Dominatori, artisti ed eroi nazionali — CS s02 e21

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
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7 min readJan 26, 2015

Una sola vittoria nelle ultime 5 partite. Di colpo tutte le certezze di una squadra che lo scorso anno aveva tenuto un passo da corazzata assoluta durante tutto il campionato sembrano svanite. La Roma della stagione scorsa, specialmente a livello offensivo, eccelleva per la capacità di andare in gol utilizzando pochi effettivi, sfruttando al massimo gli spazi in ripartenza, con un Gervinho imprendibile e la bravura nel saperlo innescare da parte di Totti e Pjanic. L’unico dei tre che fino a qui si è espresso sui livelli dell’anno scorso, se non addirittura meglio, è il capitano: 5 assist, 4 gol e più di due passaggi chiave per partita. Quando la Roma riusciva a sbloccare le partite in fretta, ed accadeva di frequente, tutto si metteva in discesa. Quando non ci riusciva e trovava squadre chiuse, una delle armi principali era Maicon, un giocatore che, se in forma, apre un ventaglio ampissimo di possibilità offensive.

Nella heat-map la difficoltà(o il rifiuto) della Roma di occupare stabilmente l’area di rigore.

Maicon quest’anno è l’ombra di se stesso, e la Roma, che specialmente nelle ultime partite si ritrova sotto nel punteggio, fa fatica a fare gol. Anche nel primo tempo di ieri, dopo essere andata in svantaggio, la Roma non è riuscita mai ad impensierire Tatarusanu, se non su due tiri dalla bandierina. Al contrario i giallorossi hanno subito e non poco l’energia di Gomez al centro, ma soprattutto la grande vena di Joaquin che ha schiaffeggiato Holebas negli uno-contro uno.

Fortunatamente la scossa è arrivata dal solito Totti, con due palloni al miele per Iturbe nel secondo tempo, uno trasformato in gol da Ljaic, l’altro malamente sprecato dall’argentino. La Roma ha bisogno di alternative offensive, specie in questo periodo senza Gervinho, che si tratti di uomini nuovi che possono fare la differenza(Salah?), o semplicemente di nuove idee che possano valorizzare meglio gli uomini che ci sono già(Destro?).

Nel frattempo la Juventus non è stata a guardare, e complice anche un calendario leggermente più comodo, ha spiccato il volo a +7 dai giallorossi. Se per la Roma il problema può identificarsi nella cattiva forma/assenza di alcuni suoi giocatori chiave, per la Juve la situazione è antitetica. Ha un Pogba talmente in condizione che gli altri possono pure svolgere il compitino.

Passano una decina di minuti e Pogba ripiomba sulla partita: apre di prima e poi va a ricevere il cross in mezzo all’area, propiziando il gol di Lichtseiner con una giocata pazzesca.

“Ci sono gio’atori che valgono cinque milioni, ci sono gio’atori che ne valgono cento” dirà Allegri a fine partita. Per via di quest’ultima categoria la Juve per ora guarda tutti dall’alto.

Chi invece guarda parecchio dal basso il gradino a cui ambisce, e — a detta del suo presidente — non ha bisogno di ulteriori gio’atori, è il Milan. Volendo, non ha proprio tutti i torti il suo presidente: sono poche le squadre in Serie A che possono permettersi un trio offensivo El-Shaarawy-Menez-Cerci. Forse però il lavoro sul mercato andava fatto altrove. Per esempio sugli esterni difensivi, dove con un De Sciglio problematico e un Armero non all’altezza, le migliori figure le ha fatte Daniele Bonera, il che è tutto dire. Oppure a centrocampo, reparto orfano di De Jong, che non ha trovato in Montolivo le stesse capacità di equilibratore e non riesce a produrre uno straccio di gioco con gli interni(Van Ginkel è ancora un oggetto misterioso). Certo non tutta la colpa si può dare al mercato: Inzaghi si è dimostrato un tecnico piatto nella mentalità e confuso riguardo l’impronta tattica da dare ai suoi. Sabato il Milan si è trovato di fronte una Lazio che ha fatto la differenza proprio sul piano della mentalità: una squadra aggressiva, dinamica, affamata; che non si è scoraggiata per il gol-beffa rimediato in apertura e ha saputo affondare il colpo quando l’avversario si è sciolto tatticamente.

