Come la pensiamo sul Mondiale a 48 squadre

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
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7 min readJan 12, 2017

Sì, ma c’è qualcosa che non funziona

(William Valentini)

L’idea di voler allargare il numero delle partecipanti alla Coppa del Mondo mi sembra sacrosanta: l’ultima modifica d’altronde risale a Francia 1998, ci sta che la Fifa voglia riformare la competizione più importante ora che il calcio può essere considerato un fenomeno davvero planetario, e mi riferisco soprattutto al suo impatto mediatico. Ciò che secondo me non funziona è la totale mancanza di considerazione dei continenti che forniscono più campioni e più vittorie, Sud America ed Europa. Nel primo caso l’aumento sarà di 2 squadre, da 4,5 a 6,5. Stesso discorso per l’Europa che passa da 14 a 16 squadre. Solo 23 squadre, nel migliore dei casi. Questa per me è una follia, perché l’Europa ha un numero più elevato di Nazioni al suo interno, i cui movimenti calcistici meriterebbero una chance di crescita, oltre che di visibilità.

Sì, per un Mondiale à la Budokai Tenkaichi

(Simone Vacatello)

Non riesco a capire chi crediamo di essere quando pretendiamo che al Mondiale partecipino solo le Nazionali in grado di fornire prestazioni che garantiscono un certo livello di agonismo. Neanche fossimo in cortile all’ora di ginnastica. Come se ognuno non avesse il proprio diritto a partecipare e fallire, magari anche miseramente. D’altronde, se il Brasile può permettersi di subire sette reti dalla Germania, non vedo perché dovrebbe essere un problema per la Malesia. C’è anche da aggiungere che molte federazioni più piccole avrebbero l’occasione di sfruttare l’evento come una molla per iniziare a costruire — o quantomeno a progettare — una cultura calcistica basata sul professionismo nel proprio Paese. Onestamente, per quanto apprezzi gli scontri ipotetici tra Portogallo e Argentina, trovo di gran lunga più edificante il tifo matto e disperatissimo per il difensore della Thailandia che deve marcare Alexis Sanchez. Certo il numero di squadre aggiuntive riservate all’Europa è esiguo, ed è un peccato: vengono penalizzati molti movimenti calcistici le cui chance di partecipare, in questo modo, non aumentano. Per quanto riguarda invece le smorfie di disapprovazione — relative agli interessi economici e politici dietro a questo tipo di scelta — non riesco a capire quale sia la novità. Se alcuni processi non possono essere invertiti, tanto vale sperare che una loro accelerazione ne evidenzi le contraddizioni: magari nel mentre riusciremo anche a goderci qualche storia di calcio inusuale, meno gettonato, che sarà valsa la pena di raccontare.

No, mi pare più una mossa politica che altro

(Armando Fico)

La realtà di un mondiale a 48 squadre mi lascia perplesso. Se da un lato infatti tendo ad apprezzare il principio di innovazione, d’altro canto trovo questo allargamento una chiara mossa politica, un’espansione di un potere economico frutto di un andazzo che poco si discosta da quello precedente. Infantino ha di fatto aperto i rubinetti della FIFA a federazioni minori come la CONCACAF, che da oggi in poi gli faranno da “grandi elettori” e sostenitori ad oltranza grazie ai milioni di dollari che riceveranno in virtù della partecipazione al torneo internazionale. Il tutto a discapito dello spettacolo, della qualità del gioco e anche del format, che avrà l’ingrato compito di tutelare interessi antitetici come quello delle grandi nazionali a giocare bene/vincere contrapposto a quello delle più piccole, le quali non ci staranno più a recitare il ruolo delle comparse dopo sorprese come quella dell’Islanda agli ultimi europei. Certo, si potrebbe mutuare dalla coppa del mondo per club il concetto per cui le squadre più forti subentrano in un secondo momento dopo che le nazionali “minori” si sono già confrontate con scontri ad eliminazione diretta prendendosi tutta la scena… ma alla fine che senso avrebbe?

Sì, per le nuove narrazioni

(Danilo De Sensi)

L’idea di un mondiale a 48 squadre mi entusiasma perché sono dell’idea che un evento che pizzica contemporaneamente le corde di storia, politica ed economia a esso coeve abbia sempre avuto un intervallo di tempo troppo lungo tra una sua fase e l’altra. D’altronde più Stati significa anche più storie e culture che si intrecciano. Da questo punto di vista allargare la base dei partecipanti è necessario, che senso ha sventolare il vessillo del football come fenomeno globale e poi chiudersi di fronte un’apertura di questo tipo? Inoltre, da sinologo, mi piacerebbe vedere i cinesi alla prova con un’avvenimento del genere qualora ne dovessero ospitare uno. Al momento ammetto di non riuscire a capire se le ragioni dell’ECA siano frutto di una serie di giochi di potere, e di posizione, o meno. Tanto più che non mi pare contemplino un allarme per l’eventuale impoverimento della qualità del gioco e dello spettacolo in generale.

