Eravamo quattro amici al box

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
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28 min readNov 30, 2016

Domenica il gran finale di Abu Dhabi ha regalato esattamente quello che gli appassionati avrebbero voluto: un duello nel deserto senza esclusione di colpi. La stagione 2016 di F1 si chiude all’ultima gara, con il Mondiale che viene assegnato nella corsa finale, sebbene il dominio Mercedes non sia stato scalfito più di tanto.

In attesa del 2017 e dei nuovi regolamenti che dovrebbero sconvolgere la griglia, su Crampi Sportivi abbiamo voluto organizzare una conversazione su com’è andato questo Mondiale, quanto ci abbia divertito e sul fatto che — ahimè — mancano 112 giorni all’inizio del prossimo campionato.

1. Nico Rosberg è campione del mondo. Un traguardo meritato anche solo guardando i numeri, nonché per la gestione nella fase finale del campionato. Cosa si può aggiungere sul suo rendimento?

Monia Bracciali

Rosberg è colui che mi ha stupito più di qualsiasi altro pilota in questo campionato, più di Verstappen. E non lo dico per fare la bastian contraria o andare controcorrente: ha avuto la testa, il polso fermo, la fiducia nei mezzi di chi è “diverso” dal compagno di scuderia con più appeal e nonostante tutto si afferma come modello vincente, anche se resta quello che non luccica, ovvero che il tedesco ha un talento brillante, ma non cristallino ed eccelso.

Non era facile gestire gli ultimi gran premi con un Hamilton che ha una costanza sul giro in gara incrollabile. Paradossalmente, ho pure pensato che questa sia una cosa che fa parte del DNA della famiglia Rosberg (visto come Keke è riuscito a vincere il Mondiale dell’82). Ho creduto davvero che se ci fosse stato un altro pilota, il “braccino corto” nel gestire lo avrebbe pagato in modo rocambolesco, come accade solo in F1 quando si arriva all’ultimo Gp decisivo.

Stefano Nicoli

Che è figlio dell’aver saputo mettere da parte gli istinti emulativi nei confronti dello stile di guida di Hamilton. Riflettiamo: appena Nico ha capito che non era in grado di essere Lewis (il GP d’Austria ne è la prova lampante), è passato da pilota capace di sciupare un enorme vantaggio iniziale a pilota che è stato invece per la prima volta in grado di sovvertire la tendenza che lo vedeva sempre in difficoltà quando era dietro, prima ancora in classifica che in pista, a Hamilton.

La svolta è stata quella: è un rendimento frutto del suo essere un rendimento “da Nico”, da pilota che sembra aver finalmente trovato la sua dimensione e il suo modo di essere.

Piergiuseppe Donadoni

Parto dal presupposto che “Chi vince ha sempre ragione”, quindi se Rosberg ha vinto il Mondiale 2016 vuol dire che in fondo in fondo se lo è meritato. Ma un’analisi del genere non mi soddisfa pienamente e vorrei approfondire: Nico ha saputo sfruttare le sfortune (i vari problemi alla Power Unit di Hamilton, l’ultimo clamoroso in Malesia) e gli errori (in partenza) altrui sapendo poi gestire il mondiale da grande pilota. Intelligente, tattico in alcune occasioni, riuscendo a mantenere i nervi ben saldi a fine stagione in situazioni come quelle del Brasile, dove la pista non permetteva errori, o in casi come quello di Abu Dhabi, dove la seconda posizione di Verstappen poteva fargli perdere la pazienza.

C’è comunque da sottolineare come soprattutto lo “0” di Hamilton in Malesia abbia influito notevolmente sull’esito del campionato, poiché senza dei veri e propri avversari in lotta per la vittoria in ogni GP 25 punti sono difficilmente recuperabili se il proprio avversario può agevolmente arrivare in seconda posizione nella successivi GP. Con queste precisazioni non voglio sminuire l’importanza del mondiale vinto da Nico Rosberg, che vale tanto quanto i due conquistati da Lewis Hamilton nel 2014 e 2015. A lui faccio i miei più sinceri complimenti.

Saetta McQueen

Nico è cresciuto molto in questi anni in Mercedes: ha meritato di vincere il titolo grazie alla sua costanza e al saper sfruttare il pacchetto perfetto che Mercedes continua a portare in pista dal 2014. Gli è bastato non sbagliare nulla proprio nel momento in cui Hamilton viveva un momento negativo e alla fine è riuscito a diventare campione, non senza difficoltà.

2. Da una parte il tedesco piange di gioia, dall’altra la maschera seria di Lewis Hamilton. Tra 10 anni racconterà la verità in un suo libro (così ha detto), ma è stata veramente solo sfortuna? O forse si è cullato troppo sullo schiaffo morale dato a Rosberg nel 2015 in termini di prestazioni e superiorità in pista?

SN — No, non è stata solo sfortuna. Nelle prime gare Rosberg gli è stato davanti anche con merito. A mio modo di vedere, Hamilton quest’anno ha commesso un unico errore: non si è reso conto che Rosberg era diventato un altro pilota rispetto al passato.

Hamilton ha portato a termine una rimonta irreale a metà campionato, tanto da andare addirittura a riposo nella pausa estiva da leader del Mondiale. A quel punto, secondo me, ha pensato che fosse fatta, che Rosberg non avrebbe mai avuto la solidità mentale necessaria per reagire, soprattutto dopo l’ormai famigerato GP d’Austria e la prova di forza della rimonta di SPA. Fatto sta che al ritorno alle corse ha sbagliato la partenza sia a Monza che a Suzuka, gare che probabilmente avrebbe vinto.

