Gianluca Basile, il supereroe semplice

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
Published in
12 min readApr 14, 2015

Illustrazione di Davide Traina

Luci spente. Non è ancora iniziata la stagione regolare di pallacanestro.
È l’ultimo appuntamento del consueto pre-campionato fatto di amichevoli più o meno prestigiose, test importanti per verificare le condizioni della propria squadra e capire soprattutto come gestire i singoli giocatori all’interno delle rotazioni. Non fa troppo caldo, nella vita puramente adolescenziale uscire durante la settimana è qualcosa di veramente trasgressivo ma concesso, se si parla di sport, se si parla di basket a Bologna diventa quasi un obbligo morale.
Cosa spinge un palasport, che da lì a pochi giorni vedrà una miriade di partite per diversi (tragici) mesi, a riempirsi con 5.000 persone? Una volta, qualche anno prima, andando dal macellaio Rino del quartiere San Donato, rimasi fermo per quasi due ore sopra una sedia. Sinceramente non capivo questa imposizione e tutto questa continua attesa per prendere della semplice carne che si poteva trovare ovunque. Mia Nonna, in seguito alle mie numerose lamentele — “ci sono i cartoni” -”voglio fare sport” — “giocare con i Lego”- “ho fame” — mi spiegò l’importanza della qualità nelle cose. Ovvero, fidarsi di qualcuno, sapere che il lavoro di costui porta quasi sempre a un buonissimo prodotto di qualità e quindi fare la fila, esser fidelizzato, arrivare a casa e dare da mangiare buona carne a un bambino di 10 anni come me. Io francamente non capivo, era per un ragionamento troppo complicato quello del singolo che può migliorare una collettività lontano dal mio modo di vedere la vita. Poi entrando in casa ormai sfiancata dalle mie continue domande, per farmi capire il tutto con estrema sintesi, preso le action figures di Batman e di Superman. “Ecco, il macellaio Rino è proprio come loro, aiuta le persone proprio come fanno questi due cose nelle loro città” — da lì, fu tutto chiaro e andare da Rino un modo naturale per esser meno egoisti, soprattutto nell’età in cui non ti poni domande e/o pensieri sul prossimo. Al Paladozza di Bologna le luci continuano a essere spente, c’è qualche secondo di silenzio assai strano da queste parti, in campo due squadra, una si chiama Fortitudo, gioca in casa ed è sostenuta da tutti i tifosi, l’altra Barcellona, dove gioca Gianluca Basile, il supereroe della maggior parte dei tifosi della squadra di casa. Il silenzio, il buio e quei 5 secondi che precedono la proiezione di questo video, sembrano eterni, strazianti e quasi ci sentiamo piccoli e soli, come se fossimo seduti in coda dal macellaio.

Il “morso del ragno” e Reggio Emilia

L’essenza del giocatore e dell’uomo, ma pure del supereroe Gianluca Basile proviene dal suo paese di nascita ovvero Ruvo di Puglia, in provincia di Bari. Il momento esatto dove si forma il giocatore è all’età di 14 anni quando decide di lasciare la scuola e inizia a lavorare ogni giorno nell’azienda agricola di famiglia. Lavoro e basket, disciplina ed estro, spazio e tempo. Un mantra che si ripeterà nei momenti decisivi della sua carriera all’interno di partite risolte proprio da quell’esperienza. Come se quei 3 anni di lavoro e sport nella provincia del Sud Italia a fine anni Ottanta siano stati il morso del ragno per Peter Parker poi diventato Spider Man. La formazione mentale e fisica procede e finalmente arriva la chiamata di Reggio Emilia per far parte del settore giovanile. Esordisce in prima squadra nella stagione 95–96 a 20 anni.
Al suo primo anno tra i professionisti raggiunge la finale promozione con un personale 40,5% dal campo nei tiri da tre punti con 5 punti di media e 17 minuti in campo. Mancava poco e il ragazzo sarebbe esploso, ma in molti già si accorsero di lui a livello nazionale. Ancora A2 ma subito convocazione in nazionale, precisamente il 30 dicembre 1996 a Livorno. Italia vs North Carolina University. Quell’anno Reggio Emilia ottiene la promozione, Gianluca Basile raddoppia i minuti in campo e triplica i punti segnati, con l’emblematico 68,7% nel tiro da due punti a fine stagione. Per qualcuno, è già fuori categoria:

Finalmente non mi devo più svegliare all’alba per andare a lavorare nei campi!

