Euro 2016 — Ultimo turno: la cicala e la formica

Crampi Sportivi
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7 min readJun 19, 2016

Ve la ricordate la storia della formica e della cicala? Al terzo e ultimo turno di girone a Euro 2016 è arrivato il momento di scoprire chi abbia saputo raccogliere provviste durante i due incontri precedenti, mettendosi quindi al riparo di sorprese nello scontro decisivo, e chi invece s’è adagiato sul bel gioco inconcludente, oppure s’è schiantato contro la stanchezza fisica di un’intera estate a cantare sul ramo, in ogni caso a non fare abbastanza punti per garantirsi un anticipo di riposo.

GRUPPO A

I padroni di casa della Francia sono direttamente agli ottavi, grazie ogni volta ad infuocati ultimi minuti e alla vena pulsante di un Dimitri Payet che si sta finalmente rivelando ai più alti livelli. L’ultima partita servirà dunque a Deschamps per due obiettivi fondamentali: far riposare qualcuno dei titolari apparso più opaco, testare nuovamente alcune delle stelle come Pogba e — prima dell’ingresso vincente contro l’Albania — Griezmann, incalzato da un Coman in ascesa come partner di Giroud, per disegnare definitivamente la squadra dell’immediato futuro, ponendo attenzione estrema alla coppia difensiva Rami-Koscielny non irreprensibile che ha rischiato più del previsto con la Romania prima e soprattutto con l’Albania.

Ma la Svizzera chiede strada sul confine e, pur avendo dalla sua i favori del pronostico con tre punti di vantaggio sulla Romania, è la storia a darle torto. Shaqiri e Xhaka erano entrambi nella spedizione ai Mondiali 2014, quando videro gonfiarsi la rete sugli attacchi francesi ben cinque volte. Si fa presto a dire: ma c’era Benzema (autore in quel caso di un gol,due assist e anche di un errore dal dischetto). La Romania dal canto suo è una squadra solida ma sembra avere problemi realizzativi — a segno in questo Europeo soltanto con due rigori, in entrambi i casi realizzati da Stancu — e l’Albania di De Biasi, che sa tenere il campo come poche squadre viste in questi giorni e che ha meritato finora molto più dello zero in classifica, vorrà lasciare un’ultima firma visibile. Anche fosse un gol, uno solo, come un souvenir da riportare a casa.

GRUPPO B

Qui precedenti non ce ne sono, ma la situazione è di certo più ingarbugliata. L’Inghilterra ha fatto fatica nelle prime due partite, portando a casa un pareggio equo contro la Russia e una poco meritata vittoria in rimonta sul vicino Galles, avversario coriaceo, stretto stretto come il codino della sua stella Gareth Bale. Ma 4 punti li ha fatti, tanti ne bastano per mettersi in testa a tirare, sulle ali del primo gol di Jamie Vardy in una competizione internazionale e con qualche certezza in più sulle gerarchie d’attacco che non hanno permesso grande serenità a mister Hodgson: se Kane non fa gol e Rooney sta prendendo troppo seriamente il suo nuovo ruolo lontano dalla porta — contro il Galles c’è mancato poco si mettesse i guanti per sostituire Hart — il colpo da biliardo di Sturridge ha quanto meno acceso il salvavita.

Se c’è una squadra, però, che è cambiata tanto dal primo al secondo turno, è proprio la Slovacchia: smarrita nella sconfitta con il Galles, trascinante nella vittoria su una Russia mai in partita, con l’ennesima prova di sostanza e qualità di Marek Hamsik e in attesa si manifesti il talento in tecnica e progressione di Ondrej Duda. Non sarà semplice dunque mantenere un atteggiamento molto british per tenersi il primo posto, ma così stando le cose è da questo girone che pare più facile tirar fuori una delle “migliori terze” tra le sedici. Se però appare difficile il cammino della Russia — non solo per il misero punto ma per l’involuzione di gioco dal pareggio con l’Inghilterra, che ha riportato sul taccuino degli agenti Artem Dzyuba, alla sconfitta con la Slovacchia — la qualità resiliente dei rossi di Coleman potrebbero far accedere il Galles a un’insperata qualificazione. Girone da tripla, insomma. Nessun accordo ammissibile.

