Forte e tenebroso — Viaggio al centro di Gabbiadini

Crampi Sportivi
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8 min readSep 29, 2016

Nel 1972 lo psicologo statunitense Albert Mehrabian condusse uno studio in cui analizzava la comunicazione non verbale (Non-verbal comunication). Lo studio interessò altre scienze sociali come quella della comunicazione, che suddivise questa forma di interazione in quattro componenti. Una di questa è la percezione aptica, un processo comunicativo che avviene tramite il contatto fisico: una delle forme più riconosciute è il “batti cinque”. Se esiste una ritualità gestuale più frequente sui campi di calcio dopo il segno della croce, è proprio quella del batti cinque, un gesto negato da Gabbiadini a Insigne, dopo la sostituzione contro il Bologna. Il numero 23 del Napoli subito dopo va a sedersi di fianco alla panchina per chiudersi in un emblematico silenzio. La perdita del senso del tatto può portare ad un deficit che renderebbe impossibile compiere le attività più comuni del quotidiano, come camminare, usare le posate o segnare con il piede sinistro. Un sociologo direbbe che Gabbiadini potrebbe essere vittima di un deficit simile.

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Sia quel che sia, tale deficit è, fuor di considerazione clinica, un atteggiamento quantomeno comprensibile se si immagina un limpido talento a confronto con la frustrazione della sua mancata espressione. Questo perché noi crediamo che Gabbiadini sia uno dei talenti più limpidi del panorama italiano che si scontra con la contingenza di essere uno dei giocatori meno espressivi visti negli ultimi anni. Talmente inespressivo da meritarsi l’onore del meme in quel mondo entropico che è il web.

Eppure niente impedisce di pensare che questo potrebbe essere un valore aggiunto, perché potrebbe spingere l’osservatore a scrutarlo più in profondità di quel che appare.

Manolo Gabbiadini nasce il 26 novembre 1991 a Calcinate ma vivrà a Bolgare, paese con poco più di cinquemila anime nella provincia bergamasca. Nasce a 15 km di distanza dal centro tecnico di Zigonia, quello dove l’Atalanta non sforna fenomeni ma buoni giocatori. Lo stesso vivaio che accoglierà Manolo dal 2003 al 2010, periodo intervallato da piccole parentesi col Palazzolo e Montichiari, sempre nelle giovanili.

Cittadella

Il debutto tra i grandi è con la Dea, ma la prima vera esperienza tra i professionisti sarà in B col Cittadella. Nel campionato di cadetteria del 2010/2011 colleziona 27 presenze e 5 gol (con una doppietta), facendo da spalla a Piovaccari. Nella sconfitta contro la Triestina, Manolo segna il gol del 3 a 2 definitivo, dipingendo quello che potremmo definire il “Gol alla Gabbiadini”. Ai tempi vestiva la maglia numero 32, lo stesso numero di Napoli ma all’inverso. La 32 si sa è la maglia dei bomber ma a Gabbiadini piace più giocare in spazi ampi, evitando le sgomitate negli ultimi 16 metri con i difensori avversari.

A Gabbiadini piace partire o ricevere da destra per accentrarsi e finalizzare col sinistro a giro

Ma sarà Bologna la città del destino per il giovane Manolo. Dopo l’anno al Cittadella il ritorno a Bergamo con l’Atalanta. Squadra del suo primo gol in A proprio contro il Bologna il 25 marzo 2012. I rosso blu sono la vittima preferita dell’attaccante con 5 reti in carriera. Nella partita di qualche giorno fa proprio contro la società emiliana, Gabbiadini ha vissuto l’apice emotivo del suo ciclo d’ombra, iniziato da quando gli è stato affibbiato il ruolo di vice Higuain. Con il Bologna, Sarri ha concesso la possibilità al suo 23 di partire titolare, per recuperare terreno nella concorrenza con Milik. La storia la conosciamo: al minuto 63 il bergamasco viene sostituito per dare il posto a Milik che in 11 minuti segna una doppietta e risolve la partita.

Dal gol al debutto in Serie A contro il Bologna a vent’anni, alla depressione sportiva di Bologna di qualche giorno fa, c’è un varco temporale dal 2012 al 2015, in cui è essenziale studiare le evoluzioni tecniche e emotive del giocatore.

