Come interpretare il calciomercato della Serie A 2014/2015: un bilancio

Crampi Sportivi
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24 min readSep 12, 2014
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Nei film americani, spesso anche nei cartoni, capita che per spiegare un crollo improvviso in campo economico — ma non solo — si usi il classico grafico cartesiano con una linea che dopo aver raggiunto un picco x, precipita. Un’iconografia molto chiara e precisa che lo spettatore percepisce subito, se vogliono essere simpatici aggiungono dei fogli sotto per continuare a far scendere la linea come per dire “le cose stanno andando così male che neanche avevamo previsto uno spazio grafico per raccontarlo. Abbiamo dovuto aggiungere dei fogli!”.

Ecco al grafico del calciomercato italiano abbiamo iniziato ad aggiungere dei fogli.

Se l’anno scorso l’arrivo degli argentini Tevez ed Higuain aveva tenuto la linea entro il grafico originario, l’estate del 2014 ci ha costretto ad appiccicarci dei fogli A4 sottratti a qualche stampante.

Se però la qualità è precipitata, la linea del divertimento è in controtendenza: una volta superata la disperazione del tifoso, subentra la curiosità dell’amante, perché il calcio non è fatto solo dai 50 gol annui di Cristiano Ronaldo. Il calciomercato italiano ci ha dato reali motivi per continuare a guardarci più partite possibili attraverso improbabili streaming russi. Chi dormirà sabato notte pensando a Torres? Ragazzi, il Milan ha inseguito Torres per tutte le finestre di mercato negli ultimi dieci anni! E domenica questo inseguimento amoroso esordisce con l’aurea del brocco che gli infesta la divisa.

Saviola, ragazzi, Saviola… chi non crede nel riscatto di Saviola in Italia è un arido. Abbiamo dovuto attendere una guerra in Ucraina per riprenderci il Papu Gomez, tutte le domeniche vogliamo una telecamera fissa su di lui, noi gli vogliamo bene al Papu. Ok, alla fine è un po’ il discorso “non è bella/o, ma è un tipo” però ecco, siamo tutti in grado di capire che anche “i tipi” hanno il loro fascino e che la serie A, oggi, è un tipo. Quindi sforziamoci di trovare il fascino del particolare, la bellezza del dettaglio ed amare ancora la nostra Serie A e i suoi acquisti mediocri.

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La squadra palesemente rinforzata

In Serie A c’era un solo giocatore interessante da poter prendere, Juan Manuel Iturbe, la Roma lo ha preso. Nel mondo c’era solo un difensore giovane, enorme e aggressivo in maniera animale come Benatia e che non fosse del tutto fuori mercato, Manolas, la Roma lo ha preso. Mancava un terzino sinistro d’esperienza, la Roma ne ha presi due. Mancava un sostituto di Pjanic che fosse altrettanto bello da guardare, la Roma lo ha preso (Uçan). Mancava un giocatore forte, esperto e con una classe infinita a centrocampo tipo Keita, la Roma ha preso Keita.

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Fare tutto quello che si dovrebbe fare mi sembra un’ottima strategia per vincere i campionati.

Squadre che si sono rinforzate pure se non sembra

1/L’anno zero della Lazio Partiamo con un dato passato inosservato: la Lazio è la società che in questo calciomercato ha speso più soldi, 52 milioni di euro di passivo.

Dopo una stagione chiusa al nono posto a 56 punti — seconda quota più bassa dell’era Lotito — e una contestazione durissima, la società è stata costretta a investire su una squadra apparsa in disfacimento strutturale. Gli investimenti non sono valsi la riappacificazione col mondo laziale, che ha fatto registrare la seconda più bassa quota d’abbonati in Serie A (5mila, come l’Empoli (!)), ma pongono forse le premesse per una stagione finalmente significativa.

La difesa era il reparto che richiedeva interventi più in profondità. Lo scorso anno aveva subito 54 gol (solo sei squadre ne hanno presi di più) e si reggeva sui miracoli del senza tempo Biava e di un centrocampista riadattato come Cana. A un certo punto della stagione si è dovuto anche ripresentare l’impresentabile Andrè Dias.

Serviva un difensore di alto livello, in grado di guidare e alzare la qualità complessiva del reparto e forse non c’era sul mercato nessuno di migliore di Stefan De Vrij. In questo articolo su La Statistica si evidenzia come l’olandese abbia parametri molto simili a Davide Astori, a dimostrazione del perché la Lazio abbia cercato entrambi.

I giudizi un po’ enfatici circolati su De Vrij andrebbero in parte smorzati: lungo la Eredivisie le sue prestazioni — duelli aerei, intercettazioni, contrasti vinti — non sono sensibilmente migliori di quelle di Biava e Cana in un campionato più difficile come la Serie A. Le prestazioni al mondiale andrebbero rivalutate invece alla luce della difesa a 3 che gli assicurava una maggiore copertura — si è visto invece nella partita contro il Milan, in una difesa a 4 contro attaccanti molto veloci come sia andato in difficoltà nel difendere la profondità.

