En attendant Bertolacci

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
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4 min readFeb 23, 2016

“Nella cultura popolare Aspettando Godot è divenuto sinonimo di una situazione (spesso esistenziale), in cui si aspetta un avvenimento che dà l’apparenza di essere imminente, ma che nella realtà non accade mai e in cui di solito chi l’attende non fa nulla affinché questo si realizzi.”

dal Vangelo secondo wikipedia.

Andrea Bertolacci, per essere l’ennesimo atteso accostato a Godot, non ha niente di banale in sé.

Nonno campione italiano di inseguimento in bici, padre con un campionato mondiale di offshore in bacheca. Entrambi gli sport influenzeranno la carriera di Andrea, che ci crediate o no. La componente dell’extraordinarium doveva necessariamente avere implicazioni familiari.

Non ha un impatto con la serie A ordinario. Solamente dieci sono le presenze stagionali durante il primo anno con la maglia del Lecce di Corvia e Chevanton. Quattro sono le realizzazioni. La première fois, contro la Juventus di Gigi Del Neri. Berto segue l’azione, la percepisce, l’annusa, si fa trovare al posto giusto dopo la torre dell’immenso David Di Michele.

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A giugno la Roma esercita il diritto di contro-opzione al riscatto del Lecce, e se lo assicura per mezzo milione di euro, riservandogli però un’altra stagione nel caldo paradiso salentino. Andrea comincia ad acquisire continuità come mezz’ala nel centrocampo a 5 leccese. Ventotto partite disputate, tre realizzazioni, tre assist. Solamente ventuno gli anni. E’ il Lecce della quasi salvezza, in cui subentra Serse Cosmi e brillano, almeno nell’ultima porzione di campionato, i gioiellini Cuadrado & Muriel. E la prima vittima di Berto non è banale. E’ proprio la Roma, con il cucchiaio à la voisapetechi, in casa sua.

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Minuto 02.09, il cucchiaio-non-di-Totti

Ma in estate è sempre la stessa storia. Il giovane Andrea non è pronto per la Capitale, non è ancora arrivato. E allora va a Genova, sponda rossoblù, da Gigi de Canio, che l’aveva cresciuto e coccolato a Lecce, ma rimane un diesel. Parte qualche metro dopo gli altri, proprio come faceva il nonno sulla sella. Come il nonno, li recupera tutti, e conclude una buona stagione in crescendo, collezionando quattro reti in ventinove presenze e cinque assist, nonostante la girandola di allenatori sulla panchina del Grifone. Berto spicca da trequartista con dinamismo ed un ottimo tempo d’inserimento. Il Genoa sembra essere la piazza su misura per la sua personalità ed il suo gioco tremendamente passionale. Il goal alla Lazio, alla ventitreesima, è l’apice della passionalità.

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1:51, in attesa che si carichi munitevi di fazzoletti.

La stagione successiva, Berto risente del cambio di allenatore. Non s’intende con Fabio Liverani, nuovo tecnico del Grifone. Per sua fortuna, però, questo viene sostituito da Gian Piero Gasperini. Con Gasp c’è feeling perché intuisce che funziona l’idea di Liverani di indietreggiarlo come centrale nel centrocampo a 2, e insiste. La stagione di Andrea non finirà con grandi cifre, ma subisce, inevitabilmente, una svolta. Non definitiva, ma Godot ha mandato a dire ai due barboni che arriverà domani.

E infatti quella datata duemilaquattordici barra duemilaquindici è una stagione da incorniciare per Andrea. Ormai impiegato centrale nel centrocampo a due a tempo pieno, non ha dimentica come si spinge. Se il vizio di inseguire lo aveva ereditato dal nonno, c’è da dire che accelera come il padre nell’offshore. Diventa un giocatore a tutto campo. A maggio le realizzazioni saranno sei, gli assist otto, per un totale di trentaquattro presenze. Dieci i cartellini gialli. Passionale, impulsivo, Berto non dimentica mai la propria indole. La bontà del suo piede sinistro inizia a riscuotere successo laddove non era arrivata. Milan e Juve su tutte, oltre alla Roma, che ne detiene ancora la metà del cartellino.

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1:08 lo vorrei anch’io dopo un’umiliazione del genere.

I goal contro Atalanta e Milan sono la cartina tornasole della qualità di Andrea. E proprio i rossoneri lo portano a Milanello il 29 giugno 2015, per venti milioni di euro versati nelle casse della Roma. Il Milan, la squadra che tifava da bambino, ma poi “mio papà mi prese da parte e mi spiegò un attimino dove sono nato…”.

Eppure Andrea Godot non è ancora arrivato. Venti milioni sono tanti, e pesano. A pesare di più sono gli infortuni, che gli impediscono di giocare quanto vorrebbe. E Berto ha bisogno di tempo. Le prestazioni poco convincenti iniziali stanno lasciando spazio al solito inseguimento. Gioca quattro partite ad ottimi livelli, da Torino a Roma, contro la Lazio, quando, dopo aver suggellato il buon periodo di forma con un goal, se ne va dritto in panchina pochi minuti dopo, a causa di un infortunio al bicipite femorale.

Per Andrea è tutto da rifare, scendere, aspettare, rimontare in sella, ripartire, dopo gli altri, quando sembrava essere arrivato nella dimensione a lui più consona.

Nel teatro dell’assurdo “la struttura tradizionale (trama di eventi, concatenazione, scioglimento) viene rigettata e sostituita da un’alogica successione di eventi, legati fra loro da una labile ed effimera traccia (uno stato d’animo o un’emozione)”.

Così, Berto ci lascia nella speranza che l’alogica successione di eventi diventi uno splendido climax crescente calcistico. E che si presenti all’appuntamento, per restare.

Articolo a cura di Michelangelo Barulli

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