Cosmos Redshift 7 - Cosa ne sarà di Cristiano Ronaldo

Crampi Sportivi
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11 min readFeb 5, 2017

“Não sou nada. Nunca serei nada. Não posso querer ser nada. À parte isso, tenho em mim todos os sonhos do mundo. Non sono nulla, non sarò mai nulla. Non potrei voler diventare qualcosa. A parte questo, custodisco in me tutti i sogni del mondo”.

Sono versi di Fernando Pessoa, una delle penne piumate più inquiete e importanti della poesia portoghese, un calamaio enigmatico dal quale sono nate decine di personalità. Tutto perché Fernando Pessoa avrebbe voluto essere anche tutto ciò che non avrebbe potuto essere. C’è chi però, in Portogallo, questo stato d’inquietudine l’ha vinto (stravinto) e ha costruito sulla risoluzione, l’impegno e la personalità un triangolo di dogmi assoluti che gli hanno permesso di modellare la propria carriera e la propria vita secondo le sembianze di un sogno.

Ci sono insulti peggiori dell’esser definiti sognatori, diceva Ronald Reagan. Ronald è pure un bel nome, suona bene e forte pensa José Dinis Aveiro, il padre della nostra leggenda. Poi Reagan è anche il mio attore preferito. Maria, dirà alla moglie, facciamo che il nome è deciso.

Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro nasce così, nell’inquietudine della povertà di Funchal (Madeira), a cavallo tra la fede cristiana della madre e la passione per il cinema del padre, lontano da tutto e da tutti nel mito storico dell’Oceano Atlantico. Con la stessa tensione muscolare di Atlante sotto il peso della volta celeste, sarà lui a prendersi ogni cosa e, armato di scarpette argentate, distruggerà l’irrequietezza di Pessoa dei suoi primi anni, diventando uno dei personaggi più significativi dell’identità sportiva portoghese.

Parlare di Cristiano Ronaldo è piuttosto semplice. Il motivo risiede nella sua completezza, un’orchestra sinfonica di tamburi potenti, melodie nascoste e arpeggi ipnotici. Una completezza che fa quasi paura, perché costruita e gestita perfettamente nel tempo e che, nello scontro con Leo Messi ( il titano scolpito nel talento e nell’idea), ci regala uno dei dibattiti più belli e mitologici degli ultimi dodici anni di calcio.

Roger Bennet, giornalista britannico, prendendo spunto dal mondo del baseball, descrive CR7 come un five-tool player ossia il giocatore che ha tutto. E ha ragione. Cristiano è un tormentatore fisicamente inarrestabile: ritmo, forza, agilità, abilità decisionale, cinismo, dedizione totale al risultato. La versione reale che più si avvicina alla mostruosità di quel giocatore con gli occhiali argento alla Davids, i dread blu e tutti i parametri a 99 che anni fa ci divertivamo a creare a PES.

La completezza, dicevamo. Concentrandoci esclusivamente sul 2016 di questo atleta (per facilitare le cose) percepiamo un’onda sismica. Riassunto rapido dei 10 momenti chiave: il 3 aprile 2016, against the odds, CR7 decide il Clasico. Il 13 aprile segna una tripletta contro il Wolfsburg nei quarti di finale di Champions League. 28 maggio: rigore della vittoria in finale di Champions League. L’8 giugno CR7 viene dichiarato l’atleta più pagato al mondo da Forbes (definendolo anche “sottopagato” per le sue potenzialità). Il 14 giugno diventa il primo giocatore della storia a segnare in quattro campionati europei consecutivi. Il 10 luglio alza la coppa dell’europeo vinta dal suo, ancora against the odds, Portogallo. Il 22 luglio l’aeroporto di Madeira viene rinominato Cristiano Ronaldo Airport in suo onore. Il 2 settembre supera per la prima volta Messi nelle statistiche overall di Fifa diventando il più forte giocatore del videogame. Il 13 novembre firma un nuovo contratto che lo legherà al Real Madrid fino al 2021. Il 12 dicembre vince il suo quarto Pallone d’Oro.

