Genealogia della “finalina”

Crampi Sportivi
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9 min readJul 12, 2014

La chiamano finalina. Come se fosse piccola e, quindi, insignificante. Scommetto una cosa: se facciamo un sondaggio e chiediamo a 100 persone chi ha vinto gli ultimi due Mondiali, mi gioco quello che volete che vi risponderanno Italia e Spagna. In molti, forse quasi tutti. Ma se gli chiedete chi ha giocato e vinto la finale per il terzo posto, probabilmente ci sarà il silenzio generale. Normale: il terzo posto non è considerato un momento di gloria. Forse alle Olimpiadi, non in un Mondiale. Tanto meno in un Europeo, dove la finale per il terzo gradino del podio neanche esiste. Però, rivisitando la storia qua e là, ci sono dei momenti di gloria che hanno segnato la storia di alcune nazionali. E lo hanno fatto proprio con una finale per il terzo posto. Dove si dice non ci si giochi più nulla. Ma ne siamo sicuri?

brasilia stadium
Il Mané Garrincha di Brasilia, scenario della finale per il terzo posto di Brasile 2014.

Stasera a Brasilia si gioca la finale per il terzo posto tra Brasile e Olanda. Certamente, è una delusione per entrambe, che puntavano ad altro dopo esser arrivate nelle fab four. Il Brasile è crollato nel Minerazo (qui spiegato in maniera quasi metafisica) e non ha avuto la forza di reagire dopo la tempesta perfetta di marca teutonica. Anzi, è sembrato quasi che Neuer volesse impedire un gol brasiliano perché il cappotto era più bello. La Germania voleva la perfezione, i verdeoro speravano solo nel fischio anticipato dell’arbitro. Se da una parte il Brasile ha preso più gol di quanti se ne siano segnati in tutti i quarti di finale (sette contro cinque: tanto per capirci), dall’altra l’Olanda ha rinunciato a essere quella miscela di organizzazione che coniuga fantasia e raziocinio, Robben e Martins Indi, l’insidioso e creativo Sneijder con il brillante e poliedrico Blind. Ha fatto catenaccio. E siccome dall’altro lato del campo c’era l’Argentina — non una squadra che gioca a pallone, ma “solo” una squadra che sa stare in campo — la partita che ne è venuta fuori è stata inevitabilmente brutta. I rigori hanno sancito la resurrezione di Romero: escluso da Samp e Monaco, ha fatto un Mondiale normale. Neanche paragonabile con quelli di Keylor Navas, Neuer o Howard. Ma volete mettere la gioia di mandare l’Argentina in finale dopo 24 anni parando due rigori? Sei santo a vita. E così van Gaal è pronto a impacchettare il gruppo per portarlo a Brasilia, sebbene né lui né Scolari abbiano la faccia giusta di chi si gioca una finale per il terzo posto.

fred ball
Essere o non essere: questo è il problema.

La chiamano finale di consolazione. Ma ci può esser consolazione per un Brasile massacrato a Belo Horizonte davanti ai suoi tifosi, nella peggior sconfitta mai subita? O per l’Olanda, che perde l’ennesima occasione della sua quarantennale storia di bel gioco? Così la memoria corre ai casi in cui questa finale non è stata affatto di consolazione, ma ha anzi aumentato i rimpianti. La Germania è un habitué delle finali per il terzo posto: ne ha disputate ben cinque. La prima risale al 1934 e forse ricorda la beffa delle beffe. Siamo nello scenario precedente alla Seconda Guerra Mondiale e a due anni dalle Olimpiadi di Berlino. In cuor suo, Hitler ha lo stesso obiettivo di Mussolini: la squadra deve far bene per dar lustro al regime nazista. Alla fine la spunterà l’Italia padrone di casa, mentre la Germania deve consolarsi con il terzo posto dopo la semifinale persa contro la Cecoslovacchia. I rimpianti rimangono anche nel 2006 e nel 2010. Ma se per lo meno in Sudafrica la nazionale è molto giovane e il terzo posto può considerarsi un buon risultato, la semifinale persa al Westfalen di Dortmund contro l’Italia rimarrà uno dei rimpianti massimi della storia del calcio tedesco. Così come nel 1970, quando gli azzurri battono i teutonici 4–3 ai supplementari in uno degli scontri più emozionanti della storia dei Mondiali. Certo, poi la Germania ha vinto tutte e tre quelle finaline, ma il rammarico resta.

