Fare thee well, Robbie

Crampi Sportivi
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6 min readSep 1, 2016

Molti di noi hanno paura dei cambiamenti. Di certo non Robbie Keane. Nella sua lunga carriera da professionista, iniziata nel 1997 al Wolverhampton, Keane non ha mai avuto paura di cambiare.

Robbie è cresciuto calcisticamente nel Crumlin United e ad appena 15 anni ebbe la possibilità di giocare per la sua squadra del cuore, il Liverpool. Difficile dire di no, eppure lo fece. Scelse di giocare nei Wolves, la squadra di cui era innamorato un certo George Best, perché avrebbe trovato spazio più facilmente. Nel prendere decisioni difficili, Robbie non si è mai tirato indietro.

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Quella faccia da uomo già cresciuto, nel corpo di un 17enne. Sembra già maturo, tanto da segnare due gol così al suo debutto contro il Norwich

Dal 1997 a oggi, Robbie Keane ha militato in 10 squadre diverse. I Wolves e il Coventry City, agli inizi. Una sfortunata parentesi all’Inter, poi il Leeds, e l’approdo al Tottenham. 197 partite con gli Spurs, poi finalmente al Liverpool, ma solo per poco, perché Rafa Benitez non riusciva a inquadrare quell’irlandese talentuoso. Ritorno al Tottenham, quindi, poi una puntata a Glasgow col Celtic, la squadra per cui tifava suo padre. Poi ancora Spurs e West Ham. Una prima capatina a Los Angeles, il ritorno in Inghilterra all’Aston Villa e l’ultimo, decisivo viaggio al di là dell’oceano, sempre a L.A.

Ne consegue che, oltre alla classe esibita in campo, rimane solo una costante nella carriera di Robbie Keane: la nazionale irlandese. Vagando da un posto all’altro, tra successi e sconfitte, Robbie Keane non ha mai lasciato quella maglia, che l’ha accompagnato in tutti i passaggi cruciali della sua vita privata, da quando è morto suo padre a quando è nato suo figlio.

“I’ve had a lot of emotions in terms of my career — when my father died, which was very, very tough for me, about three days later I was on a plane going to play a game; when my son was born, two hours later, I left the hospital in LA to come back and play for Ireland”.

E, diretta conseguenza, l’amore dei tifosi irlandesi nei suoi confronti non ha mai abbandonato lui. 68 gol con la maglia della Green Army, 146 presenze: nessuno come Robbie. L’ultimo gol lo ha segnato ieri sera nella partita d’addio in amichevole contro l’Oman, a conclusione di una carriera abituata a coprire lunghe distanze nel segno della rete. Una rete, l’ultima, con cui ha tra l’altro raggiunto Gerd Müller al 4° posto fra i migliori marcatori europei di tutti i tempi con la squadra del proprio Paese.

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Tecnica, fantasia, classe, senso del gol: un compendio delle sue qualità migliori. Se avete una sensazione di déjà-vu, non vi state sbagliando

Raccogliere il testimone

L’incredibile risultato di Italia ’90, quel gol di Ray Houghton a USA ’94, proprio contro l’Italia. Poi la delusione per la mancata qualificazione a Francia ’98. Quando Robbie si avvicina alla nazionale, l’Irlanda sta vivendo un grande momento, calcisticamente parlando. Keane debutta (insieme a un altro giocatore di discreta importanza per la storia dei verdi, Damien Duff) proprio nel 1998, in amichevole. È un giovane sbarbatello di belle speranze. Quanto queste speranze siano concrete diventa chiaro quando sigla una memorabile doppietta contro Malta, diventando il più giovane marcatore di sempre nella storia d’Irlanda.

La squadra manca la qualificazione a Euro 2000, ma l’obiettivo grosso è il Mondiale, ormai gli irlandesi si sono abituati bene coi Mondiali. Robbie segna un gol di importanza capitale contro l’Olanda, a casa loro.

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Il gol vale un punto, ma basta, perché al ritorno gli olandesi non perdono occasione di deludere le aspettative.

Giusto per dare un’idea dell’impatto di Robbie Keane su quel Mondiale: 3 gol in 4 partite, 2 nel girone, 1 agli ottavi. Ci sarebbe anche la questione del “Saipan Incident” da citare. Robbie e Roy, due facce della stessa medaglia. Roy manda letteralmente tutto a fanculo, magari con le sue ragioni, e torna a casa. Robbie resta e fa la differenza.

Tipo contro la Germania nella seconda partita, quando a tempo scaduto scassa la porta di Kahn. Lo stadio sembra essere nel centro di Dublino dopo quel gol, altro che Giappone.

