Da grande vorrei essere il Papu
Uno dei più grandi problemi della comunicazione calcistica italiana è senza alcun dubbio l’ossessività che pervade alcuni dei suoi registri, che grava sul fatto sportivo talvolta come una croce massiccia e che a volte logora alcune forme di espressività. È il caso degli insulti, a volte ingiustificati, che vengono rivolti a un giocatore in uno scarso periodo di forma (ad es. quelli che alcuni tifosi lo scorso anno hanno riversato su Edin Dzeko). Non si tratta soltanto di poca pazienza, di troppe aspettative o di attenzione maniacale nei confronti del risultato: il calcio in Italia viene preso troppo sul serio, e di conseguenza diventa difficile prendere in considerazione le opinioni diverse dalle proprie e soprattutto diventa facilissimo cedere alla polemica esasperata e da lì all’insulto più pesante.
Tutta questa “retorica” irrigidisce il clima, infastidisce i semplici spettatori e incattivisce il tifo.
In questo marasma apocalittico un lampo di gioia, speranza e genuinità si propaga nel cielo del pallone grazie a quei giocatori che riescono a prendere il calcio dal suo lato più semplice, un po’ come faceva Ronaldinho con quel sorriso contagioso, naturale ed esagerato.
A questo proposito, attualmente in Serie A c’è un giocatore che stiamo imparando ad amare forse troppo tardi perché per molto tempo si è esibito su palcoscenici più piccoli: stiamo parlando del Papu Gomez, al secolo Alejandro Dario, oggi giocatore feticcio dei tifosi orobici, domani — per quanto ci riguarda — candidato a sindaco del mondo.
Scherzare, ma non tanto
Qualche settimana fa si è giocato il derby di Roma. Il 4 dicembre, dopo la sconfitta della Lazio per 2–0, Lulic si è pronunciato in modo non esattamente elegante verso Rudiger, additandolo come ex venditore di calzini e cinture, come se vendere calzini e cinture fosse un’attività disonorevole (su quali basi è stato emesso questo giudizio non ci è dato sapere), contribuendo all’ennesima magra figura da parte della gestione comunicativa delle società italiane, ma soprattutto dando ancora una volta la triste misura del tipo di cultura comunicativo-sportiva che circonda il nostro pallone.
Gomez, in direttissima da Bergamo e sempre connesso a ciò che accade nel mondo Serie A, si è sentito in dovere di commentare, dichiarando:
“A me da piccolo hanno insegnato che quello che accadde in campo rimane in campo, non se piange davanti a un microfono. Se il signor Rudiger vendeva calzini voglio complimentarlo, è un lavoro molto digno…”
Gomez ha messo fine a una polemica che sarebbe potuta sfociare (e che in parte è sfociata…) in mille tipi di accuse e l’ha fatto semplicemente facendo notare come l’insulto sia tale solo per chi considera il fatto di essere venditori di calzini e cinture come un’attività deprecabile (!?). Gomez ha sostanzialmente riportato Lulic alla realtà, dando una risposta in verità così scontata e banale da rendere difficile immaginare una possibile contro-risposta. In verità non c’è molto da meravigliarsi, perché, come stiamo per scoprire, Gomez è una persona che non si prende troppo sul serio e non prende troppo sul serio il calcio, andando quindi decisamente controcorrente.
Il Papu è sempre pronto ad accogliere una battuta o uno scherzo; è quel tipo di persona che, nell’era in cui un video di una celebrità dello sport diventa virale in poco tempo, in una fredda e nebbiosa mattina lombarda decide che sia una buona idea filmarsi in macchina mentre balla e canta musica con sua moglie. Il problema è che le doti artistiche esibite sono volutamente caricaturali.
Parallelamente, non teme l’ispezione dei servizi sociali quando pubblica un video di un’entrataccia sul figlioletto durante una partitella in spiaggia.
Capitano
Durante questa stagione è capitato più volte che Gomez indossasse la fascia di capitano dell’Atalanta ed è nel personalizzare le proprie fasce che ha sfogato tutta la sua creatività, insieme alla moglie Linda che gliele progettava graficamente. Il 6 novembre, nella sfida a Reggio Emilia contro il Sassuolo, il Papu ha sfoggiato una fascia con la formazione di Holly e Benji andando anche in questo caso controtendenza in quanto la fascia di capitano tende sempre a essere considerato un qualcosa di solenne e raramente si è vista una simile dedica in Serie A.
