Crampi Sintetici — 6 Elogi nella ventunesima di campionato

Crampi Sportivi
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6 min readJan 27, 2014

Elogio estetico dell’undici contro dieci

Aldilà delle disquisizioni filosofiche di tipo kantiano intorno alla regola del fallo da ultimo uomo (Marchisio appena finita la partita, ancora col fiatone, ha avuto la lucidità per rivangare un episodio di due anni e mezzo fa a sfavore della Juve), gli esteti del calcio dovrebbero benedire momenti come quello al 25°. Quando un taglio intelligente di Klose taglia fuori la seconda migliore difesa del campionato e causa rigore ed espulsione.

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Il duello Klose-Buffon del primo tempo[/caption]

Non è tanto da apprezzare la solita disinvoltura con cui Klose riesce a fare cose decisive in una partita — anche solo facendo tre passi nella direzione giusta, col tempo giusto -, quanto il crearsi di una situazione di partita imprevista. Se ci si attendeva un canovaccio con la juve ad attaccare e la Lazio a difendere bassissima, l’uno a zero rappresenta una sorta di catastrofe narrativa: stravolge gli equilibri e rende il tutto meno prevedibile. Soprattutto dopo l’incredibilmente bello gol di Llorente (secondo le leggi della Fisica: quante possibilità c’erano di generare con la testa una parabola simile?) che apre ancor di più le squadre e le dispone alla ricerca della vittoria, al rischio del ‘o tutto o niente’. Sarebbe stata davvero così bella la partita undici contro undici? Alla fine succede che la Lazio prende due pali che confermano varie cose: che Storari è il miglior secondo portiere della serie A; che Reja dovrebbe trovare il modo di far giocare Keita; che le partite dieci contro undici possono essere parecchio divertenti.

Elogio della Follia

All’interno del baratro storico nel quale sono precipitate le milanesi la cosa più interessante da registrare è questa strana inversione di ruoli esistenziali.

L’aggettivo ‘pazza’ è così strettamente legato all’Inter da essere entrato nel titolo del suo (brutto) inno. Mentre il Milan anni fa vinceva in Europa con eleganza e affidabilità, L’Inter ne rappresentava la nemesi adolescenziale e imprevedibile. Ricorderete il sadismo con il quale riusciva, nel giro di pochi minuti, a perdere o a vincere le partite (si dice che l’avvocato Prisco morì a seguito di una rimonta dell’Inter sulla Samp); come nella supercoppa italiana del 2006, quando rimontò in 40 minuti 3 gol alla Roma, vincendo il trofeo 4–3. Oggi la situazione sembra capovolta . L’Inter contro il Catania stende quasi un manifesto tecnico dell’inefficacia del calcio d’angolo: 14 battuti zero gol, e soprattutto pareggia in maniera anonima, come spesso gli capita ultimamente. A differenza del Milan, squadra isterica quasi per vocazione, con quattro punte davanti e dietro quei difensori, che fanno proprio di tutto per rendere interessante qualsiasi palla gli capiti attorno.

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Un’immagine di Bonera in marcatura su Sau[/caption]

In proposito grande acquisto Adil Rami, vero sciroccato della difesa, come dimostra il colpo di testa in tutto con cui nel primo tempo stava per siglare l’autogol più bello della storia del calcio. E così contro il Cagliari va in scena l’ennesima partita dall’andamento incomprensibile, che concentra due gol negli ultimi 4 minuti e ci ricorda tutta la relatività del tempo, oltre che Pazzini è — insieme a Llorente — il miglior attaccante in area di rigore. Sarà contento il presidente, che in tempi non sospetti dichiarava il proprio personale “Elogio della Follia”.

