L’altro Nico

Gabriele Anello
Crampi Sportivi
Published in
8 min readMar 10, 2017

Si direbbe che riassumere una carriera non sia propriamente un compito facile, specie quando hai quasi trent’anni e hai già disputato sei stagioni in Formula 1. Eppure per Nico Hülkenberg basta un’Instagram story di appena 10 secondi.

Il pilota tedesco si sta preparando per la stagione 2017, con la consueta professionalità che è richiesta per un pilota di Formula 1, un mestiere che sembriamo associare ancora troppo all’istinto, quando in realtà la preparazione fisica (soprattutto quest’anno) e i briefing con gli ingegneri di pista rappresentano ormai una fetta importante del proprio successo in questo mondo.

Fisico scolpito, attitudine al sacrifico e al lavoro, Nico Hülkenberg ha faticato per arrivare sin qui. Solo che quel video di 10” non equivale ancora totalmente alla sua carriera in F1, perché la parte in cui afferra il cioccolato potrebbe arrivare solo nel giro di qualche anno. È per questo che, nell’ottobre 2016, ha annunciato il passaggio in Renault.

No alla predestinazione, sì al lavoro silenzioso

Hülkenberg ha le stimmate di quello che si è dovuto conquistare tutto gradualmente, anche se non lo dà a vedere. Willi Weber — suo manager agli inizi, nonché agente di Michael Schumacher nell’epoca d’oro — lo ha definito così nel 2006: «Ha un talento incredibile, mi ricorda Michael da giovane». Da lì, il soprannome “The Hulk” l’ha accompagnato per tutta la sua carriera.

Dopo aver dominato la Formula BMW tedesca a neanche 18 anni (ma il titolo gli viene revocato per aver ammesso di aver rallentato il plotone di macchine durante un periodo di Safety Car), Hülkenberg ha scalato le categorie: prima l’A1 Grand Prix, poi la Formula Three tedesca e infine la GP2 nel 2009: tutte categorie vinte. Soprattutto, il tedesco vince la GP2 con una tappa d’anticipo, con 25 punti di vantaggio su Vitaly Petrov (che andrà in Renault).

Willi Weber aveva previsto il suo arrivo in F1 nel 2008, ma solo mentre vince la seconda categoria motoristica la Williams lo mette sotto contratto come test driver. Quando Kazuki Nakajima lascia la Williams e Rosberg passa in Mercedes, Sir Frank Williams opta per un mix di esperienza e gioventù con Barrichello e Hülkenberg.

La stagione d’esordio del tedesco in F1 è un po’ strana: 24 macchine, 12 scuderie, ma soprattutto la Williams sta vivendo situazioni economiche sempre più difficili e la FW32 — spinta dal motore Cosworth — sembra tutto tranne che un fulmine di guerra. Tuttavia, Hülkenberg non sfigura da rookie accanto a un signore che aveva alle spalle già 284 gran premi.

Il brasiliano colleziona 44 punti, mentre il tedesco ne ottiene 22, con la miglior prova all’Hungaroring, dove conclude in sesta posizione. Tuttavia, Hülkenberg si toglie una soddisfazione non da poco a Interlagos: con l’asfalto bagnato, ma che si sta asciugando, il debuttante si aggiudica la pole montando le gomme slick. L’1.14.470 gli regala la piazza principale e mette la Williams davanti a tutti per la prima volta dopo cinque anni.

Sembrerebbe esserci il terreno per proseguire l’esperienza insieme, ma in Williams hanno bisogno di soldi. Così Frank Williams scarica Hülkenberg e opta per Pastor Maldonado, fresco campione della GP2 e pilota con valigia grazie ai soldi della PSVDA, l’agenzia venezuelana del petrolio che finanzia la carriera del sudamericano. Il tedesco non lo sa, ma visti i successivi risultati della Williams, sarà una benedizione.

Una vita in mezzo al gruppo

Ci sono tante carriere — nei motori o in altri campi — che crollerebbero dopo una botta del genere. Ma il talento e quel soprannome “Hulk” indicano che no, Nico non crollerà. Ripartire, però, non è facile: l’opportunità è quella di rimanere in F1 come test driver, ma stavolta alla Force India. Sutil e Di Resta sono i piloti titolari, mentre il tedesco completa diversi giri nelle prove libere dei gran premi.