Dati alla mano e vedendo il distacco con cui Rosberg ha vinto il Mondiale, persino la rottura del motore in Malesia — ecco, quella è l’unica vera sfortuna della sua annata — sarebbe stata una perdita di punti ininfluente se quelle due pole si fossero concretizzate in altrettante vittorie. Vittorie che erano alla sua portata e che non sono arrivate per pura mancanza di concentrazione.

SMC — Sicuramente Hamilton ha affrontato questo mondiale con la sicurezza di essere la più forte combinazione pilota-macchina dal 2014 a oggi e anche il suo recupero nella parte finale di quest’anno l’ha ampiamente dimostrato. Purtroppo (per lui) nel Motorsport esistono altri elementi che vanno oltre il talento e possono “colpire” chiunque in qualsiasi momento. Guasti, incidenti, eccesso di aggressività… possono costare un titolo mondiale.

PD — Ho solamente una cosa da rimproverargli: la troppa sicurezza in sé stesso. Quella sicurezza che l’ha portato al simulatore Mercedes per risolvere i problemi in partenza solamente sul finire della stagione quando erano evidenti fin dall’inizio del Mondiale. È vero, senza lo zero della Malesia (rottura del motore endotermico quando era agevolmente in testa) ora staremmo parlando di un Hamilton campione del mondo pur con i tanti problemi avuti al via o i tanti problemi tecnici di inizio anno che gli hanno tolto altri 15 possibili punti (oltre i 25 della Malesia).

È per questo che fa ancora più rabbia il non voler risolvere un problema evidente, visto poi che una volta risolto (è stato modificato anche il volante, oltre alle numerose ore di pratica tenute da Hamilton in fabbrica) il pilota inglese non ne ha più sbagliata nemmeno una di partenza. Ma oltre a questi problemi, in parte condivisi anche con il compagno di squadra (seppur in modo più contenuto), la stagione di Hamilton è stata molto positiva con ben 10 vittorie rispetto alle 9 di Rosberg, oltre a un maggior numero di pole position sempre rispetto all’unico avversario in pista, ossia il proprio compagno di squadra.

MB — No. Ad Abu Dhabi ha confermato di essere il migliore e i migliori piloti vogliono vincere sempre, con ogni mezzo, pure alla corsa dei sacchi. La competizione nel sangue e di sangue è quella che per me fa la differenza tra uno sportivo poco sopra la norma e uno eccezionale. Rosberg è riuscito ad essere più costante ed ha avuto anche un colpo di fortuna (uno e solo quest’anno): il ritiro di Hamilton in Malesia.

Alla fine, come ha detto Hamilton, questo Mondiale lo ha vinto chi lo ha meritato, ma non il pilota migliore. Io in questo non ci vedo niente di arrogante, perché è pensiero comune di addetti ai lavori e appassionati.

3. Andiamo alle note dolenti: la Ferrari. Questa stagione avrebbe dovuto essere molto diversa, superiore al 2015, quindi l’obiettivo doveva essere il Mondiale. La Ferrari non ha vinto neanche una gara, raccolto appena 11 podi ed è arrivata terza in Classifica Costruttori. Dove si riparte?

PD — La Ferrari è ovviamente la grande delusione della stagione, non si può pensarla diversamente. Quella 2016 è la 14° stagione senza vittorie della sua storia in F1 (la prima nel 1950, l’ultima nel 2014) e il bilancio di 11 podi contro i 31 di Mercedes e i 16 di RedBull è sicuramente molto al di sotto delle aspettative, quelle deleterie aspettative create soprattutto dal presidente Marchionne a inizio stagione vedendo i risultati in uscita dalla galleria del vento e dal simulatore presente a Maranello.

Nello specifico da un punto di vista tecnico oltre a non essere arrivate vittorie, il distacco tra la SF16-H e la W07 non è diminuito rispetto all’inizio della stagione, ma è addirittura leggermente cresciuto rispetto al 2015. Si deve però ripartire da un’ultima parte di stagione dove i tecnici al servizio di Mattia Binotto hanno cercato di capirne di più dalla vettura 2016 con risultati positivi. Principalmente grazie alle novità aerodinamiche portate tra il GP di Singapore e quello del Giappone si è potuto provare un nuovo assetto della vettura, con un rake (assetto picchiato) più spinto, ancora non ai livelli della RedBull RB12, ma comunque in quella direzione.

La buona gara del Messico, la terza posizione in griglia in Brasile, nonché il podio afferrato nelle ultime battute del Gran Premio di Abu Dhabi possono essere una buona spinta per il team, pur essendo consci che il distacco da recuperare a Mercedes a fine 2016 è ancora molto ampio. Il prossimo anno vi sarà un cambiamento importante nel regolamento tecnico, con vetture più spinte da un punto di vista aerodinamico (ma scordiamoci vetture simil 2007, per intenderci) e nel grip meccanico anche grazie ai larghi gommoni Pirelli. Potrà quindi essere una occasione per rimescolare le carte e dare una nuova possibilità a quei team che hanno deluso in questa stagione (come Ferrari) di rifarsi, cercando di riavvicinarsi al top team di turno (Mercedes o RedBull?).

Dalle ultime informazioni provenienti da Maranello, si parla di una importante accelerata del progetto 2017 nelle ultime settimane grazie ad un volto già noto in quelle stanze, quel Rory Byrne che sta dando una grossa mano sempre nel ruolo di consulente a Ferrari, e a Simone Resta, il Chief Designer della Scuderia Ferrari. In particolare, il tecnico sudafricano sembra stia cercando di recuperare il tanto tempo perso nella parte centrale dell’anno con l’allontanamento di James Allison. Byrne ha lavorato molto nelle ultime settimane sulla parte telaistica della vettura italiana 2017 aiutando anche Simone Resta sulla parte meccanica, uno dei problemi (la sospensione posteriore) più importanti della vettura italiana 2016.

