Come cambia la Juventus con Pjanic+Marchisio

Crampi Sportivi
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4 min readDec 8, 2016

Il fatto di essersi sbarazzato del Siviglia con soli dieci uomini ha permesso ad Allegri di sperimentare contro la Dinamo Zagabria, sia per quanto riguarda la formazione che per quanto riguarda le geometrie. Contro la squadra croata sono state confermate le certezze già viste con l’Atalanta: un centrocampo a rombo, spesso, che risolve i rebus di inizio stagione, coinvolge finalmente Pjanic in un ruolo più avanzato e crea superiorità numerica fra le linee. A questo vanno aggiunte una costante spinta sulle fasce e l’integrazione nel reparto offensivo sia di Higuain che di Mandzukic.

Numeri e moduli al servizio di un primo posto nel girone che certifica una superiorità mentale ancora più che di gioco. D’altronde non è la modesta Dinamo Zagabria (terza squadra di sempre a non aver segnato nemmeno un gol nella fase a gironi di Champions dopo Deportivo La Coruna e maccabi Haifa) l’avversario su cui misurare obiettivi e ambizioni, in vista di un ottavo che potrebbe mettere i bianconeri di fronte al Real Madrid, al PSG o al Bayern dell’ex Ancelotti.

Per questo Allegri si è concesso il lusso di un turnover massiccio, con Neto in porta per Buffon, una difesa a tre con Rugani, Evra e Benatia e il supporto di Cuadrado eventuale quarto a destra, col francese che scala più largo a sinistra.

Le sovrapposizioni costanti da dietro del colombiano si accompagnano così al dinamismo di Lemina, particolarmente attivo nel ruolo di interno destro. A sinistra, invece, fa più fatica un comunque generoso Asamoah, che comunque tocca 77 palloni, uno in meno di Pjanic.

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La prestazione di Asamoah che domina la corsia sinistra[/caption]

È il bosniaco, avanzato come trequartista, il vero jolly di Allegri. In questa nuova formula di gioco, come già si era visto contro l’Atalanta, Pjanic porta il primo pressing e aggredisce lo spazio fra le linee. Si lascia coinvolgere in ogni zona del campo, apre soluzioni, smista, legge il gioco con anticipo. E’ un punto di riferimento nella costruzione della manovra, non a caso entra in tutte le azioni d’attacco, svaria su tutto il fronte offensivo e va spesso a cercare proprio gli inserimenti di Cuadrado alle spalle della difesa di Pivaric. Una posizione più libera da compiti difensivi e molto più vicina all’area di rigore che esalta le caratteristiche dell’ex romanista e permette alla Juve di dettare i tempi del gioco, sfruttare tutta l’ampiezza del campo e allo stesso tempo, con gli inserimenti delle mezze-ali, di controllare i semispazi, i corridoi interni fra la porzione centrale del campo e le corsie esterne.

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Pjanic a tutto campo contro la Dinamo[/caption]

Merito anche dei 104 palloni toccati da Marchisio, determinante in fase di possesso. La posizione assunta contro l’Atalanta, che riprende contro la Dinamo quando Cuadrado arretra, ne fa il primo cervello del gioco. È lui il centrocampista incaricato di gestire l’uscita del pallone dalla difesa, da Rugani o più frequentemente Benatia, che effettua più passaggi di tutti nell’arco del match (99). I due centrali scambiano fra loro 47 volte, segno di una Juventus che, visto anche il baricentro basso dei croati, ha fatto in modo da gestire già dalla difesa la circolazione del pallone per arrivare così in area attraverso il fraseggio e non l’immediata verticalizzazione.

Una Juve che completa quasi il triplo di passaggi, 600 contro 289, ma solo 60 in più nella trequarti offensiva (167 a 107). Una squadra che dunque, soprattutto nel primo tempo, qualcosina concede a una Dinamo che, al contrario, non può che lavorare sulla verticalità. Ma le occasioni restano comunque un miraggio per i croati: saranno appena 3 le conclusioni totali contro le 18 dei bianconeri.

Nella ripresa la Juve accelera, va 11 volte al tiro e va a esporre con più insistenza le difficoltà dei croati nei ripiegamenti difensivi. Il 4–3–3 della Dinamo dovrebbe teoricamente portare a un costante uno contro uno a tutto campo, ma la linea a quattro si mantiene più stretta e Cuadrado ha l’occasione di rimanere più alto e saltare il primo pressing. E’ anche da questa sua libertà che nasce il gol di Higuain, facilitato poi dal movimento con la palla di Lemina al limite.

Il Pipita non scambia molto con Mandzukic, appena tre combinazioni in 90', ma senza palla l’alternanza delle posizioni, i tagli fuori dell’argentino e le sponde del croato funzionano eccome. Così in più di un’occasione è Higuain che si trova a giocare da attaccante di raccordo nel corridoio centrale mentre Mandzukic va a cercare e costruire superiorità numerica accompagnando sulle fasce per allargare ancora la difesa della Dinamo.

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I movimenti complementari di Higuain e Mandzukic[/caption]

Nella ripresa la manovra juventina si fa più rapida rispetto ai primi 45 minuti, e Pjanic diventa l’anello chiave per la ricerca della superiorità nelle due fasi. Il 4–3–3 della Dinamo lascia spazi scoperti fra le linee, alle spalle del centrocampo, e il bosniaco si prende tutta la libertà sia nel pressing alto sia nell’accompagnamento delle punte. Uno spazio che poi, negli ultimi dieci minuti, dopo il raddoppio di Rugani che si inserisce da dietro sull’angolo di Pjanic e fa saltare la statica marcatura a zona dei croati, si muoverà Dybala che scalda i motori negli ultimi dieci minuti.

L’emergenza infortuni, dunque, ha per certi versi costretto Allegri alla soluzione più semplice e illuminante, prima del ciclo pre-natalizio che prevede il derby, la Roma e il Milan. Ogni uomo al suo posto, ogni elemento dove può rendere meglio, la profondità della rosa comunque lo consente, e un Higuain che comunque si integra nel sistema col “doppio 9”. Una Juve razionale, sicura, che ha e fa tutto quel che serve per vincere, in Italia e in Europa. Meglio tardi che mai.

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