Guida Completa al Fantacalcio 2016–17 — Ep 02 — Esotismi

Crampi Sportivi
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9 min readAug 19, 2016

Gazzetta era un compagno di classe preciso. Eravamo nella stessa scuola dalle elementari: già li le sue doti di leadership si erano fatte preponderanti. Aveva proposto un nuovo gioco, basato tutto su quanto e come i giocatori dovessero rendere con i numeri in base alle partite di campionato. Li avevo lasciati lì, perché avevo difficoltà con somme e sottrazioni e preferivo disegnare i calciatori piuttosto che vederli sgambettare. Col tempo, Gazzetta, eletto a rappresentante degli studenti, aveva messo su un sistema ancora più innovativo: i calcoli difficili potevano essere fatti dal suo supercomputer e i risultati elaborati da non so quale professore amico di suo padre. Iniziai a giocare a quel gioco perché sostanzialmente ci giocavano tutti e il mood mi piaceva ma erano due le cose che non tolleravo, che cozzavano contro il mio idealismo adolescenziale:
1) Che Gazzetta fosse assolutamente accentratore e ponesse lui le condizioni sul giocatore: il sistema era solo fintamente democratico. Uno cullava l’opportunità di veder sbocciare il giovane talento sudamericano prelevato a costo zero da una conceria di Lima e si ritrovava bruciato in partenza, sia dalla valutazione bassa sia dalla mancanza di hype, cosa che portava i compagni di gioco a impartire severe “spacca mutande” a scopo pedagogico nel momento in cui chiamavi Gagliolo del Carpi.
2) Che poi alla fine dipendessimo tutti dai suoi capricci: come deus ex machina aveva collaboratori illuminati, rettiliani che scrivevano da luoghi lontanissimi come Roma o Milano. Giudici in terra del bene o del male, potevano fregarti con i propri capricci, inventando assist e elargendo autogol.

Mettete in pausa sulla scritta “Personalità” se volete cambiare la vostra vita.

Ho visto le migliori menti della mia generazione bruciate da un assist di Britos, evento randomico come il passaggio della Cometa di Haley, dopo una carambola non dichiarata in aeree di rigore di partite inutili, se non per le nostre aspettative. O forse, più semplicemente, è un altro il motivo per cui odio Gazzetta: era il primo anno di liceo, si avviava chino verso di me che stavo finendo un tema. Aggiustò gli occhiali e fece scivolare nel mio astuccio una figurina, si girò e disse:” Occhio a questo Pabon, mi sa che è il colpo che ti fa vincere il campionato”. A distanza di anni mi chiedo ancora se fu malizia o ingenuità, ma da allora di Gazzetta e dei suoi consigli non tendo a fidarmi.

Secondo fantastico episodio della nostra guida, dall’evocativo titolo: ESOTISMI
( il primo potete facilmente recuperarlo qui)

Leggenda narra che sommando i chilometri di andata e ritorno che separano l’Italia da un giocatore che arriva da molto lontano (con molto lontano che è una unità di misura variabile perché ad esempio Buenos Aires è molto lontano, ma anche Kazan è molto lontano. Madrid non è molto lontano ma Bilbao si) e dividendo la somma per i crediti che costa il suddetto giocatore nel listone, otterrete un numero che se incluso tra 120 e 160 rappresenta una assicurazione sulla validità dell’investimento. Esotismi vi prende per mano e vi conduce nel magico mondo del giocatore sconosciuto che solitamente non mette mai piede in campo o che a fine stagione viene venduto per 5 milioni dal Genoa di Enrico Preziosi.

Gerson Santos da Silva di Francesco Zani

Vanta alcuni featuring con Tyler The Creator. Fucking Young!

Gerson, 10 crediti, attaccante: un giocatore da non comprare perché probabilmente troverà poco spazio, che costa troppo e occupa uno slot del reparto avanzato, ma che Spalletti sta provando come mezzala. Non c’è nemmeno un motivo valido, razionale e plausibile per comprare questo brasiliano magrolino e aspettare di schierarlo in un freddo turno infrasettimanale di gennaio nella nebbia di Sassuolo quando tutti gli altri centrocampisti della Roma saranno infortunati.
Giocherà poco, avrà sprazzi terribili di saudade e presto sulle radio romane si parlerà di lui spaccato di alcool in qualche localaccio dell’EUR. Eppure Gerson è uno dei più forti 1997 in circolazione e la Roma lo ha strappato al Barça per quasi 17 milioni di euro. Su Twitter ha postato una foto con lui e la maglia numero 10 della Roma, scatenando le ire di una tifoseria un filino sensibile alle sorti e alla venerazione per chi di quella maglia è il padrone assoluto (“Gliela ho spedita io!”, ha provato a salvarlo Sabatini).
Nel Fluiminense ha giocato 31 partite mettendo a segno una rete, la Roma l’ha comprato sei mesi fa, lui pare abbia rifiutato un prestito a Frosinone lo scorso gennaio e se ne sia tornato in Brasile, visto che i giallorossi avevano finito i posti per gli extracomunitari.
Insomma: prendete Gerson giusto per averlo voi e non lasciarlo agli altri, come quegli oggettini inutili che vostra madre tiene sulle mensole del salotto dopo aver bruciato in anticipo le amiche al mercatino estivo. E perché se esplode potrete parlarne per sempre. “Oh, ma io Gerson l’ho preso al Fantacalcio quando non se lo filava nessuno”.