Schweinsteiger, due gol e mezzo contro il Portogallo nel 2006.

Meno abituate alla finale per il terzo posto sono Francia e Brasile. Che vedono questa partita con due stati d’animo diversi. I transalpini l’hanno giocata per tre volte, ma quelle del 1982 e del 1986 porteranno con sé sempre un alone di tristezza per quel che poteva essere e non è stato. Prima di Zidane e soci, la miglior generazione del calcio francese è stata quella di Platini e compagni. Tigana, Tresor, Giresse, Amoros, Battiston, Papin. Ma per due volte — sia in Spagna che in Messico — è la Germania a negare la prima finale di un Mondiale a Les Blues. E pensare che nel mezzo la Francia ha vinto l’Europeo casalingo del 1984. Se per i francesi la finalina è un rimpianto, per i brasiliani è un disonore. Piuttosto che giocare una finale per il terzo posto, i brasiliani non scenderebbero in campo. E forse qualcuno ha avuto lo stesso pensiero per stasera. Però è capitato loro di doverlo fare per tre volte. Specie quella del 1938 — giocata e vinta contro la Svezia — è stata sempre vissuta come una grande vergogna. Anche perché il Brasile andò a quel Mondiale francese per vincere il titolo. Ma i brasiliani fanno l’errore di sottovalutare l’Italia campione del Mondo uscente. Leonidas, la star verdeoro, viene persino fatta riposare: tanto la finale è sicura. E invece no: 2–1 firmato Meazza e Colaussi, Brasile con la coda tra le gambe. Un po’ come stasera.

Anche noi abbiamo la nostra esperienza. L’Italia — strano a dirlo — è una formazione da tutto o niente: se arriva alle semifinali, è per andare all’ultimo atto. Infatti, l’Italia ha perso solo due delle otto semifinali mai disputate in una fase finale di un Mondiale. La prima fu ad Argentina ’78, con una delle nazionali migliori mai viste a un Mondiale. Prima l’Olanda si prende la finale, poi il Brasile ci consegna la medaglia di legno. Ma forse gli azzurri hanno perso quella più dolorosa dodici anni dopo: il Mondiale casalingo del 1990 è un enorme macigno per il calcio nostrano, che forse all’epoca ha la squadra più forte e più in forma tra quelle arrivate per la rassegna. Vicini e i suoi giocatori hanno anche il tifo dalla loro parte. O almeno finché si gioca all’Olimpico di Roma. Poi la semifinale al San Paolo di Napoli porta in dote l’Argentina di Maradona come avversario. Il primo errore di Zenga in tutto il Mondiale scava la fossa, le parate di Goycochea mettono il chiodo sulla bara. L’Italia vince la finalina per 2–1 contro l’Inghilterra al San Nicola di Bari, c’è un clima di festa. Ma forse — nella storia del nostro calcio — Italia ’90 rappresenta il cruccio più grande insieme all’Europeo del 2000.

Il gol di Baggio nella gara contro l’Inghilterra.

Per carità, non tutti piangono se arrivano all’appendice meno importante del Mondiale. Per alcune nazionali la finalina è il momento più alto della sua storia. Il Cile, che abbiamo apprezzato tanto in questo Mondiale, gioca la rassegna in casa nel 1962 e giunge terzo. Ancora oggi è il miglior risultato della nazionale cilena a una Coppa del Mondo. Lo stesso vale quattro anni dopo per il Portogallo. Oggi siamo abituati a CR7 che esce ai gironi, qualche anno prima Rui Costa e Figo sono i suoi compagni di squadra e ottengono il quarto posto nel 2006. Ma sopratutto nel 1966 è la Pantera Nera a dominare la scena. Eusebio ci ha lasciati quest’anno, ma le sue movenze e i suoi gol non possono esser dimenticati. La Polonia, oggi scomparsa un po’ dal radar calcistico internazionale, ha ottenuto due terzi posti nel 1974 e nel 1982: è l’epoca d’oro del calcio dell’est. Grzegorz Lato, non per niente, ha fatto dieci gol spalmati su tre edizioni ed è stato anche capocannoniere nel 1974.