Il mese scorso invece Gomez si è superato sfoggiando una fascia che ha fatto piangere i cuori di tutti noi che oggi compriamo FIFA 17 e giochiamo a FIFA 17, ma il cui cuore è rimasto stregato e rimarrà per sempre stregato da PES, dalla sua Master League e soprattutto da quell’undici fittizio che molti oggi recitano con gli occhi lucidi.
Probabilmente Gomez avrebbe potuto aggiungere che spesso al posto di Ordaz, lento e macchinoso, veniva schierato Huylens. Come se non fosse abbastanza, sulla fascia Linda non si è risparmiata e con il suggerimento di suo marito ha aggiunto una PSX con annesso joystick e storica memory card che ai più avrà causato discreti infarti del miocardio, allorquando si accingevano a soffiarci dentro per saggiare le condizioni dei propri salvataggi.
Cuore d’oro
In verità El Papu è sempre stata una persona molto tranquilla. Lo testimoniano anche i pochissimi cartellini rossi presi in carriera: in serie A soltanto un rosso diretto in cinque stagioni e mezzo (con presenza costante).
Anzi, c’è un episodio che descrive molto bene la sua genuinità e la sua estraneità alle rivalità da tifosi: il 15 novembre 2009 il San Lorenzo del Papu Gomez (allenato da Simeone, peraltro) gioca contro l’Independiente (squadra del quale Alejandro è tifoso). Il clima è rigidissimo e il Papu viene espulso: la reazione dei tifosi è incredibile, c’è una standing ovation per l’arbitro e per la sua decisione, evento non propriamente comune nel calcio mondiale. El Papu è ferito nel profondo e in seguito racconterà di come non abbia mai pianto così tanto per qualcosa che gli sia accaduto su un campo da calcio:
In generale Alejandro Gomez è una persona molto fedele che sa scegliere con chi e come trascorrere il proprio tempo: come buona parte dei sudamericani è visceralmente legato alla sua patria, l’Argentina. Una grandissima colonia argentina in Italia è stato il Catania a cavallo tra il 2010 ed il 2013: squadra che molti amano e molti ricordano con nostalgia la compattezza di giocatori come Spolli, Castro, Almiron, Maxi Lopez, El Pitu Barrientos ecc. quel Catania era trascinato quindi da un fortissimo senso comunitario e collettivo che abbiamo apprezzato anche fuori dal campo:
Probabilmente è questo ciò di cui il Papu ha bisogno per esprimersi al meglio anche in campo: serenità e una situazione extra-sportiva distesa e tranquilla.
Il trasferimento al Metalist, in Ucrania, in questo senso ne ha inficiato la crescita come calciatore: a Kharkiv infatti gli argentini non mancavano, ma il clima in Ucraina in quegli anni era incandescente e il paese lacerato internamente per il conflitto tra filorussi e filoeuropei. Gomez vive questo conflitto, ne rimane segnato e il suo nome sparisce momentaneamente dai radar calcistici europei fino al suo ritorno in Italia, in una cornice ben diversa dalla Sicilia, Bergamo.
In tutti questi spostamenti e tribolazioni c’è una costante fondamentale: la moglie Linda con la quale è impegnato da ben 12 anni, cioè da quando entrambi erano poco più che bambini. Al momento del trasferimento al Catania Linda stava ancora finendo gli studi da architetto. Se il Papu fosse un performer comico, oltre-calcistico, Linda sarebbe l’innesco perfetto delle sue gag, la sua partner in crime.
A Bergamo il Papu è riuscito a trovare una sua dimensione ben delineata: è capitano e leader della propria squadra in campo e fuori: è famoso ormai il suo sodalizio con Pinilla, i due pare si trovino splendidamente e hanno passato anche le ultime vacanze insieme, seppur, in verità, dal campo non sembrano esattamente due persone con la stessa pacatezza.
Così, mentre ci si avvicenda spintonando le proprie ragioni addosso agli avversari (che siano dialettici o sportivi), commentando ogni episodio che accade sul campo per giorni e giorni e assistendo a tutte le forme di malanimo applicato allo sport, il Papu Gomez prosegue con la stessa serenità nella sua esistenza, sbagliando gli articoli e rappresentando un’importantissima alternativa al serioso modo di vivere il pallone che pervade alla pari media, calciatori e tifo.
Per tutti questi motivi, se da grande potessi diventare un calciatore, io vorrei essere come il Papu.
Se a questo punto anche voi, come noi, non riuscite ad averne abbastanza di Papu Gomez e volete soffermarvi sulle sue notevoli doti calcistiche ed extra-comunicative, vi segnaliamo e consigliamo l’omaggio di Fabrizio Gabrielli su L’Ultimo Uomo.