No, perché ne risentirebbe la qualità

(Simone Pierotti)

Il Mondiale a 48 squadre non mi convince. Non per fare il conservatore incallito, ma sono sempre stato dell’idea che in un torneo l’allargamento del numero delle squadre partecipanti implica necessariamente un peggioramento della qualità. Già con il Mondiale a 32 abbiamo assistito a gare inutili o a partite troppo sbilanciate, figuriamoci adesso… Dal prospetto si intuisce, poi, che l’ampliamento andrà a beneficio dei Paesi asiatici e africani — per ovvie ragioni geopolitiche: guardate quanti voti mettono in gioco le due confederazioni continentali… — che vedrebbero praticamente raddoppiati i posti a disposizione. Capisco, comunque, da parte della FIFA l’esigenza di abbracciare il mercato asiatico: ospitare le tournée estive delle grandi squadre o acquistare club europei evidentemente non basta più, Paesi come Cina, Indonesia e Thailandia vogliono partecipare al Mondiale. Detto questo, non mi dispiace la formula dei 16 gironi da tre squadre: in questo modo, almeno sulla carta, si ridurrebbero gli incroci tra nazionali deboli e poco appetibili al grande pubblico, le varie teste di serie avrebbero maggiori probabilità di qualificarsi alla fase successiva — e capite bene che più grandi nazionali ci sono, maggiore sarà l’interesse dei telespettatori, delle tv e degli sponsor — e magari si eviterebbero i “biscotti” perché ogni gara diverrebbe decisiva quasi come una finale. Un mio amico mi ha fatto notare che sarebbero parecchie le squadre consapevoli di andare a un Mondiale per giocarsi la miseria di due partite: è vero, ma tra essere parte del grande show o rimanerne fuori è sempre meglio la prima. E, credetemi, se un Paese senza grandi tradizioni ma comunque popoloso si ritrovasse a giocare contro Brasile o Italia avrebbe tutti i concittadini incollati davanti allo schermo — e risiamo lì: sponsor, tv, pubblicità, introiti etc.

Sì, perché voglio Guatemala-Tagikistan

(Mattia Pianezzi)

Mondiale a 48 squadre sì, perché io guarderei SEMPRE Cina-Iran o Svezia-Terra del Fuoco, e la ragione è che sono un feticista calcistico della sfiga. Tanto più che a quel punto si perderebbe solo parte di una fase meno interessante, quella dei gironi, e di conseguenza non vedo perché non dovremmo dare spazi aggiuntivi a nazioni che hanno un movimento calcistico in sviluppo, in modo che possano farsi vedere, mischiarsi, esibire completini bruttissimi. Dopodiché, anche se a noi europei fregasse poco di vedere Guatemala-Tagikistan, perché dovremmo impedire ai guatemaltechi e ai tagijkajksjdk di vederlo?

Sì, ma parliamoci chiaro

(Paolo Stradaioli)

Innanzitutto forse occorrerebbe smitizzare l’idea di Infantino paladino delle Cenerentole perché dal 2026 si giocheranno ben 16 partite in più con 12 nazionali aggiunte, il che vuol dire pagare cocchio, cavalli e fata madrina a suon di diritti tv, merchandising, eccetera. Sicuramente ha ragione Valerio quando parla di incentivi per le federazioni più piccole e a quel punto emergerà chi saprà investirli meglio quindi a naso direi che in America e Sud America cambierà poco. Sarà interessante vedere come si evolverà la situazione in Africa dove effettivamente la quantità di talento tecnico e atletico è notevole e forse qualche nazionale riuscirà a raggiungere le tanto agognate semifinali (il Ghana ancora rosica, poverino, e a ragione). Quindi sono favorevole perché vuol dire più storie condensate in un mese e la cosa mi elettrizza, però a questo punto Infantino dovrà spiegarci cosa gli costava un posticino di diritto per l’Oceania.

Non credo cambi molto

(Valerio Savaiano)

Solo 30 anni fa il Mondiale era per sole 16 squadre, 15 anni dopo erano raddoppiate. Il problema delle nazionali, a mio parere, non sta nelle fasi finali delle competizioni ma nelle qualificazioni: è completamente inutile stilare gironi da 7 squadre, prendendo ad esempio la sola area UEFA, in cui 2 di queste sono squadre cuscinetto, altre 3 si contendono il terzo posto e le due più importanti passano entrambe. A parte pochissime sorprese, come l’Olanda agli ultimi mondiali, la sceneggiatura è quasi sempre già scritta. Se la riforma, quindi, toccherà anche la fase di qualificazione, alleggerendo il calendario da match inutili, potrà essere un vera rivoluzione. In altro caso, con 48 squadre potremo vedere più nazioni in via di sviluppo su palcoscenici internazionali. Forse la vera innovazione passa per la distribuzione di più soldi a federazioni minori: potrebbe essere la giusta molla che permetta al calcio africano di trovare, finalmente, una dimensione che gli compete. D’altro canto il Togo o il Mali, monetizzando maggiormente le loro cavalcate leggendarie nei mondiali precedenti, avrebbero potuto creare un ciclo di creazione di professionisti di alto livello con più continuità. Inoltre nazionali come quella cinese, che sta investendo molto, o progetti maggiormente stabili, come l’Islanda e il Galles, vanno premiati e resi parte integrante di un sistema che altrimenti diventerebbe noioso.

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