I 5 calciatori più grassi della storia del calcio

Crampi Sportivi
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6 min readJul 30, 2014

C’è qualcosa di poetico negli 82 chili (ma erano 85 al momento della firma con il Brescia) di Felipe Diogo Sodinha mentre accarezza il pallone con la suola, ipnotizzando a mezza velocità nugoli di avversari che stupiti lo guardano depositare il pallone in rete. L’immagine della sua pancia ostentata dalle maledette magliette slim-fit è sconvolgente e rivoluzionaria allo stesso tempo. È un granello di sabbia nel perfetto meccanismo dei super-atleti metrosexual, benedetti dalla retorica delle multinazionali sportive.

Di solito il calciatore grasso, triste solitario y final, è il simbolo della miseria di un atleta alla fine della carriera. Ronaldo (Luìs Nazàrio de Lima) o Maradona sono alcuni esempi di talenti sbracati alla fine del loro luminoso percorso. Per altri la pinguetudine è un momento di passaggio a vuoto: Cassano durante il suo periodo madridista. Difficilmente, invece, ci si ricorda di calciatori in sovrappeso capaci di giocarsela alla pari (se non meglio) degli altri. In questa carrellata vi raccontiamo cinque storie di calciatori grassi e pigri che come Sodinha hanno fatto innamorare i propri tifosi scrivendo pagine di storia dei loro club.

Per loro è sempre valida una celebre frase pronunciata da Marlon Brando: «Non me ne frega niente che sono grasso. Dovete darmi sempre gli stessi soldi» («I don’t mind that I’m fat. You still get me the same money»).

1. William “Fatty” Foulke

«Who ate all the pies? You, fatty bastard». Fu questo il primo coro della storia del calcio simpaticamente intonato dai tifosi contro un proprio giocatore. Protagonista, suo malgrado, “Fatty” Foulke portiere che grazie ai suoi 140 kg. distribuiti su circa 2 metri di altezza letteralmente torreggiava sui colleghi della propria epoca. Durante la sua carriera che, dopo la lunga parentesi con il Southampton, conta anche un cap con la nazionale inglese e brevi esperienze tra Chelsea e Bradford, sembra riuscì anche a ritoccare il record arrivando a pesare 150 kg. Lo hanno definito “un leviatano di 310 libbre con l’agilità di un gallo”, con l’insospettabile fama di pararigori.

Di lui si raccontano episodi leggendari, probabilmente farciti di luoghi comuni. Come quando si appese alla traversa della porta — che inevitabilmente si spezzò. O quando tenne capovolto per un piede un attaccante del Liverpool, tale George Allan, che l’aveva insolentito. Era un forte bevitore e non ci sorprende che — secondo alcune versioni- morì a poco più di 40 anni di cirrosi epatica.

2. Neil Ruddock

Le tipiche abitudini degli inglesi in termini di vita sana e tackle durissimi sono emblematicamente riassunte dalla vita e dalle opere di Neil Ruddock, soprannominato Razor. In un ventennio di onorata carriera tra gli ’80 e ’90 — trascorsa principalmente tra Milwall, Tottenham e Liverpool, con tanto di una presenza in nazionale —, ha fatto di tutto, sia sul campo che fuori. Dalla guida in stato di ebbrezza — che per un inglese serio, diciamoci la verità, non può essere un reato — alle scappatelle extra-coniugali, ha aggiunto una invidiabile fama di duro sul campo. Una collezione personale che comprende tibie (ben due di Andy Cole in colpo solo nel ’96) ma anche mandibole.

Come quella di Peter Beardsley dopo due minuti di un match peraltro amichevole: «Semmai ho fatto a Pete un favore cambiandogli leggermente il volto» ha dichiarato in seguito Ruddock riferendosi all’orrendo volto dell’ala, emblematicamente soprannominato Quasimodo.

Un giorno durante un incontro con il Manchester United fu preso in giro da Eric Cantona per i suoi problemi di peso. All’offesa rispose abbassando l’iconico colletto alzato della maglietta del francese e sembra mandandolo su tutte le furie.

Non esattamente un maniaco della forma, finì la sua carriera ai Reds all’arrivo di Houllier con il quale ebbe diversi screzi. Il passaggio finale allo Swindon Town si ricorda solo perché il magazziniere non riusciva a trovare una taglia dei pantaloncini che gli andasse bene.

