Come sempre

Paolo Stradaioli
Crampi Sportivi
Published in
3 min readJul 2, 2017

1ª tappa — 1 luglio

Düsseldorf > Düsseldorf 14km

Vincitore: Geraint Thomas

Leader: Geraint Thomas

Prima c’era la casa al mare, deserta nel pomeriggio, con mia madre e mia sorella in spiaggia, ad eccezione del mio ossessivo fondoschiena, inchiodato al divano fino alla fine della tappa. Adesso c’è la casa a Torino, speranzosa che nei pomeriggi di luglio mi metta a studiare per l’ultimo esame della sessione. Povera illusa. Prima c’erano i biscotti e il game boy, eterni nemici della forma fisica ma seducenti nell’attesa che la tappa entri nel vivo. Adesso ci sono le sigarette e il laptop, nemmeno loro sponsor di una vita sana. Prima c’erano Cassani e Bulbarelli, voci di un’infanzia sconosciuti ai miei amici ma tanto cari ai miei pomeriggi di ciclismo. Adesso ci sono Pancani e Martinello, stucchevoli all’inizio nel sostituire la coppia storica ma una volta che ti abitui... Prima c’era la Discovery (o Us Postal se preferite) infarcita di capitani tutti al servizio del leader supremo Lance Armstrong, l’uomo che non conosceva il concetto di fragilità, scoperto — lui quanto noi— solo una volta appesa la bici al chiodo. Adesso c’è il Team Sky, sinistramente simile all’antenata statunitense con un leader che per sua stessa ammissione non ha paura di essere il cattivo e che sulle strade francesi è chiamato al quarto acuto riuscito solo alle leggende. Prima c’era Riccardo Riccò, speranza del ciclismo italiano in grado di spettacolarizzare le salite francesi finché la solita, ridondante, vicenda del doping lo estromettesse dal ciclismo. Adesso c’è Fabio Aru, genuino talento sardo, fresco campione d’Italia, al quale è richiesto lo sforzo di raccogliere il testimone che Vincenzo Nibali sembra poter lasciare nel giro di pochi anni e magari regalarci qualche gioia già in questa edizione.

Nonostante le dinamiche cambino con il passare del tempo faccio ancora molta fatica ad immaginarmi le prime tre settimane di luglio senza un televisore a disposizione per godermi l’edizione numero 104 della Grande Boucle. Da piccolo è successo che nel periodo della corsa fossi costretto a saltare delle tappe chiave. Una decina di anni fa mi ricordo che mi trovavo in vacanza a Budapest con la mia famiglia ma un giorno c’era una tappa di montagna che non potevo perdermi. Convinsi mia madre ad uscire in cerca di un adattatore per il caricabatteria ma arrivati in una sorta di centro commerciale mi sono piazzato davanti al primo televisore in vendita che stava trasmettendo la tappa. Rimasi lì più o meno per un’ora. Mi sembra vinse Piepoli quella tappa ma potrei sbagliare, l’importante in quel momento era essere parte dell’audience del Tour, a costo di sopportare sguardi confusi dei commessi sempre sul punto di cacciarmi. Forse un paio di volte mi hanno anche invitato ad andarmene ma non avendo un singolo vocabolo in comune con loro sono rimasto lì fino alla fine.

Viviamo in un tempo nel quale la mancanza di certezze è una costante in ogni aspetto della vita ed è importante, almeno per me, sapere che ogni estate c’è un impegno che prescinde dal luogo, dall’età o dalla compagnia. Poco importa se il cielo non è quello soleggiato della Francia ma piuttosto quello plumbeo e decisamente fuori stagione di Düsseldorf che miete la prima sfortunata vittima illustre della corsa, con Valverde che abbatte le transenne tradito dall’asfalto scivoloso e dice già addio alla corsa. Alla fine la prima maglia gialla la vestirà Geraint Thomas, degna compensazione della sfortuna patita al Giro. Il senso di dominazione che la Sky, in un inedito completo bianco, è pronta a trasportare sulle strade transalpine viene già espresso dalla classifica di questa prima tappa: vincitore, due nei primi tre, quattro nei primi dieci. L’auspicio è che nei prossimi giorni ci sia da divertirsi un po’ di più rispetto all’edizione del 2016. Se non sarà così me ne farò una ragione, ma in ogni caso resterò sempre incollato alla TV per il Tour de France.

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