Crampi Mondiali — 3a giornata — «Quando arrivi a casa facciamo i conti»

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
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8 min readJun 27, 2014

(immagine di copertina da The Big Picture)

Davvero ci volete far tirare fuori quella frase un po’ dozzinale di Winston Churchill sugli italiani, le guerre, le partite di calcio? Vogliamo davvero dar ragione a un vecchio inglese che è, peraltro, dell’unica nazionale che siamo riusciti a battere in questo mondiale di calcio? Quando parliamo di sport, parliamo di sport: la caduta dell’Italia, il sistema Italia che crolla in tutti i luoghi, compreso quello a cui teniamo (a quanto pare) di più, la società contemporanea e multirazziale che non funziona, i bianchi, i neri, i senatori, gli allenatori (sempre cinquanta milioni). Tutto ciò non ha niente a che fare con lo sport. La disfatta dell’Italia è una disfatta prevalentemente tattica e decisionale — di cui abbiamo discusso qui — e non c’è motivo di caricare di un significato pesante e fuori luogo uno sport. Se vogliamo fare gli ottimisti, è una disfatta di episodi e decisioni neanche dipesi del tutto dall’Italia stessa: l’espulsione di Marchisio non è così sacrosanta, e il morso di Suarez è uno di quegli episodi che più avanti nel tempo saranno ricordati nella storia dei mondiali di calcio, e, se siamo fortunati, l’Italia del 2014 sarà menzionata come vittima e martire del passaggio di uno dei centravanti più forti di sempre e del “what if”.
E poi siamo d’accordo anche col fatto che ora debbano cambiare un po’ di cose, siamo d’accordo col ricambio generazionale: però parliamo di pallone, per favore, che quando si parla di altro sembra proprio che di pallone non si sappia scrivere.

Jermaine-Jones-Referee

Ci sono delle cose che ci mancheranno di questo mondiale, come i mischioni in area dell’Iran, la barba di Pirlo, le geometrie e l’aspetto emaciato e vampiresco di Iniesta, l’esplosività della Costa d’Avorio, quel pigliamosche di Akinfeev e l’attesa pallida di un Cristiano Ronaldo qualsiasi. È un mondiale con pochissima Europa, senza Italia, Spagna, Portogallo, Inghilterra, Russia. Ma è un mondiale splendido, con 136 gol (una media di 2,8 a partita); e se non guardate il calcio per vedere i gol, che lo guardate a fare?

I giocatori della settimana

Diego Godín

Il difensore dell’Atletico Madrid si è preso fascia da capitano e responsabilità dell’altro Diego, Lugano, quello infortunato. Godin, in campo, ha dominato in lungo e in largo. Lo si vedeva ad occhio nudo: sapeva sempre dove stare, aveva il controllo della sua difesa, capiva il gioco degli azzurri (non che ci volesse poi troppo, ma lui comunque lo capiva). Le statistiche poi lo incoronano definitivamente: 3 contrasti, 2 intercettazioni, 5 duelli aerei vinti (su 6), tutti i passaggi che ha provato gli sono riusciti. E poi il gol. Quest’anno di testa ha segnato tantissimo, e tutti gol importanti. Sul corner fanno blocco, saltano in quattro, c’è persino Arévalo Ríos; Godin salta talmente in alto che la mette con la scapola, girato dall’altra parte. Ma credo l’abbiate visto.

Neymar

Dell’olimpo del calcio su Youtube Neymar era il dio. E tutti poi a dire “aspetta che arrivi in Europa, vediamo cosa farà”. Neymar in Europa c’è arrivato, ma si sente a casa in Brasile, nel Brasile, nel calcio che conta più di tutti, il mondiale, a dire la sua. Non imbrigliato dallo schema arrugginito del Barcellona di quest’anno, Neymar è una sentenza quasi divina: aleggia sul campo, come se stesse su una piccola nuvola tutta sua che non prendi mai, tuona, borbotta, ma quando parte puoi solo maledirlo mentre cerchi riparo. E i suoi gol sono fulmini; chi è il giocatore non concreto?