Il dato incontrovertibile è però che De Vrij è un difensore molto solido, che sbaglia poco, a differenza degli svampiti difensori della Lazio della scorsa stagione. De Vrij — rispetto a Cana, Biava e Ciani, ma anche ad Astori — commette meno errori e gestisce meglio il pallone. A ventidue anni, poi, i margini di crescita sono ancora incalcolabili per un difensore centrale che quest’anno sembra in grado di poter guidare un reparto che dovrà ammortizzare i danni dell’ennesimo colpo imbarazzante di Tare (Gentiletti, su cui c’è davvero poco da dire).

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A destra è stato inserito Dusan Basta, da valutare nella posizione di terzino. L’impressione è che, nel corso della stagione, Pioli farà largo uso della difesa a 3 con Radu arretrato tra i centrali e Basta alzato tra i centrocampisti. A centrocampo l’acquisto di Parolo, uno dei migliori intermedi della scorsa serie A, a 5 milioni e mezzo (favorito da un Parma in depressione e dismissione) è stato un mezzo capolavoro, considerando quanto alla Lazio mancasse un centrocampista in grado di muoversi nello spazio in verticale dai tempi di Nedved. Parolo, insieme a Lulic e Biglia/Ledesma potrebbe costituire uno dei reparti più interessanti della Serie A.

In avanti si è finalmente risolta la questione riscatto Candreva (a inizio mercato sembrava potesse partire) che è in assoluto il calciatore più determinate della Lazio (lo scorso anno in doppia cifra sia nei gol che negli assist) e tra i migliori in Serie A (inserito anche nella Top11 del campionato). La forza del reparto avanzato passerà molto da due variabili intricate: l’esplosione di Keita e la tenuta di Klose. Se però guardiamo alle statistiche, non è così impossibile che Djordjevic finisca per giocare più partite del tedesco.

Considerati i dati della scorsa stagione, il serbo tira di più in porta (2 tiri a partita contro 1,7 di Klose) e ha più occasioni create (22 a 17), con due assist in più. Numeri che potrebbero migliorare dentro a un impianto di squadra con più qualità come quello laziale (banalmente: essere serviti da Schetchen e Veretout non è proprio lo stesso che esserlo da Candreva e Parolo).

La sconfitta contro il Milan è stata interpretata troppo duramente: forse figlia più di errori di preparazione tattica di Pioli che di reale differenza di valore tra le squadre.

I problemi difensivi evidenziati nella prima partita potrebbero portare Pioli a schierare la difesa a 3. Il modulo prevederebbe però l’accentramento di Candreva, che, senza la fascia davanti, finirebbe per perdere d’efficacia. Pioli probabilmente dovrà riuscire a trovare un equilibrio tra un reparto difensivo che gioca costitutivamente meglio a 3, e un reparto offensivo che, per caratteristiche, vorrebbe l’uso di attaccanti esterni.

L’impressione però è che per trovare quest’equilibrio Pioli abbia a disposizione la migliore Lazio dell’era Lotito.

2/”Ma lo sai che ‘sto Milan alla fine non è male…” “Il mercato chiude il 31 agosto” era solito dire Adriano Galliani nelle lunghe e calde giornate agostane che precedevano il termine del calciomercato. Quest’anno il motto è leggermente cambiato in “il mercato chiude alle 23”, parole proferite il 1° di settembre dall’Ata Hotel Executive. Come sempre Adriano dalla gialla cravatta si mostra falco dell’ultimo momento, uno con la zona cesarini del mercato in testa, quello che riesce a portare il colpo finale sempre all’ultimo momento con una suspense sempre crescente e l’effetto sorpresa assicurato (vedi l’arrivo di Jack Bonaventura).

Ora, al netto di cessioni e acquisti, e’ possibile inserire il Milan tra le tre migliori società ad aver operato sul mercato estivo italiano? Direi di si.
Analizzando la rosa del Milan reparto per reparto, con nuovi acquisti e conferme, si nota una crescita delle scelte a disposizione di mister Inzaghi.
Questione portiere: negli ultimi due anni Abbiati non ha rappresentato una sicurezza per il reparto arretrato. Il Milan ha subito lo scorso anno, in media, un gol ogni 3 tiri nello specchio, con Abbiati che è passato dal subire 0,79 reti a partita all’ 1,11 dello scorso campionato. L’estremo difensore rossonero è passato dalle 2,14 parate prima di subire gol di due anni fa all’ 1,63 dello scorso torneo. In più va aggiunta la condizione fisica non eccelsa di un 37enne, spesso fermato da infortuni di vario tipo, a chiudere un quadro perlomeno allarmante.
Con l’arrivo di Diego Lopez il Milan si è assicurato un giocatore non più giovanissimo (anche se 32 anni per un portiere sono ancora un’età più che accettabile) ma che nella scorsa Liga ha saltato solamente due gare sulle 38 di campionato, questo significa che il portiere spagnolo gode ancora di una condizione fisica ottimale nonostante l’età. Nelle 36 gare in cui è sceso in campo, Diego Lopez è riuscito a rimanere imbattuto ben 16 volte. Certo molto dipenderà dalla difesa dei rossoneri ma alla prima di campionato il portiere spagnolo si è già presentato al proprio pubblico con un rigore parato e la sensazione generale che finalmente il Milan sia in mani sicure. Se a tutto questo aggiungiamo che Agazzi, ottimo nelle annate al Cagliari, è stato preso come secondo il quadro sembra essere incoraggiante.

