Crampi Sintetici — Il calcio è una promessa di felicità

Crampi Sportivi
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6 min readMar 27, 2014

Giocate bizzarre, colpi di genio, simulazioni d’autore, l’ennesimo trionfo del Bayern Monaco. E poi, ancora: caracche da centrocampo, il crepuscolo di Arsène Wenger, El Clásico, le triplette di Yaya Tourè, Suarez, Immobile e Messi. Una settimana carica d’emozioni, per un dissociato come il sottoscritto, che abita la vita con rassegnazione, e che pure, stranamente, soltanto nel calcio rinviene “una promessa di felicità” (cit. Stendhal).

Le squadre della settimana

Top: Bayern Bonaco
Dopo un’avvincente battaglia, un testa a testa lungo mesi, alla fine l’ha spuntata il Bayern, all’ultimo respiro.
Vabbè, insomma, il Bayern ha vinto la Bundes in modalità principiante; con la facilità, con lo stesso annoiato divertimento di quando vinciamo l’ennesima Master League di una partita a PES giocata troppo, protratta in un futuro troppo avanzato, nel quale la nostra squadra ha smesso di essere migliorabile e il gioco si è trasformato in un esercizio stilistico.
Il Bayern ha vinto a 7 giornate dal termine, dando (per ora) 25 punti al Borussia Dortmund, collezionando 25 vittorie e appena due pareggi.
Il 28 ottobre del 2012 è la data dell’ultima sconfitta del Bayern Monaco: Chavez era ancora vivo, in Italia c’era ancora il governo Monti e Random Access Memories dei Daft Punk doveva ancora uscire.

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La cosa che colpisce è che molte squadre concepiscono la vittoria della Champions League come un punto culminante di un ciclo storico, mentre il Bayern ha considerato la vittoria dello scorso maggio come una semplice ouverture per un viaggio verso un’altra dimensione. Come sostiene Jorg Wacker, membro del consiglio direttivo del club, “i nostri competitor non sono più le altre squadre della Bundesliga ma Man United, Barcellona, Real Madrid”. Il Bayern Monaco interpreta ormai i campionati nazionali come lunghe sessioni di allenamento, portando la competizione a un livello autenticamente globale. Gli acquisti di Mario Gotze e Robert Lewandowski sono il segno di un imperialismo calcistico che in breve tempo porterà i bavaresi dall’essere “la migliore squadra di germania” ad essere “l’unica squadra di Germania”, lo sbocco obbligato di qualsiasi fuoriclasse che giochi in Bundesliga. Annullando il concetto stesso di campionato nazionale. Che ci piaccia o no, il calcio sta andando in questa direzione.

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Flop: Arsenal

Il momento in cui la palla entra docilmente in rete dopo il tocco di Flamini — al novantesimo, nell’autogol che fissa il due a due di Arsenal-Swansea — è quello in cui un’intera stagione vola via. In realtà tutto è figlio dei sei gol presi tre giorni prima nel derby contro il Chelsea, in una di quelle sconfitte inspiegabilmente sonore che solo l’Arsenal riesce a subire. Come se non bastasse perdere, come se servisse sempre anche quel tono nero del dramma sportivo a ricordare che neanche quest’anno il titolo tornerà ai Gunners. C’è una statistica che riguarda Wenger e che ci racconta meglio di qualunque altra i limiti di questa squadra: nelle ultime 15 partite contro squadre di alta classifica l’Arsenal ha realizzato 4 punti dei 45 in palio.

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I migliori giocatori della settimana

1. Ciro Immobile

Qualche settimana fa si parlava di Ciro Immobile come possibile sostituto di Robert Lewandowski alla guida dell’attacco del Borussia Dortmund. Nel fatto stesso che non riteniamo questa un’idea assurda risiede la straordinarietà del centravanti del Torino.

Immobile non ha forse lo stesso tocco palla di Lewandowski, ma come il polacco interpreta il ruolo in una maniera totale, completa, post-ibra, per capirci. Martedì sera il confronto tra Destro e Immobile aveva l’aspetto del confronto tra Microsoft ed Apple, tra un 3310 e uno smartphone. Destro è interprete antico del ruolo: tocca palla poche volte, si muove solo verso la porta, è un corpo estraneo alla squadra fino a quando non finalizza. Destro tocca, mediamente, la palla quasi la metà delle volte rispetto a Immobile (10 passaggi a partita contro 18). Immobile partecipa alla fase di non possesso, vede bene il gioco in verticale, padroneggia tutti i movimenti offensivi: va incontro, attacca la fascia scoperta, gioca di prima, dribbla, va in profondità. Accanto a lui tutti sembrano giocare meglio. E poi segna a pacchi: 17 gol senza neanche un rigore. Immobile è il centravanti del futuro, e come quelli del passato segna gol al volo di sinistro, quasi fosse Gigi Riva.