Certo, poi ci sono degli exploit che onestamente non t’aspetti. E la cosa incredibile è che sono avvenuti in sequenza. A Usa ’94, la Svezia e la Bulgaria sono di gran lunga le rivelazioni del Mondiale. Da una parte un buon collettivo, dall’altra Hristo Stoichov che fa quel che vuole. Eliminate rispettivamente da Brasile e Italia, nella finalina hanno la meglio gli scandinavi, che vincono 4–0 a Pasadena. Credo sia anche uno dei pochi casi in cui lo stadio della finale è lo stesso di quello che ospita la finalina per il terzo posto. C’è un sacco di Italia: in quel Mondiale: Ingesson, Schwarz, Brolin, Thern, Dahlin e Kenneth Andersson fanno miracoli. In Serie A non riusciranno a ripetersi. Quattro anni dopo, tocca alla Croazia: primo Mondiale, terzo posto. Un risultato inaspettato, giunto dopo molte difficoltà a causa dello scioglimento della ex Yugoslavia di Tito. La squadra guidata da Blazevic è una dal maggior tasso tecnico del decennio: Jarni, Boban, Prosinecki. Tanto davanti c’è quel numero 9 che tra Arsenal e Real Madrid non sfonda molto (specie in Premier), ma che in nazionale trasforma in oro tutto ciò che tocca. Giocatori in forma come Davor Suker in quel Mondiale raramente se ne sono visti. Se la Croazia segna, lui è nel tabellino dei marcatori. E non fa eccezione l’11 luglio di 16 anni fa, quando il suo gol significa 2–1 all’Olanda e terzo posto conquistato.

Suker e il suo sesto gol al Mondiale ‘98.

Infine, la più incredibile delle finali per il terzo posto. Credo di non aver visto un Mondiale particolare come quello del 2002. Tante eliminazioni, sorprese a raffica, arbitraggi discutibili (noi e la Spagna ne sappiamo qualcosa). Se la finale è tra il Brasile e la Germania, la contesa minore vede sfidarsi Turchia e Corea del Sud. Nessuno c’avrebbe scommesso un euro prima del Mondiale, ma i sudcoreani sono arrivati fin lì. Merito degli arbitraggi? Sì, ma non solo. Guus Hiddink ha trasformato in organizzazione la corsa sfrenata degli asiatici: hanno fatto patire persino la Germania in semifinale. Dall’altra parte, un altro miracolo, ma a firma di Senol Gunes. I turchi sono tornati al Mondiale dopo 48 anni, ma riescono a portarsi a casa anche il terzo posto. La vittoria per 3–2 in quel di Daegu è il premio finale. Non solo: Hakan Sukur firma il record del gol più veloce in una gara della Coppa del Mondo. Il Toro del Bosforo batte Lee Woon-Jae dopo dieci secondi e otto decimi.

Una delle tante magie di Ilhan Mansiz. Qui una pazzia su Roberto Carlos.

Se poi vogliamo inquadrare l’incredibile di quel Mondiale, basti pensare alla figura di Ilhan Mansiz. Ha giocato due anni in nazionale, giusto il tempo di spararsi il Mondiale della vita. In quei venti giorni è inafferrabile: scherza Roberto Carlos, segna il gol ai supplementari dei quarti di finale che conclude la favola del Senegal e firma la doppietta che chiude la finalina, regalando il bronzo alla Turchia. A 33 anni si è riciclato: ora compete nel pattinaggio artistico. Insomma, anche le finali per il terzo posto possono regalare sogni, speranze, storie. Purtroppo non sarà così per Scolari e van Gaal. Basti pensare allo scenario attuale. Da una parte, Scolari aspetta la fine della partita per fare le valigie e dimettersi dalla nazionale. Per altro lo farà su pressioni della federazione brasiliana, che prima del Mondiale avrebbe voluto riconfermarlo. Dall’altra, l’importanza per l’Olanda della finale di consolazione l’ha data van Gaal dopo la semifinale con l’Argentina: «La finale per il terzo posto? Mi chiedo a cosa serva: è una partita inutile, e secondo me andrebbe abolita». Insomma, Louis l’ha presa bene. Ma chi può dire che la finalina sia un fallimento? Pensandoci bene, è come il test delle macchie di Rorschach. Lo scenario è davanti a voi, dipende cosa ci vedete dentro. Ecco, diciamo che Brasile e Olanda sicuramente non ci vedranno una vittoria.

Kuyt sarebbe capace di giocare alla morte una partita di calcetto sotto casa. Figuriamoci la finale per il terzo posto.
Kuyt sarebbe capace di giocare alla morte una partita di calcetto sotto casa. Figuriamoci la finale per il terzo posto.

Gabriele Anello è un presunto giornalista. La Roma ha Gervinho, l’Inter ha Jonathan, a noi è toccato lui @nellosplendor

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