In conclusione, penso sia difficile attualmente dire come la Rossa potrà inserirsi nella lotta al titolo, ma io sinceramente non me la sento di parlare di possibilità mondiali, escludendo quindi l’inizio di una nuova era Ferrari. Da italiano ovviamente spero di sbagliarmi.

MB — Allison ha sacrificato lo sviluppo della Ferrari. Non riguarda il lutto della moglie, non è un pensiero cinico il mio, perché non è che l’ex Lotus lavorasse da pochi mesi alla vettura. La decrescita è stata imperdonabile e quando Binotto l’ha sostituito era ormai troppo tardi perché, a quanto pare, molti progetti — in particolare di aerodinamica — l’inglese li ha voluti chiudere in un cassetto, senza pensare nemmeno di testarli. La trovo una cosa molto grave.

Serve quindi un altro Allison che affianchi Binotto e che abbia voglia di lavorare a contatto col team a Maranello. In questo sono totalmente d’accordo con Marchionne. Poi, visto che dal prossimo anno pare che l’aerodinamica ricominci ad avere un certo peso, lavorare lì.

Altra cosa, l’ultima, è che alla Ferrari devono smettere di pensare di avere un peso politico. Quei tempi sono chiusi da un pezzo. Basta con questa presunzione, seppur poco percettibile. Tuttavia c’è ed è controproducente.

SMC — Non credo da un bel punto purtroppo. Aver licenziato Allison a metà di questa stagione, oltre a non aver aiutato il 2016, sicuramente non aiuterà lo sviluppo del modello 2017 visto che la progettazione delle auto inizia durante la stagione precedente. Si parla di un possibile coinvolgimento di Dallara e di Rory Byrne, ma a questo punto non credo si possa essere troppo fiduciosi almeno per il 2017.

SN — Da una constatazione che deve far riflettere. La Ferrari si è dimostrata incapace di reggere la pressione generata dalle aspettative e in questo senso a me piacerebbe che alcuni proclami di vittoria invernali, datati 2015, del presidente Marchionne rimanessero solamente un brutto ricordo. Ora c’è un cambiamento regolamentare importante da affrontare: il team guidato da Binotto — ah, anche questo repentino cambiamento al vertice della progettazione è un elemento da tenere in considerazione per cercare di capire bene le difficoltà del Cavallino — ha davanti a sé una grande sfida.

Nel 2017, sulla carta, ci sono tutte le premesse per fare bene. Tutto sta nel capire quanto miglioreranno gli altri, perché il problema è anche questo: se da un anno all’altro migliori di 5 decimi a giro, ma quelli davanti a te ne migliorano 7, la tua prestazione rispetto a loro peggiora di due. Che è stato un po’ il problema di questo 2016, visto quanto la SF16-H a livello velocistico fosse più rapida della SF15-T.

4. Chi invece può festeggiare è la RedBull. Le prime quattro gare — escludendo il podio di Kvyat in Cina — facevano prevedere un’altra tremenda annata, specie dopo il diverbio motoristico con la Renault. Invece han finito secondi con una gara d’anticipo e tutti e due i piloti si tolti lo sfizio di una vittoria. Dov’è la differenza con la Ferrari?

SN — Mi ricollego un po’ al discorso fatto nella domanda precedente. La RedBull, a differenza delle Ferrari, sa sfruttare le occasioni che gli si presentano. Proprio perché, secondo me, non vive con la pressione che una nazione intera gli mette sulle spalle, non corre sapendo che in tanti si aspettano qualcosa da loro. Sono…”freddi”, in un certo senso, ma questa loro caratteristica in situazioni concitate aiuta non poco.

Se sono in testa a una gara, rimangono lucidi nelle scelte strategiche, sanno cavare il massimo dalla situazione che hanno. Se si esclude l’orripilante pit stop di Ricciardo a Montecarlo, quando le RB12 si sono trovate in testa non hanno mai sbagliato una virgola. Che poi ciò sia sempre accaduto con entrambe le Mercedes fuori dalla lotta per la vittoria è un altro conto, ma loro a livello mentale hanno sempre una lucidità ed una chiarezza nelle scelte che in Ferrari manca. Ah, e poi sviluppano meglio la vettura.

Questo credo che sia un dato di fatto, visto come sono cambiati i rapporti di forza nell’arco della stagione. Vedremo se l’anno prossimo, sperando che anche Binotto non sia costretto a salutare tutti come Allison a Mondiale in corso, il trend sarà lo stesso.

MB — Ribadisco quanto risposto sopra: una volta acquisita maggiore indipendenza nello sviluppo del motore — cosa che ha dato i suoi frutti — si sono concentrati su soluzioni aerodinamiche, risorsa sulla quale hanno sempre fatto affidamento e che è la loro punta di diamante. Si fa presto a dire che in questi ultimi anni non conti…

SMC — RedBull era già dotata di un ottimo telaio nel 2015: l’unica “pecca” era appunto il propulsore Renault, che però quest’anno è stato notevolmente migliorato e i risultati si sono visti in pista. Uno sviluppo costante ha riportato il team austriaco tra i grandi spodestando la Ferrari dal ruolo di “prima inseguitrice” delle Mercedes. Secondo me nella prossima stagione saranno da subito pronti a vincere sin dal primo Gran Premio.

