Chiamatelo Frank Sinatra

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
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4 min readFeb 19, 2018

Epilogo

È il 13 settembre del 2015. Siamo a Flushing Meadows, dov’è notte fonda ma non il buio, né il silenzio dominano l’atmosfera. All’interno del centrale dello U.S. Open si sta cercando di soverchiare una dittatura che ormai dura da anni. Il tiranno — che spazza via ogni tipo di minaccia con rabbia immonda — sta affrontando l’ennesimo golpe stagionale.

Forse per la prima volta in maniera così esplicita, una finale di uno Slam si gioca in 1 vs 23000. Lo stadio Arthur Ashe ha deciso di giocare contro Novak Djokovic, che può contare solo sull’appoggio del suo box e di pochi altri fan serbi nascosti qua e là. A ogni punto vinto dal serbo, i mormorii vengono sostituiti da un boato a ogni sua pallina out.

Per uno che è cresciuto sotto le bombe in territorio serbo, però, Nole ha ben pochi problemi di pressione, anzi… decide di giocare una delle sue migliori partite in carriera. A fine partita, tra la delusione generale, il tiranno si toglie la sua armatura in titanio e plutonio. Aprendo il borsone trova una tunica da sacerdote, che indossa con difficoltà dovuta al corpo in iper-sudorazione. Quello che sta per presenziare è un rito funebre.

Il funerale è quello di Roger Federer, suo avversario barbaramente maltrattato durante la finale.

Federer, ormai 34enne, è alla sua ultima finale Slam. Dopo la pausa per dolori alla schiena e in evidenti pessime condizioni fisiche e mentali lo svizzero ha perso l’ennesima finale, la terza consecutiva contro cyborg-Nole, al suo decimo titolo Slam. Che fosse l’ultima chance era opinione abbastanza diffusa: un tennista che si esprime in un ultimo canto del cigno dopo aver fatto la storia del tennis (elevandolo a una bellezza mai vista) .

Dopo la Davis dell’anno precedente, Roger voleva un ultimo Slam per poi essere in pace con sé stesso, un ultimo bagliore di luce durante il cupo totalitarismo serbo. Così non è avvenuto, pazienza.

La magnifica perfezione del numero uno non concede pause: Novak Djokovic è il tennista più completo della storia e vincerà per molti, molti anni. Senza pause, probabilmente superando quel Federer che è icona di un tennis di tocco ormai destinato al crepuscolo.

Il 2016 è il baratro per l’elvetico. Cambio di coach, rottura del menisco, 0 titoli vinti, Olimpiadi non giocate. Dopo un’era non partecipa alle Finals. Esce dal balcone della Top 10 dopo aver vissuto da lì tre pontificati: Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco I.

La favola del Re buono è terminata. Ci accingiamo al tennis post-Roger Federer.

Plot Twist

Anno 2017.

Lo svizzero adotta uno stratagemma: dimezzando il numero di partecipazione ai tornei (di fatto abolendo la stagione su terra), vince gran parte di quel che è importante vincere. Il bilancio è di 52 partite vinte e quattro perse. In sostanza si vede meno nel circuito, ma quando c’è sbanca: una sorta di Lucio Battisti con la racchetta.

Il rovescio in spin, unica imperfezione di un quadro immacolato, diventa mortifero. Non si sa come o perché, ma lo svizzero torna numero 2 del circuito. Arriva a 19 Slam, realizzando una delle migliori stagioni in carriera e battendo il record di guadagni del 2007. Il tutto a 36 anni, reinventandosi e perfezionando sé stesso, la forma del campo e dei colpi che lo delineano: un po’ Renzo Piano, un po’ Salvador Dalì.

Una sorta di sceneggiatura per un ipotetico terzo Blade Runner. Ora sarà soddisfatto, avranno pensato molti.

Secondo tempo

Anno 2018.

Roger Federer vince il primo Slam dell’anno in Australia. Va a cifra tonda (20) e si avvicina abbastanza in classifica a Nadal, tanto da sentirne il profumo de pa mallorquí e Freixura. Durante la premiazione in Australia, l’elvetico crolla in un pianto incontrollabile, che di fatto pone tutti di fronte a un quesito: a cosa abbiamo assistito in questi 12 mesi? Cosa vedremo nei prossimi 12?

Capitolo I

Febbraio 2018.

Roger Federer torna a essere il più forte di tutti, alla ventesima stagione da professionista, dopo aver raggiunto la semifinale a Rotterdam. Accade 14 anni dopo la prima volta (febbraio 2004) e quasi cinque e mezzo dopo l’ultima (novembre 2012). Oltre ad aggiornare vari record che già gli appartenevano, lo svizzero ora si appropria anche di quello di numero uno più vecchio di sempre, battendo l’Agassi 33enne di fine carriera.

Quanto quest’avvenimento sia (e sarà) significativo, ce lo potranno dire i nostri figli: un tennista che ha fatto la storia e che paga un fisico usurato (abbastanza da pensare al ritiro la stagione precedente) si rimette in gioco cambiando allenatore e stile di gioco, conquistando nuovamente la vetta della montagna.

Non si era mai visto prima, non si vedrà mai più.

La bellezza delle sue partite a quasi 37 anni soddisfa gli esteti più meticolosi: lo svizzero è Frank Sinatra che 79enne annuncia l’addio in Giappone, Phelps che cammina sull’acqua a Pechino. Federer è Alì a Manila, Pavarotti a Torino, Nadia Comăneci a Montreal.

Federer è la Gioconda, è Zidane in Germania, la cupola di Brunelleschi.
Federer è Jordan che sta in aria per metà campo, Humphrey Bogart a Casablanca.

Federer è la ragazza sconosciuta baciata in spiaggia a 17 anni; la mamma che cucina i ravioli la domenica. Non importa se ti ricapiterà mai di vivere una situazione del genere… forse sì, ma non è sicuro. Magari tra due settimane, magari tra sei mesi… o mai più. Quindi te la godi, senza troppi perché.

Goditela Roger, sei entrato nell’Olimpo degli Dei.

Articolo a cura di Mattia Musio — Laureato in mediazione alla UniCa. Per sempre grato al serve n’ volley, al tocco di prima e al piano sequenza.

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