Durante la permanenza a Reggio Emilia, a causa di un quadro societario non proprio limpido, Gianluca Basile decide e ottiene un provino per Varese allenata da Edoardo Rusconi. Nonostante il buon risultato, il reparto sembrava già al completo grazie a Pozzecco e Meneghin con quest’ultimo che si rifiutò di affrontare Basile in una sfida uno contro uno, leggenda vuole che il prossimo supereroe Italiano rispose così — “Disse che non ne aveva voglia, ma forse temeva che gli avrei fatto il culo…”. In serie A con la maglia di Reggio Emilia, Gianluca Basile inizia a macinare punti e prestazioni convincenti. Ottiene una salvezza giocando 34 minuti, con 14 punti di media, rubando quasi 3 palloni a partita. A fine anno arriva il primo palcoscenico importante grazie alla convocazione per i Mondiali in cui l’Italia male non farà, arrivando al sesto posto finale. L’estate seguente, i corteggiamenti iniziano a diventare serrati, anche se la decisione sarebbe stata tra la Virtus Bologna e la Fortitudo Bologna, due squadre della stessa città, che hanno una storia morale ben diversa ma che sono accomunate dall’obiettivo di vincere. Seguono chiamate su chiamate, il filo diretto con il padre che ha sempre creduto in lui, ma seppur la decisione sarebbe stata semplice sulla carta, Basile decide di fare la sua scelta. Forse ignorante, istintiva ma anche priva di spazio e di tempo, dato che mancava davvero poco al termine della finestra di mercato. Sarà Fortitudo, sarà una grande storia d’amore.

Per amore solo per amore

Basile arriva in punta di piedi, cerca di comprendere l’ambiente e partecipa alla drammatica sconfitta in semifinale scudetto contro Treviso a gara 5. 23 minuti, uomo di rotazione, 6 punti di media, le prime 15 partite in Fortitudo tracciano il seguente bilancio. L’estate del 1999 è quella della svolta. La consapevolezza del giocatore cresce e di conseguenza anche il tempo e lo spazio. A 24 anni Basile vince l’Europeo in Francia e si prepara a ritrovare buona parte dello stesso nucleo nella squadra che darà il primo scudetto nella storia alla Fortitudo. Nell’anno del tricolore Gianluca Basile — al fianco di Carlton Myers, Giacomo Galanda, Gregor Fucka diventa titolare, realizza quasi 10 punti di media in 30 minuti a partita. Quella squadra, tra playoff e regular season gioca 40 partite vincendo 36 volte e perdendo solo 4 incontri. L’anno successivo, nell’ambiente campione d’Italia si inizia a mormorare di un possibile addio del capitano Carlton Myers e mentre la Virtus Bologna vince tutto (Eurolega, Coppa Italia e Campionato) Basile prende per mano la squadra, e nonostante la sconfitta in finale scudetto chiude la stagione con oltre il 40% nel tiro da tre punti; segna 90 triple, arriva a 13 punti di media raddoppia i suoi sforzi e strappa la leadership della squadra a tutti. Diventa beniamino e icona per il suo modo di risolvere le partite, per come gestisce i momenti più difficili e per come continua perpetuo a difendere con il sedere per terra senza doversi prendere nemmeno un tiro inappropriato. Cresce la maturità e l’addio di Carlton Myers lo promuove a capitano, anche se l’ambiente può ritenersi vuoto e lo spazio immenso, la Fortitudo vince la regular season e perde in finale scudetto contro Treviso. La maledizione prosegue, Basile però vuole vincere tutto.