PD — La RedBull non la considero la sorpresa di questa stagione 2016 di F1 e il motivo è semplice: anche nella seconda parte della scorsa stagione, il team anglo-austriaco aveva dimostrato di avere una grande vettura, ma la potenza della Power Unit Renault li limitava fortemente nelle prestazioni generali. Una volta risolto il problema Power Unit, abbiamo potuto vedere le vere prestazioni della RedBull, la RB12 2016, una vettura molto simile aerodinamicamente alla vettura 2015, ma modificata in modo importante sia nel telaio che nella meccanica.

Dopo i primi segnali negativi legati alla vettura 2016 e pur provenendo da un 2015 comunque da non considerarsi come un anno negativo da parte dello staff tecnico, si è messa subito in dubbio la posizione del d.t. James Allison, allontanandolo (decisione presa da Marchionne in persona) dopo poche settimane dall’inizio dell’attuale stagione per le scarse prestazioni della vettura 2016 e per le diverse visioni sul progetto 2017 rispetto ad altri tecnici facenti parte del team. Nella F1 moderna che poco permette il recupero del tempo perso grazie a regolamenti molto chiusi, la caccia alle streghe è solamente deleteria per i vari team. In molti l’hanno capito, in Ferrari ancora no a quanto pare.

Tornando a RedBull, il team può contare di infrastrutture al top, con simulatori, banchi dinamici e galleria del vento con tecnologie molto avanzate e ottimamente calibrate, cosa che non si può dire certamente per la Ferrari, che sta lottando ormai da anni con una galleria del vento si molto moderna, ma che a conti fatti purtroppo sembra avere ancora qualcosa che non va pur dopo vari tentativi di risoluzione delle problematiche.

Anche per quanto riguarda i banchi dinamici Ferrari ha fatto un grosso investimento nel 2014 a cui però non ne sono seguiti altri necessari per restare al passo con i tempi i, cosa che invece RedBull continua annualmente a fare. E con questa F1 che non permette più i test in pista, avere delle infrastrutture all’avanguardia in fabbrica oltre che del personale qualificato per farle rendere al meglio è fondamentale se si vuole primeggiare.

5. Max Verstappen. Non faccio neanche una domanda, ma un pensiero sull’olandese ve lo devo chiedere.

MB — Eccezionale. E per questo capace di spaccare l’opinione pubblica perché al talento precoce o si perdona tutto oppure non si lascia passare niente. Tutti i più grandi di questo sport hanno iniziando dividendo l’opinione pubblica in sentimenti molto contrastanti tra loro. Il paragone con Senna e Schumacher inizia quindi a non essere blasfemo.

Tuttavia siamo già ad un bivio: è lui che a questo punto farà davvero una carriera fantastica adattandosi al contesto o è il contesto che lasciandolo sfacciatamente libero lo porterà più in alto di quanto pure lui stesso immagina? Vedremo.

PD — Non sono un fan del pilota olandese, ma posso dire che mi ha piacevolmente stupito in questa stagione 2016 di F1. Questo è innegabile. Ha i caratteri del campione, ma per diventarlo dovrà ancora dimostrare molto, sia dentro che fuori dalla pista, perché determinati suoi comportamenti in questa stagione non mi sono piaciuti.

Le sue manovre di difesa agli attacchi degli altri piloti le ho sempre considerate pericolose (pazzesca quella a Raikkonen sul lungo rettilineo del Kemmel di SPA) e anche oltre a quello che il regolamento permetteva tant’è che più di una volta gli altri piloti si sono lamentati. Ma stava alla FIA mettere i giusti paletti alzando da subito la voce, cosa mai fatta più per interessi “mediatici” che per altro.

Sono peccati di gioventù, quella gioventù che molto probabilmente maturerà nell’avvicinarsi ad un titolo (già nel 2017?), quando tante volte l’aggressività la si deve lasciare un attimo da parte e mettere in campo la grande capacità di ragionamento, accontentandosi magari di una determinata posizione per far punti da aggiungere alla classifica piloti. Altri piloti ne sono stati l’esempio di quanto detto nelle precedenti righe. E poi mi aspetto un miglioramento anche fuori dalla pista: Verstappen se vuole farsi amare dai tifosi dovrà diventare un pilota meno robot, meno freddo e più latino evitando poi lo scontro verbale con i suoi avversari, cosa spesso avvenuta in questa stagione 2016 di F1 che gli ha creato più nemici che amici (per ora).

SN — Un talento mostruoso. Per la cattiveria, per la scaltrezza, per la velocità, per la spregiudicatezza con cui fa tutto quello che deve fare, riuscendo a farlo spesso anche meglio degli altri. Non scomodo paragoni con i grandi del passato perché non li trovo molto utili, però credo che siamo di fronte ad un pilota in grado di riscrivere le statistiche e la storia della F1. Con una RB competitiva, è uno dei candidati al titolo 2017. A 19 anni.

Deve solo imparare a chinare la testa in alcune situazioni (vedi il GP del Messico). Una volta trovata quell’umiltà che deriva dall’esperienza e dall’età, sarà un fenomeno a tutti gli effetti.

SMC — Mettendo da parte tutti i paragoni esagerati quanto fuori luogo che ci hanno accompagnato tutto l’anno, Max ha solo confermato quanto già visto in Toro Rosso la passata stagione. Un grande talento che sicuramente raccoglierà molto in futuro: la sua consacrazione definitiva è avvenuta in Brasile, ma a mio avviso non è ancora “pronto” al grande salto. Vedremo il prossimo se avrà una vettura in grado di farlo lottare per il mondiale e come si comporterà.

