Cosa ricorderemo di questo Wimbledon

Crampi Sportivi
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7 min readJul 11, 2016

Per molti la 130esima edizione dei Championship verrà ricordata come un torneo anonimo che fa solamente confermare l’idea di come il tennis sia cambiato, il gioco abbia preso un aspetto decisamente più fisico e la noia — soprattutto quando giocano certi giocatori — per lo spettatore sia all’ordine del giorno. La 130esima edizione dei Championship però ha lasciato alcuni aspetti fondamentali per il proseguimento della stagione e alcuni di questi con una certa valenza storica all’interno dello scenario statistico del tennis — ok cambiato, ok fisico — di questi ultimi 10 anni.

Noi abbiamo deciso di vederla così:

Il momento storico: Novak Djokovic saluta.

Era dal Roland Garros 2015 che Novak Djokovic non perdeva una partita all’interno di un torneo dello slam. Ha detenuto per poco più di un mese tutti e 4 i major a disposizione poi è arrivata la pioggia, un ragazzone molto alto e Americano, ancora la pioggia, di nuovo il ragazzone alto e questa volta non è riuscito — a differenza dello scorso anno contro K.Anderson — a ribaltare lo svantaggio di due set. Era dal 2009 che non perdeva prima della seconda settimana di uno slam: era il Rolland Garros 2009, perse da Philipp Kohlschreiber e quel torneo lo vinse Roger Federer. L’unico slam Parigino di Roger Federer.

Roger Federer al momento dell’eliminazione di Novak Djokovic è ancora in corsa per il suo diciottesimo slam, forse i pianeti si stanno allineando.

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I pianeti si stanno allineando: Roger Federer verso il diciottesimo slam.

Durante la prima settimana, come al solito da qualche anno a questa parte, Roger Federer dimostra di non aver bisogno del suo migliore tennis per superare gli avversari. Soprattutto nel suo torneo, soprattutto nel giardino di casa sua. A Wimbledon si preparano per la finale e ancora si devono giocare i quarti di finale. Murray vs Federer con i grandi quesiti che rimbalzano nei pensieri degli spettatori del tipo: “ma questa volta Murray è Scozzese o membro della Gran Bretagna?” oppure “io tifo per il padrone di casa, tifo Roger Federer”. La partita con Cilic, rimontata dopo esser stato due set in svantaggio hanno rivelato un Federer pronto a tutto, complice anche il destino, per vincere ancora una volta, ancora uno slam. Un treno che non passa più, capace di farti salvare cinque match point e portandoti a giocare il tuo miglior e peggior tennis all’interno della stessa partita e farti vincere. Sarà semifinale, contro Milos Raonic, uno che di finali slam ne ha giocate zero, uno che quando vede i giocatori più alti in classifica inizia a soffrire la sindrome del “sarà per la prossima volta, peccato”.

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La prima volta non si scorda mai: il torneo di Milos Raonic

Milos Raonic prima di queste due settimane, aveva raggiunto appena due semifinali nei tornei del grande Slam. Una in Australia all’inizio della stagione e una, due anni fa proprio sui cambi Londinese di Wimbledon. Un giardino che lo ha sempre stimolato, vuoi perché il suo idolo (Pete Sampras) è stato uno dei pilastri di questo luogo, ma soprattutto perché il suo gioco dimostra pur con elevati limiti una certa attitudine soprattutto al nuovo Wimbledon ovvero un terreno ben diverso rispetto a qualche anno fa. Durante il torneo, Raonic cresce partita dopo partita e una volta superato Goffin rimontando due set di svantaggio (che occasione persa dal Belga) trova la miglior condizione spazzando via la sorpresa Querrey e raggiungendo Federer in semifinale, proprio come due anni fa. Dicevamo tutto apparecchiato per la finale Federer vs Murray visto che l’ultima volta che Raonic affrontò Federer a Wimbledon fu proprio due anni fa, in semifinale.

A distanza di due anni e con un precedente importante (triplo 6–4 in poco più di due ore di gioco per Federer) sorgono spontanee alcune considerazioni:

- Raonic viene dalla sua migliore stagione in carriera;

- Federer viene dalla sua peggiore stagione in carriera;

- per entrambi sono passati due anni;

- Federer ha dieci anni in più di Raonic;

- Federer ha vinto 80 titoli in più di Raonic, compresi 17 slam;

- Raonic non riesce a battere uno dei fab4 da due anni.

Il risultato di queste considerazioni portano Raonic ha giocare e vincere meritatamente la partita, riuscendo a realizzare 75 punti vincenti contro 49 pur facendo il doppio di errori gratuiti del suo avversario. Milos Raonic batte Roger Federer e raggiunge Andy Murray in finale di Wimbledon.

Con i se e con i ma non si va da nessuna parte

Promesso alla giornata finale fin dal sorteggio, capace di complicarsi la vita da solo nei Quarti di finale contro Tsonga, non ha mai rischiato di perdere questa edizione. Djokovic o meno, Federer o meno, Andy Murray in questo 2016 sta giocando il suo miglior tennis e ha dimostrato ancora una volta come il suo tennis da molti visto come passivo sia in realtà frutto di un lavoro costante durante negli anni. Il problema di Murray non è l’adattabilità al proprio avversario e nemmeno la ricerca di soluzioni tecniche per uscire dalla partita bensì questa anonima ricerca dell’attitudine mentale giusta ad affrontare certe partite ma soprattutto certi avversari. Questa volta i demoni non si nascondono in Raonic e la finale non è una passeggiata ma una partita vinta da favorito in un torneo che giorno dopo giorno ti ha visto accrescere la tua credibilità negli occhi di bookmakers e tifosi. Ora la domanda sorge spontanea: questo Murray consapevole e favorito nelle partite può realmente fronteggiare Novak Djokovic settimana dopo settimana, torneo dopo torneo?