PS Il Corriere dello Sport prima ne parlava tutti i giorni, adesso ha smesso. Magari Gerson è forte davvero.

Simeon Tochukwu Nwankwo, o Simy, di Francesco Saverio Balducci

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Giocatore simpatia di questa stagione.

Athens, Stato della Georgia.
Semifinale del ventiduesimo torneo olimpico di calcio, quello di Atlanta 1996. Il Brasile è in vantaggio sulla Nigeria per 3–2. È praticamente fatta, mancano pochi secondi allo scadere. Okocha batte una rimessa laterale nei pressi dell’area verdeoro, Fatusi arpiona il pallone e in scivolata serve in verticale Nwankwo Kanu: spalle alla porta, si alza leggermente la sfera e, in girata, batte Nelson Dida. Sarà lo stesso giocatore dell’Inter a siglare il decisivo golden goal nell’extra-time, valido per l’accesso alla finale.

In quel 31 luglio, all’età di quattro anni, un altro Nwankwo era davanti alla televisione (o alla radio) a fare il tifo per i suoi compatrioti. Simy, neoacquisto del Crotone, ricorda morfologicamente l’attaccante ex Inter, Arsenal e Ajax.
Alto 198 centimetri ma longilineo, gioca da centravanti boa. La tecnica è ancora acerba, ma possiede un buon fiuto del gol e discrete doti in fatto di protezione della palla e gioco aereo.
Tra lui e la formazione titolare sembra esserci di mezzo soltanto Raffele Palladino, dato che i calabresi non hanno investito, fino ad ora, su un’altra punta durante il mercato estivo. Il compito di sostituire il tanto acclamato Budimir non sembra, però, dei più semplici.

Sarà il giocatore di movimento più alto del nostro campionato e il titolo di capocannoniere della Seconda Divisione portoghese ottenuto con il Gil Vicente (20 gol in 43 presenze) lasciano intravedere l’ipotesi di un colpo low-cost. Il sesto posto nel reparto “attaccanti” potrebbe essere la sua giusta collocazione.

Bryan Cabezas di Sebastiano Bucci

I due badanti di mio nonno erano dell’Ecuador. Parliamo dei primi anni 2000, quando ero un saccente bambino che divorava info e stats e subiva un naturale processo di fascinazione per l’esotico. Rimasi ammaliato quando uno dei due mi disse che esisteva un altro Barcellona, ma giocava a Quito, una capitale arroccata per me tra altezze inenarrabili, da piccolo Salgari in fieri.

Per dire che quando avevo una concezione di calcio già affermata, l’Indipendiente del Valle annaspava nelle ultime serie del calcio ecuadoriano e legami tra l’Italia e l’Ecuador erano lontani a vedersi. Dopo 16 anni tutto si è rovesciato: El Negriazul ha stupito tutti, arrivando fino alla finale di Copa Libertadores. Ed è subito iniziata la caccia ai suoi talenti: dopo il centrale Mina ( che ha salutato in direzione River Plate) è stato il turno di Bryan Cabezas.

19 anni, esterno di sinistra, è uno di quei giocatori che alla Bombonera ricorderanno per un pochino, visto che è stato autentico mattatore del doppio confronto che ha mandato a casa Tevez e soci in semifinale.

Vi piace un dribblomane con buoni margini di crescita e che in prospettiva può far bene con uno come Gasperini, che da sempre ha dato un gioco brioso alle sue creature? Puntate qui le vostre fiches, che siano giuste e senza esagerare col gioco.

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(Può creare dipendenza patologica, per istruzioni e dettagli sull’uso consultare il proprio farmacista)

Adalberto Penaranda di Michele Garribba

Sei stai pensando anche tu a Samir Nasri allora dovresti guardare più spesso la Premier League o contattare un oculista.