In difesa, confermato Rami, il cui arrivo a gennaio aveva portato una buona dose di forza fisica, affidabilità e abilità nel gioco aereo, Galliani ha portato a Milanello il vecchio pallino Alex ed il colombiano Armero. Il primo ha raccolto 42 presenze nella scorsa stagione al Psg, a dimostrazione di una integrità fisica ancora buona. Il Milan ha inserito nel reparto arretrato un difensore che ha qualità nei passaggi (cosa che aiuterebbe i rossoneri ad impostare il gioco partendo già dalla linea difensiva), e che porta in dote un’ elevata percentuale di interventi riusciti per contrasti aerei e tackle. A tutto ciò va aggiunta l’esperienza, anche internazionale del difensore di Niterói per considerare l’acquisto di Alex, a parametro zero, come un’operazione più che positiva da parte di Galliani.
Diversa, invece, è la situazione di Armero; le ultime due annate del difensore colombiano non sono state delle più entusiasmanti, è vero, ma la sensazione è che l’ex Napoli ed Udinese sia stato preso come tampone in attesa del mercato di gennaio in cui il Milan presumibilmente tratterà ancora un terzino sinistro tra Criscito, Strinic e Jansen dell’Amburgo. Nel frattempo, però, Inzaghi avrà un’alterativa affidabile a De Sciglio (sarà questa l’annata giusta per l’esplosione definitiva del ragazzo?) in una posizione dove anche Bonera può operare da esterno di difesa bloccato. Rispetto alla rosa avuta a disposizione da Allegri/Seedorf lo scorso anno, SuperPippo potrà scegliere se giocare di volta in volta con due centrali forti di testa (Alex/Rami/Mexes) o optare invece per un centrale di fisico in coppia con uno più rapido (Zapata/Bonera).
A centrocampo: In attesa del rientro di Montolivo (dicembre) il Milan ha giocato la prima di campionato con il trio Muntari, Poli, De Jong, con i primi due sugli scudi contro la Lazio, capaci di contrastare con efficacia il dinamismo Candreva, Lulic e Parolo.
In questo quadro l’acquisto di Bonaventura si presenta come un’operazione che porta ulteriore dinamismo al reparto mediano del Milan. Il giocatore ex Atalanta può tornare utile ad Inzaghi tanto come esterno nei tre d’attacco (anche se più che come assist-man, Jack si presta al ruolo di finalizzatore dell’azione) che come interno capace di portare corsa e tackle al servizio di mister Inzaghi. In molti hanno sottolineato come Bonaventura non eccella in assist e key-passes a favore dei compagni, in favore però di una ottima capacità di finalizzazione oltre che un ottimo apporto in termini di ripiegamenti difensivi e tackle (in generale lo scorso anno ha numeri migliori di Poli, che lo dovrebbe fare di mestiere).

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Per quanto riguarda Van Ginkel, il ragazzo olandese classe ’92 è dotato di gran fisico e gamba uniti ad una buonissima tecnica individuale. Probabile che il giovane arrivato in prestito per un anno dal Chelsea sia chiamato a far rifiatare i titolari di turno dato lo scarso apporto in termini di minutaggio che tanto Essien quanto Saponara sembrano destinati a dare. La giovane età e l’anno fermo per infortunio lo rendono il giocatore ideale per ricoprire il ruolo di rincalzo pronto all’occorrenza a dare il suo contributo, mettendo così minuti nelle gambe dopo un annus horribilis.

L’attacco è certamente il reparto più rivoluzionato in casa Milan. La partenza di Balotelli è arrivata al momento giusto, si è monetizzato al massimo la cessione di un calciatore discontinuo e che, citando La Statistica:

“Considerando le percentuali dell’ormai ex giocatore del Diavolo nella scorsa stagione, sottolineiamo come al di là dei 14 gol segnati, i valori realizzativi dell’attaccante classe 1990 si siano dimostrati modesti”.