Bologna: i primi sorrisi

Prima di aprire una delle principali sliding doors della sua carriera, il “Gabbia” viene acquistato dalla Juventus per 5,5 mln di euro: la Vecchia Signora mette gli occhi sul talento di Manolo ma non ci crede ancora del tutto, tant’è che lo gira subito in prestito al Bologna. È qui che Gabbiadini caccia la testa fuori dal sacco e scopre il sorriso anche in campo. Nel capoluogo emiliano Manolo trova anche l’amore, così la sua percezione aptica giunge al picco della praticità. Quell’anno Stefano Pioli dopo le prove generali di inizio campionato, abbraccerà l’idea del 4–3–1–2 col rombo: Diamanti trequartista che assiste i due attaccanti Gilardino e Gabbiadini, quest’ultimo così può svariare da seconda punta, il suo ruolo preferito. La variante disegnata da Pioli per quel Bologna era il 4–2–3–1 in cui Gabbiadini gioca largo a sinistra. Il risultato non si fa attendere e Gabbiadini, grazie agli spazi liberati dai movimenti di Gilardino, può esaltare le sue caratteristiche forti.

Dei 6 gol totali con i rosso blu, sarà proprio la rete contro il Napoli quella più da attaccante vero, dove Gabbiadini impatta un cross teso dalla sinistra, beneficiando di totale libertà in area perché la difesa segue Gilardino.

Pur di non somigliare troppo ad una prima punta, Gabbiadini snobba il tap in di piatto e segna di coscia?

Anche nel gol contro il Chievo fa intravedere i numeri dell’attaccante puro mentre fa a sportellate e chiude il duello fisico con un tocco da biliardo in caduta, ovviamente col sinistro. In questo caso è bravissimo a rientrare dall’evidente fuorigioco per attaccare la profondità sull’assist di Pazienza. Ma un attaccante deve saper segnare in mille modi, e Gabbiadini fa di tutto per portare la giocata esclusivamente sul suo piede forte.

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Il gol contro il Chievo, addirittura il sorriso durante l’esultanza dura 20 secondi

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I gol di Gabbiadini al Bologna e le esultanze col sorriso

Sampdoria: se per caso cambiasse allenatore, io mi sposto un po’ più in là

Per il secondo anno consecutivo, e siamo al 2013, il destino del Gabbia è in mano alla Juve che questa volta lo gira alla Sampdoria in comproprietà, stessa formula di contratto che i bianconeri hanno da poco risolto a proprio favore con l’Atalanta. A Torino la concorrenza è alta e tenere Gabbiadini potrebbe significare relegarlo in panchina, uno spreco per uno dei futuri talenti del calcio italiano. Allora Genova sponda Samp.

Nella nuova avventura, Manolo alla presentazione ufficiale è già meno espressivo, e il suo sorriso è più smorzato. Sorriso che non mancherà ai tifosi della Samp, soprattutto grazie al gol di Manolo nel derby della Lanterna su punizione, un gesto al quale l’attaccante ci abituerà e che probabilmente ha affinato nell’anno a Bologna con i consigli di un altro mancino d’oro: Diamanti.

Gabbiadini non segna molto, e anche questo è un segnale che suggerisce quale sia la sua vera posizione in campo, ma quando lo fa non sceglie mai vittime banali. Ai tempi di Bologna segna alla sua ex l’Atalanta, alla Samp punirà per l’ennesima volta il suo Bologna e la Juve, riproponendo al mondo il “Gol alla Gabbiadini”. Successivamente quando approderà al Napoli segnerà ovviamente al Bologna. Un ragazzo dal body language così intricato non poteva che avere un rapporto contorto con le sue ex.

Anche in blu cerchiato giocherà da seconda punta, affiancato da Eder nel 3–5–2 di Delio Rossi fino alla dodicesima giornata, quando la sconfitta contro la Fiorentina per 2 a 1 — in cui Gabbiadini segna — costa al tecnico l’esonero. Si insedia sulla panchina della Samp Sinisa Mihajlovic, profeta di un altro modi di giocare. Il serbo preferisce una sola punta in avanti che deve essere brava a far salire la squadra e a difendere palla per favorire gli inserimenti dei 3 giocatori alle spalle in un 4–2–3–1. Manolo giocherà largo a destra. In quella posizione di campo può compiere il movimento che preferisce: partite da destra per accentrarsi al limite dell’area e provare il sinistro a giro. La trasformazione definitiva avviene qui. Gabbiadini nasce come prima punta, ma dà il meglio come seconda punta o esterno offensivo, esalta meglio le sue doti.

In una stagione e mezza 47 partite e 15 gol in campionato. Dopo la prima stagione e il dodicesimo posto, il presidente Ferrero risolve a proprio favore la comproprietà con la Juve e la Samp è unica detentrice del suo cartellino. Il Gabbia però vestirà solo per altri pochi mesi il blu cerchiato.