Genesi del Tiro Ignorante

Succede che per due anni consecutivi Fortitudo e Cantù si affrontano nei playoff scudetto. In entrambi i casi vincerà la Fortitudo che poi andrà in finale perdendone due consecutive. Succede che durante i Quarti di Finale in gara 3 a Cantù nella primavera del 2003, sul punteggio di 1–1 nella serie, durante gli ultimi 30 secondi di quella partita, il basket non riconobbe il fallo sistematico. Nessuno decide di fare fallo su Tyson Wheeler e lui impatta la partita sul 79–79 pari con una tripla fuori dal comune. Jasmine Repesa si presenta in panchina su tutte le furie, l’ordine del fallo sistematico dopo la penetrazione con fallo di Delfino era chiaro. Da quel momento seguono una serie di tiri senza alcun senso tattico ma presi con una buona coscienza della situazione una dose di ignoranza cestistica capace di entrare nei libri di storia. Finita la partita, poi vinta agevolmente dalla Fortitudo con un supplementare senza storia, Basile si avvicinò al microfono e come spesso è accaduto in carriera, dalle sue parole derivano grandi responsabilità:

“Sì, Repesa mi aveva chiesto il fallo — ammette Gianluca — ma io ho fatto di testa mia e non ho detto niente a Guyton. In quei momenti, hai il 20% di possibilità di segnare da 8 metri, con le mani in faccia. E´ andata male, bravo Wheeler che ha messo un tiro impossibile. Ragionandoci sopra, poi, non è automatico che facendo fallo vinci. Comunque siamo stati bravi a chiuderla, con due tiri di assoluta ignoranza, mio e di Pozzecco”. “Credo che a questo punto e a questo livello devi giocare, senza pensare troppo: se ti senti di tirare, prendi e tira”. (La Repubblica)

Estate 2004, la Nazionale

Non è chiaro e risulta per nulla interessante capire se Gianluca Basile è stato il primo, secondo, quarto o tredicesimo giocatore più forte che abbiamo avuto nella storia del basket Italiano. Sicuramente negli ultimi 20 anni è quello che più ha dato alla Nazionale Italiana. Durante la stagione 2003–2004 si fanno insistenti le voci di un possibile ritorno di Carlton Myers in nazionale, Basile reduce dalla medaglia di bronzo ottenuta agli europei della stessa estate e in vista delle olimpiadi di Atene ci tiene a precisare — Carlton lo sa e l´ha detto. Ha la precedenza il gruppo di Svezia, compresi quelli rimasti a casa: Carraretto, Abbio, Meneghin. La porta non è chiusa per nessuno, ma nessuno deve pretendere. Joel vorrebbe vedere il papà ad Atene? Perché abbiamo vinto una medaglia, ma se fossimo andati fuori con la Bosnia… — non segue altra dichiarazione, nemmeno alla risposta di Carlton Myers — Sono rimasto colpito dalle dichiarazioni di un giocatore che per colpire me ha tirato in ballo mio figlio. Gli consiglio di pensare soltanto a tirare la palla nel cesto, perché fare entrambe le cose è lontano anni luce dalle sue possibilità. Entrato in punta di piedi nel gruppo che vinto gli europei 1999, capace di portare l’Italia al Bronzo quattro anni dopo ottenendo la qualificazione per i giochi olimpici, il 2004 diventa l’annata dei record, quella della finale di Eurolega persa dalla sua Fortitudo contro il Maccabi (dopo averla trascinata così nella final 4), e la definitiva consacrazione per un giocatore che ha sempre preferito i fatti alle parole, lasciandosi scappare poche dichiarazioni ma pur sempre consapevoli, proprio come il tempo, lo spazio e i super poteri.