Bisogna poi considerare come per il gioco di Inzaghi serva più una prima punta da area di rigore e dedita al sacrificio per la squadra che un potenziale campione pieno di indolenza. In questa ottica l’acquisto di Torres potrebbe essere una scelta saggia e ben ponderata. L’attaccante di Fuenlabrada può ancora dire la sua per un paio d’anni e, nonostante le percentuali realizzative non siano esaltanti l’attaccante ex Chelsea e Liverpool è cresciuto tanto in fatto di assist per i compagni, palloni guadagnati di testa ed ha notevolmente ridotto il numero di palle perse. In definitiva Torres potrebbe essere il tipo di calciatore perfetto per integrarsi con El Shaarawy, la spalla giusta per permettere al faraone di tornare a splendere come la prima parte del torneo 2012/13.

Sugli esterni la vera novità è rappresentata da Jeremy Menez, partito Taarabt che pure bene aveva fatto con Seedorf in panchina, il Milan ha portato a casa a parametro zero un giocatore che è lentamente finito ai margini del progetto Psg.
L’ex Roma è forse uno degli arrivi più interessanti in casa Milan; ancora 27 anni è quindi nell’età in cui un giocatore è al pieno della maturità calcistica. Ha smussato alcuni lati negativi visti in giallorosso, la scarsa dedizione al pressing e la svogliatezza mostrata dopo ogni palla persa sembrano aver fatto posto ad un calciatore più consapevole di doversi sacrificare per gli altri e non solo portato al colpo ad effetto. Gli ultimi due anni hanno visto un incremento delle percentuali realizzative dell’esterno francese che, se dovesse confermarsi sui dati del 2012–13, avrebbe possibilità di dire la sua anche in fatto di cross e assist per i compagni.

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L’attacco rossonero viene quindi fuori con una serie di soluzioni intercambiabili che fanno dormire sonni tranquilli ad Inzaghi, a cui spetta però il compito di inculcare in tutti i suoi uomini la cultura del sacrificio.

La squadra in ascesa sociale

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Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria e della Mapei, avrà ancora in mente le sofferenze atroci passate dal suo Sassuolo nello scorso campionato. La salvezza è arrivata solo alla penultima di campionato, passando per l’esonero di Di Francesco, poi richiamato al posto di un deludente Malesani.

Se l’anno scorso ci ha pensato soprattutto Domenico Berardi, quest’anno Squinzi sapeva benissimo che serviva qualcosa in più. E così ha speso 50 milioni di euro complessivi (solo Roma e Lazio hanno speso di più) e ha regalato al Sassuolo un mercato degno di una squadra da media classifica.

Il Sassuolo ha tenuto Berardi e Zaza, entrambi a metà con la Juventus, per un’altra stagione. Se il primo ha visto semplicemente il rinnovo della sua comproprietà, il Sassuolo ha comprato l’altra metà di Zaza a 7,5 milioni. La Juve potrà ricomprarlo a 15: in ogni caso, sarà un guadagno. Con Sansone formeranno un trio inarrivabile per le altre concorrenti alla salvezza. In porta, oltre a Pegolo, si è aggiunto Consigli dall’Atalanta: un colpaccio, visto l’ultimo campionato del portiere ex Atalanta. Se la coppia centrale è costituita da Paolo Cannavaro e dal recuperato Terranova, il Sassuolo ha poi messo le ali sugli esterni. A destra è arrivato Sime Vrsaljko dal Genoa, a sinistra Federico Peluso dalla Juventus: un miglioramento deciso rispetto al duo Longhi-Gazzola dell’ultima stagione.

In mezzo, assieme al collaudato duo Missiroli-Magnanelli, c’è stata l’aggiunta di Saphir Taider. Un ragazzo che sembrava ormai lanciato al grande calcio e che invece a Sassuolo ha forse l’ultima chance della carriera per puntare in alto. Inoltre, il Sassuolo potrà flirtare con un concetto sconosciuto per le concorrenti: il turn-over, visto che in panchina si porta nomi che qualche partita di A l’han pure giocata. Pegolo, Manfredini, Acerbi, Biondini, Brighi, Floro Flores e Floccari. A fine mercato, le entrate erano di sette milioni, le uscite fluttuavano a quota 24! A questo punto, vedremo se la semplice salvezza può esser l’obiettivo.

La squadra che non sembra rinforzata e che forse non lo è

Napoli De Laurentiis e la sua “sparata” sullo scudetto sono ormai rituali come la santificazione di San Gennaro. Il patron vuole l’ambito tricolore, ma il suo mercato non ha fatto nulla per garantirlo. Allo stato attuale delle cose, il Napoli può soltanto sperare in una stagione di grazia per Higuain e pregare che El Pipita segni un gol dopo l’altro, in una serie infinita e anomala che porti lo scudetto a Napoli.