Mi sento in dovere di scomodare una frase molto sdoganata ma anche estremamente aderente al vero: “Chi dimentica è complice”.
Ora, prendiamo questa frase ed inseriamola in un ambito quale il fantacalcio e contestualizziamola nella realtà Udinese Calcio. Io non mi sono dimenticato del 23 settembre 2012: c’è stato un Udinese — Milan alla quarta giornata di campionato. Al minuto ’40 è successo qualcosa che ha preso dimora fissa nella mia mente dato che in quello stesso momento mi ha decisamente turbato e dato pensieri per le successive ore: al 40°, con una spizzata di cranio (non di testa, di cranio), ha segnato Mathias Ranégie.
Io avevo finito l’asta da qualche giorno ma avevamo una giornata di mercato e la possibilità di prendere un giocatore non assegnato in sede d’asta, quindi “svincolato”, al prezzo della quotazione. Io potevo acquistarlo. Ho riflettuto ore ed ore sull’acquisto di Ranégie o meno; del resto soltanto un mese prima aveva siglato il primo gol in Serie A un certo Maicosuel quindi ero pronto davvero a tutto. Ma poi ebbi la lucidità di capire che con l’Udinese tutto è possibile e compresi che, per quanto riguarda il fantacalcio, sono davvero poco propenso a prendere dei rischi, anche se hanno percentuale di fallimento molto bassa.
Io non sopporto avere giocatori totalmente inutili in rosa, preferirei averne meno piuttosto. Quest’anno a Udine è sbarcato Penaranda, un centravanti venezuelano di proprietà del Watford, guarda un po’. Si chiama Adalberto… I suoi numeri e le sue caratteristiche, anche considerando che non ha nemmeno 20 anni, non fanno neanche sperare male: l’anno scorso con il Granada (guarda un po’) ha segnato 5 gol in 23 presenze. Però si chiama Adalberto… Potrebbe essere una discreta sorpresa di questo campionato, ma anche no. Del resto si chiama Adalberto. Io, per quanto mi riguarda, mi chiamerò fuori da tutto ciò, anche perché al primo anno di fantacalcio ho comprato (e schierato più volte) Santiago Silva, quindi mi basta. E come se non bastasse: io mi ricordo anche Gabriel Torje…

Hernan Toledo di Massimiliano Chirico

Il Club Deportivo Maldonado è una squadra bellissima: la allena Nelson Abeijon, Abe per chi ricorda i suoi trascorsi a Cagliari, ma la peculiarità è nascosta nei giocatori presenti in rosa prima di questa finestra di mercato, tra cui spiccano Jonathan Calleri che è andato al West Ham, Geronimo Rulli che è ora al Manchester City e infine Hernan Toledo.
Il CD Maldonado sembra una squadra finta perché Toledo è arrivato un mese fa dal River ed è stato girato subito alla Fiorentina in prestito, come è successo a Calleri. Ma Hernan è giovanissimo, un cucciolo d’uomo a Firenze.
Ha preso il numero 11 che nella numerologia italiana è una bella onoreficenza e forse per questo la sua fanta-quotazione si è assestata a ben 6 crediti. Vent’anni, alle dipendenze di un fondo di investimenti e sparato nel centrocampo-bolgia della Fiorentina di Pantaleo Corvino: a far due conti entrerà in una profonda crisi psicologica alla terza giornata eppure gli esperti del settore ne parlano un gran bene, lo definiscono un esterno di fascia destra e sinistra dal passo svelto.

Caniggia, Ortega e Di Maria sono stati i paragoni buttati lì, qualcuno fa notare che arriva dallo stesso settore giovanile che ha insegnato a camminare a Mauro Zàrate, i più pignoli ci ricordano che ha giocato solo sei mesi tra i professionisti ma il dato più bello di questa storia è che nessuno, nemmeno al Vèlez, sanno davvero chi è Hernan Toledo. Non lo sanno i suoi genitori che lo hanno visto partire via così presto, con quella lettera di trasferimento che assomiglia a una chiamata alle armi; non lo sanno le redazioni di Milano e Napoli che gli hanno assegnato quel sei politico da nuovo trasferimento che giocherà scampoli di gara; non lo sa a fondo Pantaleo Corvino che lo ha sezionato attraverso il supercomputer nascosto nei suoi occhiali da sole e ha concluso in fretta la trattativa, non lo so io e non lo sai tu che lo metterai in lista. Ma cosa esiste di più bello che tuffarsi a mani vuote in un mare di sconosciuti e beccare quel pesce che guizza più veloce di tutti, con le pinne impregnate di assist e traiettorie a giro?

Undici minuti di cose belle ed affascinanti, Toledo sono già pazzo di te!

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