Cosa è stato Cristiano Ronaldo è più che evidente. Prima il quartiere di San Antonio a Funchal, poi da solo a Lisbona per l’opportunità. Una sedia lanciata al professore perché l’unica pace alla solitudine la trovi sul campo, un’operazione al cuore che rischia di chiudere le porte. I primi lampi a Lisbona e poi Manchester, dove l’irriverenza coraggiosa di quelle scarpe argentate ha ammaliato tutto. Da Manchester a Madrid, con la consacrazione del mito. I trent’anni sono passati, oggi diventano 32 e le danze delle speculazioni sono aperte. Quale sarà la prossima mossa di Cristiano?

Esiste una dimensione particolare, la stessa in cui Akira Toriyama ha collocato la sua stanza dello spirito e del tempo, dove alcuni eletti hanno avuto la possibilità di allenarsi. Due avventori di questo club esclusivo sono sicuramente Francesco Totti, che a quarant’anni ancora tocca il pallone come nessuno in Serie A e Zlatan Ibrahimovic, che a 35 anni ha tolto più volte le castagne dal fuoco allo United nel campionato con il ritmo più alto del mondo. C’è più di un motivo per pensare che anche Cristiano Ronaldo abbia fatto un salto in questa dimensione. Anzi, forse è addirittura il gestore del locale e ancora non lo sappiamo.

Dicono andrà al PSG, ma lo dicono ogni volta che Cristiano ha un malumore. Dicono ritornerà al Manchester United, dove la sua carriera ha raggiunto per la prima volta picchi astronomici, ma Sir Alex Ferguson ha smesso di allenare. Cristiano dice di avere ancora un decennio da spendere sui campi di calcio e di voler restare a vita al Madrid, ma guardando la realtà con occhi concreti esistono tre dimensioni percorribili riguardo il suo futuro. Se la prima è una verità praticamente certa e la seconda è dettata dal personaggio, la terza è per gli amanti degli occhi lucidi.

1. Once a Blànco, forever a Blànco

Sull’ultimo nuovissimo contratto firmato da CR7 si legge 2021. A meno di scontri clamorosi con personalità altrettanto forti o di uno scandalo economico del Real costretto a vendere le proprie stelle, Cristiano sarà un giocatore del Real Madrid anche per i prossimi quattro anni. La cosa non stupisce affatto e dati alla mano non si può pensare ad una caduta atletica o mentale. Cristiano ha un rapporto da fenomeno anche per quanto riguarda gli infortuni. L’ultimo incidente serio che gli ha fatto saltare tre partite di Liga è dovuto ai postumi dello scontro con Payet nella finale dell’Europeo.

Tolto un fastidio muscolare che ha rischiato di compromettere la parte finale della stagione 2015–16 (e altri piccoli problemi di basso rilievo), bisogna risalire ad ottobre 2009 quando un infortunio alla caviglia l’ha tenuto fuori dai giochi per nove partite. Fisicamente è fatto per durare. Mentalmente è anche più forte e c’è un fattore non indifferente che alimenta la fame di questo mostro sportivo, ossia la necessità di avere una nemesi, qualcuno alla sua altezza. L’unico nome a disposizione è ovviamente quello di Leo Messi che essendo pure lui abbracciato alla causa totale del suo Barça, ci garantisce il proseguimento di questo duello nella Liga.

I dati, ci servono i dati. Cristiano Ronaldo in sette stagioni è diventato l’all time scorer del Real (segnando un gol in più di Raul Gonzalez Blanco, ma in meno del 50% delle stagioni giocate dall’ex capitano del Real). Cristiano è un’azienda del gol e per misurare la forza di un’azienda si guarda il fatturato. Dal settembre 2013, quando Gareth Bale si è inserito tra le file dei Blàncos, Cristiano Ronaldo ha segnato 183 goal. Bale e Benzema assieme, 151. In quel fenomenale ecosistema d’attacco chiamato BBC, è la C ad avere un peso insostituibile. Ecco cosa significa Cristiano Ronaldo per il Madrid. Mindblown.