L’occasione, involontariamente, gliela offre proprio il connazionale Sutil, protagonista di una rissa in un locale di Shanghai e per questo condannato a 18 mesi di prigione, poi commutati in una pena pecuniaria. Un episodio che spinge la Force India a lasciare Sutil a piedi, nonostante avesse disputato una discreta stagione nel 2011. A proposito di sliding doors, il ragionamento vale anche per Sutil.

Hülkenberg risale in macchina per la sua seconda stagione e lotta a centro gruppo, con la Force India che sta cominciando a risalire il gruppo in classifica costruttori. L’ex Williams si regala un quarto posto a SPA e due quinti posti a Valencia e Interlagos, con ancora una volta il Brasile a fargli da cartina di tornasole: grazie alla pioggia e alla folle giornata (la stessa in cui Alonso e Vettel si giocano il Mondiale 2012), lui e Jenson Button si ritrovano a guidare la gara con un vantaggio di ben 45 secondi. Una Safety Car azzera il gap e Hamilton si fa minaccioso.

Quando l’inglese lo soprassa, Hülkenberg non molla l’idea di vincere la gara, proprio sul circuito dove ha ottenuto la prima pole. Tuttavia, al giro 55 il sorpasso viene rovinato da una scivolata su una linea di bagnato e il tutto finisce in un incidente che fa fuori il britannico dalla corsa, alla sua ultima gara in McLaren. Hülkenberg riuscirà comunque a finire la gara, prendendosi una penalità e chiudendo 17 punti di fronte al compagno di squadra in classifica generale.

Ciò nonostante, la Force India preferisce ri-assumere Adrian Sutil, lasciando Hülkenberg libero di decidere il proprio futuro. Con Sergio Pérez diretto in McLaren e Kobayashi lasciato fuori dal circus, la Sauber ha bisogno di un pilota in crescita come il tedesco. Nonostante si ritrovi in mezzo al gruppo, il 2013 sarà la miglior annata personale di Hülkenberg a livello di prestazioni: tira fuori gare senza senso nel finale di stagione.

La Sauber C31 del 2012 è forse la miglior macchina per rapporto qualità/posizione in griglia di quella stagione, ma la sua successiva creatura — la C32 — fa fatica per almeno metà campionato. Tutto cambia a Monza: Hülkenberg si qualifica terzo (!) e da quella gara in poi collezionerà ben sei ingressi nei punti su otto corse rimanenti, con il meglio dato nella gare asiatiche.

In Corea del Sud eguaglia il quarto posto (miglior risultato della sua carriera) mentre dietro di lui due campioni del Mondo come Hamilton e Alonso impazziscono per trovare un pertugio in cui passarli: niente da fare.

Defending 101.

Con la Sauber sempre più in basso, il ritorno in Force India è in realtà l’opzione più azzeccata. Negli ultimi tre anni, la macchina anglo-indiana ha fatto passi da gigante, chiudendo quarta nella classifica costruttori del 2016. Hülkenberg ha fatto registrare la sua miglior stagione per punti nel 2014 (ben 92), finendo sempre nella top 10 della classifica piloti (9°, 10° e ancora 9°).

Tuttavia, il quarto posto a SPA nel 2016 e i 226 punti raccolti nel triennio speso con il team di Silverstone nascondono qualcosa che non va.

L’uomo del quasi

La verità è che Hülkenberg ha ormai quasi trent’anni e a differenza di alcuni suoi colleghi manca di alcuni risultati. Consistente, affidabile e pilota dal rendimento granitico, a oggi il tedesco non ha vinto ancora una gara (ci sta), ma non ha ancora registrato un podio a suo nome (e questo va meno bene). Spesso si è parlato di questo complesso per il tedesco, incapace di tradurre la sua credibilità in risultati più vistosi.

Glielo si chiede perché il confronto con altri suoi colleghi-coetanei è impietoso: Daniel Ricciardo ha avuto una Red Bull da guidare, ma ha strappato quattro vittorie in un triennio dominato dalle Mercedes. Romain Grosjean ha all’attivo ben dieci podi con la Lotus; Valtteri Bottas ne ha nove con la Williams; persino Kamui Kobayashi e Pastor Maldonado hanno qualcosa da mostrare (un podio a Suzuka e la vittoria a Barcellona nel 2012).

E va ancora peggio se si guarda dentro il suo stesso box. La coppia formata da lui e Sergio Pérez è stata una benedizione per la Force India e forse è stata anche la più costante e completa negli ultimi tempi della F1, ma il messicano — tre anni in meno del tedesco — ha strappato ben quattro podi con la stessa vettura (Bahrain 2014, Russia 2015, Monaco e Baku 2016). In più, nel CV ha già un’esperienza con un top-team, seppur dovremmo capirci quanto di “top-team” ci fosse nella MP4–28 della McLaren 2013.