6. Contro ogni previsione, la Williams ha ceduto il quarto posto all’ottima Force India, che ha sfruttato ogni occasione buona. Il merito è della scuderia indiana oppure è la Williams che ha disatteso le aspettative dal 2014?

SMC — Credo che Force India non sia cresciuta moltissimo a livello tecnico rispetto al 2015: sono solo riusciti a massimizzare tutto ciò che avevano e cogliere le buone occasioni che si sono presentate durante l’anno. Al contrario la Williams, dopo aver perso il vantaggio della PU Mercedes, dallo scorso anno è tornata sulla terra. Con poco sviluppo e pochi soldi, rischiano di tornare a lottare per il centro gruppo quando solo due anni fa, erano l’unico team “dei terrestri” in grado di siglare una pole position.

SN — Entrambe le cose. La FW38 era tanto, troppo simile alla FW37 per far presagire uno sviluppo consistente nel corso della stagione. Era un progetto che aveva dato quasi tutto quello che poteva dare già a fine 2015, non aveva moltissimi margini di miglioramento proprio per l’evidente somiglianza con il modello precedente, con il quale condivideva infatti i difetti.

Dall’altra parte, la Force India stupisce per come sappiano migliorare… senza migliorare. La VJM09 non è stata una monoposto stravolta nel corso della stagione, eppure i risultati sono andati in crescendo. Merito anche di una coppia di piloti forse tra le migliori del Circus per talento, velocità e capacità di collaborare. Entrambi i risultati sono meritati, sia quello in negativo della Williams — che forse ha osato troppo poco — sia quello in positivo della Force India — che ha saputo andare oltre le proprie difficoltà interne ed economiche.

Sorry, guys: maybe next time!

PD — Arriviamo a parlare di quella che secondo me è la vera sorpresa della stagione 2016 di F1, ossia la Force India. La scuderia indiana è il team con il minor rapporto investimenti (in milioni di dollari) a punto nel campionato costruttori, questo grazie al duro lavoro portato avanti dal d.t. Andy Green negli ultimi 18 mesi. Sono stati compiuti i giusti investimenti già nella scorsa stagione, scegliendo le risorse giuste e adottando soprattutto una filosofia progettuale piuttosto creativa che ha dato in pista ottimi risultati.

Un esempio tecnico lo si può trovare nel particolare muso introdotto nei test in Austria del luglio 2015, soluzione geniale però mai copiata da nessun team e utilizzata anche sulla vettura 2016. Con quella versione di muso si è cercato di limitare le controindicazioni presenti nell’utilizzo di una versione di un muso corto e di un muso lungo. Il team indiano non ha nessun tecnico di spessore, ma ha sempre puntato sulla qualità del lavoro dei propri dipendenti cercando di farli lavorare il più serenamente possibile, senza troppa pressione. Il contrario di quello che è successo in questa stagione in Ferrari.

Per quanto riguarda Williams, sicuramente una delle delusioni di questo mondiale 2016. I problemi sono da ricercare a livello tecnico nelle gravi carenze a livello infrastrutturale, con le errate correlazioni tra i risultati uscenti dalla galleria del vento e la pista. E come già detto in precedenza, con i regolamenti attuali non ci si può permettere di arrivare in pista con delle novità che non funzionano. Ferrari lo sta dimostrando da anni. Per via delle limitazioni nelle ore di galleria del vento e CFD oltre alla cronica mancanza di test in pista non c’è più tempo per recuperare.

Williams è arrivata in Bahrain con delle soluzioni di naso e ala anteriore che ha comparato fino alle prove libere dei Gran Premi di fine stagione; inammissibile per un team che vuole lottare per la quarta posizione nel mondiale costruttori. E poi per concludere c’è da sottolineare la diversa qualità dei piloti Force India rispetto a quella Williams: Pérez e soprattutto Hulkenberg non sono secondo me paragonabili a un Massa a fine carriera o a un Bottas sopravvalutato dalla stampa del settore.

MB — In maniera molto sintetica, credo che un 51% del merito vada alla Force India per continuità di crescita e un 49% ai demeriti della Williams. Spiace perché Bottas l’ho trovato molto maturato rispetto agli anni precedenti.

Un solo podio per la Williams (quello di Bottas in Canada) contro i due della Force India (Pérez a Baku e Monaco).

7. Quache parola sulla McLaren-Honda. Da appassionato, non mi è sembrata una pessima annata, purché i progressi continuino e vengano incentivati. Voi che ne dite?

PD — Per McLaren una stagione senza infamia, né lode. Finalmente la Power Unit Honda è salita di qualità, ma non ancora per portare la Mclaren nei posti che le competono. Da un punto di vista tecnico, però, non è giusto dare tutte le colpe al motorista giapponese, poiché anche la MP4–31 — un po’ come la Ferrari SF16-H — non è una macchina perfetta. La vettura del team inglese condivide alcune problematiche tecniche della vettura 2016 della Scuderia Ferrari e sto parlando di un telaio non buono, una meccanica posteriore non all’altezza cosi come una mancanza quasi cronica di carico aerodinamico.

Così come per la Ferrari, anche per la McLaren il rinnovamento del regolamento tecnico potrebbe portare benefici, considerando che Honda è già al lavoro per stravolgere gran parte della Power Unit. Già dai primi test sarà interessante capire a che punto sarà l’accoppiata McLaren-Honda che potrà contare, forse per l’ultimo anno, sul pilota più forte attualmente in Formula 1 ossia Fernando Alonso.