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Lo sfogo finale dopo aver vinto la partita nasconde una gioia meno condivisa rispetto a quella del 2013 ma piuttosto personale; una piccola rivincita verso qualcosa che forse non possiamo comprendere.

Serena Williams, i commenti intelligenti e quella rivoluzione che spaventa

È giusto che il tennis femminile guadagni quanto quello maschile?

Forse sì, soprattutto se lo spettacolo offerto da certe partite non è all’altezza.

La numero uno del tennis femminile vincerebbe contro un tennista maschile?

No, bisognerebbe scendere intorno alla bassa seconda categoria per vedere una partita alla pari.

Serena Williams è la tennista più forte di sempre?

Non è una domanda stupida per quanto sia difficile fare paragoni con il passato ma oltre le statistiche mostruose bisogna ricordare come la figura di Serena Williams sia stata una vera e propria rivoluzione all’interno dello scenario tennistico mondiale.

L’approccio rock, la violenza in campo e quella leggerezza con cui sa muoversi in campo fanno dell’atleta Americana una delle più grandi icone nella storia dello sport.

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Che pubblico ha il tennis in Italia?

Una cosa tipo questa.

Una cosa tipo decidete voi.

Però cosa possiamo farci, pensiamo ancora che il movimento stia bene.

Le belle storie, quelli che sono andati bene.

Non è stata solamente l’edizione dove Marcus Willis (numero 700 al mondo) si è ritrovato sul centrale per strappare 7 game a sua maestà Roger Federer ma anche l’edizione della grande sorpresa Querrey (quarti di finale) e soprattutto dove Lucas Pouille si è dimostrato uno dei migliori giocatori in circolazione. Per chi non lo conoscesse, classe 1994 viene da una buonissima stagione fatta da grandi risultati tra cui appunto i Quarti di finale sull’erba Londinese in cui ha battuto il rientrante Del Potro (ancora non al massimo della condizione ma sono sicuro che sul cemento Americano ci saranno ulteriore sorprese) e Tomic, dopo una partita quasi persa, poi recuperata e vinta 10 a 8 al quinto set. Cede di schianto a Berdych ma giù al cappello a uno di quelli che fra due anni sarà sicuramente nella top 10 (scommettiamo?).

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Da sottolineare il buon torneo di Cilic e Tsonga, che per certi versi sono stati tra i migliori nelle due settimane ma sono andati a scontrarsi contro il destino, chiamato Federer per il primo, Murray per il secondo. Ci riproveranno e riusciranno, almeno una volta su questi campi? Può essere.

Quelli che sono andati male.

Quando Goffin si affacciò nel panorama tennistico Mondiale ho subito pensato che questa potesse veramente entrare nella top 10 con semplicità e costanza. Quest’anno ha perso una grande occasione e due set di vantaggio contro Raonic e ora i dubbi iniziano a instaurarsi: sarà mai pronto per il salto di qualità?

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Su Dimitrov ormai bisogna rassegnarsi. Eliminato senza appello da Steve Johnson dopo aver sconfitto Giles Simon, getta un possibile Ottavo di finale contro Federer, bello sì, ma ormai utopico.

Tutto è ormai perduto.

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Dominic Thiem invece ha perso tre tie break con Vesely. Doveva vincere, ha perso. Era in una buonissima posizione di tabellone che poteva portarlo fino alle semifinali. Un grande peccato per affacciarsi ancor più prepotentemente nell’olimpo del tennis mondiale.

Nulla è perduto.

Gli Italiani, c’è qualcosa da dire?

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Non sono un sostenitore di Fognini e trovo la sua saccenza in campo inversamente proporzionale al suo talento. Fognini è un buon giocatore ma basta inseguire il suo talento, semplicemente non esiste. Lorenzi perde da Lacko, Seppi da Raonic, nessun giocatore al terzo turno.

Ora bisogna seriamente interrogarsi sul futuro del tennis in Italia, soprattutto in campo maschile ma occhio a dare per scontato l’eternità di giocatrici come Errani e Vinci. Camminando nei circoli, frequentando i tornei minori, il distacco che c’è tra la fase juniores e quella senior diventa lo spazio enorme su cui lavorare. Tanti giovani forte, anche a livello mondiale che poi non sanno approcciarsi al mondo del tennis come professionisti sia fisicamente che mentalmente. C’è un gap, non dovuto al talento grezzo dei nostri bensì alla struttura che queste persone si portano dietro, incapaci di sostenere un ragazzo prima del grande salto. Alcuni riescono ad andare all’estero per sviluppare le proprie possibilità ma non sempre si rivela la soluzione migliore, soprattutto quando si parla di ragazzi giovani, spesso molto giovani, incapaci di comprendere sconfitte con la cura del proprio lavoro. Non si parla di quantità di lavoro ma di qualità. E questo non sembra migliorare all’orizzonte, purtroppo.

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