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La squadra non è pronta, così come non lo era l’anno scorso. Tuttavia questa stagione i rimpianti potrebbero esser pesanti, specie con le gerarchie della A mischiate.

Tre i motivi per cui il Napoli può piangere sul mercato. Il primo riguarda la mancanza di miglioramenti su alcuni ruoli. Dov’è il centrale di peso internazionale? In mediana si è passati dal sogno Mascherano al ripiego Fellaini (manco quello), per poi ripescare Gargano in vista del preliminare di Champions. E anche sui terzini — con Ghoulam e Zuniga in condizioni precarie — si rischia.

Il secondo rimpianto parte dalla disfatta di Bilbao, costata 30 milioni di cui AdL avrebbe fatto volentieri uso. E che sono serviti come scusa per non comprare (quasi) nessuno. Il Napoli avrebbe potuto trovare i soldi anche dalla cessione di giocatori fuori dal progetto. Penso a Dzemaili e Pandev, trasferiti solo il 31 agosto nonostante fossero fuori dalla lista per la Champions. Ma anche a Britos, Gargano e Donadel. O a Fideleff, il cugino di campagna che il Napoli manda regolarmente in prestito. E che dire di Edu Vargas? Il Mondiale doveva garantire una lauta cessione e poi il cileno è finito al QPR in prestito con diritto di riscatto: ergo, a Londra non lo riscatteranno.

Infine, un grande punto interrogativo sulla componente autoctona. De Laurentiis ha spesso detto: “Il Napoli ai napoletani”. A dieci anni dal suo arrivo, l’unico giocatore valorizzato dal vivaio è Lorenzo Insigne, in contrasto con i tifosi e sempre più criticato. L’esempio più lampante è a centrocampo: perché spendere sei milioni per prendere il quarto di centrocampo (David Lopez) quando hai Dezi in casa, convocato da Prandelli per uno stage in nazionale giusto a marzo scorso? Boh.

La squadra che boh

La Fiorentina ha composto la squadra con lo stesso criterio usato da me durante la Master League del PES: comprare tutti giocatori formidabili tecnicamente e in grado di “ammischiarla” agli avversari. La differenza è che nella mia realtà virtuale io ero così forte da potermi permettere moduli con 7 trequartisti e 3 difensori, mentre la Fiorentina deve fare i conti con concetti come “equilibrio tra i reparti”, “fase difensiva”, “filtro a centrocampo”, “mondo reale”. Tutte cose — sono d’accordo con Vincenzo Montella — molto noiose e assolutamente anti-estetiche. Però la realtà empirica è infinitamente più cruda di quella del PES, questo lo sappiamo tutti.

La mia proposta di 11 a Montella (io al PES li avrei messi così)

Quindi non so: mi auguro che trovano degli spazi di centrocampo metafisici, dove poter collocare tutti i trequartisti che hanno in squadra (Marin, Borja Valero, Ilicic, Lazzari, Jakovenko, Bernadeschi, Cuadrado); mi auguro che Aquilani e Borja Valero si scoprano improvvisamente degli instancabili lavoratori di centrocampo, che Pizarro faccia la migliore stagione della sua vita a 35 anni; che Gomez e Babacar bastino in un’attacco che dovrà giocare le trasferte di EL in Bielorussia. Mi auguro che Micha Richards diventi finalmente il difensore più dominante del campionato e che Marko Marin torni ai livelli di 4 (4) anni fa.

Per ora diciamo che rimaniamo ammirati ma scettici di fronte a questo pazzo mercato viola.

I nuovi arrivi in Serie A che hanno l’aria dei bidoni

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Ragioniamo su Kalidou Koulibaly Diamante grezzo, è la definizione che hanno usato la maggior parte dei media nazionali e locali, oltre che una serie di programmi tv dedicati al mercato, per descrivere questo gigante francese, ma di origini senegalesi, arrivato in estate al Napoli.
La definizione scelta pare essere un po’ enfatica, in particolare alla luce delle prime uscite stagionali del nuovo Napoli di Rafa. Proprio la difesa formata dal duo Albiol/Koulibaly è stato il reparto ad aver suscitato i dubbi maggiori nelle sfide con Athletic Bilbao in Champions e durante la prima di campionato contro il Genoa di Gasperini.
Durante la sfida di qualificazione ai gironi di Champions Aduriz e compagni hanno costantemente messo in ansia la retroguardia partenopea in cui, tanto Albiol quanto Koulibaly, sono sembrati poco capaci di contrastare gli attacchi dei baschi. L’ex Genk e Metz è sembrato spaesato, incapace di trovare una soluzione ai problemi difensivi del Napoli e spesso preso in mezzo dalle azioni elaborate dai centrocampisti e gli attaccanti dell’Athletic.
C’è un momento della gara d’andata in cui Kalidou perde Laporte sugli sviluppi di un calcio d’angolo, permettendogli di staccare agevolmente; il difensore del Napoli si stacca dall’avversario, perde qualche centimetro, smette di “sentirlo” e non riesce più a recuperare quando l’altro scatta per andare a saltare di testa.

