«Ciao, sono su Twitter: guardate la mia foto dal podio di Monza» | Il racconto (ironico-passionale) di una due giorni al G.P. d’Italia 2013

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
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10 min readSep 14, 2013

Ci sono posti magici, che sogni di vedere un’intera vita e che portano con sé un lungo cammino. Per me, la F1 ha sempre rappresentato una sorta di “pietra miliare” della mia vita da osservatore sportivo: il mio primo ricordo di F1 è di quando ero un bambino di sette anni e mezzo. C’era il GP di Monza in tv e Martin Brundle, con la sua Jordan-Ford, tagliava il traguardo in quarta posizione prima del suo compagno di squadra, un allora sconosciuto Rubens Barrichello. Quella macchina — allora oro, poi storicamente gialla, con tanto di “Benson & Hedges” come sponsor — mi è sempre rimasta nel cuore. Da quel Gran Premio d’Italia sono passati ben 17 anni e non ho mai smesso di seguire questa carovana, neanche nei tempi più brutti come tifoso: già, perché quando tifi McLaren, non sempre ti va bene e ti ritrovi a soffrire manco fossi l’Inter di Moratti negli inizi degli anni 2000.

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Martin Brundle e la sua Jordan-Ford del 1996: tutto cominciò da lì.

A 17 anni da quell’arrivo, ho potuto coronare quel che era un sogno mai realizzato: vivere l’atmosfera dell’autodromo di Monza, andando ad assistere alla tre giorni che avrebbe caratterizzato il primo week-end di settembre. Dopo una considerevole spesa, tuttavia sostenibile, si è partiti di venerdì pomeriggio, a causa di impegni personali: un peccato perdere la camminata sul paddock, ma mi sarei ripreso tutto con gli interessi nel post-gara.

Quando poi quest’evento viene vissuto insieme al tuo miglior amico, con cui condividi non solo un’amicizia lunga dieci anni, ma anche la passione motoristica, allora è tutto più bello. Se non fosse che il tuo compagno di viaggio è un ferrarista patentato — a proposito di motori — e quindi le scaramucce sono all’ordine del giorno. Gli dico «Tranquillo, Alonso la porta a casa» e giù insulti da parte sua, visto che la scaramanzia è come Dio: alcuni non ci credono, ma non si sa mai. Meglio non toccarla, portasse sfiga.

Giunti a Milano — meta della nostre pause — l’eccitazione sale a mille. La notte la placa, ma tutto sommato ribolle in superficie e non ci si può far niente: l’emozione di vivere l’atmosfera, forse, è più importante della gara in sé. Arrivati a Monza dopo un viaggio faticoso per la mole di gente presente, la fatica vola via quando l’entrata ci si para di fronte ai nostri occhi. Il rumore dei motori nel parco adiacente il circuito, gli appassionati pronti a tifare a piena voce i propri idoli e persino i fiumi di birra che scorrono nelle tribune: sembra tutto così magico che ti viene da piangere. Persino una spesa consistente per una maglietta dagli stores ufficiali non ti sembra la luna.

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La McLaren festeggia a Monza i cinquant’anni di storia.

Inoltre, non può mancare la scommessa che caratterizza un viaggio qualsiasi. Io, forte delle mie convinzioni, sono deciso a trovare almeno un tifoso per ogni squadra: del resto, quando vedi uno col cappellino della Sauber, ti convinceresti pure della forza di Gaston Mazzacane. Il mio amico, incuriosito, parteggia per l’altra parte, convinto di trovare solo le squadre principali. Così, i miei occhi guardano con passione alla pista, ma non mancano di cercare quel cappellino o quella maglia che mi testimonino la presenza di un tifoso Catheram o Marussia nel circuito. Niente da fare, non si trova. Intanto, la vena di alcuni tifosi ferraristi — più permalosi di una mina anti-uomo — è pessima, viste le deludenti qualifiche. Un peccato, perché i tifosi di F1 tendono a non essere come quelli del calcio: c’è meno rabbia tra una fazione e l’altra, solo una sana rivalità e la voglia di partecipare ad uno spettacolo che, senza quei tifosi, non avrebbe motivo di esistere.

Ahimè, Alonso è solo quinto ed un signore accanto a me non può fare a meno di notare che la “colpa” è del maledetto Vergne, reo di aver spruzzato della sabbia sul circuito con la sua Toro Rosso. Sarà un complotto concordato con la casa madre austriaca? Non mi spingo a dirglielo, ma in ogni caso le sue considerazioni non mi trovano d’accordo. Tuttavia, ci pensa già lo spagnolo a rendere incandescente il dopo-qualifiche con un team radio degno del dipendente modello. Intanto, mi ritrovo con un “mood” in chiaroscuro: da una parte, lo stupore per il talento di Hulkenberg, di cui si parla per un arrivo in Ferrari. Dall’altra, la delusione per le McLaren, soltanto ottava e nona, nonché per Lewis Hamilton, che ha sempre un pezzo di cuore di un vero fan delle furono “frecce d’argento”.

