Djokovic e tutto il resto: megariassunto di Miami e Indian Wells

Crampi Sportivi
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9 min readApr 7, 2015

I primi due master 1000 della stagione si giocano in America, nello spazio di circa 30 giorni fra Indian Wells e Miami. Arrivano sempre nel momento della stagione in cui è imminente il passaggio fra la superficie sintetica e quella in terra Rossa. Molti giocatori stanno già rodando il proprio tennis in vista del prossimo slam, quello di Parigi dove forza fisica e psicologica vanno alimentate con approccio zen non solo al campo da gioco, ma alla vita stessa. Ovvero, sei pronto a morire in campo con 60 gradi, giocando partite infinite dove sai quando inizi ma non hai idea di quando finisci? In questo periodo di transizione dunque, abbiamo due tornei ma un solo vincitore.

Novak Djokovic e basta

24 set vinti contro 4 persi per un totale di 12 vittorie consecutive. Djokovic lascia giocare, è umano. Durante le sue partite ha continuato perpetuo a rodare il proprio tennis fatto di aggressività da fondo campo. Spesso, si è fatto trascinare in terreni non suoi, perdendo profondità di azione e facilitando la vita agli avversari.

La fortuna del Serbo è la costanza, che alla lunga gli ha sempre permesso di non dare mai l’impressione di poter perdere la partite in cui è stato al set decisivo. 6–1 nella finale contro Federer a Indian Wells, 6–1 nel secondo turno di Miami contro Klizan, 6–0 contro Dolgopov negli ottavi e 6–0 contro Andy Murray nella finale di qualche giorno fa. Djokovic ha controllato i tornei: nelle finali disputate contro due giocatori che hanno dimostrato di poterlo battere ha sempre imposto il ritmo, senza mai dimunuire pressione e profondità.

Forse, oltre a qualche lacuna da parte dei suoi grandi avversari, Novak Djokovic in questo 2015 sta esprimendo il tennis più concreto della sua vita, capace di poterlo proiettare a fine annata ben oltre il grande olimpo dei tennisti, ma vicino a certe divinità che si scontrano proprio nel quotidiano contro di lui nei campi da tennis. Sempre e costantemente il favorito di ogni competizione con la racchetta.

Gli altri FAB4

Roger Federer è apparso in gran forma. A Indian Wells percorso netto senza mai perdere un set, ma soprattutto senza mai esser costretto grossi miracoli di gioco. Oltre i demeriti degli avversari, che quando arrivano a scontrarsi contro di lui soffrono ancora della sindrome da underdog (prendo Raonic seppur provato dalla partita contro Nadal), Federer ha dimostrato che nelle partite su distanza breve è il maggior antagonista della macchina serba. Il nervosismo della finale a Indian Wells, figlio della recente vittoria a Dubai, lo può testimoniare. L’imminente terra rossa non sarà la specialità di Roger ma quest’estate parte seriamente intenzionato a riprendersi il proprio giardino.

Se Andy Murray non vedesse Djokovic forse sarebbe numero al mondo. Tutte le volte che Murray ha trovato una concentrazione e una preparazione fisica adeguata — indispensabili per far emergere il suo talento — è stato battuto dal serbo. Murray, pur non avendo una grande capacità di lettura dei match, ha dimostrato di poter sconfiggere il tennis profondo del suo avversario. Eppure ogni volta siamo qui a raccontare le sue sconfitte. Si fa imbrigliare, riesce a scardinare il dominio altrui (prendiamo la finale di Miami) e quando dev’esserci il più bello, sbanda e viene sconfitto. Due settimane positive, con una semifinale e una finale all’attivo ma nessun titolo.

Lui torna per vincere tra qualche settimana. Aveva bisogno di questi due tornei Rafael Nadal, e sinceramente pensavo di trovarlo in condizioni peggiori. A Indian Wells esce ai Quarti di finale dopo uno dei match più belli giocati da Milos Raonic in carriera; a Miami cede a Fernando Verdasco dopo 3 set in cui il fisico non ha dimostrato una gran tenuta. Gli aspetti positivi ci sono, tra poco si gioca sulla terra rossa e lì forse continuerà a comandare lui, magari non da subito ma per l’appuntamento Parigino vedremo un Nadal al massimo delle sue attuali potenzialità, bisogna solo capire quali sono.

Se non ora quando?

Ormai è stato scritto diverse volte anche su queste pagine, però non ci sono più scusanti temporali. Quindi alla domanda che ogni appassionato si è posto — “Milos Raonic avrebbe potuto vincere di più se avesse giocato 10 anni fa a questi livelli?” La risposta, ad oggi sarebbe per quanto mi riguarda, no. Con Rafael Nadal grande punto interrogativo e un Roger Federer assente nel torneo di Miami si aprivano scenari davvero interessanti per il ragazzo — ormai 25enne! — Canadese.