Quante volte Lebron James non è riuscito a marcare nella sua carriera? Tra 10 anni, quando smetterà definitivamente e passerà le giornate nella sua villa bellissima con tutti i trofei vinti, quanti giocatori gli verranno in mente? In una notte che anticipa le Olimpiadi, diventata ormai un cult nell’opinione pubblica sportiva Italiana (pure la Gazzetta ogni anno ci scrive un articolo e forse porta pure sfiga) Gianluca Basile prende la sua squadra, quella difesa e costruita nel tempo, priva di quelle star NBA contemporanee, e schianta gli Stati Uniti. Lebron James non riesce a marcarlo e Basile continua a segnare, prendendosi lo spazio e il tempo necessario per incantare il mondo. Lo stesso mondo che rimane fermo ad assistere alla scalata della Nazionale Italiana durante le olimpiadi, che parte non con il solito clichè della vittoria ogni partita, perde con la Spagna e la Serbia, batte Argentina, Nuova Zelanda e Cina. Ai Quarti di finale Basile inventa 18 punti contro Porto Rico, poi in semifinale si prende gioco della Lituania e infine sappiamo tutti com’è finita questa storia e quali siano gli eroi di quell’impresa (Argento Olimpico), ma in tutto ciò persiste l’idea che Gianluca Basile non è stato solo l’uomo necessario per fare canestro durante la partita, ma bensì amalgama perfetta di quel gruppo e collante necessario per tutti coloro che indosseranno questa maglia in futuro. Perchè tutto sommato, è sempre una questione di tempo e spazio, sempre una questione ignorante:

La sintesi di Gianluca Basile

In tutto quello che è stato scritto e verrà scritto sul Gianluca Basile giocatore, ho sempre trovato in lui una sintesi ingenua. Ho vissuto il giocatore da ragazzo incosciente ma pur consapevole dell’importanza del macellaio o del panettiere di quartiere della città, e non mi sono mai permesso di poter giudicare l’uomo perchè non ho potuto viverlo da vicino in un’età da spirito critico. L’immagine più reale e tangibile che ho di lui appartiene alla serie finale scudetto del 2005, Milano contro Fortitudo, ma soprattutto Basile contro i suoi mostri. È vero, qualcuno in musica diceva che ci sono paure che non possiamo confessare nemmeno a noi stessi, e forse durante quelle settimane pure lo stesso Basile non poteva che rendersi conto di iniziare a perdere peso, per via dei continui allenamenti che andavano paralleli per intensità con la paura di perdere, ancora una volta sul più bello. Si arriva a gara4, la Fortitudo ha l’ultimo possesso per poter vincere il secondo scudetto della sua storia. Palla a Basile, quello con i superpoteri che in quei secondi appare così umano, stanco e affaticato. Guarda avanti, chiude il palleggio, le persone a marcarlo sembrano 50, lo spazio e il tempo praticamente non esistono più si sono fermati anche loro, avviene il passaggio per Ruben Douglas che tira e segna. Segue una lunghissima preghiera, la commozione, una festa infinita e un altro titolo da mettere in bacheca. Eppure non finisce qui, e in fondo tutti lo sapevamo…

Barcellona e il tetto d’Europa

Gianluca Basile nel dolore generale del popolo Fortitudo, lascia la squadra Bolognese. La nuova sfida si chiama Barcellona e l’obbiettivo è quello di alzare sempre di più l’asticella, ora si punta all’Eurolega. L’arrivo è sempre in punta di piedi, perchè nelle sue esperienze è sempre stato così. Arrivare nel silenzio, iniziare a comprende l’ambiente, sistemare un paio di cose e poter sprigionare energia per la casacca indossata come se fosse ancora nei campi con Papà, come se non ci fosse alcun tipo di struttura (vedi interviste, fotografie, figurine) da dover preservare. La semplicità di provincia, la genuina Ruvo di Puglia è pronta a sedersi sul tetto d’Europa.