La differenza abissale a livello di verve:il Milan ha eseguito meno della metà dei contrasti rispetto alla Lazio.

A dare la dimensione della situazione ambientale in casa rossonera ci ha pensato Mexés: una scenata non di stizza, ma quasi di liberazione di un impulso naturale, una volontaria perdita di controllo “perché tanto non ne vale la pena”.

Voi non lo sapete, ma Mexès è un artista.

Rassegnazione, era questo che comunicava la faccia di Pippo Inzaghi a fine partita, e dietro di lui, nell’ombra, Tassotti stringeva un pugno.

Meanwhile in la Liga

Real Madrid — PER LA LEGA POKEMON 19ESIMA JORNADA:

REAL MADRID SCEGLIE..CRISTIANO RONALDO.

CORDOBA SCEGLIE.. EDIMAR ( IN PRESTITO DA CHIEVO VERONA).

CRISTIANO USA CALCIO A MULINELLO E MANATA DISPERSIVA

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E’ SUPEREFFICACE,

EDIMAR NEMICO È ESAUSTO.

ARBITRO ESPELLE CRISTIANO.

CRISTIANO GUADAGNA LA VIA DEGLI SPOGLIATOI, E LO FA SWAGGANDO.

REAL MADRID VINCE 2–1 E GUADAGNA 3 PUNTI ESPERIENZA.

REAL MADRID SALE A 48 PUNTI ESPERIENZA.

Barcellona — Mentre il Real vince di misura a Cordoba, ben altra sorte spetta al Barcellona di Luis Enrique all’Estadio Manuel Martínez Valero. Dopo i 4 gol rifilati al Deportivo La Coruna la scorsa settimana, stavolta ne sono arrivati 6, anche senza una prestazione del tutto esaltante, specialmente nel primo tempo. Doppiette di Messi e Neymar, più i sigilli di Piqué e Pedro.

Ciò che impressiona è la percentuale di realizzazione: 9 tiri in porta, 6 gol. Non male per una squadra che solitamente costruisce tanto e concretizza molto meno.

Dopo il k.o con la Real Sociedad, per i blaugrana sono arrivate tre vittorie, ben 13 gol segnati e uno solo subito. Difficile dire se l’armonia reggerà, fatto sta che per ora il Barcellona rimane la squadra più in forma in Liga.

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Commoventi gli sforzi del portiere dell’Elche nel salvare il risultato: non si butta mai una volta che sia una sui sei gol che incassa.

Meanwhile in UK

Wembley Game, rinominato Semplicemente Wembley dopo l’acquisto da parte della Gibson, è un gioco da tavola prodotto tra gli anni 50–70 che ebbe un discreto successo nel Regno Unito. Probabilmente perché dava l’opportunità anche a chi magari non aveva l’opportunità di vivere il mito della Fa Cup, dove, in via ipotetica ma affascinantemente lucida, anche la squadra formata dagli alcolisti al bar avrebbe potuto sfidare e battere le blasonate squadre di Premier (pardon, First Division per essere storicamente esatti). La via ipotetica è stata reale per tantissime volte, diventando quella più battuta e il ricettacolo di sogni impossibili. Come quello del Cambridge United capace di impattare 0–0 contro uno United abbastanza più famoso, quello di Manchester. I detentori in carica della Fa Trophy (ottenuta ai danni del prestigioso Gosport Town per 4–0) torneranno tra una settimana a Old Trafford per cercare una impresa storica e continuare il cammino verso Wembley.

Cammino verso Wembley che procede spedito per un’altra compagine ai vertici del calcio mondiale, il Bradford, sbarazzatosi senza troppi problemi del Chelsea. I due gol di Cahill e Ramires servivano solo da mera illusione prima dell’ inesorabile rimonta dei Bantams: il club di League One si imporrà per 2–4.

I ragazzi di coach Parkinson possono quindi puntare a doppiare l’unica Fa Cup in bacheca, datata 1911.

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Se non vi commuovete su questo video siete degli insensibili.