A Indian Wells l’avventura finisce in semifinale, dopo aver giocato una delle migliori partite in carriera contro Rafael Nadal nei Quarti di Finale, vincendo in rimonta al terzo set, dando l’impressione che forse da un punto di vista psicologico qualcosa è davvero cambiato. Forse la stanchezza, forse Roger Federer autorevole, fatto sta che in due set e senza mai dare la percezione di poter riuscire a cambiare le cose, viene eliminato in semifinale. A Miami fatica con Chardy, rischiando più volte di perdere la partita, poi viene sommerso da John Isner negli ottavi di finale, facendo un deciso passo indietro rispetto alla settimana precedente. È giusto restare ottimisti in vista della stagione sulla terra rossa?

Kei Nishikori ha dimostrato una certa costanza nei risultati. A fine anno, potrebbe tranquillamente sedersi nei primi 4 posti della classifica ATP se continuerà così. Tenace e difficile da comprendere, non è riuscito in queste due settimane a fare l’exploit di qualche mese fa durante gli US Open, eppure dimostra di essere un giocatore che non va mai più in basso di quanto deve andare — e spesso riesce pure andare più avanti di quanto ci si aspetta da lui. I suoi avversari spesso lo temono per via dell’imprevedibilità d’azione, ma soprattutto per le sue doti di stratega del campo. Non ha potuto nulla contro i giorni divini e fortunati di John Isner nei Quarti a Miami, mentre Feliciano Lopez è riuscito a sorprenderlo negli ottavi di Indian Wells. Il mai domo e sempre costante Kei dicono.

In entrambi i sorteggi, saltava subito all’occhio l’ipotetica doppia sfida negli Ottavi fra Raonic e Grigor Dimitrov. Se il primo continua a rimanere nel limbo fra l’ottimo giocatore il possibile vincitore di uno slam, l’altro in queste due settimane non è sceso in campo. A Indian Wells rischia di farsi battere da un Kyrgios in ottima salute fin dal secondo turno, poi viene eliminato da un vecchio lupo come Tommy Robredo. Miami invece rappresenta il punto più basso della stagione del Bulgaro, batte Pospisil e perde in scioltezza da John Isner. Non pervenuto, ben poche parole da spendere e solo una grandissima amarezza.

Chi non c’ha capito niente

Cilic e Wawrinka uno slam a testa, l’hanno vinto. Con una generazione di tennisti così, tutto sommato può andare pure bene. Azzeccare due settimane all’interno di una stagione e sperare che nel resto, su ogni superficie, possa succedere qualcosa che auto escluda gli altri grandi campioni. Tra Indian Wells e Miami in due sono riusciti a vincere una sola partita, quella di Wawrinka contro Berlocq al secondo turno di Miami. Lo Svizzero è stato sconfitto prima dall’Olandese Haase, poi dal Francese Mannarino apparendo in tutte e tre le partite disputate, l’ombra del giocatore spettacolare e deciso che per due settimane l’anno, stranamente quelle dove si gioca in Australia, riesce a emozionare gli appassionati. Cilic invece ha perso da Juan Monaco, pare sia ancora in vacanza e con qualche problema fisico da circa 6 mesi…

Italia sì, Italia no

Il singolare maschile per i nostri colori piange. Fabio Fognini, sopravvalutato giocatore Italiano, gioca due partite e non vince nemmeno un set. Perde contro Mannarino e l’americano Sock. Resta in campo nemmeno 4 ore di gioco e probabilmente non c’è molto da scrivere riguardo alle sue performance.

Simone Bolelli, uno che nella sua carriera ha avuto una dose di sfortuna paragonabile solo al suo talento, a Indian Wells batte il Brasiliano Bellucci poi non entra in partita contro Raonic (alla vigilia pensavo che potesse impensierirlo di più); a Miami batte il redivivo Baghdatis per poi perdere in un match realmente molto bello contro il serbo Troicki dimostrando di poter valere realmente le prime 30 posizioni del ranking.

Andreas Seppi è riuscito a battere facilmente Hanescu per poi arrendersi, senza ben pochi exploit, a Roger Federer. Seppi ha fatto quello che doveva fare, niente di più e niente di meno, forse con un sorteggio migliore vista la superficie, avrebbe potuto ottenere qualche punto in più per la sua classifica. Così come Paolo Lorenzi, che al primo turno ha trovato di fronte Klizan, uno dei 4 che è riuscito a vincere un set contro il numero al mondo. Il bilancio del singolare maschile Italiano è come al solito, un brodo caldo nelle giornate primaverili, niente che possa renderti soddisfatto ma nemmeno, viste le premesse, niente da cui rimanere delusi (ancora credete in Fabio Fognini?…).