MB — Vero, non è stata pessima come la 2015, anche se il cedimento strutturale all’anteriore di Button, sofferto ad Abu Dhabi, mi ha un po’ ingirigito il giudizio. Non è più una macchina con un motore da GP2 (cit. Alonso), ma resta comunque troppo lontana dalle prime cinque piazzate. Sì, migliorerà e anche molto, ma per tornare ad essere competitiva bisogna che cresca a scalini più alti.

SMC — Il team sta crescendo, ma troppo lentamente. Ci sono stati progressi rispetto lo scorso anno, ma alla scuderia inglese serve un salto più grande e in fretta. Con l’addio di Dennis e di Button, ora il team ha bisogno di stabilità, ma se non arrivassero risultati nemmeno nel 2017, sarebbe un grosso problema.

SN — Il miglioramento c’è, è evidente, ma va detto che fare peggio del 2015 sarebbe stato praticamente impossibile. Come giustamente fai notare tu, l’importante è che il tasso di crescita messo in mostra nel corso di questi due anni sia portato avanti anche durante la prossima stagione, alla quale anche a Woking guardano con un certo ottimismo.

Il motore Honda sarà destinato a migliorare, sul comparto aerodinamico hanno Prodromou — uno che si è fatto le ossa stando dietro ad Adrian Newey — e la coppia di piloti a loro disposizione rischia di essere una delle più veloci dell’intero Mondiale. È una di quelle scuderia da seguire con particolare e rinnovato interesse nel corso dell’inverno.

8. La Renault è tornata nel circus e diciamocelo, devono ringraziare l’esule Kevin Magnussen per aver evitato un’umiliazione. Con Hulkenberg a Enstone dal 2017 e il cambio regolamentare, se e quanto miglioreranno i francesi la prossima stagione?

SN — Che la Stagione 2016 sarebbe stata una stagione di transizione lo si era capito sin dalla presentazione della monoposto, che era apparsa a tutti come una Lotus R26 rimaneggiata con molta poca fantasia. I piloti scelti, poi, non hanno fatto altro che confermare questa impressione, visto che né Magnussen né Palmer sono mai sembrati due piloti con un blasone sufficiente per le monoposto di un costruttore come Renault. Si vocifera però che ad Enstone abbiano investito tanto nel corso dell’anno, soprattutto sul comparto motore, e la scelta di un pilota veloce come Hulkenberg dimostra come nel 2017 i francesi scenderanno in campo con tutto un altro tipo di intenzioni.

SMC — Rispetto al 2016, il miglioramento sarà enorme considerando che quest’anno hanno corso con un telaio vecchio di un anno e praticamente senza nessun sviluppo. Renault è tornata nel circus per vincere: il team di Enstone ha dimostrato in passato di sapersi rialzare anche dopo brutte annate, per me torneranno a combattere tra i grandi e disturbare Force India e Williams.

La strana modalità d’annuncio del passaggio in Renault.

PD — In Renault l’avevano detto a inizio della stagione: il 2016 doveva essere un anno di preparazione, perché il team francese non vuole impiegare decenni per vincere. Ma in questa F1, senza una corretta pianificazione (vedere Mercedes), non si diventa un Top Team. Proprio per questo che non posso giudicare come negativo l’anno del team francese, considerando anche che lo sviluppo tecnico è proceduto a rilento partendo da una base di inizio anno che aveva ben poco di diverso rispetto alla Lotus 2015, di per sé non una grandissima vettura.

Renault si è concentrata più sull’ammodernare i reparti tecnici di Viry Chatillon e Enstone oltre che portare in queste due sedi del nuovo personale qualificato. Nessun grande nome poiché il nome Renault ancora non ha l’appeal di altri Team come possono essere quelli di Mercedes o RedBull, ma comunque aria fresca tra cui molti giovani che potranno crescere insieme al team. Il 2017 lo vedo come un nuovo anno di transizione in preparazione all’assalto del titolo nei successivi 2–3 anni.

MB — Credo che nel 2017 sarà la vettura che ci stupirà di più come crescita. Hanno già palesato l’utilizzo di un futuro motore nuovo, sono ambiziosi e in certa misura se lo possono permettere, hanno puntato sull’esperienza di Hulkenberg per crescere, visto che dall’anno prossimo anche il pilota torna ad avere un minimo di voce in capitolo sullo sviluppo. Si stanno muovendo molto bene.

Ci mancheranno, però, queste reclame.

9. Una battuta la spendo anche per la corsa all’ultimo posto: la Sauber ha incrediblmente rivoltato il tavolo, con i due punti di Nasr in Brasile che sopravanzano l’incredibile piazzamento di Wehrlein in Austria. Giusto così? E soprattutto ha ragione chi dice che bisogna finirla con l’assurda storia che l’ultimo costruttore non prenda soldi dal montepremi?

PD — C’è sicuramente da sottolineare come il passaggio di consegne a metà anno del team Sauber alla società finanziaria svizzera Longbow Finance S.A. ha favorito il team con sede a Hinwil, sbloccando parecchi aggiornamenti progettati tra la galleria del vento e il CFD ma non costruibili per via delle mancanze economiche nei confronti dei fornitori. Senza comunque una gara “pazza” come quella del Brasile difficilmente avremmo visto una Sauber a punti in questo finale di stagione, quindi bravi loro ad aver sfruttato l’occasione, ma un pizzico di fortuna ce l’hanno avuta gli svizzeri.

Capitolo pagamenti ai primi dieci con undici team: penso che sia una regola che andrebbe cancellata, nel senso che tali benefici o li si danno a tutti o a nessuno secondo il mio punto di vista. Pur pochi che possano essere ma anche l’ultimo Team che compete in questa costosa F1 deve aver diritto ad una fetta degli introiti annuali.