Napoli: il paradosso del vice Higuain

A gennaio 2015, nel vivo della stagione, il Napoli è alla ricerca di un vice Higuain o forse cerca sostituti di qualità per Insigne e Callejon o forse cerca un talento di prospettiva. Sono i forse che preoccupano. Gabbiadini questo lo sa e la sua comunicazione non verbale alla presentazione ci fa intuire che qualche preoccupazione c’è. Quando arriva a Napoli l’allenatore è Benitez e, nei pochi mesi che rimangono in azzurro all’allenatore spagnolo, Manolo mette a segno 11 reti (20 totali in stagione), ma quella è un’altra squadra rispetto a quella che verrà nelle stagioni successive.

Il Napoli di Sarri è una squadra metodica e totalmente verticale, con un gioco sviluppato sulla fascia sinistra di Insigne e finalizzato sulla destra, quella di Callejon. Per sviluppare questo tipo di gioco è determinante l’apporto di un centravanti che diventi più metodico del suo allenatore. Una punta brava a compiere il movimento a fisarmonica tra i reparti. Un attaccante che sappia giocare con entrambi i piedi per premiare le incursioni esterne dei propri compagni da entrambi i lati. Per sfruttare i cross di Insigne e Ghoulam dalla sinistra, è utile un attaccante che prende sempre la posizione davanti al marcatore giocando di anticipo e andando incontro alla palla. Movimenti che stonano con il modo di giocare abituale di Gabbiadini.

Sarri appena arrivato a Napoli ha provato Insigne trequartista a supporto di due punte, ma i risultati sono stati mediocri e l’allenatore toscano ha così deciso affidarsi in pianta stabile al 4–3–3. Il Gabbia non ha mai giocato con quel modulo e alcune pecche del bergamasco iniziano a vedersi in maniera troppo frequente.

Non è un caso che Gabbiadini trovi la porta più facilmente quando entra dalla panchina e quando in campo c’è anche Higuain, che spesso e volentieri ha trovato lo scarico spalle alla porta sul numero 23 o che ha reso lo stesso compagno di squadra più libero da marcature preventive.

Anche qui, 3 giocatori su Higuain, mentre Gabbiadini parte qualche metro indietro trovandosi abbastanza libero.

Con la cessione del Pipita e il doppio delle responsabilità sulle spalle, Gabbiadini inizia a ricoprire il ruolo lasciato dall’argentino. Nulla di meno adatto per un giocatore che quando Hamsik ha necessità di appoggiarsi al reparto offensivo infilandosi tra le linee si trova troppo distante e isolato. Inoltre Gabbiadini ha il brutto vizio di intrappolarsi in mezzo ai due difensori centrali in fase di manovra offensiva dei suoi compagni. Difficilmente riesce ad attaccare gli spazi in profondità e il Napoli ne risente in imprevedibilità e intensità.

Anche nei cross Gabbiadini non ha i tempi per andare incontro al pallone ma si trova meglio ad inseguire le seconde palle.

Insigne porta palla e Gabbiadini potrebbe sfruttare il buca verso destra. Invece si inserisce a sinistra, intrappolandosi in mezzo a tre difensori. Finisce in fuorigioco e Insigne è costretto al tiro.

Al contrario, anche se non con la stessa qualità di Higuain, il polacco Milik riesce ad unire meglio i reparti quando il Napoli attacca.

Il paradosso di Gabbiadini è che può fare tutto, anche rendere grande il Napoli, ma non può essere il vice Higuain o il sostituto di una prima punta, perché Gabbiadini quando gioca aiutato da un attaccante puro si esprime nettamente meglio. C’è una speranza relegata alla prospettiva futura di un cambio modulo del Napoli. Se due indizi fanno una prova, Insigne provato trequartista nelle prime prove generali di Sarri e l’acquisto del giovane Rog, uno dei pochi, nell’attuale rosa degli azzurri, in grado di coprire il ruolo del fantasista nel 4–3–1–2. In quel caso ci sarebbe qualche speranza in più di vedere Gabbiadini giocare nel suo ruolo ideale. Nel frattempo Manolo è comunque tornato al gol con le sue forze, quelle che a dispetto delle sue espressioni sono tutt’altro che indecifrabili. La sua rete al Chievo è un gol alla Gabbiadini. The future is to dare.

Articolo a cura di Luigi Di Maso

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