GRUPPO C

Alla vigilia non sembrava in discussione la gerarchia, ma quando di mezzo c’è quel confine sfumato tra Germania e Polonia ci insegna il secolo Novecento, dai Sudeti del ’39 fino a Klose e Podolski, che tutto può accadere. Lo scialbo zero a zero dello scontro diretto porta entrambe a 4 punti, ma lascia qualche speranza in più ai polacchi di raggiungere il primo posto in virtù di un terzo turno più abbordabile, contro un’impalpabile Ucraina, le cui stelle Yarmolenko e Konoplyanka non hanno mai cominciato a girare in questo Europeo, lasciando a secco di punti la squadra di Fomenko che pure, tuttavia, negli ultimi scontri diretti ha sempre vinto.

Era però il 2013: era una meno matura Polonia che invece sta mettendo in mostra un collettivo solido e top player di prima fascia come sta per diventare Arkadiusz Milik e com’è da tempo soprattutto Lewandowski, alla ricerca del primo gol e in assoluto di una consacrazione con la propria nazionale, dopo averne fatti a grappoli in anni di Bundesliga. Ma chissà invece non venga, la sorpresa, dall’inedito Germania-Irlanda del Nord, con i tedeschi macchinosi nelle prime due partite e salvati troppo spesso dalle pose da Uomo Ragno di Manuel Neuer, valore aggiunto per i campioni di Brasile 2014; Müller, Özil, Götze, Kroos, se la vedranno con Dallas, Washington, McAuley, Lafferty, ossia il calcio delle stelle contro quello delle stalle, dei ricchi contro i poveri, secondo le regole di tutta la retorica possibile. Ma poi magari alla fine alzano le braccia tutti, certo, ricchi da una parte, poveri dall’altra.

GRUPPO D

E se non ci fosse stata la protesta. E se non avessero fatto quel casino. E se i tifosi croati…ma chissà mai non si fossero fatti rimontare ugualmente dalla panchina della Repubblica Ceca? La Croazia, fin troppo sottovalutata ma con una rosa di grande rispetto a questi Europei, non sarà squalificata, avrà solo una sanzione. Ma certo le gambe nello scontro con la Spagna capolista tremeranno ancora a Luka Modric e Ivan Rakitic, rispettivamente stelle proprio di Real e Barça e che potrebbero pure chiederlo un aiutino a qualche compagno, per la pressione che dagli spalti è caduta sul campo del match precedente. Avanti di due con Perisic e lo stesso Rakitic, in scioltezza, le cose si sono complicate e in pochi minuti è svanito il sogno della qualificazione diretta.

Alla Spagna già qualificata basta il pareggio per il primato, così che alla Repubblica Ceca, impegnata con una Turchia in lentissimo rinnovamento ma senza la stella Tomas Rosicky che era apparso finalmente maturo e invece torna a casa con una lesione muscolare alla coscia, potrebbe non bastare nemmeno una larga vittoria per qualificarsi — tra l’altro non così probabile vista una vena realizzativa non eccellente. Ma c’è sempre il terzo posto, per sperare. E infine proprio la Spagna che intende consacrare il dominio europeo di club anche con la Nazionale e che per farlo si affida a un gruppo coeso e alla crescita esponenziale di Alvaro Morata, autore di una doppietta alla Turchia e vittorioso nel ballottaggio delle punte di ruolo — insomma dal falso nueve al nueve vero e proprio — con Fernando Torres e Diego Costa che se la stanno guardando dal divano come noi, ma con qualche acredine in più mentre si stappano l’ennesima cerveza.