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La palla colpisce Kahn, che ha tipo la consistenza di uno scoglio, poi il palo e poi si insacca. Un gol “di rabbia”

Keane segna ancora nell’ottavo contro la Spagna, su rigore, dopo che Ian Harte ne aveva fallito uno. Porta la partita ai supplementari, poi ai rigori. Segna anche il suo secondo tiro dal dischetto, ma passano gli spagnoli. L’Irlanda chiude quel Mondiale da imbattuta (una sconfitta ai rigori conta come un pareggio ai fini statistici per la FIFA), unica squadra insieme al Brasile. Molto, lo si deve al carisma e ai gol di Robbie.

Il dardo di Cupido vi ha già raggiunti?

The Dark Age of Ireland

Dal 2002 al 2012 il buio. Robbie Keane continua a segnare caterve di gol in nazionale, ma la squadra non va da nessuna parte. La parola chiave potrebbe essere “frustazione”. Il 13 ottobre del 2004, contro le Isole Faroe, segna il suo 22esimo gol e batte il precedente record di reti in nazionale, che apparteneva a Niall Quinn (il mito dei “Disco Pants”).

Sempre nel 2004, anche se in amichevole, segna un discreto gol all’Olanda, una squadra che evidentemente lo stimola. Il possesso palla olandese beffato dalla ripartenza irlandese. Il contropiede: l’arma dei poveri.

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Il rilascio del tiro di Keane è veloce, preciso, esatto

Lampi di classe che purtroppo non servono a molto. Le delusioni si susseguono e, in un certo senso, culminano nel 2009, nelle partite di qualificazione per il Mondiale in Sudafrica. L’Irlanda non è certo in un girone facile e non ha conquistato tanti risultati entusiasmanti con il Trap in panchina. Molti pareggi, ma sono proprio quelli che permettono agli irlandesi di giocarsela. Ad esempio, il rocambolesco pareggio 1 a 1 contro l’Italia, al San Nicola di Bari.

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Non troppa stima per il gioco prevedibile dell’Irlanda, però quando c’è da buttarla dentro, Keane non si tira indietro

La Repubblica d’Irlanda si conquista il playoff per l’accesso ai gironi del Mondiale contro la Francia, solo che perde clamorosamente al Croke Park di Dublino all’andata, davanti a un pubblico record di oltre 74mila spettatori. Keane, che ha segnato più della metà dei suoi gol (41) in casa fra Lansdowne Road, Croke Park e l’Aviva Stadium, non segna stavolta.

Segnerà nella partita di ritorno al Saint-Denis, pareggiando il risultato dell’andata. Tutti sembrano rassegnati ai supplementari, ma Henry ruba il gol del pareggio di Gallas con un doppio tocco di mano, “La main de Dieu”.

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Duff to Keane, neanche a voler scrivere il copione dell’impresa si poteva far meglio. Peccato per il gol della Francia

A Los Angeles è un dolce svernare

La rivincita di Robbie, prima di abbandonare l’Europa alla volta degli States, riesce solo a metà. Favorisce con i suoi gol la qualificazione dell’Irlanda a Euro 2012, che giocherà da capitano. Purtroppo però, l’Irlanda esce con 3 sconfitte e Keane non riesce a segnare neanche un gol.

La sua carriera a stelle e strisce era già iniziata nel 2011. Dopo un ritorno al West Ham a gennaio e gli Europei deludenti, Robbie torna nella Città degli Angeli definitivamente.

Ai Galaxy, Robbie Keane fa letteralmente quello che vuole.

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Cosa ho appena visto

La retorica del “eh sì, ma quei difensori non marcherebbero bene neanche mia nonna” non regge in questo caso. Solo per pensare un gol così bisogna essere un giocatore fuori dal comune.

Mentre a Los Angeles diventava un idolo, Robbie non si è dimenticato dell’Irlanda. Ha dato il suo contributo, magari non pesante come un tempo, alla qualificazione per Euro 2016, segnando 5 gol contro Gibilterra in 2 partite. Niente gol per lui in Francia, solo due comparsate nella fase a gironi.

Fatto che non sminuisce la figura di Keane con la nazionale. Il suo addio è pesante perché pesante è stato il suo contributo in maglia irlandese. Può essere (forse) messa in discussione la sua tecnica, la sua classe, la sua continuità nel corso della carriera. Non di certo l’importanza che ha avuto per il movimento calcistico irlandese e per la sua nazionale da 18 anni a questa parte.

A cura di Andrea Gaetani

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