Primi segnali che il rapporto Alonso-Ferrari è al capolinea.

La notte porta consiglio ai tifosi e così si arriva al giorno dopo. Poco importa quanto accaduto nelle qualifiche: tutti attendono la gara e quei due ragazzi speranzosi, giunti da Roma in treno, non fanno eccezione. Tuttavia, la locomotiva da Milano a Biassono-Lesmo è decisamente fastidiosa per il mio amico, stizzito dalla presenza di tifosi RedBull accanto a noi. Non solo: uno dei fans delle “lattine”, con chiaro accento russo, accenna alla lentezza del veicolo.

«This train is a little bit slow. Ferrari-slow. No, Massa-slow» («Questo treno è un po’ lento. Come la Ferrari. Anzi, come Massa»).

Il mio amico storce la bocca con rabbia, ma si rasserena di fronte ad un’ammissione che molti fanno, ma che spesso si evita nel circus della F1:

«Ferrari has the best driver, he’s Alonso. Unfortunely for him, he doesn’t have the right car» («La Ferrari ha il miglior pilota, è Alonso. Peccato per lui che non abbia la macchina giusta»).

Il mio compagno di viaggio si rasserena e giunge riposato alla stazione, posizionata vicino alle due curve di Lesmo. Noi siamo in Tribuna Laterale Sinistra (per intenderci, vicino al traguardo), perciò ci aspetta una lunga camminata esterna al circuito. Tanti passi in mezzo alla natura, ma alla fine ci siamo: è in corso una gara di un’altra categoria. Intanto, ci siamo cautelati con le cuffie, perché ci siamo accorti come i tappi per le orecchie siano utili quanto Gutierrez alla Sauber. Purtroppo per la mia scommessa, di tifosi targati Marussia o Catheram non v’è l’ombra. Fortunatamente, la mia delusione sta per essere smorzata.

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Il cielo plumbeo su Monza nel pre-gara: niente pioggia durante i 53 giri.

Rientrati nel circuito, un cielo plumbeo ci accoglie per la mia immensa gioia. Le probabilità di pioggia sono alte — circa l’80% — e non posso che esserne felice: significa che le McLaren hanno ancora una speranza, nonostante una stagione deludente. Poi chissà, magari Hamilton tira fuori la gara della vita e diventa un successone! Sarò deluso: due “sgrullate” (qualcuno capirà la metafora religiosa) e poi rimangono solo le nuvole a farci compagnia. Così, mentre sullo schermo di fronte a noi scorrono le immagini delle edizioni passate, mi preparo ad un delirio ferrarista, con i tifosi in rosso speranzosi di battere l’imbattibile Vettel. Che sarà antipatico e vincerà «solo perché ha la RedBull», ma vince. Le cuffie fanno il loro effetto e siamo in perfetto clima Formula 1; la mia telecamera tascabile riprende tutto ciò che può, mentre lo speaker non manca di storpiare diversi nomi, tra cui quelli di «Gros-jean» e di «Bottàs», con un che di francese che non ha niente a che vedere con la Finlandia.

Le macchine escono per il giro di warm-up: c’è chi prova dalla piazzola di partenza, c’è chi vola direttamente verso la pista. Curioso vedere Raikkonen e Hamilton pronti a partire, mentre Vettel rimane nella sua ottima vettura, conscio di quel che sa fare. Quando passa Alonso è una festa, quando passa Massa — nonostante si vociferi che è la sua ultima a Monza da ferrarista — non vola una mosca. Manco stesse parlando Capezzone.

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Felipe Massa ha corso l’ultima gara a Monza sulla Ferrari. Ma se ne è accorto solo lui.