Se una parte di Manchester non ride, l’altra di sicuro piange. I campioni di Inghilterra in Carica subiscono la grinta del Middlesbrough di Karanka e beccano la seconda sconfitta a domicilio grazie alle reti di Bamford e Kike, ex Real Murcia. Il reale e il presente è molto più divertente dei giochi, e i Giantkillers sanno come tirare bene i dati

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Un po’ come vedere in Coppa Italia Juventus-Bologna allo Stadium, con doppietta di Cacia.

Meanwhile in Asian Cup

Il vecchietto — Nel 2013 si era ritirato. Non dall’Iraq, ma dal calcio. Tuttavia mai sottovalutare la voglia di un mito: la sete per la gloria di Younis Mahmoud non si è mai fermata. E l’ha confermato in uno spettacolare quarto di finale della Coppa d’Asia, dove il suo Iraq ha affrontato l’Iran, in un match non solo carico di significato storico, ma anche emozionante. In una delle gare già ora candidate a essere tra le più belle del 2015, gli iracheni l’hanno spuntata ai rigori dopo 120’ da tachicardia. Mahmoud ha segnato un gol di testa (il momentaneo 2–1) e ha simulato l’esultanza da “vecchietto” di Eto’o. Poi si è pure permesso un panenka durante la lotteria dei rigori. Intramontabile.

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Statistiche, queste sconosciute — A volte dominare non serve. Mentre Younis Mahmoud stupiva il mondo, il Giappone campione uscente della Coppa d’Asia lasciava la competizione dopo 120’ e i rigori contro gli Emirati Arabi Uniti, che hanno avuto la meglio nonostante una partita di pura sofferenza.

I rigori sbagliati da Honda e Kagawa, oltre la miriade di occasioni mancate, hanno pesato sul risultato e sulle carotidi dei poveri telecronisti giapponesi.

Meanwhile in Africa Cup

Gervinho is mad — Parlando d’Africa e della sua pazzia, Gervinho rappresenta la faccia cattiva della medaglia. La sua Coppa d’Africa potrebbe essere durata solo 60 minuti. Lo sapremo mercoledì: la Costa d’Avorio rischia di uscire ai gironi.

Le qualificate che non t’aspetti — Se c’è un evento che non bisogna mai giocarsi al picchetto, è la Coppa d’Africa. Imprevedibile, impronosticabile, spesso ribalta le gerarchie. Non è un caso se non c’è mai stata una nazione in grado di restare più di un decennio sulla scena internazionale con continuità. E l’edizione 2015 sta rispettando la tradizione. Nel girone A, il più facile di tutta la competizione: Gabon, Burkina Faso (vice-campione uscente), Guinea Equatoriale e Congo. Chiaramente favorite le prime due, sono uscite entrambe. La Guinea Equatoriale non pensava neanche di esserci a questa Coppa d’Africa. Poi il Marocco — paese ospitante scelto — ha rinunciato per il pericolo Ebola e il presidente Obiang ha messo i petroldollari sul tavolo. E ora non solo l’unico paese africano di lingua spagnola partecipa alla competizione, ma la squadra di Becker (arrivato tre settimane prima della rassegna) si è qualificata con 5 punti e nessuna sconfitta. Invidiabile il loro record: due partecipazioni e altrettante qualificazioni ai quarti di finale.

Pablo Ganet, centrocampista della Guinea Equatoriale, festeggia il passaggio del turno.

Meglio ancora è andata al Congo, che non partecipava alla fase finale della Coppa d’Africa dal 2000. La squadra, malgrado un tasso tecnico abbastanza scarso, ha giocato un calcio spregiudicato con un 4–3–3 molto offensivo. Alla fine l’approccio ha pagato. Con il 2–0 al Burkina Faso, è arrivato persino il primo posto. E in panchina siede Claude Le Roy, tecnico alla sua ottava partecipazione alla Coppa d’Africa, uno che meriterebbe una storia a parte.

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Pure con la malaria — Poi c’è quello che non si ferma mai. Un principio di malaria lo aveva tenuto fuori dalla partita del suo Ghana contro il Senegal, conclusosi con la sconfitta delle Black Stars. Asamoah Gyan ritorna contro l’Algeria e decide la gara al 90’, allungando il suo record che lo vede segnare almeno un gol in ogni Mondiale e Coppa d’Africa alla quale partecipa.

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