Amore puro, rivalità sana.

Hülkenberg è così diventato l’uomo del “quasi”. A confermare questa nuvoletta alla Fantozzi ci ha pensato anche quanto successo ai tempi della Sauber. Nel luglio 2013 — ancor prima che la vettura elvetica mostrasse qualche miglioramento — la Ferrari decide che Hülkenberg è il candidato numero 1 a sostituire Felipe Massa accanto a Fernando Alonso. L’avventura del brasiliano è ai titoli di coda, mentre il classe ’87 ha l’età giusta per provarci.

Werner Heinz, manager del pilota tedesco, ha poi rivelato che la Ferrari ci ha ripensato. Nonostante la trattative fossero avanzate — otto settimane di lavoro! –, la firma di Montezemolo non è mai arrivata. Anzi, Hülkenberg sarebbe stato scaricato con un sms. Di Domenicali. Alle 22.50 di un martedì di fine estate. A posteriori, chissà… forse è stato un errore.

Come Lewis Hamilton

Tuttavia, con il 2016 quasi concluso, Hülkenberg ha fatto un passo da gigante nella sua carriera, ufficializzando il nuovo legame con la Renault, rientrata nel circus da un anno, ma alla caccia di un pilota potesse veramente spostare gli equilibri. Visto che i top driver erano tutti accasati, la casa di Enstone ha optato per qualcuno di solido, che volesse provare una nuova avventura e che portasse fin da subito punti ed efficienza.

È chiaro che la Renault avrà bisogno di tempo per crescere ancora, ma Hülkenberg si è assicurato — oltre a un ottimo contratto: 18 milioni per un accordo triennale — un futuro più luminoso. Non c’è dubbio che i francesi cresceranno e molti hanno equiparato la scelta del tedesco a quella di Hamilton, quando nel 2012 ha abbandonato una McLaren comunque da titolo per una Mercedes che all’epoca faceva pole, ma aveva diversi problemi.

Nessuno avrebbe pensato a una mossa vincente, eppure adesso Hamilton si gode due titoli Mondiali in più e una macchina che gli ha permesso di frantumare diversi record. Con le giuste proporzioni, le intenzioni di Hülkenberg sono le stesse: magari non si vincerà o non si andrà a podio nel 2017, ma entro il 2019 la Renault sarà nuovamente una macchina competitiva. Se non da titolo, almeno per una vittoria a stagione.

La rinnovata sicurezza di Hülkenberg si vede da tante cose. La prima prova risale a Suzuka 2016 e a un team radio.

Hülkenberg passa Bottas e lo fulmina: «Ci vediamo più tardi». Due anni fa non sarebbe mai successo.

Il tedesco è consapevole che il trasferimento alla Renault è una mossa a lungo termine: «Dopo un lungo matrimonio con la Force India, sentivo di volere una nuova ragazza. Credo sia la decisione giusta se voglio una macchina da titolo entro qualche anno». In fondo, anche i suoi colleghi — come Pérez — non si sono nascosti: «Sono rimasto sorpreso al suo passaggio in Renault, ma hanno preso un gran pilota».

Anche dopo la presentazione della macchina, Hülkenberg è ben consapevole del suo ruolo, come si nota dalle sue ultime dichiarazioni: «Non voglio essere un leader, ma solo fare meglio del mio compagno di squadra e dare una mano al team» o «dobbiamo ispirarci alla Force India», oltre all’endorsement dei suoi dirigenti alla Renault (Bob Bell ha detto: «Hülkenberg e la sua esperienza saranno fondamentali nello sviluppo della macchina»).

A questo, si aggiunge quanto accaduto nel giugno 2015, quando la Force India autorizza Hülkenberg a disputare la 24 ore di Le Mans e il tedesco la vince al primo tentativo con i suoi compagni Earl Bamber e Nick Tandy sulla Porsche numero 19. Un’impresa che gli ha fatto guadagnare il rispetto di tutti nel paddock.

Insomma, dopo una lunga corsa, Hülkenberg vuole il suo cioccolato. E ha tutta l’intenzione di prenderselo, anche se dovesse aspettare qualche altro tempo per assaporarlo a dovere.

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Gabriele Anello
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Ha il passaporto italiano, ma il cuore giapponese | RB Leipzig, J. League Regista, Calcio da Dietro | fmr. Ganassa, DAZN, MondoFutbol.com, Crampi Sportivi