Gli 8 secondi in cui Lilian Thuram si convinse di essere Usain Bolt
Lilian Thuram è stato uno dei 3–4 difensori più forti che il nostro campionato abbia visto, eppure in 10 anni di carriera in Serie A ha messo a segno solo due reti: una con la maglia del Parma e l’altra con la maglia della Juventus.
La stagione in cui scelse di siglare il suo secondo centro fu quella 2002–2003, memorabile per il calcio italiano, in cui le tre grandi squadre nel nord sarebbero finite tra le prime quattro d’Europa, e Juventus e Milan in particolare si sarebbero contese la Champions League in una finale tutta italiana all’Old Trafford. Si tratta di un’annata che porto nel cuore perché, nel mio piccolo, trovavo che anche la maturità classica avesse grandi orecchie, e al termine della stagione a me sarebbe toccato sollevarle.
Sei mesi prima di quella finale storica, in una notte di novembre al Delle Alpi, la Juventus deve battere i rossoneri per superarli in classifica e andare a un solo punto dall’Inter capolista.
Al 21esimo la squadra di Lippi ha la palla buona per il 2 a 0. Un corner del Milan si infrange sulla difesa bianconera, gli ospiti perdono palla e Del Piero fa ripartire un contropiede 3-contro-3, che a sorpresa, dal nulla diventa un 4-contro-3.
Sì, perché Lilian Thuram ci mette 8 secondi a fare capolino nel teleschermo e a tagliare tutto il campo sulla fascia destra, con un fervore e una prepotenza che ricordano quelle, odierne, del ben più pomposo Bale. Il difensore francese riceve palla, la sistema sul destro, e fa partire un diagonale che trafigge Abbiati.
L’esultanza è quella, sobria, di chi sornione ha fatto un’opera di alterazione delle probabilità mentre tutti sonnecchiavano.
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