Elogio della freccia nera

GERVINHO-BRACCIA-LARGHE-BUONA

Quanti di voi questa estate pensavano che Gervinho potesse essere così decisivo nella nuova Roma? Neanche i più ottimisti avevano dimenticato il flop con i Gunners di Wenger. L’unica cosa che riusciva a tenere viva la speranza, a prescindere dalla voglia di riscatto dello stesso giocatore, era soprattutto lui, il nuovo guru dei giallorossi: Rudi Garcia. L’ex tecnico del Lille è stato colui che per primo ha lanciato la freccia nera alla conquista della Francia, e che ha voluto a tutti i costi portarlo a Roma per iniziare una nuova avventura. Di nuovo insieme, di nuovo uniti. Dopo un gol alla Bruce Lee contro i bianconeri, Gervinho ha deciso di regalare alla Roma altri tre punti fondamentali riducendo lo svantaggio nei confronti della Juventus. Il secondo gol è un’invenzione tutta sua: dribbling sulla destra e rasoiata secca da fuori area che stordisce Rafael e il Verona. Capiamo oggi quanto sia fondamentale Gervinho soprattutto vedendo come impostano tatticamente le partite le squadre che devono affrontare la Roma, in sintesi tutti dietro la linea del pallone pronte a ripartire. In questi casi chi sa accarezzare il pallone in un certo modo, e chi soprattutto fa dell’inventiva e di una velocità da centometrista le armi migliori, non poteva che diventare uno degli elementi inamovibili della nuova Roma di Garcia.

Elogio della piccola taglia

Quando qualche tempo fa scrivevamo questo pezzo, discutevamo anche a proposito di un improvviso emergere di una generazione di giocatori nani alla ribalta del calcio internazionale. C’eravamo dimenticati di parlare di Dries Mertens, come del resto un po’ tutti hanno fatto negli ultimi mesi. C’era qualcuno che si aspettava che il belga fosse così forte? Che potesse — in questo momento di calo di forma di Higuaìn e Hamsik — reggere, di fatto da solo, tutta la pericolosità offensiva del Napoli? Anche nella partita col Chievo ha dimostrato di essere praticamente imprendibile palla al piede, oltre che lucido nell’ultima giocata. Ha preso due pali, tirato nove volte, fatto quattro dribbling, un assist e tre passaggi chiave.

Nessun giocatore in Serie A, in questo momento, è determinante per la propria squadra come lo è Dries Mertens per il Napoli.

Elogio della nascita e dell’addio

paulinho

In quel di Livorno non ci speravano più. La vittoria era lontana come le azioni del Che nel tempo: così lontana da non ricordarsi più come fosse fatta. Invece, eccoti Di Carlo (al ritorno in A dopo tanto tempo) e arriva una botta mica da poco: tre gol in un venti minuti e partita praticamente risolta. Tutto così veloce che al tifoso livornese prende un colpo: quando devi disintossicarti dalle sconfitte e ricominciare, mica si può fare tutto insieme. Invece, pam-pam-pam: Greco, Paulinho e Benassi e la vittoria è cosa fatta. Incredible il rendimento andata-ritorno: se il Livorno giocasse in A solo con il Sassuolo, sarebbe campione dello stivale (4–1 all’andata, 3–1 al ritorno).

Diversa la storia per Eusebio di Francesco. Lui la A non la digerisce proprio. Fa imprese in B, si fa conoscere con il Pescara, porta il Sassuolo a vincere il campionato cadetto e per la prima volta in A, ma non riesce proprio a confermarsi. Rischia di diventare un allenatore come Ivo Iaconi o Beppe Iachini: uno specialista della B. Luogo dal quale, probabilmente, ripartirà: l’esonero è vicino e il poker di Berardi al Milan di due settimane fa è servito solo ad allungare l’agonia. Ciao Eusebio. Dopo Lecce e l’Emilia, sarà meglio esser più preparati per la prossima visita in A.

Elogio di chi resta

diamanti loser

Vivendo a Bologna ho potuto assistere in prima persona alla palpitazione con cui la città ha vissuto la trattativa che stava per portare Diamanti in Cina. Il Resto del Carlino giovedì titolava una cosa del tipo: “Diamanti in Cina Bologna trema”. I titoli si potevano leggere a grandi caratteri sugli espositori fuori dalle edicole, mentre nei bar si potevano trovare gli ‘umarell’’ presi a discutere con un grado di preoccupazione che faceva dimenticare la vicenda del palpeggiatore.

Difficile descrivere il sospiro di sollievo collettivo che la città ha tirato a trattativa saltata, il sollievo di chi è sfuggito allo scippo di un bene pubblico. Il Bologna senza Diamanti è come Bologna senza la sua università, una cosa sciapa e senza senso.

Articolo a cura di Emanuele Atturo, con contributi di Gabriele Anello e Andrea Minciaroni

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