2. Major League Soccer. Nel segno del 7

Arrivato all’Old Trafford Cristiano chiese di vestire il numero 28, ma Ferguson gli impose il numero 7 pietrificandolo. Il 7, in quella zona di Manchester, significa George Best, Bryan Robson, Eric Cantona e David Beckham. Una responsabilità, più che un peso, che CR7 si è però assunto pienamente dimostrando di esserne all’altezza.

Il numero 7 ci permette di creare un interessante continuum spazio-temporale con chi ha preceduto Cristiano al teatro dei sogni, David Beckham. Cristiano non solo ha creato nuovi significati sportivi con la stessa maglia, ma sembra essere l’erede designato dell’universo che ha creato e in cui ha vissuto DB7. Tutti e due calciano bene, hanno passione per la moda (seconda carriera da modelli, testimonial, linee proprie), tutti e due si trasferiscono al Real Madrid, tutti e due hanno una certa predilezione per i record fuori dal campo (prima di quelli di Bale e Pogba, il trasferimento di Ronaldo al Real è stato il più costoso della storia, mentre i 250 milioni spalmati in 5 anni spesi nel 2007 dai L.A. Galaxy per Beckham hanno addirittura costretto la MLS a modificare il proprio salary cap).

Proprio nel nome di questo passaggio iconico di testimone tra CR e Becks, è la MLS a candidarsi con forza come una delle possibili destinazioni future. Non la seguo molto, però so che sta crescendo e diventando sempre migliore, dice Cristiano in un’intervista. Chi può dirlo, magari un giorno mi trasferirò lì.

Il primo elemento a sostegno di questa ipotesi riguarda il sistema, perché in America l’entertainment non accompagna il gioco. L’entertainment è il gioco. Cristiano Ronaldo è una macchina da showbiz e farebbe fuoco e fiamme in un ambiente che adora viziare gli atleti sulla base del proprio profilo economico e sociale. Lo sport americano si nutre del senso del successo e dello spettacolo. L’idea della competizione non è sufficiente, perché è la vittoria che deve intrattenere il pubblico e deve farlo nella maniera più teatrale possibile.

Sono sempre di più i giocatori di alto profilo (i celebrity players appunto, quelli per cui si paga il biglietto) che sul finire della carriera abbracciano volentieri questa dimensione (vedi Gerrard, Lampard, David Villa, Kakà, Pirlo solo citando gli ultimi anni). Il profilo hollywoodiano di Cristiano Ronaldo sembra cucito ad hoc sugli standard della MLS. Vogliamo davvero pensare che il professore indiscusso della gestione della personalità e del personaggio dentro e fuori dal campo si faccia scappare questo monte Olimpo?

La MLS, inoltre, sta migliorando (piano, ma costantemente) a livello di impatto e di qualità ed entro il 2020 è prevista un’espansione di lega da 20 a 24 squadre con l’inserimento di nuove franchigie da Los Angeles, dal Minnesota e da Atlanta. Un’altra città che spera e quasi sicuramente farà parte di questa espansione è Miami, grazie al progetto del Miami Beckham United , gruppo condotto proprio da David Beckham assieme a Marcelo Claure e Tim Leiweke, che vuole regalare alla città della Florida una nuova squadra dopo il fallimento dei Miami Fusion nel 2001.

https://www.youtube.com/watch?v=PP9xD7_VAYM

Cristiano Ronaldo ha bisogno di competizione. Ha bisogno di avversari e di un ambiente che lo riesca a reggere e stimolare. Ecco perché, anche grazie alla spinta di Beckham, tra le destinazioni della sua fase crepuscolare sarà la MLS con la sua maggiore concretezza la più probabile, a scapito di una Superleague cinese (ancora troppo poco appetibile) e di un campionato arabo milionario. Arrivare in MLS a 36 anni significherebbe solo una cosa: compagni di squadra influenzati, titolo a Miami e, ai soliti ritmi da cyborg, record di all-time scorer di Landon Donovan (145 gol in 334 partite) criticamente a rischio.

