Grazie, core ‘ngrato

Armando Fico
Crampi Sportivi
Published in
5 min readApr 6, 2017

«Tutto va, tutto torna indietro; eternamente ruota la ruota dell’essere. Tutto crolla, tutto viene di nuovo connesso; eternamente l’essere si costruisce la medesima abitazione. Tutto si diparte, tutto torna a salutarsi. In ogni attimo comincia l’essere» (F. Nietzsche, “Così parlò Zarathustra”)

«Conosci te stesso». La chiave del mondo antico e moderno, il sospetto di poter superare la propria finitezza. Eppure la strada per conoscersi fino in fondo è un lungo percorso costellato di fallimenti, delusioni, gioie, ossimori; strada tutt’altro che rettilinea, spesso circolare e beffarda, il cui andamento dipende però soltanto dalle nostre azioni. Ogni azione poi comporta delle conseguenze e il modo di affrontarle determina chi siamo realmente.

Ma se è vero che il calcio nient’altro è che pura metafora di vita, allora quello tra Napoli e Juventus è stato molto di più che un semplice scontro ravvicinato tra due prime della classe in Italia. Nell’arco di 180 minuti tutti sono stati messi di fronte alle responsabilità delle proprie azioni passate senza possibilità di sottrarvisi ulteriormente. Higuain e il pubblico di Napoli, Gonzalo e Aurelio De Laurentiis, El Pipita e i suoi vecchi compagni. Ognuno deformato dall’altro, ognuno uscito a suo modo sconfitto.

Maggio 2016: Higuain batte il record di marcature in una singola stagione di Serie A.

Tutto è iniziato da qui. Due destini, quello di Napoli e Higuain, che si sono saldati indissolubilmente per l’eternità esattamente in questo momento. Il record di Nordahl che cade, una città che esplode e Gonzalo che smette di essere uno “che difende la città”. Qualche settimana più tardi avverrà il passaggio alla Juventus, seguiranno le dichiarazioni a distanza, le frecciatine beffarde, le schermaglie col presidente.

Quisquilie, ciò che davvero conta, come sempre, è il campo, e quindi il dato oggettivo della condotta di Higuain nell’arco del recente doppio confronto Napoli-Juventus. Apparentemente spiazzato dalle bordate del San Paolo nella prima gara, una tigre rabbiosa in occasione del “ritorno”. Ma in fondo Gonzalo è rimasto lo stesso di sempre. Il salto nella nuova realtà non l’ha cambiato, anzi ne ha forse accentuato i difetti. La sua altezzosità in alcuni frangenti del gioco, la frustrazione nel non avere sempre la palla tra i piedi, il suo subire un certo tipo di pressioni: quei difetti che a Napoli l’hanno reso il più celebre dei mortali, ieri erano ancora tutti lì, immutati.

Emblematico è il suo sfogo durante il riscaldamento e dopo il primo gol, indicando e poi dicendo a favore di camera “Esta es tu colpa” (“Questa è colpa tua”) all’indirizzo di De Laurentiis. Peccato però che il vero destinatario di quel messaggio fosse in realtà il pubblico, vittima impotente dell’ennesimo sacco del Nord, stavolta però sportivo. Quello che non ha trovato il coraggio di dire nell’immediato sulla trattativa al popolo napoletano l’ha detto quando nessuno poteva sentirlo, nel boato di fischi che lo sommergevano. Per giunta riparandosi dietro il primo gol, che per il Napoli significava l’addio a qualunque velleità di qualificazione.

Qualcuno dirà che è stato un caso non voluto, anzi provocato, che gliene hanno dette di tutti i colori. Higuain però ha scelto di non ha affrontare la questione quando è riapparso dopo un periodo di silenzio direttamente nella piazza rivale a quella che l’aveva amato, e ora in qualche modo ne paga lo scotto. D’altronde l’anno scorso, di questi tempi, col Napoli si faceva espellere ad Udine cedendo allo stress e alla frustrazione di chi doveva inseguire l’armata bianconera dopo aver accarezzato i sogni scudetto fino a metà stagione. Anche allora Gonzalo non seppe gestire i processi emotivi che avevano investito lui e la sua legittima fame di campione. Come allora, con il gesto alle telecamere, in qualche modo se ne è smarcato.

Il Napoli, intanto, è forse quello che ha tratto maggior beneficio dal ritorno a casa del nuovo core ‘ngrato. Da squadra privata della sua punta di diamante a compagine finalmente consapevole della propria forza, anche in luogo di risultato mancato, la maturazione è avvenuta per gradi. Sconfitta allo Juventus Stadium, in casa è riuscita a trionfare in rimonta. In tre giorni due prestazioni maiuscole, in cui — complice anche una Juventus non costretta alla gara della vita — ha dimostrato di aver ridotto un gap che a inizio anno sembrava incolmabile.

Non sul piano dell’estetica del gioco, ovviamente, dove ultimamente sono i bianconeri a dover rincorrere, ma piuttosto su quello della mentalità. Compattezza dei reparti, aggressività, organizzazione di gioco, tatticismo in grado di esaltare l’estro e le abilità dei singoli; ma anche e soprattutto cattiveria, determinazione, voglia di azzannare l’avversario. In una parola: personalità. “Dettaglio” che è altro dall’identità di gioco.

Hamsik, la bandiera, risponde al vantaggio bianconero in entrambe le occasioni con la stessa mentalità che spinge Mertens a inseguire Higuain per 40 metri e contendergli un pallone a centrocampo. È la voglia di Insigne, “succube” di ogni prima punta capitata a Napoli dai suoi esordi in maglia azzurra, a spingerlo all’intercetto di un passaggio del Pipita nonostante fosse alla 41° presenza stagionale con oltre 3000 minuti giocati nelle gambe. E come loro, molti altri interpreti della manovra azzurra si sono comportati allo stesso modo.

Più che una trasformazione, quella dei partenopei è piuttosto una trasfigurazione che affonda le sue radici in un passato traumatico, ma che nutriva in sé una chiara intenzione di riscatto prossima a realizzarsi, molto di più di quanto non si creda. Ne è la prova l’espressione tesa di Buffon a bordo campo nei minuti finali. Se il totem bianconero vacilla di fronte all’assedio partenopeo, allora significa che la strada intrapresa è davvero quella giusta.

“In ogni attimo comincia l’essere”, diceva Nietzsche, intendendo che l’essere muta, si evolve e ricomincia in ogni attimo della sua esistenza. Il Napoli ha rotto la ciclicità della sua esistenza contrapponendosi al suo Superuomo e guardandolo finalmente negli occhi. Higuain, che anche ha dimostrato di poter fare a meno del Napoli, pare invece aver preferito girarsi e guardare altrove, forse anche da se stesso.

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