Igor Akinfeev

akinfeev

Farsi eliminare dal gruppo H era un’impresa ardua. La Russia ci è riuscita alla grande, totalizzando due soli punti, l’equivalente di gol fatti contro avversari più che modesti: grossolani. Indiscusso protagonista di questa barbarie è stato il portiere Igor Akinfeev, che, con i suoi obbrobri, ha meritatamente conquistato un posto nei nostri cuori. Laddove, infatti, la tecnica dozzinale dei coreani ed il grezzume tattico dell’Algeria parevano non poter offrirci sussulti, ci ha pensato lui a rimettere tutto in questione. A Fabio Capello, che anche nel 2010 ebbe un portiere disastroso, è rimasto soltanto il vaniloquiare contro gli arbitri a fine gara.

I gol della settimana

Shinji Okazaki

Il Giappone di Zaccheroni chiude il primo tempo pareggiando con un gran bel gol di testa di Shinji Okazaki, attaccante del Magonza. Purtroppo non servirà a granché, ma si sa: la bellezza è svincolata dai canoni mediocri dell’utilitarismo.

Jackson Martinez

L’Uruguay agli ottavi dovrà affrontare la Colombia. Per l’Italia sarebbe stato davvero arduo arginare un potenziale offensivo che annovera, fra i tanti, un attaccante, come Jackson Martinez, dotato di un’ottima tecnica individuale. Doppietta contro il Giappone e decima rete in trenta gare con la sua nazionale. Fa strano pensare che Pekerman gli conceda poco spazio, nonostante l’assenza di Radamel Falcao. Uno che fa gol così.

James Rodríguez

Uno dei migliori calciatori di questo mondiale finora è stato un trequartista colombiano, classe ’91. Stiamo parlando di James David Rodríguez Rubio, in forza al Monaco. Per molti addetti ai lavori è forse l’unico vero erede di Carlos Valderrama, la stella del calcio colombiano e sudamericano, che non ha esitato un istante a consacrarlo definitivamente, cedendogli l’appellativo “El Pibe”, con cui lui nei ’90 era osannato in patria. Nel 4–1 inflitto al Giappone ha confezionato due assist e un gol (il terzo in questo mondiale) incredibile. Fantasia, rapidità, un mancino velenoso, e soprattutto una facilità disarmante nel saltare l’uomo.

Xherdan Shaqiri

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Xherdan Shaqiri è un ventiduenne trequartista del Bayern Monaco. Svizzero, di origine kosovara-albanese. Rapido nei dribbling, sebbene fisicamente curioso — più largo che alto, ma di muscoli — e intelligente nell’impostare il gioco; dotato d’eccezionali qualità balistiche. Serviva un occhio da cecchino per il gol del vantaggio della Svizzera sull’Honduras. Gli bastano soltanto cinque minuti e ventiquattro secondi per accentrarsi da destra e concepire questo capolavoro (di) sinistro. Agli ottavi incontrerà l’Argentina.

Ahmed Musa

Solo Ahmed Musa, attaccante nigeriano del CSKA Mosca, classe ’92, ha provato a contrastare il dominio argentino (64 % di possesso palla). Lo ha fatto con una doppietta, che ha mostrato tutto l’imbarazzo della fragile difesa dell’Albiceleste. Soprattutto il suo primo gol, con un tiro a giro, rende ragione alla rivista spagnola Don Balon, che nel 2012 lo ha inserito nella lista dei migliori calciatori nati dopo il 1991. Vedremo cosa farà contro la Francia agli ottavi.

Le giocate della settimana

Arjen Robben

Olanda-Cile: rimirare Arjen Robben, in furiosa volata, sbaragliare gli ultimi, strenui quanto futili, tentativi di resistenza della difesa cilena. Uno sfoggio rabbioso, dispotico quasi, di tutti i requisiti imprescindibili per un esterno d’attacco. Lo scatto fulmineo, l’intuizione e la rapidità d’esecuzione. E poi il coraggio: quello di non fermarsi all’ovvio, ma provare a giungere all’estremo (del campo), senza mai perdere il controllo (del pallone). E conservare infine, al termine di una corsa sfrenata, la lucidità di riflettere, e fare la cosa giusta: calibrare un passaggio di misura per Depay, che deve solo buttarla in rete. Quella di Robben è una potenza controllata, elegante, che sembra conservare la misura anche di fronte all’eccedenza del rischio.