3. Portugal y Saudade

20 palloni e due kit di divise. Questo il prezzo pagato dal Clube Desportivo Nacional, per acquistare Cristiano Ronaldo dal Clube de Futebol Andorinha de Santo António , la sua prima squadra. Lo Sporting di Lisbona ci vede giusto e nel 1997 lo acquista, rendendolo il giovane più pagato del paese. Ci vede bene anche Gary Neville, che nell’estate del 2003 è a casa infortunato e guardando l’amichevole tra Sporting Lisbona e Manchester United spera che qualcuno come lui si sia reso conto di quel talento lungo la corsia sinistra che ha attorcigliato le gambe a John O’Shea. Qualcuno c’è, è mister Alex Ferguson, che a colazione mangia calcio e lungimiranza e l’estate stessa fa firmare un contratto a Cristiano Ronaldo e se lo porta a Manchester. Nel caldo di quell’agosto del 2003 tutti hanno visto nascere qualcosa che ancora sta dominando. Chi non avrebbe cercato di portarlo via.

Difficile pensare ad un ritorno all’Andorinha, che milita nella quinta divisione portoghese e tra l’altro ha deciso ufficialmente di ritirare la ‘7’ in omaggio alla sua straordinaria carriera. Più facile un ritorno ai Leoni di Lisbona, dove ancora oggi raccontano la sua scoperta come fosse la natività. Parte tutto nel 1997, dal presidente di un fan club dello Sporting sull’isola di Madeira che si mette in contatto con Aurélio Pereira, il responsabile del settore giovanile della squadra di Lisbona. C’è un ragazzo che è un prodigio, gioca un torneo col Nacional e dovreste vederlo.

Il prodigio quel torneo non lo giocherà mai perché in realtà non è tra i convocati, ma trovato in disparte da solo con un pallone si dice abbia lasciato di stucco lo scout arrivato a Funchal per visionarlo. Pereira riceve una telefonata, bisogna fargli un provino subito. Il resto è storia e l’immagine di Cristiano Ronaldo verrà dipinta appena fuori gli spogliatoi dell’Estádio José Alvalade di Lisbona. Un obiettivo per chi veste il bianco verde, un monito del talento che questo campo ha visto per gli avversari.

Lo Sporting Lisbona non vince il titolo del campionato portoghese dalla stagione 2001–02, quella di Mario Jardel capocannoniere ed esattamente quella precedente all’inserimento in prima squadra di Cristiano Ronaldo. Accarezzare l’idea di un ritorno dove tutto è iniziato non sarebbe eccessivo romanticismo, ma la voglia di sigillare un ciclo sportivo assurdo in cui non manca nulla se non le lacrime di un campionato vinto per il cuore.

La stessa emozione straripata alzando la coppa dell’Europeo in Francia, perché il Portogallo è il Portogallo e riportare a Lisbona un titolo che manca da 15 anni è una missione per qualcuno col debole per il mito e il divino. Magari con un occhio al Mondiale 2022, che sarebbe il quinto della sua lunga carriera.

Il futuro di una stella è per forza di cose tra i propri simili. Per qualche anno probabilmente saranno le stesse del cielo di Madrid, ma il richiamo di altre costellazioni sarà fortissimo anche per un monolite come Cristiano. Il suo obiettivo è sempre stato quello di andare oltre, di salire sempre più su, di essere un riferimento. In pochi, pochissimi, riescono a guardarlo dall’alto in basso ma Cristiano, grazie a David Sobral, forse ha trovato il suo non plus ultra.

David è un astronomo portoghese, nel giugno 2015 era a capo di un team di ricerca che ha scoperto una nuova galassia. L’hanno chiamata Cosmos Redshift 7. Leggi CR7, leggi ovunque vada io smuovo le stelle. Feliz Aniversário, Cristiano.

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