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Koulibaly perde Laporte su azione d’angolo

Se di per sé la cosa può sembrare irrilevante, va inquadrata in una visione più generale in cui rientra anche la rete subita dal Napoli nel primo match di campionato contro il Genoa a Marassi. In questo match Mauricio Pinilla è riuscito a creare tre occasioni da rete con altrettanti colpi di testa su cui nessuno dei difensori partenopei è riuscito ad intervenire. Koulibaly lo perde in due occasioni, sia al ventesimo minuto quando Rafael riesce a respingere l’incornata del centravanti cileno, e al quarantesimo quando si fa trovare fuori posizione in occasione della rete del momentaneo 1 a 1 su cross dalla sinistra di Marchese; in questo caso la palla lo scavalca e Pinilla riesce ad insaccare. I due episodi, aggiunti a quello di Napoli — Athletic Bilbao, mostrano come il ragazzo abbia qualche probleme di posizione. E’ indubbio che il colpo di testa, vista anche la stazza, sia una delle sue armi migliori, ma sembra soffrire non poco gli attaccanti mobili capaci di batterlo in velocità.

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La gara di Koulibaly contro il Genoa (al centro dell’area i due duelli di testa persi contro Pinilla).

C’è un altro momento della sfida di ritorno tra Athletic Bilbao e Napoli in cui Koulibaly mostra dei limiti di base. Intorno al dodicesimo minuto del primo tempo Aduriz prende palla sulla trequarti napoletana, l’attaccante è spalle alla porta ma il difensore francese non lo segue arrivando in ritardo a chiudere sull’avversario; Aduriz ha così tutto il tempo di girarsi, puntarlo e saltarlo agevolmente in velocità, soltanto un intervento di Albiol al limite dell’aria fermerà l’azione dell’avanti basco. Ancora una volta il difensore ex Genk si dimentica di seguire l’avversario dando l’impressione che senso della posizione e marcatura non siano esattamente le sue caratteristiche migliori.
A 23 anni Koulibaly sembra essere più un buon jolly difensivo piuttosto che un centrale affidabile (o addirittura un potenziale campione). In molti l’hanno paragonato a Lilian Thuram che, però, a 23 anni aveva già cominciato a giocare con continuità nel Monaco vincendo una coppa di Francia e debuttando con la Nazionale maggiore francese. Kalidou, invece, sembra avere ancora molta strada da fare prima di poter essere considerato anche solo un centrale affidabile. In definitiva la spesa di 8 milioni di euro da parte del club partenopeo pare eccessiva rispetto a quanto fatto sino ad ora dal ragazzo scuola Metz.

Quello che è rimasto di Ashley Cole A luglio, durante la tournè americana della Roma, è uscita questa foto della squadra nella quale Cole era in disparte con le braccia dietro la schiena. La foto ci ha messo pochi minuti e a diventare virale. Probabilmente in quel momento però nessuno sospettava potesse diventare una metafora prodromica dell’esperienza di A. Cole alla Roma. Okay, gliela stiamo un po’ tirando, ma A. Cole non ha cominciato così bene. Alcuni spifferi rivelano che si troverebbe male col gruppo e con l’ambiente, al punto da voler migrare in lidi più lucrativi già a gennaio. Nelle amichevoli, tra i nuovi acquisti, è quello che ha convinto meno e anche nella prima uscita ufficiale contro la Fiorentina ha mostrato quali sono i suoi attuali limiti. In definitiva A. Cole pare un giocatore depresso, “simulacro” del portentoso terzino che fu. Difende ancora con ordine ma gioca con impaccio, muovendosi male per il campo e finendo spesso isolato e inefficace.

Garcia si è accorto di tutto questo e ha voluto Holebas, che ha l’aria di uno pronto a mangiarti il cuore.

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Holebas ti uccide

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Giocatori che potrebbero sorprendervi e che comunque dovreste comprare al Fantacalcio

Dodò! Ho avuto una visione: mondiale 2018, Dodò, dopo un tunnel ben piazzato sul terzino avversario, sgroppa sulla fascia. E’ incontenibile. Mette un cross forte e teso dove si avventa Pato. Poi segna il gol del due a zero con un tiro di mezzo esterno al volo sul secondo palo. Una roba da terzino brasiliano vero. E’ la finale della coppa del mondo e Dodò la alza da capitano della seleçao che aveva fallito quattro anni prima il mondiale casalingo. Dodò è il terzino più forte del mondo, uno dei migliori della storia.