Sopra il taccuino

La bellezza di questi tornei visti in televisione è legata all’entusiasmo che può generarti un giocatore che prima d’ora non avevi mai visto realmente giocare. Prendi l’australiano Thanasi Kokkinakis, classe 1996, che quest’anno è riuscito a battere il #sempregrandesperanza Gulbis al primo turno degli Australian Open. A Indian Wells, grazie alla wild card ottenuta, è riuscito ad arrivare fino agli Ottavi di finale battendo il tedesco Struff, l’ostico Garcia Lopez e Juan Monaco dopo una battaglia terminata al tie-break decisivo del terzo set. Si è arreso al connazionale Tomic dopo 3 set che hanno temprato fisicamente quest’ultimo tanto da non scendere nemmeno in campo nei Quarti di finale contro Djokovic. Kokkinakis è altissimo (quasi 2 metri) e sembra una copia del ben più blasonato Kyrgios, però con un rovescio decisamente migliore e, secondo i risultati da Juniores e nelle prime uscite da professionista, una maggiore adattabilità alle superfici più lente. Tra qualche anno questi Australiani vanno a vincere la Davis, scommettiamo?

Filip Krajinović ha solo 22 anni. Eppure una volta fatto il salto tra i professionisti non è mai riuscito da esprimere il tennis che ci aspettava da lui visti gli ottimi traguardi raggiunti da Juniores. È serbo, ma di formazione Americana (Bollettieri Academy) e per entrambi i tornei è riuscito a qualificarsi nel tabellone principale, perdendo a Indian Wells dall’Olandese Sijsling in tre set, mentre a Miami è riuscito a battere il connazionale Lajovic prima di arrendersi, dopo una grande performance, in tre set da Gael Monfils. Giocatore ancora non definito per attitudine sul campo e per niente maturo, soprattutto in vista di una partita al meglio dei 5 set, ma con fondamentali di qualità.

Borna Coric non è una novità. Un mese fa ha battuto nettamente Andy Murray prima di arrendersi a Dubai in semifinale contro sua maestà Roger Federer, lo scorso autunno è riuscito a sconfiggere Rafael Nadal e Gulbis. Classe 1996 di nazionalità Croata, giocatore decisamente maturo e ben definito nei colpi, oltre ad esser rispetto ai suoi coetanei un bel mastino da fondo campo. Ora vediamo come andrà sulla terra rossa, quelli sono punti che potrebbero proiettarlo a fine anno già nei primi 20 giocatori al mondo. In America ha vinto due partite, arrendendosi poi a Goffin (altro talento puro) e Tomic, dimostrando una certa maturità.

Quelli che sono andati bene

“Bernard Tomic prima o poi esplode”- sono passati quattro anni da quel meraviglioso Quarto di finale a Wimbledon e in mezzo appena due tornei ATP 250 vinti e poco altro. Nei due tornei ottiene un positivo Quarto di finale a Indian Wells, battendo Coric, Ferrer e Kokkinakis per poi non scendere nemmeno in campo contro Novak Djokovic. A Miami si arrende al terzo turno in tre set contro Thomas Berdych per via di qualche problemino fisico che hanno condizionato la sua partita. Bilancio positivo anche se da uno come lui, viste le premesse di qualche anno fa ci si aspetta sempre di più. Di più non ti aspetti da John Isner che a Miami raggiunge la semifinale sconfiggendo protagonisti come Dimitrov, Raonic e Nishikori prima di resistere un set contro il numero al mondo. Il gigante Americano è una variabile interessante all’interno di tornei del genere soprattutto in momenti di transizione stagionale come questi. Bene anche Thomas Berdych che piazza un Quarto di finale e una Semifinale perdendo dai più quotati Federer e Murray. Ormai il suo status resta quello di primo tra i giocatori umani all’interno dei supereroi e lui sì, se avesse giocato una decina di anni fa a questi livelli, avrebbe vinto qualche coppa in più. Infine Dominic Thiem, l’Austriaco incantevole (mamma che rovescio poetico e nostalgico) che piano piano sta scalando le classifiche in attesa di un vero e proprio exploit in uno di questi tornei. Ottimo Quarto di finale a Miami, sconfitto in tre set da un Murray messo in difficoltà; speriamo sia pronto per la stagione sulla terra Rossa, e Montecarlo potrebbe esser già il momento del salto di qualità ormai imminente.

Cose belle che sono successe, tipo colpi assurdi e altre amenità

p.s Mardy Fish ti amo.

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