Crampi Sintetici: Quattro volte la stasi nella 23esima giornata di campionato

Crampi Sportivi
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5 min readFeb 10, 2014
Allenamento Juventus - UEFA Champions League 2012-2013

In una giornata di campionato che inizia con le lacrime di Balotelli, qualsiasi sia stata la loro causa scatenante, sai già che ti aspetterà per tutta la settimana la solita tortura cinese del dibattito mediatico attorno ai presunti cori razzisti che hanno fatto piangere il frontman milanista. Tuttavia — auspica l’appassionato, svegliandosi presto di domenica mattina — c’è una minima possibilità che lunedì io non desideri solo del cloroformio, in quanto il derby della Capitale e Verona-Juventus potrebbero rendere interessante la giornata, salvando così la bellissima prestazione del Napoli dal collegamento inevitabile con lo spleen di Super Mario. Spleen che sarebbe giusto rimanesse privato, innanzitutto per tutelare un campione che ci servirebbe leggero e integro in vista dei Mondiali.

E invece no. Le prime due in classifica fanno a gara a chi spreca l’occasione più grossa, condannandoci alla veglia feticista e morbosa delle lacrime di Balotelli e sacrificando Ifigenia sull’altare della stasi, vera regina di questa 23esima giornata. Ma andiamo dunque a vedere cosa è successo. ovvero scenari di una desolazione calcistica rara, Napoli a parte.

1. La stasi al minuto 93

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Come mai la Juventus non è andata avanti in Europa? Saremo didascalici, chiudete il libro e prendete l’esemplare secondo tempo di Verona — Juventus di questa domenica. Questo non è il modo di tenere un risultato, semmai di lavorare per la stasi. La Juventus è arrivata al secondo tempo con due gol di scarto, annichilendo i veronesi in casa loro per 45 minuti. Nonostante i numeri, i piedi, il fisico per impedirlo, la Signora ha concesso al Verona di giocare a pallone (cosa che la squadra di Mandorlini sa fare, al di là di tutto) nella propria metà campo, venendo riacciuffata in pieno recupero da un colpo di testa di Gomez. Toni è un carro armato, e gli altri gialloblù sanno osare. Fatto. Per i bianconeri, invece, leziosità, sufficienza, forse un po’ di spocchia, e comunque l’incapacità di difendere un risultato tenendo la palla sui piedi. Con Pirlo in squadra. Questo è il problema. Una questione di mentalità.

2. Vorrei ma non coito

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L’ultima volta che un derby finì zero a zero era il 2007. Amantino Mancini (quella stagione 12 reti), rischiò di segnare in rovesciata un gol pazzesco; Nella Lazio giocava già Ledesma, poi c’erano Jimenez e Mutarelli. Anche quel giorno la Roma stava tentando di reggere il ritmo di una prima in classifica veloce — l’Inter, che vinse il campionato a 97 punti, 22 più della Roma — e anche quel giorno sbagliò pacchi di gol davanti a un Peruzzi in maglia verde leggermente troppo attillata.

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Di questo derby, invece, non c’è molto da dire, se non che ha avuto la forma di un coitus interruptus. Un atto non consumato a pieno, mortificato dai tiri leggermente fuori misura di Totti, dal passaggio squallido di Onazi in contropiede, dal mancato movimento di Destro a chiudere il cross di Bastos, dal blocco cerebrale di Pjanic davanti la porta. Un pareggio che gratifica una Lazio raramente apparsa così mediocre, ridimensionata. Un pareggio che invece puzza di occasione decisiva malamente persa per una Roma stanca negli uomini, confusa nel gioco, lunga nei reparti, inceppata in quegli ultimi metri che lasciano l’amarezza di una prova di forza mancata. Al 93esimo, mentre la Roma smania negli ultimi tentativi, arriva però il boato al gol di Juanito Gomez, esultanza palliativa che rende meno decisiva questa brutta partita.

Interludio: il riscatto dei sentimenti

inler

L’euforia per uno striscione sottratto ai tifosi milanisti. La gioia di Taarabt per il suo primo gol. E poi, soprattutto, la commozione del San Paolo per l’esultanza di Inler, che ha alzato al cielo la maglia numero 7 di Carmelo Imbriani, ex calciatore del Napoli, scomparso prematuramente il febbraio dello scorso anno per una grave forma di leucemia. L’immagine disegnata sulla maglia rappresenta una rete di Imbriani siglata a Bergamo contro l’Atalanta. Quel giorno il Napoli indossava proprio una maglia gialla, la stessa con cui gli azzurri sono scesi in campo contro il Milan. Emozioni che, almeno per una sera, ci hanno restituito un calcio che pareva irripetibile: quello di partite epiche, sul finire degli anni ’80, in cui ad affrontarsi erano titani: Maradona e Careca contro Baresi e i tre tulipani. Il Milan di Arrigo Sacchi e il Napoli di Ottavio Bianchi. Gli anni del campionato svolto interamente di domenica alle 15:00, in cui una vittoria valeva solo 2 punti. E i sentimenti sembravano ancora esserne parte imprescindibile.

3. Elaborare il lutto, in trasferta

Guai a chi pensa che le separazioni dolorose non servano a trovare la scossa vitale da lungo tempo perduta. La cura Ballardini pare essere salutare per il Bologna, e la squadra si compatta nella difficile trasferta di Torino, all’indomani della partenza di Diamanti, andato a fare la bandiera al Guangzhou Evergrande per quasi 7 milioni di euro in tre anni. Complice la giornata storta della difesa granata, i rossoblù recuperano lo svantaggio iniziale grazie alla doppietta dell’argentino Cristaldo. E la vittoria in trasferta ritorna. L’ultima volta era stata contro un undici di Stegosauri del tardo Giurassico. Ad maiora.

4. Il posticipo

samuelgol

Ho visto eroi correre su un prato verde come semidei protetti dall’alto dell’Olimpo, ho visto uomini mortali difendere le proprie fortificazioni con sforzo tragico da titano mancato. Ho sofferto il sibilo di frecce scagliate dal basso a superare la vertigine di mura altissime e saldamente difese. E ho provato sgomento nel vedere i mortali soccombere a causa della propria hybris, per aver sfidato chi dagli dei è protetto e amato.

E invece poi ieri sera ho visto Inter-Sassuolo. E là anche il Bar Sport ha scoperto lo zapping.

A cura di Simone Vacatello, con contributi di Emanuele Atturo, Flavio Lepore e Mattia Pianezzi,

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