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2. Kouassi Gervinho

Dopo la partita di martedì sono diventati nove gli assist di Gervinho in serie A. Più di chiunque altro. Ogni partita che passa Gervinho sembra smentire un luogo comune che lo riguarda. Nell’ultima settimana — nella quale ha sfornato un gol e tre assist — ha demolito quello che lo voleva devastante solo in campo aperto, con ampi spazi.
Gervinho entra con facilità irrisoria anche dentro difese completamente schierate, come dimostrano i due assist a Destro nelle ultime due partite. Come questo:

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3. Yaya Tourè

C’è un profilo Twitter che parla di Yaya Tourè come si parlerebbe di Chuck Norris. Ieri sera un tweet recitava: “Yaya Tourè ha segnato quel gol con gli occhi chiusi”. L’impressione era davvero questa: palla al limite dell’area, marcature lente, finta per mettere la palla sul destro e tiro a incrociare. Yaya fa tutto come se fosse uno scherzo. Diciottesimo gol stagionale, condito da 5 assist, direttamente dal pianeta Namek.

I gol

“Nichilismo: manca il fine; manca la risposta al “perché?”; che cosa significa nichilismo? — che i valori supremi si svalorizzano” Nietzsche (Frammenti postumi)

Donde proviene la disillusione nichilistica, che ultimamente pare affliggere il Manchester United? Forse dal venir meno di certezze che si credevano eterne, immutabili. In altri termini, l’addio di Sir Alex Ferguson. Soltanto Wayne Rooney continua a rappresentare un ultimo barlume di speranza, per uscire dalla crisi. Il suo “golazo” contro il West Ham ci percuote l’animo, ricordandoci le straordinarie doti tecniche di Giuseppe Mascara.

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A volte ci capita d’assistere increduli a gol chimerici, per i quali, più che la tecnica o due piedi buoni, sono necessari l’estro, l’incoscienza, il coraggio di rischiare figuracce. Sregolatezza pura.

“Il talento fa quello che vuole, il genio fa quello che può. Del genio ho sempre avuto la mancanza di talento” (cit. Carmelo Bene).

Lui è Orlando Engelaar, un tempo promessa del vivaio olandese. Finito in nazionale per errore, ha addirittura fatto un Europeo nel 2008, affrontando l’Italia. Per poi ritrovarsi, non si sa come, nelle fila del Melbourne Heat, prima divisione australiana.

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Ѐ dentro partite che sembrano insignificanti che a volte ci trovi le storie più belle. Ci troviamo nella Football League Championship, la seconda serie del campionato di calcio inglese. La partita è Leicester City- Yeuvill. I padroni di casa stanno sotto di una rete a zero. Ѐ il 92° quando nell’ultima, disperata azione per agguantare il pareggio, spunta nell’area avversaria un ragazzone dalla corporatura imponente e dalla chioma bionda, nordica: è il portiere, che con un imperioso stacco di testa la butta dentro. Lui è un figlio d’arte. Il suo nome è Kasper Schmeichel, figlio del glorioso Peter, di cui a Birmingham ancora narrano le gesta.

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Ѐ vero: la Bundesliga si è definitivamente chiusa con la vittoria del Bayern. Eppure il campionato tedesco continua ad essere uno dei più interessanti, se non altro perché ci offre perle come queste:

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Ma forse il gol più bello lo ha fatto Henrique Adriano Buss, noto semplicemente come Henrique. Il suo tiro al volo, così imprevedibile, e inimmaginabile, specie per un difensore, ci riporta agli Europei del 1988. A quella magia del cigno di Utrecht, che continua ad incantarci.

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La simulazione
Quale giocatore al mondo — al di fuori forse di Totti — avrebbe visto quella palla in verticale di Messi? Eppure il vero gesto tecnico di quest’azione è il tuffo di Neymar: un manifesto di scaltrezza più che una mera simulazione.
Perché Neymar taglia bene il campo, controlla bene in corsa e ha tutta la porta spalancata per segnare. Ma invece di finalizzare logicamente una grande azione preferisce buttarsi. Al lavoro pulito e lineare preferisce la complessità dell’inganno.
La cosa gli riesce per due ragioni che in pochi secondi il brasiliano sembra aver considerato bene: a) l’arbitro è coperto da Sergio Ramos, non può vedere l’azione, può solo scommettere su quello che è successo; b) scommette sul fallo perché non può pensare che Neymar si sia buttato, che vantaggio poteva trarne? Pensava, lui.

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A cura di Emanuele Atturo e FL

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