GRUPPO E

Questo è il gruppo dell’Italia dei Giaccherini e degli Eder, della difesa costruita ai rulli Fiat con i pezzi rimasti di una vecchia Panda di lamiera indistruttibile, che si mette a fare la prima della classe con un turno di anticipo. E non è da noi. Soprattutto perché il Belgio domato nella prima partita si presentava con i favori del pronostico, come ha sobriamente ricordato Alberto Rimedio su Rai1 a fine telecronaca (“Belgio favorito? Ma favorito di cosa?!?), ma anche perché nemmeno l’Italia capace di arrivare in fondo aveva vissuto bene il girone, pur senza bisogno di definirlo “dantesco” come nell’occasione di Sudafrica 2010 o forse peggio Brasile 2014.

Si presume nutrito il turn-over di Conte in vista della gara con l’Irlanda, domata dal Belgio proprio ieri e ancora ferma al punticino preso con la Svezia. Buffon aveva la febbre, ma passerà, Candreva con l’adduttore ballerino se ne starà a riposo; con lui probabile qualche innesto da testare per la necessità che lo scacchiere azzurro diventi più malleabile di quello che ha affrontato, vincendo, Belgio e Svezia.

Se l’Irlanda degli eterni Given, Keane e O’Shea, vecchiotta ma tenace, non sembra assistita da una qualità capace di portarla agli ottavi (ma certo tutto può succedere), proprio queste ultime due si contendono il passaggio diretto, ponendo seria candidatura anche per i ripescaggi. Il Belgio che era apparso ridimensionato dalla prima partita, ha ritrovato con qualche cambio tattico un equilibrio e il motore di Hazard e De Bruyne, insieme ai gol di Lukaku, ma resta fin troppo estetizzante e non avrà vita facile con una Svezia concreta e in forte crescita, guidata non più dal solo Ibrahimovic ma da un collettivo vivace, ringiovanito dagli ingressi in squadra di qualche reduce dal vittorioso Europeo Under 21. E proprio per questo l’amichevole 2014 che vide prevalere il Belgio con Lukaku e Hazard a segno non è esame probante ai fini di una vaga statistica.

GRUPPO F

Qui ci divertiamo. Meno, si stanno divertendo, i portoghesi. Ma non c’è niente da fare, le avventure lusitane ai campionati non conoscono grandi fortune, fino a questo punto. Portogallo, ma anche Ungheria, Islanda, Austria. Si conferma il girone più equilibrato, in negativo, direbbe qualche detrattore. Tutti possono farcela, tutti andare a casa. Ed ecco che diventa di colpo il girone più interessante. Ché se da un lato le stelle portoghesi non brillano sotto il cielo parigino — forse il solo Nani ha mostrato continuità nel “fare il” Cristiano Ronaldo sottoporta, con l’ex Pallone d’Oro invece più annebbiato del previsto, stregato da un palo austriaco — con una manovra macchinosa e una difesa lenta e priva di ricambi all’orizzonte per Pepe e Ricardo Carvalho, lo scontro con l’Ungheria ha il sapore di un vecchio Eusebio vs Puskás, data l’importanza alla vigilia imprevedibile.

Proprio l’Ungheria, prima a 4 punti, nel pareggio con l’Islanda ha dato prova di non morire mai e di avere anche forme di gioco come dimenticate da decenni dentro un museo del calcio magiaro e ora di nuovo miracolosamente attuali. Se l’Ungheria torna agli Europei dopo 44 anni e vede una rinascita, specialmente con giocatori come l’impronunciabile Balász Dzsudzsák e il “talismano” Ádám Szalai, l’Islanda consacra l’ottimo girone di qualificazione presentandosi ormai come una realtà in forte ascesa, compatta e con giocatori evoluti e più consapevoli delle proprie qualità, come il caso di Gylfi Sigurdsson o Birkir Bjarnason, meglio fin qui della possibile sorpresa, ai nastri di partenza: Alfred Finnbogason.

L’Austria, da ultima, studia tutto. David Alaba e Marko Arnautovic capeggiano un gruppo di non grande vivacità, ma in grado di coprirsi con caparbietà e rigore, finché certo consentito da una fase a gironi. Quando si tratta del dentro/fuori è tutta un’altra cosa. Ad arrivarci.

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