano tante certezze e speranze, ma forse qualche dubbio permaneva.

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Il riassunto breve dell’avventura portoghese di Casemiro, una stagione piuttosto tranquilla.

Non aveva dubbi Rafa Benìtez ovviamente, il tecnico scelto da Florentino Pèrez a inizio stagione: il rapporto tra i due, perennemente oggetto delle speculazioni dei giornali iberici, ha attraversato una fase turbolenta già mentre bisognava assemblare la squadra: Benìtez ha manifestato la necessità di avere in rosa un defensive midfielder, un giocatore in grado di posizionarsi sulla seconda linea del centrocampo e Pèrez, da sempre nemico giurato delle attenzioni difensive e vocazionalmente portato a costruire squadre prostituite al dio del gol, ha deciso di ripiegare su una scelta interna per limitare i danni, richiamando a Madrid il tanto bistrattato Casemiro che era ormai a un passo dal legarsi per cinque anni ai portoghesi. Qui la carriera del giocatore subisce una svolta: il tecnico spagnolo lo utilizza con continuità nella metà di stagione in cui costruisce il suo strepitoso esonero, tenendo in panchina giocatori come Isco; Pèrez si dispera e alla fine dà il benservito al tecnico, consegnando la squadra nelle mani di Zinedine Zidane che per prima cosa spedisce Casemiro nel dimenticatoio. Poi ci ripensa.

C’è una leggenda che spiega bene i sentimenti di Perèz nei confronti di Casemiro.
Stadio Santiago Bernabeu, Florentino è al solito posto in tribuna d’onore. Quando il pallone passa dai piedi di Casemiro, il boss si copre gli occhi con una mano mentre con l’altra si lascia andare al più classico dei gesti scaramantici. Proprio sul braccio proteso a coprire il volto è possibile notare due orologi: uno indica l’ora corrente a Madrid, l’altro invece indica i mesi che separano Casemiro dalla prossima campagna cessioni.

Casemiro, già Campione d’Europa nel Real di Ancelotti (che non sapeva che farsene di un Gennaro Gattuso brasiliano) realizza con l’addio di Benitez che il suo tempo a Madrid sta per terminare, definitivamente. Decide di giocarsi le ultime carte, di perdere peso per staccarsi il nomignolo di Beast e le conseguenti speculazioni di una stampa spagnola sempre attenta al peso dei giocatori del Madrid: così, mentre tutti vedono in lui un giocatore possente, bravo in fase di interdizione e poco altro, Casemiro continua ad allenarsi e a rispondere presente alle chiamate sempre più continue del tecnico francese, sfoderando una super-prestazione nel Clasìco di ritorno e stravolgendo le gerarchie a centrocampo.

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Al minuto 3.00 spazza una palla altissima a campanile, in perfetto stile partita di calcetto 7 vs. 7 con palla che urta la rete superiore

Nel giro della nazionale brasiliana e titolare nel Real di Zinedine Zidane nel giro di un mese, possiamo quindi definirlo come un classico interditore, molto bravo in fase difensiva, dotato di un tiro piuttosto potente e di fascino a sufficienza per essere paragonato a Toninho Cerezo. Non è Cerezo, non è nemmeno lontanamente Gilberto Silva anche se sembra un po’ Felipe Melo. Quando scorro il suo profilo Instagram mi sembra che lui (o il suo social media manager) stia urlando “Ehi, guardate, in questa squadra dove ci sono Ronaldo, Bale e Zidane ci sono anche io, proprio Casemiro! Quello a cui il mister chiede di non toccare la palla!”

È vero però che se giochi nel Real non sei propriamente l’ultimo dei giocatori, ma Casemiro è ambiguo, atipico, non è il brasiliano che traspira futebol bailado e che puoi immaginare in spiaggia a bere un Mojito in una noce di cocco. Più che brasiliano sembra un peruviano, potrebbe giocare anche nella Lega Pro italiana dove farebbe un figurone grazie alla sua verve. Ci pensate che in allenamento Casemiro sta al passo con James Rodriguez e con Benzema?

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Secondo me è l’unico a non aver segnato in questa hit parade di bombe in allenamento.

Casemiro ha acquisito sempre più importanza in questa stagione muovendosi all’ombra dei suoi compagni di reparto, al punto tale da rappresentare un problema per il suo allenatore, data la sua assenza nella semifinale di ritorno. In un Real Madrid che vive queste fasi transitorie che a volte attraversano la carriera di centrocampisti difensivi come Lassana Diarra, la squadra oggi pensa prima a coprirsi e poi a ripartire: lo stesso Zidane è stato accusato di aver salvato la faccia solo grazie alle individualità della sua squadra, facendo affidamento su un’ottima difesa e su dei cambi di versante ad alta velocità, come se fosse una sua colpa. In tutto ciò Casemiro è al centro, unico nel suo genere e insostituibile.

