Forme originarie del panico

Crampi Sportivi
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6 min readOct 10, 2014

È buio oltre le vetrate del Palamalè di Viterbo. Il ring, sotto i riflettori, sembra una pozza d’acqua con la superficie azzurra e senza increspature. La cintura di campione italiano dei supermedi è come Diego Velardo la immaginava da bambino. Si intravede anche da qui, dalle scale che dagli spogliatoi portano al centro del Palamalè, sotto i riflettori, sotto gli sguardi meccanici delle telecamere di Italia Uno, sotto gli occhi del pubblico. In tribuna ci sono la madre di Diego e i ragazzi della palestra in cui allena e si allena. Sono venuti in pullman, un’ora e diciotto minuti da Ciampino fino a Viterbo.

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Lo speaker chiama Andrea Di Luisa, lo sfidante. Il boato del pubblico raggiunge Diego, fermo sulla porta del suo spogliatoio. Di Luisa gioca in casa, da sette anni è istruttore alla Scuola Sottufficiali dell’Esercito, a Viterbo.

Panico: senso di forte ansia e paura che un individuo può provare di fronte a un pericolo inaspettato, e che determina uno stato di confusione ideomotoria, caratterizzata per lo più da comportamenti irrazionali.

Il termine panico deriva dal timor o terrore panico, quel timore misterioso e indefinibile che gli antichi ritenevano cagionato dalla presenza del dio Pan.

(Enciclopedia Treccani)

L’estate, per Diego, è stata una discesa veloce fino al 28 settembre, dritta dritta al Palamalè. Dopo essere passato con la Paciucci Boxing Team, è salito sul ring due volte in ventitré giorni: il 17 luglio allo Stadio del Bisenzio, a Signa, contro Dragan Lepei, uno che è chiamato amichevolmente “Fury” e, per questo, evitato da molti pugili; l’8 agosto, al Palafijlkam di Ostia, contro Vadim Garau. Un pareggio contro Fury e una vittoria contro Garau. Non male, visto che sono stati mesi di allenamenti intensi, tra la palestra, la sala pesi per il potenziamento muscolare e la piscina per incrementare la resistenza. Poco spazio per pensare, per realizzare che ogni cosa — dal jab in allenamento contro un sacco nella palestra di Ciampino alle ripetizioni alla panca piana, dal controllo della respirazione durante le vasche in piscina alla rinuncia a una birra con gli amici — ogni gesto ha avuto un solo fine: il match del 28 settembre. Ogni gesto lo ha condotto, senza che Diego nemmeno se ne accorgesse, ai piedi della cintura blu del titolo italiano dei supermedi, al suo avversario Andrea Di Luisa, agli amici e alla madre in tribuna, al palazzetto pieno, al buio oltre la vetrata del Palamalè.

L’avversario ha trentadue anni, quattro in più rispetto a Diego Velardo. Il 23 novembre 2012 ha subìto la sconfitta più amara, in casa al Palamalè contro il francese Christopher Rebrasse. Alcuni mesi dopo, a giugno 2013, Di Luisa ha dichiarato di voler smettere. Poi sono arrivati il cambio di manager e la voglia di tornare ai massimi livelli. Di Luisa vuole cancellare la sciagurata notte di due anni fa, vuole far vedere che è ancora un pugile temibile, che ha ancora le carte in regola per conquistare il titolo italiano dei supermedi.

La crisi (o attacco) di panico è una manifestazione acuta, solitamente di breve durata, di ansia incontrollabile, non indotta da eventi ansiogeni noti né da malattie organiche, e associata a vistosa sintomatologia neurovegetativa (tachicardia, tremore, sudorazione profusa ecc.).

(Enciclopedia Treccani)

Quando lo speaker chiama Diego Velardo sul ring, lui non riesce a muovere un muscolo. Si guarda le bende che gli coprono i polsi e le mani fin sotto le nocche. Quando, finalmente, riesce a riprendere il controllo del suo corpo, apre la porta dello spogliatoio, fa qualche passo e si ferma in cima alle scale. La luce dei riflettori sul ring riverbera nel corridoio in penombra. Il brusio del pubblico cresce e cresce e cresce fino a diventare assordante. Lo speaker lo chiama ancora, ma Diego nemmeno lo sente, ha le orecchie piene delle voci del pubblico, compresi sua madre e i ragazzi della palestra di Ciampino. Diego suda e i battiti del cuore iniziano ad accelerare pericolosamente. Perciò rientra nello spogliatoio e si chiude dentro.