Finalmente c’è la gara. Tutti in griglia, l’attesa è spasmodica: c’è chi punta 10 euro sulla partenza dormiente di Webber. Come te sbagli: l’australiano si addormenta e Massa lo passa facile facile. Intanto, la gente non ha notato che Di Resta ha già lasciato da gara, mentre qualche giro dopo lo vedo malinconicamente tornare su un motorino ai box. Alonso, nel frattempo, ha deciso di togliersi di mezzo Webber con un sorpasso niente male; tuttavia, Vettel se ne è già andato e Massa non ha alcuna voglia di creare problemi al suo padr… chiedo scusa, “compagno di squadra”. Insomma, la gara sembra più divertente dietro: a turni, Raikkonen e Hamilton danno spettacolo. In particolare, l’inglese sembra parecchio spigliato nel finale, conquistando due punti che fanno sempre brodo. Ricciardo dimostra che il suo passaggio in RedBull è motivato — farà la stessa identica fine di Webber — mentre Hulkenberg si gode una gara quasi in crociera, con nessuno che disturba la sua Sauber. Tutto è cristallizzato, tanto che qualche sbadiglio si leva dal pubblico: solo lo speaker si fomenta per due decimi conquistati da Alonso. Non ci crede più nessuno; non ci credo nemmeno io, sebbene la mia testa sia altrove. Guardo le McLaren e mi chiedo se sia possibile avere un anno così orrendo: Button strappa un punto, Pérez zero. E siamo tutti pronti per la festa del podio, con alcuni che si sono portati in vantaggio, scendendo prima dalle tribune e giungendo in anticipo ai cancelli.

Più che il podio — dove un giovane/vecchio Jean Alesi intervista i primi tre (ma non c’era nessun italiano disponibile?) — la vera festa è sotto. Per noi e per chi ama la F1. E può avere la possibilità di camminare sul sacro suolo di Monza: certo, Lupi che premia Vettel o i fischi (senza senso) al tedesco rischiano di distrarti, ma i miei occhi sono tutti sotto. Il mio amico guarda più in alto, dove il suo alfiere giunge secondo e fa l’ennesima foto da mettere su Twitter, manco fosse l’ultimo dei bimbominchia riciclati da Netlog. Il più contento, alla fine, pare Webber, alla sua ultima a Monza e che ricorderà — nel post-gara — come questo sia uno dei circuiti che più gli è piaciuto nella sua carriera.

La cerimonia del podio è conclusa e siamo pronti per assaporare al meglio il circuito a piedi. C’è troppa gente, ma è piacevole in ogni caso. Sei sul sogno, sei tutto ciò che hai seguito per 17 anni e non puoi fare a meno di essere contento. Perché la F1 è questo: passione. Certo, i risultati aiutano, ma ci sono tanti che la seguono senza badare troppo ai risultati. Altrimenti, perché ci dovrebbero essere tifosi di altre squadre? E’ bello perché è così. Intanto, noi la foto sulla griglia di Monza — che è un “must” — ce la siamo fatti. Insieme, da soli, inginocchiati o adoranti sull’asfalto. Arriviamo alla prima chicane ed anche lì è un tripudio di gente. Mi sdraio su un cordolo e sento caldo: è il segnale che tutto è ancora fresco, appena finito. Oppure mi sto beccando un’insolazione. Il tutto mentre un camion della Force India scorre accanto a noi; arrivati alla prima curva di Lesmo, è tempo dei saluti. Un arrivederci.

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Alonso ci mostra l’utilizzo di Netlog ai giorni d’oggi. Un buon secondo posto per lui.

Tornati in albergo, si analizza la gara, si pensa al domani e ci si gode un viaggio di ritorno che ci vede tornati nella capitale alle 23:45 (con dieci minuti d’anticipo rispetto all’orario previsto: roba che neanche la Marussia). Si guarda anche al futuro della stagione: Vettel sembra avere un vantaggio incolmabile e questo campionato sembra tanto somigliare a quello del 2011, quando la RedBull chiuse con largo anticipo la pratica del tedesco. Onestamente, è la fine più probabile: la Ferrari non ha il passo gara per reggere, la Lotus ha il suo pilota principale che pensa ad altro (è fresca la notizia del ritorno di Raikkonen in Ferrrari) e la Mercedes aspetta i motori turbo dal 2014 per giocarsi il Mondiale.

Qual è il bilancio di tutto questo andare e venire? Semplice: è stato fantastico. Attenzione, però: sarei un ingenuo nel dire che la gara live sia il miglior modo per godersi la F1. E’ chiaro come stare fermi in un settore del circuito, nonostante lo schermo, non ti permette di apprezzare a pieno la corsa. Tuttavia, è un’esperienza che consiglio di fare, se si è appassionati. Il perché è facile: l’atmosfera. Sentire l’odore dell’asfalto, vivere il “mood” dell’autodromo, incontrarsi con tifosi di paesi e fedi motoristiche diverse: è come se il mondo ti abbracciasse in un week-end. E vi assicuro che non è poco. Intanto, però, un incubo mi insegue. Alla fine, la scommessa l’ho persa: niente fans di Catheram o Marussia a Monza. Se per i primi si può capire, i secondi hanno una pagina Facebook che conta 20mila “mi piace”: possibile che non se ne sia trovato nessuno in Italia nel week-end del GP? Peccato.

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Gabriele Anello, presunto giornalista. La Roma ha Gervinho, l’Inter ha Jonathan, a noi ci è toccato lui.

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