Nessuno che sappia svolgere il compito più “semplice” del mondo: rubare la palla, passarla a Modric o Kroos, eclissarsi. Caparbiamente, Casemiro ha saputo ritagliarsi un posto, programmando la sua seconda metà di stagione come se fosse un impiegato comunale: ha trovato qualcosa che sa far bene partendo dal suo modesto ufficio che fa parte di qualcosa di grande, ha saputo renderla indispensabile per i colleghi e per la squadra, ha reso questa cosa talmente modellata su di lui da rendersi unico e se solo quattro mesi fa si parlava di un probabile trasferimento al Chelsea o alla Juventus, adesso si parla di un suo probabile sostituto!

È questo il segreto del successo per sopravvivere in un tritacarne mediatico come Madrid senza finirne ai margini? Provare a cambiare il Real stesso? Diffcilmente vedremo Casemiro sponsorizzare profumi, gioielli o intimo da uomo, probabilmente non sarà mai il leader della sua Nazionale come la maggior parte dei compagni di squadra, magari allo stadio i tifosi ridono di lui sapendo che ha le ore contate eppure la Bestia, che del dna madrileno forse non ha niente, continua a tenersi a galla.

Casemiro adesso si sente “rispettato, rispettato come giocatore” e mentre Carlos Dunga sembra aver sciolto i dubbi su una sua probabile convocazione per la Copa America Centenario, Madrid sta pian piano scoprendo un velato affetto per lui, che non sarà decisivo come Xabi Alonso ma quantomeno ci sa fare. E poi si impegna e a fine partita esce dal campo tutto trafelato, come un perfetto impiegato comunale.

In campo per necessità

All’Etihad Stadium di Manchester va di scena il primo atto: gli azzurri di Pellegrini sono alla loro prima, storica semifinale, con lo stesso Manuel che affronta il suo passato privo di un solido futuro; dall’altra parte, la corazzata blanca si è lasciata un mese burrascoso alle spalle e, nel ristretto spazio di un paio di settimane, Zidane e i suoi hanno ribaltato il Wolfsburg tra le mura amiche, rosicchiando la distanza che li separava dal Barcellona e riducendoa a un unico, speranzoso punto.

Poche ore prima della gara mi concedo una lettura, convinto di poter allontanare gli spettri di una partita pessima: i pareri su Casemiro sono contrastanti, per alcuni è il punto debole della squadra, per altri invece rappresenta il punto di equilibro tra le due fasi di gioco del Madrid. Fabio Barcellona fa notare l’atipicità dei movimenti del brasiliano, che una volta recuperato il pallone avanza al piccolo trotto senza proporsi per nessun tipo di passaggio. Praticamente Casemiro dovrà superare il centrocampo solo per provare a staccare di testa su un corner, tutto qui.

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In maniera scolastica, come ha provato tante volte in allenamento.

Per tutta la durata della gara ho avuto occhi solo per lui.
Casemiro gioca una partita a sé, isolato in un compartimento stagno che non risponde alle normali regole e pressioni che gravitano attorno a una semifinale. In fase offensiva è semplicemente nullo, raccoglie il pallone dai centrali di difesa, scarica a caso su Kroos o Modric e poi arretra all’infinito fino a posizionarsi quasi tra i due centrali di difesa, permettendogli a turno di provare qualche scorribanda offensiva. Quando decide di non arretrare si trasforma nel fantasma di cui parla Fabio Barcellona, muovendosi praticamente a caso tra gli avversari, sicuro del fatto che la sua linea di passaggio verrà perennemente ignorata.

I compagni, forse per compassione, gli concedono un pallone ogni 24 circa, che lui provvede ad appoggiare all’indietro il più delle volte, probabilmente ricordandosi dei consigli di Zidane che spera di non vederlo impegnato in fase di impostazione: in questa occasione deve ringraziare la coppia Otamendi — Clichy se il suo rilancio diventa un pallone perfetto per Bale, da qui in poi ogni passaggio in avanti rischia di essere una potenziale occasione dei Citizens.

I minuti scorrono ed è facile percepire come la partita di Casemiro sia in realtà un elogio alla supremazia tecnica e all’intelligenza tattica di quello splendido giocatore che è Luka Modric: il croato è il dominus del centrocampo madridista, conduce le azioni offensive e spedisce in porta gli avversari, poi arretra in difesa e va a sporcare un quantitativo incredibile di palloni, propiziando almeno la metà delle palle recuperate dalla squadra.

Anche per merito di Casemiro. Dai Manuel, puoi ammetterlo…

Quando il City recupera il pallone e Casemiro switcha in modalità difensore ed è più facile leggere quali siano i suoi compiti prestabiliti: il brasiliano si piazza sulla trequarti campo del Madrid, con l’obiettivo di prendere in consegna De Bruyne e Silva o altri (che si muovono alle spalle di Aguero), scortandoli fino ai lati del campo, dove aspettano Carvajal e Marcelo. Quando il City decide di accellerare (creando spesso problemi di equilibro al nostro uomo), Casemiro è spesso fuori posizione, in netto ritardo, si concede qualche leziosismo o molto semplicemente non azzecca l’intervento. Non sempre, fortunatamente.