La paura è un’emozione dominata dall’istinto (cioè dall’impulso) che ha come obiettivo la sopravvivenza del soggetto ad una suffragata situazione pericolosa; irrompe ogni qualvolta si presenti un possibile cimento per la propria incolumità, e di solito accompagna ed è accompagnata da un’accelerazione del battito cardiaco e delle principali funzioni fisiologiche difensive. Una delle principali controffensive alla paura può essere la fuga. La paura è talvolta causa di alcuni fenomeni di modifica comportamentale permanenti, identificati come sindromi ansiose: ciò accade quando la paura non è più scatenata dalla percezione di un reale pericolo, bensì dal timore che si possano verificare situazioni, apparentemente normalissime, ma che sono vissute dal soggetto con profondo disagio. In questo senso, la paura perde la sua funzione primaria, legata alla naturale conservazione della specie, e diventa invece l’espressione di uno stato mentale.

(Wikipedia)

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Foto di Renata Romagnoli, tratta da internet[/caption]

Di Luisa è fermo sul ring. Sono passati cinque minuti da quando lo speaker ha chiamato Velardo. Freme, non vede l’ora di scaricare la tensione accumulata nei mesi di preparazione al grande evento.

Marcello Paciucci, il manager di Velardo, bussa alla porta dello spogliatoio, ma Diego non apre.

Passano altri dieci minuti, Di Luisa si spazientisce, inizia a pensare che si tratti di una commedia per fargli perdere la concentrazione.

Anche Massimo Ardu, l’allenatore che segue Velardo da una vita, tenta di convincerlo a uscire. Il manager e l’allenatore ci provano con le buone e con le cattive. Perdono la pazienza, ci sono in ballo soldi e onore, volano parole grosse, giudizi non sul pugile ma sull’uomo. Diego Velardo si sente solo, abbandonato anche da quelle persone, manager e allenatore, che costituiscono la famiglia di un pugile. Diego Velardo piange, chiuso nel suo spogliatoio.

Le cause dei disturbi d’ansia come gli attacchi di panico e il disturbo da attacchi di panico non sono completamente note, ma sono implicati fattori fisiologici e psicologici. Dal punto di vista fisiologico, tutti i pensieri e i sentimenti possono essere concepiti come risultanti da processi elettrochimici cerebrali; tuttavia ciò dice poco sulle complesse interazioni tra i più di 200 neurotrasmettitori e neuromodulatori del cervello, nonché sull’ansia e sullo stato di allarme normale e patologico. Dal punto di vista psicologico, gli attacchi di panico e il disturbo da attacchi di panico sono considerati una risposta ad agenti stressanti ambientali, come l’interruzione di una relazione significativa o l’esposizione a un disastro potenzialmente letale.

(Wikipedia)

Il pubblico fischia. La madre di Velardo ha un malore e deve essere accompagnata in ospedale. Non si può aspettare ancora. Suona il gong, Di Luisa è solo sul ring. Viene dichiarato vincitore per walk over. Alza le braccia al cielo, ma non sorride: è il campione italiano dei supermedi, ha centrato l’obiettivo, ma senza passare attraverso la lotta che per lui ha il sapore della redenzione dopo la caduta di due anni fa.

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Di Luisa conquista la cintura, senza combattere

Di Luisa conquista la cintura, senza combattere[/caption]

Quando Diego Velardo lascia il Palamalè, i riflettori sono spenti. Lo spettacolo è finito, c’è spazio solo per la notte, che finalmente entra dalle vetrate e copre il ring. Dall’indomani, per Diego, inizia il match più difficile, quello contro l’ombra nera che l’ha inghiottito prima di salire sul ring.

Sebastiano Iannizzotto Dopo un’adolescenza rovinata da Héctor Cúper, abiura il 4–4–2 e scopre il tridente. Gioca a rugby fino a 21 anni, in tutti i ruoli della mischia. Abbandona la palla ovale per dedicarsi alle lettere. Cerca la reincarnazione di Roberto Bolaño sui campi scalcagnati dell’America Latina. L’unico sport praticato adesso è la Rayuela. @SebaIanni

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