MB — Non saprei se trovarla assurda. Sono un po’ stanca di scuderie-comparsa in F1, che per me hanno senso solo se possono spendere risorse per progredire. Il vivacchiare lo trovo inutile. E se questa regola può scoraggiare team di questo tipo, mi trova d’accordo.

Quanto alla prima domanda, l’involuzione a cascata libera della Sauber è proprio il motivo che mi spinge a non ritenere giusto l’epilogo del Mondiale, non tanto per la Manor quanto per Wehrlein. Io spero non rimanga disoccupato nel 2017. Quest’ultima cosa sì che sarebbe ingiusta.

Uno dei migliori team radio del 2016.

SN — No, a me sarebbe piaciuto vedere la Manor riuscire nell’impresa anche perché è una scuderia che, dopo il patatrac della Marussia, ha comunque dato una parvenza di progetto alla propria attività, migliorando tantissimo da una stagione all’altra sia a livello tecnico che a livello di organico, con Wehrlein e Ocon nella seconda metà del 2016. La Sauber invece sembra sempre più abbandonata a sé stessa, l’ombra della Scuderia che fu, in preda a una gestione poco cristallina e soprattutto che sembra guardare solamente all’interesse economico.

SMC — Sono felice per la Sauber, ma più per la sua storia in F1 che per quanto fatto vedere durante l’anno. C’è da dire che anche Manor ha dimostrato di saper crescere e di meritare un posto nel circus. Il team svizzero sta vivendo forse uno dei peggiori momenti da quando è in F1: speriamo che la nuova proprietà riuscirà a dare sicurezza economica al team, ma senza una buona direzione e ottimi tecnici dubito che possano riuscire a resistere a lungo. Forse con l’appoggio di qualche grande costruttore (magari un ritorno di Bmw o Toyota?).

10. Final bits. Corsa dell’anno.

MB — Austria e Messico. Forse più la prima, ma credo molto influisca il fatto che ero a Spielberg.

SN — GP di Monaco. Perché è lì che sono iniziati a venir fuori tanti limiti della gestione della F1 che poi hanno tenuto banco per tutta la stagione — la partenza sotto regime di Safety Car in caso di pioggia, per dirne una -, per il caos al Box RB e soprattutto perché è da quella vittoria che è partita la rimonta di Hamilton che ci ha permesso di assistere a un campionato combattuto fino all’ultima gara.

SMC — Assolutamente Brasile.

PD — La corsa dell’anno per me è il Gran Premio di Barcellona. Subito una partenza con i fuochi d’artificio del duo Mercedes, out in curva 4. Il resto della gara è stata una battaglia serrata tra le due RedBull e le due Ferrari con una grande strategia da parte del team anglo austriaco che ha portato Verstappen a diventare il più giovane pilota a vincere un GP di F1.

Ma da ricordare anche la gran gara di Kimi Raikkonen che è arrivato ad un pelo da tornare sul più alto gradino del podio con la Ferrari dopo ben 7 anni, quel Kimi Raikkonen che in molti davano per bollito ma che con una vettura più convenzionale ha dato filo da torcere ad un quattro volte campione del mondo come Sebastian Vettel in questa stagione 2016 di Formula 1. E quella gara spagnola forse il pilota finlandese se la meritava anche come premio alla carriera, condita da 20 vittorie e ben 84 podi su 251 Gran Premi effettuati.

11. Team radio e sorpasso dell’anno (andrei con l’accoppiata Hulkenberg-Verstappen).

SN — Anche qui mi ricollego al discorso precedente. Voto il team radio di Vettel alla fine del GP del Messico come team radio dell’anno per il suo aver messo alla berlina un sistema di gestione della F1 che comincia a fare acqua da tutte le parti in maniera piuttosto critica.

Per il sorpasso… ti direi Rosberg su Verstappen ad Abu Dhabi per il significato che ha poi avuto in termini di classifica, ma poi ripenso a come Max abbia tolto gli adesivi a Rosberg a Interlagos sotto il diluvio all’esterno di Curva 3 e ti rispondo dicendo che è quello per me il sorpasso dell’anno.

PD — Parlando di sorpassi, andrò contro corrente ma secondo me il sorpasso dell’anno è quello di Vettel in Cina appena fuori dalla pitlane, dove con un balzo felino superò sia Hulkenberg (aveva rallentato appositamente poiché c’era al pit il suo compagno di squadra) che Sainz. Un sorpasso adrenalinico, anche se effettuato alle basse velocità dell’ingresso in pitlane.

SMC — Team Radio direi quello di Vettel in Messico contro Charlie Whiting a pari merito con il “See you later” di Hulkenberg a Bottas a Suzuka.

MB — Team radio? Tutti quelli di Alonso, soprattutto nel Gp d’Usa. Sorpasso? Tutti quelli di Verstappen a Interlagos. Poca originalità da parte mia, ma sono ancora veramente stupita.

12. Miglior e peggior pilota per condizioni ambientali e rendimento finale (io andrei con Pérez-Gutiérrez).

MB — Miglior pilota per condizioni ambientali e rendimento finale è Alonso: per me più di così con questa McLaren era impossibile fare. Per il peggiore sono d’accordo anch’io con Gutierrez.

SN — Condivido in toto. Pérez è di una costanza impressionante e quando può porta a casa risultati insperati con una facilità che è quasi disarmante, mentre Gutiérrez è la grande delusione della stagione: poteva fare bene, benino o male e per assurdo la cosa che più sconvolge è che non ha fatto nulla di tutto ciò. Non ha fatto niente, punto.