Kevin De Bruyne, David Silva prima e Ihehanacho poi, per Casemiro non fa molta differenza. Per un giocatore della sua mole, in grado di perdere un duello corpo a corpo col giovanissimo nigeriano in maglia azzurra, tutto diventa più difficile, da cardiopalma, mantenere la concentrazione è l’obbligo, sparare all’orizzonte qualsiasi cosa è la regola. Quando manca un quarto d’ora alla fine la sua partita si trasforma in una caccia all’uomo: abbatte ripetutamente chiunque e spesso interrompe le manovre offensive anticipando di testa il giovane Ihehanacho, accumulando una serie di interventi difensivi che, se non altro, hanno il compito di far capire agli spettatori che è vivo, che sta giocando.

Al fischio finale ha una vertiginosa percentuale di passaggi riusciti, circa il 76% su 63 tentativi, il più delle volte i suoi passaggi sono di questo tipo. Le statistiche di WhoScored ci rivelano alcune amare verità: Casemiro e Modric hanno disputato due partite quasi identiche sul piano difensivo (Casemiro ha commesso un fallo in più e ha intercettato un pallone in più), ma in compenso il brasiliano non ha praticamente mai toccato il pallone o partecipato a una azione. Ha vinto sette contrasti aerei, più di tutti i compagni di squadra e più di tutto il City insieme ma forse basta dare un’occhiata all’altezza media degli interpreti offensivi della squadra di casa per capire perché. Il telecronista lo incorona migliore in campo, WhoScored lo piazza alle spalle di Kroos, io non riesco a capire se sono i miei limiti a nascondermi la sua prestazione o se qualcuno ha puntato forte su questo ragazzo pagando affinché si parli bene di lui. Ho rivisto la partita già due volte, il risultato non è cambiato però.

Questo è il tenore delle foto trovate se si cerca “casemiro manchester city” su google

Fortunatamente Casemiro ha dovuto alzare bandiera bianca nel ritorno, lasciando spazio a Isco. Inutile dire che il Real Madrid, davanti al pubblico di casa, ha prodotto il doppio delle occasioni partendo dai classici fraseggi a centrocampo, con Modric che riceveva il pallone spalle alla porta e scarica per i compagni di reparto, innescando le velocissime ali madrilene.

Ora che già si intravede il palco della finale, mi chiedo cosa abbia potuto spingere una persona come Zidane, un giocatore che in campo si muoveva su una linea estetica-dimensionale diversa rispetto ai suoi avversari, ad affidarsi a Casemiro, preferendolo a Isco o al seppur evanescente James. Possibile che Zinedine veda in un giocatore del genere una certezza per la sua squadra? Magari avrà pensato “Se giocassi contro il Real allora Casemiro sarebbe l’unico giocatore in grado di arginarmi”. E se Casemiro fosse davvero utile alla squadra? Indispensabile? Funzionale? Il giocatore che sa essere una risorsa in più durante la fase di copertura e che in fase offensiva tranquillizza i compagni, spingendoli ad alzare il baricentro, affidando a lui il compito di fermare un eventuale contropiede?
Non voglio crederci.

E se facesse tutto parte di un piano superiore? Se Zidane invece stesse tentando di clonare Sergio Busquets, individuando in lui il segreto del successo blaugrana?

Pensateci: centrocampisti centrali entrambi, relegati a compiti puramente difensivi (anzi, possiamo anche considerare come Busquets sia coinvolto nella fase di impostazione), entrambi circondati da giocatori che hanno prolungamenti del pensiero al posto delle dita dei piedi. Sono tutti e due colossi che si muovono in mezzo al campo e fanno esplodere le zolle del campo da gioco, entrambi toccano quasi sempre all’indietro e fondamentalmente sono spregevoli. Forse Busquets di più, ma Casemiro ha tutta una vita per ritoccare al rialzo l’indice di odio.

Tanto so già come va a finire in questi casi. Quando parlo così male di un giocatore e fondo le mie considerazioni sui miei gusti calcistici finisce sempre allo stesso modo. Come quando pronosticai che Bale non avrebbe mai sfondato in Europa e che si sarebbe rotto sempre le ginocchia, come quando ero convinto che il caratteraccio di Suarez fosse utile solo a una squadra particolare come il Liverpool. Poi ho cambiato metodo e ho pronosticato Jackson Martinez capocannoniere del Mondiale in Brasile e guardate ora come è andata a finire.

Magari adesso stiamo assistendo all’ascesa di un giocatore pronto a migliorarsi fino a essere un portento, queste stagioni così, sulla falsariga di un telefilm sul calcio, servono solo a formare il suo carattere e a temprare il suo corpo in vista di Qatar 2022, quando Casemiro deciderà la finale del Mondiale contro il Belgio scagliando un missile alle spalle del portiere.

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