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Okay, lasciate perdere la visione di questo pazzo e concentriamoci sul pensare a quanto potrebbe fare bene Dodò sulla fascia sinistra del 3–5–2 mazzarriano. Disciplinato difensivamente da Garcia svolgerà i ripiegamenti con la sigaretta in bocca, potrà attaccare lo spazio un po’ come cazzo gli pare: dribblare, correre nello spazio, scompigliarsi i capelli, fare tricks assurdi con la suola. Quello che gli pare. Poi ancora: mettere palle dolcissime o tesissime col sinistro magico, tirare bolidi con le tre dita e fare gol assurdi e impensabili. Tutto.

Date retta a questo pazzo: Dodò quest’anno spacca tutto.

Okakachuka, finalmente Okakachuka La Roma ha lanciato Okaka quando aveva 17 anni e la società giallorossa ha sognato di affiancarlo a Totti nel proprio attacco. Presto la Roma si è svegliata e ha fatto un bagno di realtà: tra l’impazienza dei tifosi e la necessità di lottare al vertice, Okaka non poteva crescere. Ben presto, anche l’azzurro è diventato un ricordo sbiadito.

Il ragazzo è andato in prestito come se fosse un tour: un anno a Modena (bene), sei mesi a Brescia (male), altri sei al Fulham (benino) e infine metà anno a Bari in A (il gol decisivo nel derby come unico lampo). Alla fine, la Roma ha perso la pazienza. E a poco è servito decidere la gara contro il Siena con un colpo di tacco in un freddo pomeriggio di gennaio su assist di Pit — in uno degli allineamenti cosmici più random e stupendi mai capitati su un campo.

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Il passaggio a Parma — a titolo gratuito! — rappresenta il taglio di quel cordone ombelicale che ha legato per quasi dieci anni a Roma. Anche in Emilia non è andata benissimo — se non agli inizi — e neanche il prestito allo Spezia ha cambiato la situazione. A gennaio, la Samp propone uno scambio apparentemente inutile al Parma. Nicola Pozzi ha un ingaggio da un milione di euro ed è sempre infortunato, ma ha decisamente più esperienza e credito di Stefano Okaka. A Parma, impazienti di scaricare l’italo-nigeriano, accettano senza chiedere lumi sulle condizioni fisiche del numero 9 blucerchiato. Sei mesi dopo, è la Samp a ridere: Okaka segna cinque gol in 13 gare con la Samp, Pozzi neanche compare in panchina una volta e ancora adesso sta recuperando dai suoi acciacchi. Okaka è andato così bene che persino la Nigeria aveva pensato per lui al Mondiale. Nonostante le Super Aquile avessero Emenike davanti, a Okaka è stata presentata la possibilità di giocare al Mondiale. Un’opportunità poi non concretizzatasi, però la cosa fa capire come sia cambiato il mondo attorno a lui. Toni esplose a soli 25 anni: che a Stefano Okaka tocchi la stessa sorte?

Bernadeschi+Babacar Vincenzo Montella ha bisogno di una seconda punta che si sappia sacrificare. A sinistra c’è Cuadrado, che può permettersi più spazio di manovra e libertà nelle scelte, al centro Mario Gomez che deve solamente fare goal e il terzo posto? Federico Bernardeschi è macino puro, ama giocare esterno destro offensivo e il gioco della Fiorentina sembra fatto apposta per lui. Classe 94, viene da una gloriosa stagione a Crotone in cui ha segnato 12 goal trascinando la squadra fino ai playoff. Giovanili Viola, amato dal pubblico, talento finissimo con la pecca che se avesse giocato una decina di anni fa sarebbe stato acclamato come il nuovo Baggio. Non troppo fisico per un campionato spigoloso come il nostro ma con una tecnica di base superiore alla maggior parte dei giocatori Italiani offensivi: soluzioni improvvise ma anche ragionate con ottima visione di gioco.

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Di contro dovrà vedersela con Khouma el Babacar, classe ’93 (ci sono ancora dei dubbi a riguardo).Colui che in serie B da prima punta con il Modena è riuscito a segnare ben 20 reti. Dal 2007 giovanili Fiorentina, ha già esordito nel massimo campionato e detiene quel pizzico di esperienza in più rispetto al compagno che potrebbe farlo partire titolare nello scacchiere tattico di Montella. 191 centimetri e una grande potenza fisica, a questo non bisogna dimenticare la qualità di sacrificio e un buon posizionamento in campo. Nella prima partita contro la Roma, l’abbiamo visto in difficoltà ma i difensori lo temono e di contro può aprire per la manovra. Con Cuadrado e Gomez, potrebbe trovare lo spazio necessario per accentrarsi e vedere la porta.

Uno vedrà le stelle, l’altro faticherà e difficile pare scommettere. Il talento non manca, la Fiorentina i migliori acquisti gli aveva già in casa propria, buona fortuna.