I primi due anni vince una Copa del Rey, poi nella stagione 2008–2009 finalmente il campionato Spagnolo, dove risulta decisivo, ancora una volta, privo di spazio e tempo ma con i super poteri. Ormai pure in Spagna hanno capito che quando conta bisogna dare la palla a lui. L’Eurolega diventa importante, a 35 anni non c’è più una decade davanti da protagonista e i minuti dovrebbero iniziare a diminuire insieme ai, così come i tiri presi, ma quel tempo non è ancora arrivato. Il giocatore Gianluca Basile ha sempre capito quand’era il momento di andarsene, ma anche l’attimo in cui bisognava mettersi a servizio della squadra. Così arriva il titolo nella stagione 2009/2010, in finale contro il Maccabi, che 6 anni prima aveva rovinato sul più bello la festa (della sua) Fortitudo. Per Basile, è tempo di saluti, ma prima, nonostante diversi infortuni, vince il campionato 2010/2011 in maglia Barcellona. Per finire la carriera bisogna tornare in Italia, alle origini, proprio dove il ragno ti ha morso.

I saluti finali?

Arriva a Cantù con quasi 37 anni da compiere. Per molti, e in Italia siamo molto bravi a dare per spacciati i giocatori, quest’esperienza sarà poco più che una passerella, eppure dimenticano la forza ma soprattutto l’essenza di questo giocatore. Saper leggere le situazioni, entrare in punta di piedi e dare un contributo collettivo a un sistema che può avere bisogno di te, in quell’esatto momento. Strano ma vero, proprio laddove nacque il tiro ignorante, nel luogo vittima preferita del giocatore, teatro di mille sfide con un’altra casacca addosso. Però a Cantù, Basile ha lasciato un segno indelebile, valso persino un posto nelle magnifiche 16 d’Europa:

L’annata a Milano rappresenta il punto più difficile della carriera, in un luogo dove per anni non è esistito il concetto di squadra da costruire per vincere. Basile resta una stagione, dopo aver salutato Cantù, e pensa al ritiro, visto che la carta d’identità vira verso i 39 anni. Ci voleva Pozzecco, compagno storico, amico ma soprattutto allenatore di Capo D’Orlando per rimetterlo in piedi, ritagliarsi un posto nella sua squadra e ottenere una promozione, una straordinaria promozione, sempre da protagonista nel momento giusto:

Basile nell’immaginario comune

Perché Smettere? Perché non è più il mio basket, perché non c’è più l’idea che si giochi a pallacanestro, perché l’80% dei canestri è frutto d’invenzione e estemporaneità, non più di schemi e di gioco di squadra, perché la scuola europea sta tramontando soppiantata da quella americana.

Con queste parole, qualche settimana fa Gianluca Basile annuncia il suo ritiro dal basket giocato. Parole che hanno trovato solamente applausi e attestati di stima ma nascondono uno spunto di riflessione sul cambiamento del gioco, diventato sempre più fisico e meno collettivo, americano e non europeo. Parola che faranno discutere fra qualche tempo, simbolo di un pensiero che si è sempre tramutato nei fatti del giocatore. Ricordate lo spazio e il tempo da ritagliarsi? Esatto, proprio quel momento in cui c’è bisogno del singolo al servizio di una squadra e non sempre va creato ma bensì costruito. Gianluca Basile nato a Ruvo di Puglia il 20 Gennaio del 1975 ha compiuto 40 anni, nella sua carriera ha sempre rilasciato poche dichiarazioni da prima pagina e la maggior parte dell’Italia generalista non sa nemmeno di chi state leggendo da 20 minuti a questa parte. Nell’epoca dove il basket è diventato un brand fortissimo, e dove i protagonisti Italiani oltre oceano si fanno rispettare, vincono titoli, ottengono sponsor e contratti milionari, Gianluca Basile è forse l’ultimo baluardo della scuola Europea, ma soprattutto è il grande pilastro della nostra nazionale di Basket. Un giocatore che ha dato molto di più a noi, rispetto a quello che si sarebbe meritato. Gianluca Basile si è messo al servizio di una causa, senza dover andare in televisione e senza esprimersi in interviste dalle mille condivisioni. La fine come l’inizio, in punta di piedi. Ma sempre con lo spunto per farci riflettere e crescere, magari trovando il nostro tempo e il nostro spazio al servizio di tutti.

--

--