Come Damien di Ken Loach

Crampi Sportivi
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3 min readJun 9, 2016

Come Damien di Ken Loach, così è sempre stato per me James. Damien per Londra non partirà mai, James prenderà il primo volo per Newcastle e poi in macchina fino a Sunderland, ma questo poco conta. La guerra di Damien, Cillian Murphy in “Il vento che accarezza l’erba”, è la stessa identica di James McClean, irlandese di Derry e centrocampista del West Bromwich Albion, e la coerenza che ti tiene legato alla tua terra è una stronzata bella e buona. Come l’accusa di “prendersi i soldi della regina”, accusa che potrebbe avere un minimo senso se Sua Altezza fosse la presidentessa del West Bromwich Albion. James alla sua battaglia darà un palcoscenico mondiale rifiutandosi di indossare quel poppy sporco di sangue o voltandosi alla Union Jack. James dentro di sé porterà la battaglia del suo popolo, del Bogside.

Questo articolo si è scritto da solo proprio in una serata nel Bogside, quartiere repubblicano di Derry, dopo un Derry City-Limerick. Io alla quinta Guinness ero andato, Shaun, Caolàn, Connor e Paddy invece stavano da Dio. Ho dubitato della loro lucidità quando ci hanno obbligati a cantare l’inno di Mameli con tanto di mano sul cuore, ma vabbè. “Guys, non è che sia ‘na cosa tanto da compagni in Italia, eh”. Loro però pensavano a Cannavaro che alza la coppa e godevano più di noi attribuendo peraltro alla faccenda un improbabile alone socialista. Boh, che piaga l’alcolismo.

Dicevo, con Shaun quella sera finimmo a parlare di nazionali e nonostante le uniche parole che sa pronunciare in italiano siano Merda, Brigate Rosse e Lucarelli mi sono accorto che ha una passione bramosa per il nostro calcio e soprattutto per gli Azzurri. “Shaun, levami una curiosità. Ma tu a livello di nazionali per chi tieni?” “Non è facile, Ale”. Mi spiega poi che loro, nordirlandesi ma repubblicani, sono visti dai “veri” irlandesi, soprattutto in ambito calcistico, come degli irlandesi di serie B. Una sorta di razzismo intestino tra fratelli su chi vuole più bene a mamma. “Oh, non mi dire che tifi per l’Irlanda del Nord”, domando dubbioso dato che intorno a me su 10 persone 13 indossano una maglietta del Celtic. Shaun scoppia a ridere.

“Ah, ecco. Perché sono dei bastardi unionisti?”

“No, Ale. Perché l’Irlanda del Nord non esiste”.

Questo europeo per la prima volta nella storia vedrà partecipare nella stessa competizione la squadra di calcio dell’Irlanda del Nord e quella della Repubblica d’Irlanda, e io ho pensato ai ragazzi del Bogside. Alla fin fine sono due Cenerentola che sfideranno i grandissimi del calcio di questo continente, ma non tutti si lasciano entusiasmare dalla solita favoletta di Davide contro Golia che, dopo esser stata abusata così tante volte, possiamo dire senza problemi che abbia rotto il cazzo. C’è chi di questo traguardo non sarebbe felice, come per esempio George Best. Nell’ultima intervista rilasciata il Belfast Boy parlava di un’Irlanda unita, come se suo nonno e suo padre non fossero mai stati dei presidenti orangisti. “Nel rugby è successo, perché non nel calcio?”.

Continua poi dicendo che “un Paese diviso non fa bene a nessuno e un’unione, anche solo simbolica come quella nel calcio, non può che fare bene”. Peccato che le parole del Dio Denaro contino di più di quelle del Dio George Best, soprattutto ora che sia la Repubblica che la Colonia Abusiva si ritrovano due squadre catapultate tra le 20 squadre partecipanti all’Europeo. Tutto questo però potrebbe avere dei risvolti positivi, tipo un passaggio del girone da parte di entrambe. Tipo un Repubblica d’Irlanda-Irlanda del Nord. Tipo James McClean, che ha rifiutato la convocazione del Nord per la Repubblica nei minuti di recupero. Tipo di rovesciata. Tipo da centrocampo. Tipo che esulta con la maglietta di James Connolly, dato che è anche il centenario della Easter Rising. D’altronde il fatto che io l’alcool non lo regga l’ho scritto nel secondo paragrafo. Slàinte!

“Capisci cosa dico, Tyrone? Voglio risate, facce nuove, strade senza soldati. Non voglio più essere come siamo, fratellino. L’Irlanda mi ha succhiato le forze. Mi ha domandato troppo, questa Irlanda. Ha richiesto troppo. Non ne posso più della nostra bandiera, dei nostri eroi, dei nostri martiri. Non voglio più affaticarmi così tanto per esserne degno. Ci rinuncio, Tyrone. E so che anche tu rinuncerai. Un giorno, quando avrai una ferita di troppo. Finalmente respirerò. Mi ascolti? Vivere come un passante per la strada. Uno qualunque. Un eroe del giorno d’oggi. Uno che porta a casa lo stipendio il sabato e la domenica fa la comunione a testa alta.”

Articolo a cura di Alessandro Colombini

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