Il giocatore che ci è mancato come l’aria

Nel momento della ufficializzazione della cessione di Jack Bonaventura, ogni tifoso dell’Atalanta avrà avuto un tremito di strizza, facendo peggiorare il proprio umore come naturale specchio della burrascosa giornata che ha scosso l’Italia lo scorso 1 settembre. Ma nulla di paragonabile al ciclone che sarebbe avvenuto di lì a pochi minuti.

Un colpo ad effetto come una saetta, battendo la concorrenza stretta del Verona.

Alejandro “Papu” Gomez è un nuovo giocatore dell’Atalanta, firmando un contratto quadriennale — e dimezzandosi di fatto lo stipendio — per tornare a calcare i nostri palcoscenici lontano dai venti di guerra di Karkhiv.

Dall’alto del suo metro e sessantaquattro Gomez è uno di quei giocatori per cui facilmente si può parlare di feticismo, un sentimento di irrazionale follia che accomuna i suoi tifosi e quelli avversari.

Invenzione di Pietro lo Monaco che lo andò a prendere al San Lorenzo de Almagro era uno dei perni del “Catania argentino” che sotto il primo anno di Maran colse un incredibile ottavo posto.

La sua ultima stagione in A ( annata 2012–2013) recita 36 presenze, condite da 8 gol e 7 assist. La sua velocità nel saltare l’uomo e la sua duttilità tattica lo fanno essere il coniglio dal cilindro di cui mister Colantuono aveva bisogno per giungere a una salvezza facile. Parte da esterno sinistro, lo può fare sia nel tridente d’attacco che a centrocampo, in quello che sarà orientativamente il 4–4–1–1 degli orobici, aiutato dal fatto che avrà libertà di svariare e accentrarsi per far si che il” Tanque” Denis possa rimpinguare il suo bottino di gol in Serie A.

L’unico dubbio che resta è quello se e come soffrirà i postumi d’una avventura non positiva in terra ucraina. Ma stiamo parlando di un giocatore che è solo del 1988 e per cui questo potrebbe essere l’anno della definitiva consacrazione. Bentornato Piccolo Grande “Papu”, siamo pronti a sognare ancora con la tua splendida anarchia.

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Titolo Quadro:” Sprazzi di Genio nella Campagna Ucraina”

Il giocatore (ma più un “tanguero”) che ci manca già come l’aria

Ricardo Gabriel Álvarez, noto anche come Ricky Maravilla, anche se la maravilla non l’ha mai suscitata in modo completo e continuo. Ricky Álvarez, invece, ha evocato in me suggestioni da letteratura latinoamericana: lo immaginavo come un personaggio da romanzo, un ballerino di tango con i capelli neri impomatati e lucidi o un pistolero malinconico e solitario, con una sigaretta stretta tra le labbra. Poi l’ho visto giocare e Ricky non balla mica. Ricky trotterella, semmai, non accelera, non scatta. L’hanno subito paragonato a un altro Ricardo, un Ricky che ha fatto felice la metà rossonera di Milano, quel Kaká che quando partiva palla al piede era sì una maravilla, aggraziato come un ballerino, fulminante ed efficace come il miglior pistolero del mondo.

Non l’hanno capito, Ricky. Ha sofferto una specie di maledizione post Mourinho, uno che aveva puntato i piedi per avere il vecchio caro trequartista (Wesley Sneijder) e attorno a lui aveva costruito buona parte della sua forza. Dall’anno del triplete in poi, quel ruolo lì, chiamiamolo trequartista o come ci pare, numero dieci o uomo con piedi fuori dalla norma capaci di confezionare l’ultimo passaggio, è stato infausto. Philippe Coutinho è stato costretto ad andare al Liverpool per mostrare il talento che già nei sei mesi di prestito all’Espanyol (stagione 2012/2013) gli aveva permesso di guadagnarsi il titolo di giovane rivelazione della Liga. La migrazione nella terra d’Albione è la stessa sorte toccata a Ricky Maravilla, destinazione Sunderland.

Tra qualche anno, forse, nessuno si ricorderà di Álvarez, troppo discontinuo in annate da dimenticare per l’Inter, capace di giocare una partita maestosa e cinque insipide.

Ma, se chiudo gli occhi, lo vedo muoversi dinoccolato in un campo da calcio immenso come la pampa, ballerino di tango zoppo, pistolero malinconico e miope, inconcludente e inefficace, ma pur sempre bello da guardare, con una sua particolare eleganza molle e stanca, indolente mancino integralista inghiottito dall’oblio.

Articolo a cura di Emanuele Atturo (Roma, Lazio, Fiorentina, Dodò, A. Cole); Oscar Cini (Koulibaly, Milan); Gabriele Anello (Sassuolo, Okaka, Napoli); Teo Filippo Cremonini (Bernadeschi-Babacar); Sebastiano Bucci (Papu Gomez); Sebastiano Iannizzotto (Ricky Alvarez); Marco D’Ottavi (intro).

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