Tranne incazzarsi con la Haas.

PD — Miglior pilota della stagione sicuramente Verstappen che ha dimostrato da rookie di avere la stoffa del campione, compiendo dei sorpassi spettacolari (non ultimo quello sul bagnato in curva 3 su Nico Rosberg in Brasile) e che hanno messo in evidenza delle enormi qualità di guida che potranno portarlo al titolo nel breve/medio termine.

13. Cosa vi aspettate dalla F1 2017? E la proprietà americana spingerà prima o poi per altri costruttori nel circus?

SMC — Spero di vedere auto più belle e soprattutto spero ci sia più sound: una F1 “silenziosa” non è F1 e il pubblico ne risente tantissimo. Spero di vedere più lotte in pista e meno polemiche post gara (qualcuno ha detto Messico?). I grandi costruttori vorranno entrare in F1 se lo spettacolo offerto potrà dare loro qualche ritorno d’immagine: con gomme più grandi e auto più veloci non si migliora lo show, perché chi è sul divano o chi è in tribuna, non percepisce la differenza tra una macchina che raggiunge a Monza 360 o 380 km/h. La gente vuole vedere auto difficili da guidare, sorpassi (reali) e soprattutto regole più semplici e chiare.

SN — Ti dirò, per il 2017 nutro qualche riserva. Credo che il cambiamento regolamentare sia arrivato troppo presto rispetto a quello che ha introdotto l’era ibrida e che soprattutto abbia frainteso le richieste che il pubblico generalista — ovvero la maggioranza — chiedeva alla F1: macchine che permettessero alle gare di essere più spettacolari, non necessariamente più veloci. Invece, a sentire il parere di parecchi, c’è il rischio che nella prossima stagione si assista a un numero di trenini ancora maggiore a quello visto quest’anno ed è inutile dire che questo non sia un bene.

Per quanto riguarda la seconda domanda: probabilmente sì, spingerà. Ma potrebbe non bastare, perché la F1 oggi è complicatissima e richiede degli investimenti, per essere competitivi, che non tutte le case sono disposte ad affrontare. E se non c’è la volontà dei costruttori anche spingere fino all’inverosimile potrebbe non portare a nulla.

MB — Dai nuovi proprietari mi aspetto un modello di business diverso per chi organizza i GP che ora come ora s’impegna in modo notevole al tutto per ricavarci davvero poco. Non è più sostenibile e infatti capisco come mai la Malesia non abbia voluto rinnovare il contratto. Mi aspetto anche più attività collaterali durante un GP: le auto non bastano nemmeno all’appassionato più accanito. Mi piacerebbero tornassero i circuiti di Fuji e il Nurburgring, ma so che le mie sono illusioni.

Sul piano sportivo mi aspetto più livellamento verso l’alto, la fine del monopolio, anche se il dualismo interno di quest’anno mi ha divertito molto.

PD — Il cambio regolamentare del prossimo anno potrebbe essere un nuovo passo sbagliato della F1. Ai team era stato chiesto di estremizzare la F1, rendendo le vetture più impegnativa da guidare dal punto di vista fisico e più aggressive; sarà cosi effettivamente poiché l’aumento del carico aerodinamico tra il 20% e il 30% in più rispetto ai valori 2016 produrrà superiori valori di forza G in curva ben superiori.

Quello che però preoccupa è la questione relativa ai sorpassi in pista, poiché con le nuove vetture avremo innanzitutto spazi di frenata più corti, andando quindi a complicare i sorpassi e soprattutto con un’aerodinamica più spinta è probabile che si vada a perdere maggior carico aerodinamico seguendo una vettura 2017 rispetto alla stagione appena conclusasi. I sorpassi sembra quindi che debba andare a “crearli” la Pirelli, con la progettazione di pneumatici che non abbiano un comportamento troppo uniforme e che grazie al loro degrado permettano importanti azioni in pista dei vari piloti.

Vedo favorite Mercedes e RedBull, con Ferrari e McLaren che potrebbero invece continuare a rincorrere. Ma ovviamente è sempre la pista che ci darà i verdetti. I primi? Dal 27 febbraio al 2 di marzo sul circuito di Barcellona.

Per la F1 servirà non sbagliare i prossimi poiché perché l’avanzamento della Formula E, categoria ad oggi poco costosa e con sbocchi nello stradale che sta facendo gola a molti motoristi compresa Mercedes, è molto importante, quasi “preoccupante”. A oggi è molto difficile prevedere l’ingresso di nuove case in questa F1 molto costosa e che da un punto di vista di introiti è spesso positiva solo se vincente, salvo rari casi.

Hanno partecipato e ringraziamo calorosamente:

Monia Bracciali/MB (@moniar81) — Social media editor. Giornalista, inviata dalla Serie D fino alla A, ora redattrice e pagellista per Fantagazzetta. Yoga e F1 dipendente.

Stefano Nicoli/SN (@Natali_Show) — Admin di Andare a pesca con un’Audi R18 e gestore del sito Fuori Traiettoria, è stato anche addetto stampa per la Force India al GP d’Italia 2015.

Saetta McQueen/SMC (@Saetta_McQueen) — Su Twitter aiuta il #RepartoCorse a commentare la F1 in tutta la sua straordinaria bellezza.

Piergiuseppe Donadoni/PD (@SmilexTech) — 29 anni, sono un Ingegnere Meccanico specializzato nel settore Energia e Ambiente. La mia grande passione è la Formula 1 che condivido con i lettori di FUnoAnalisiTecnica e Motori Online a cui cerco di spiegare in modo semplice la complessità delle attuali vetture di F1.

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