3. Micky Quinn

Secondo un famoso adagio inglese un buon centravanti deve sempre finire la sua cena; Micky Quinn prese alla lettera il suggerimento. Un centravanti spettacolare, con tanto di baffoni e tagli di capelli stile profondi anni ’80, capace di segnare una valanga di gol, oltre 231 in 512 partite di campionato. Inutile chiedersi perché lo chiamassero Sumo, ma nella sua biografia (Who ate all the pies — The life and Times of Mickey Quinn) annovera anche Pieman, Flying Pig, Mighty Quinn o il classico Fat Bastard.

Dotato negli ultimi sedici metri di un istinto da killer, fu amatissimo dai tifosi di tutti i club di cui indossò la maglia, nonostante abbia in seguito incolpato soprattutto quella degli Sky Blues del Coventry di mettergli in evidenza le forme rotonde. Forte scommettitore e amante della vita notturna spesso in campo non ne beccava mezza ma appena la palla rotolava dalle sue parti finiva puntualmente alle spalle del portiere avversario. E dagli spalti subito partiva il coro:

«He’s fat, he’s round he scores on every ground, Mickey Quinn, Mickey Quinn!».

Appena acquistato dal Newcastle lesse uno striscione dei tifosi che biasimavano il suo arrivo: «Who te f*** is Mickey Quinn?». Alla partita di esordio contro il Leeds ne segnò quattro andando sotto la curva ad urlare loro: «That’s who fuc**** Mick Quinn is!».

4. Jan Molby

Visione di gioco e tecnica capaci di mascherare la mancanza di mobilità e un giro vita non esattamente da atleta. The Big Jan o The Great Dane era dotato di due piedi favolosi capaci di mettere il pallone esattamente dove volesse sia in movimento che da fermo. Ha militato nel Liverpool per oltre dieci anni, stazionando per lo più nel cerchio di centrocampo, ma segnando anche 45 gol.

Educato nella tecnica da Johan Cruijif ai tempi dell’Ajax (lo faceva calciare da centrocampo imponendogli di centrare la bandierina) arrivò ai Reds nell’1984 acclimatandosi subito in uno spogliatoio riluttante agli allenamenti faticosi ma incline alle pinte di birra. Lui purtroppo andò oltre facendosi sei settimane di galera a causa del solito cocktail di alcool e auto troppo veloci. I tifosi della Kop però non lo hanno dimenticato, votandolo al 16° posto nella lista dei 100 calciatori del Liverpool migliori di ogni tempo.

5. Matt Le Tissier

In realtà il numero sette più amato della storia del Southampton non è ascrivibile a pieno titolo alla categoria. Nonostante il destino gli avesse regalato un piede destro semplicemente divino, è passato alla storia come il giocatore più pigro che si ricordi; talmente pigro che a tavola preferiva le omelette alle bistecche perché pare che facesse troppa fatica a masticarle. Un talento assoluto, ma difficile da catalogare per lo schematico calcio inglese della sua epoca, fin dalla sua nascita avvenuta nel baliato di Guernsney, un’isola nel canale della Manica dipendente in un modo non meglio precisato dalla Corona Britannica.

Ha giocato tutta la carriera con addosso solo la maglietta dei Saints, rifiutando le offerte milionarie che gli piovevano addosso e conservando lo strepitoso record di 47 rigori segnati sui 48 calciati. Collezionò solo 8 presenze con la nazionale dei Tre Leoni a causa della disistima nei suoi confronti di Venables e Hoddle. All’epoca di Francia ’98 fu infatti escluso dai convocati nonostante una tripletta messa a segno nell’amichevole pre-mondiale contro la Russia. Recentemente Xavi Hernandez ha dichiarato che Le Tiss fu uno dei suoi miti della gioventù. Ritiratosi nel 2002 passa la sua vita sui campi di golf mostrando il suo genio anche con mazze e palline, visto che è 4 di handicap.

Articolo a cura di Nicola PalmiottoLaureato in lettere classiche per scommessa (persa), soffre d’insonnia e pertanto ha imparato ad amare gli sport americani. Odia lo slow-food e tifa per l’AS Bari (ahi-lui) e per l’AFP Giovinazzo di hockey a rotelle.

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