Dallo Swanselona al Liverpool, il segreto dei Reds di Rodgers

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
Published in
5 min readNov 29, 2013
kop

Il Liverpool è sinonimo di vittoria. Il Liverpool è la squadra più gloriosa di Inghilterra. Il Liverpool è in quanto tale. Maglia, pantaloncini e calzettoni sono tutti rossi. Anfield Road. La Kop. Dalglish, Fowler, Gerrard. Bill Shankly, You’ll never Walk Alone. Il Liver Bird. Heysel e Highbury. Gioie e trionfi, lacrime e morti. A tratti esaltante, contemporaneamente struggente. Questa è la storia del Livepool, una storia mista di tradizioni dalla bellezza accecante e di tormenti e disperazioni. Dalla vittoria della Coppa Campioni in casa della Roma, a quella della rimonta di Istanbul con il Milan: da 0–3 a 3–3 in 6' con le reti di Gerrard Smicer e Xabi Alonso, passando per le 39 vittime dell’Heysel alle 96 di Hillsborough. Se ti siedi sulla panchina di Anfield Road, devi pensare a tutto questo. Devi capire la storia. Devi entrare nella mentalità, capirne la simbologia, i riti e le tradizioni. Lo avevano fatto Houllier e Benitez qualche anno fa, non vi è riuscito Hodgson nella storia più recente.

È il 30 maggio 2012 quando Brendan Rodgers viene ufficializzato sulla panchina del Liverpool, subito ci si chiede “Sarà la volta buona. Sarà la persona giusta?”. Il Liverpool non vince la Premier League dalla ormai lontana stagione 1989–1990 e, sebbene in questo lasso di tempo abbia conquistato 14 trofei, di cui una Champions League, una Coppa UEFA e due Supercoppa UEFA, la mancanza della vittoria di una Premier, si fa sentire eccome. Basti pensare che uno come Gerrard, votato come secondo giocatore più amato della storia dei Reds, il capitano che tutti sognano, giocatore tout-court e leader della nazionale dei tre leoni, non ha mai vinto il campionato (MAI!).

gerrard2_1658218a

Torniamo a quel 30 maggio 2012. Rodgers, dopo settimane di trattative smentite, va ufficialmente a sedersi su una delle panchine più prestigiose d’Inghilterra. A lui l’arduo e ingrato compito di riportare il Livepool a combattere per quel titolo che manca da troppo tempo.

Brendan Rodgers, questo Rosso Malpelo dell’Irlanda del Nord comincia la sua avventura col Reading, si forgia alle spalle di Mourinho guidando il settore giovanile del Chelsea e diventando il pupillo dello Special One; poi va a fare esperienza prima nel Watford, poi tornando al Reading, e, infine, approdando allo Swansea. È qui che cambia la storia del “Roscio”.
Rodgers nel 2010 prende la squadra da Paulo Sousa, che a sua volta l’aveva ereditata da Roberto Martinez, il quale, nel biennio 2007–2009 l’aveva modellata su uno stile spagno-olandese che conferì ai Jacks un gioco “alla mano”. Quando il nostro nordirlandese sale in sella, si ritrova fra le mani una macchina con grandi potenzialità ancora inespresse. Rodgers riesce a mescolare alla perfezione il gioco corto e palleggiato di Martinez con un buon equilibrio difensivo. Al suo primo anno Rodgers conquista la promozione in Premier League battendo il Reading nella finale playoff e l’anno successivo sorprende il calcio inglese arrivando a metà classifica al termine di un grande campionato. La lingua inglese, che ben si presta a neologismi compositi, consacra lo Swansea con un epiteto che ne riassumerà i caratteri e lo stile: Swanselona. Il gioco dei gallessi è divertente e ricorda, per certi versi e con le dovute differenze, il celebre tiki-taka blaugrana. Le affinità con l’universo Barcellona non finiscono però qui. Tanto quanto il Barça, infatti, anche lo Swansea è in parte di proprietà dei suoi tifosi: il 20% del capitale appartiene ai supporters dei Jacks. Entrambi, inoltre, rappresentano una nazione all’interno dello stato: gli azulgrana vanno fieri della loro Catalunya, lo Swansea è gallese e partecipa al campionato inglese.
Insomma, Rodgers fa parlare di sé, si fa notare e la sua strada s’incrocia improvvisamente con quella del Liverpool.

Rodgers ad Anfield

I Reds sono in piena fase di riassestamento. Stavolta sì, vogliono rifondare. Ripartire da zero. Rinascere e tornare a vincere con la consapevolezza che un po’ di tempo ci vorrà ancora. La scelta ricade naturale su Rodgers e sul suo calcio che ha fatto innamorare più di qualcuno. Il primo anno però non è proprio indimenticabile. La squadra gioca puntualmente bene, ma con altrettanta puntualità perde e conclude la stagione con un 7° posto. Il Liverpool resta fuori dall’Europa che conta e pure da quella che conta meno, ma a guardar bene non è proprio il male assoluto. La rifondazione di Rodgers, dopo un anno a prendere le giuste misure, parte realmente da qui.

Senza l’assillo della coppa e concentrato solamente sull’obiettivo Premier League — non è che deve vincere, ma tornare fra le prime quattro certamente sì -, il Liverpool muove una campagna acquisti mirata, intelligente, con i controcoglioni. Mignolet, Moses, Sakho e Kolo Tourè, Luis Alberto, hanno sin qui disputato — chi più chi meno — un grande campionato. La crescita di Coutinho, l’intelligenza tattica di Joe Allen, arrivati lo scorso anno, stanno dando un contributo importante. In fase di cessione poi, i 17 milioni incassati per Carroll e i quasi 6 per Shelvey e Downing sono davvero delle perle.

Così facendo, il Liverpool, nonostante l’iniziale squalifica di Suarez — ricordate il mega morso a Ivanovic? -, gira a meraviglia. La squadra di Rodgers sorprende, entusiasma, si Swanselonizza, potendo contare però su una qualità infinitamente superiore. Sturridge segna ogni volta che si trova — anche per puro caso — in area di rigore, Gerrard disegna calcio e tutto intorno nasce, cresce e si sviluppa un gioco armonico e piacevole.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=lQAaebKNjbY]

Il Liverpool fa cantare il pallone, adattandosi con maestria in ogni situazione di gioco, sia in fase di ripartenza (rapide e micidiali) sia in fase di costruzione (lenta e ragionata). Quando poi rientra anche Suarez ecco che l’incantesimo si completa. Prende vita la SAS (la premiata ditta Sturridge-Suarez) e la Kop trova come per magia gli eredi della coppia d’oro Owen-Fowler degli anni ’90. Dietro l’Arsenal e davanti a tutte le altre big, dopo tanti anni torna a farsi prepotente in classifica il nome del Liverpool. La mano di Rodgers ha cominciato, inizialmente in maniera silenziosa e senza proclami, a farsi vedere. Ma ora il Liverpool è tornato a far paura, è tornato ad essere una squadra da temere. L’ultima Premier vinta risale al 1990, sono davvero passati troppi anni ma, come recita You’ll Never Walk Alone: “At the end of the storm, there’s a golden sky”. In fin dei conti la vita è un ciclo continuo, di cadute e rinascite. Non sia mai che…

Matteo Santi Mai laureato, cresce giocando a basket, lo abbandona per altezza insufficiente e si dà alla pallavolo. Sogna il Tour. Odia tutti quelli che scrivono “qual’è” e che dicono “cannottiera” e “carammella” @matteosanti_5

--

--