Lionel Messi

Era dai tempi di Maradona, di Messico ’86, che un argentino non segnava quattro gol di fila ad un mondiale. Messi ci è riuscito contro la Nigeria, un giorno dopo il suo compleanno, con una doppietta, che gli regala il primato nella classifica dei marcatori, assieme a Neymar e Muller. Ma statistiche e confronti sono inezie et quisquilie da fanciullo, che ben volentieri lasciamo a Zazzaroni, giacché il dilungarvisi costituirebbe un rasentare il blasfemo, allorché ci si ritrovi dinanzi a simili magnificenze. Di fronte all’opera d’arte è necessario ritrarsi nell’incanto di un’estasiata contemplazione. E tacere.

Giorgos Samaras

Samaras è buono, davvero. È un bravo ragazzo. Ma mettetevi nei suoi panni: siete goffi, grossi, avete dei piedi così così e rallentate qualsiasi azione. Siete alti e non siete neanche così buoni di testa. La vostra nazionale, che avrebbe tanto bisogno di una di quelle vittorie che fanno sorridere la stampa e tutti i cittadini delle polis, pareggia — così sarebbe fuori dagli ottavi — ed è il 91esimo. Siete pure stanchi. Vi inserite, sentite un tocco, calciate col vostro piede sinistro quello destro, il resto è fisica e capacità balistica nel tuffo. L’arbitro indica quel puntino bianco dietro di voi. Ora dovete solo mettere il rigore che farà qualificare la Grecia alle fasi finali.

Kwadwo Asamoah

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Assistman dell’altro Asamoah, Gyan, Kwadwo crossa il pallone come nessuno gli avrebbe mai chiesto di fare; se lo vedi fare al tuo esterno, oh allenatore, sgridalo. Sul suo piede (il sinistro), in corsa, crossa di esterno: la traiettoria è geometrica, Gyan la insacca e pareggia i conti.

Weird stuff, o le cose fuori luogo

Allan Nyom

Allan Nyom, sotto contratto con mr. Pozzo, bazzica il Granada in prestito dall’Udinese ed è un bullo. Ha visto neymar che si è fatto il ciuffetto biondo per essere il più bello delle scuole medie e l’ha spintonato. Si muove in campo male, picchia come un fabbro, è sgraziato, l’unico assist che conosce (ma non ci va d’accordo) è quello in cui bisticcia con Dani Alves e col pallone e poi la mette in mezzo di piattone. Non è fuori luogo ma fuori tempo, da un altro calcio, è un giocatore pre-moderno. E intanto, per nove minuti, quell’assist ha tenuto sotto scacco i verdeoro.

Fred

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Ma cosa ci fa là? Abbandonato davanti, una boa, una splendida boa coi baffi, con quell’aria di chi ha le mani pesanti perché a vida de espátula è dura, e ha la canottiera bianca senza sponsor sotto la maglietta del Brasile. Intorno a lui gravitano personcine come Neymar, Oscar, Hulk, ma il giocatore meno spettacolare del Brasile, zitto zitto, l’ha messa dentro da mezzo metro, abbonato all’area di rigore, e la porta era vuota davanti a lui. A riguardo ha dichiarato: “Grazie a Dio è arrivata questa rete, e l’ho segnata con i baffi. Lo so che sembra incredibile, ma è così. Il pallone mi è andato a sbattere proprio sul baffo, e poi è entrato”. Eroe.

Cristiano Ronaldo

Cristiano Ronaldo si presenta così, dopo quattro ore e venti che l’abbiamo aspettato sul rettangolo verde. L’unico suo gol è una volontà non sua, è il suicidio del portiere ghanese Dauda che aveva fatto i miracoli tutta la partita. Ronaldo è al posto giusto, al momento giusto, solo una volta in tutto il mondiale.

Mondragon

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Una menzione speciale crediamo di doverla dedicare a Faryd Mondragon, secondo portiere dei Cafeteros, che a 43 anni ha segnato un record bizzarro: quello di calciatore più vecchio ad aver giocato in una partita dei Mondiali. Grazie a Pekerman, che gli ha concesso 8 minuti nel 4 a 1 sul Giappone, ha potuto superare il camerunense Roger Milla, che ad Usa ’94, a ben 42 anni, segnò il gol della bandiera in un tragico 1–6 contro la Russia. Nel 2005 Mondragon rischiò di finire al Palermo, ma poi i tentennamenti del “vulcanico-presidente-Zamparin” fecero saltare l’affare.

A cura di Flavio Lepore e Mattia Pianezzi

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