I 5 centrocampisti che la Juventus a gennaio dovrebbe prendere di corsa

Crampi Sportivi
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9 min readDec 1, 2016

Beppe si accomoda nel suo ufficio e apre il portatile bianco poggiato sulla scrivania nera.
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Uno sguardo nervoso agli arredamenti scelti da un arredatore e disseminati nella stanza, sempre gli stessi da quando lo Juventus Stadium ha preso posto nella periferia di Torino e da quando lui ha preso posto su quella sedia girevole bianca. Portatile bianco su scrivania nera lucente, poggiata su un pavimento a scacchi bianco e nero. Più avanti un divano due posti di pelle bianca, adagiato su un tappeto sintetico nero, di poco valore probabilmente. A destra la libreria bianca accanto a un piccolo armadio nero, nel mezzo il ritratto della sua famiglia, l’unico complemento scelto da lui, incastonato in un quadro bianco a cornice nera. Una ricerca quasi ossessiva della tranquillità che il bianco e il nero infondono a Beppe mentre è al lavoro.
Schermata iniziale, “Benvenuto Giuseppe”, inserire password, caricamento in corso.
Gennaio è alle porte e il freddo lo preannuncia, una sentenza cupa sulla nuca di Beppe, uno spettro indiavolato che sospira con le sue fauci stringendo in mano un cronometro preso alla Decathlon. Tic, tac, tic, tac, un mese all’apertura della sessione di mercato.
Posta in arrivo, cancella, cancella, cancella la prenotazione delle vacanze a Genova, cancella, cancella, cancella. Consultando la pagina Wikipedia di Giuseppe Marotta, detto Beppe, dirigente sportivo italiano, alla voce biografia si legge “Vive a Torino con la moglie e i due figli gemelli”. Null’altro, un ermetismo che riflette i silenzi sulla sua vita privata lontana dallo stadio e dalle interminabili riunioni.
Beppe vive a Torino dall’estate 2010: nell’appartamento in centro si sta comodi e le stanze sono abbastanza confortevoli da poter ospitare sua moglie, i due figli e le due più grandi ossessioni che lo perseguitano da quando ha accettato l’incarico di AD dello Juventus Football Club: la campagna acquisti perfetta e la vittoria della Champions League. Nello scantinato c’è uno scatolone contenente gli screenshot di tutti i meme dei tifosi d’Italia che fanno ironia sul suo occhio, la battuta fuoriluogo di Claudio Lotito, il fango. A dire il vero li ha raccolti per gioco, incentivato dai figli che glieli facevano notare ogni volta. Li ha messi tutti insieme, come un monito.

Ricordiamoci sempre di non essere amici Claudio, sempre.

La campagna acquisti perfetta sarebbe dovuta essere quella appena conclusa, con i 163 milioni spesi per Higuain, Pjanic, il riscatto di Cuadrado, Marko Pjaca e i restanti nuovi innesti ma le cose non sono andate come da programma. La perfetta Juventus che avrebbe dovuto chiudere il campionato già a Natale si inceppa, perde gli scontri diretti e accusa delle amnesie incredibili mentre il sogno anzi il coronamento di tanti anni di programmazione, la vittoria della Champions League, si allontana a passo lento, impoverendo il fattore Forza che unito al fattore Fortuna permettono di sedersi sullo scranno più alto d’Europa. Beppe muove il cursore freneticamente, come se stesse cercando di scacciare una mosca fastidiosa, di allontanare i pensieri scomodi.
L’AD dalla biografia minuscola apre il portale che permette di accedere al sistema di trasferimento dei giocatori, digita le sue credenziali e schiocca le dita delle mani, indossando un invisibile vestito da protagonista, pronto a rilanciare nuovamente la sua macchina perfetta pescando l’innesto giusto.
Il giocatore che completerà il centrocampo della Juventus è a portata di click, bisogna solo scavare a fondo nelle profondità delle rose di tutto il mondo e del portafoglio della società, Beppe digita velocemente sulla morbida tastiera mentre riassapora i bei momenti, quella volta che a Vinovo arrivò un cileno e la sua cresta, il momento esatto in cui tutta l’Europa capì che Giuseppe Marotta da Varese ci sapeva fare sul serio.

Alejandro Guerra dall’Atletico Nacional

Classe ’85, all’anagrafe venezuelano è Alejandro Abraham Guerra Morales. L’intera carriera spesa nei microcosmi sudamericani è stata il seme della sua grandezza, esplosa tutta insieme nella Copa America Centenario disputata negli Stati Uniti. Con la maglia dei vinotinto addosso, Guerra ha lavato via l’insufficienza dei brecciolati campi di provincia dando fondo a ogni centimetro cubo di anima pur di arrivare per primo su ogni pallone per spingere quanto più lontano possibile la sua Nazione.
In bacheca l’onore di essere il primo venezuelano ad aver alzato al cielo la Copa Libertadores, Ale Guerra è un tuttocampista adattabile a qualunque evenienza: trequartista votato alla sacrosanta ricerca del gol, mediano da trincea, ala che vive per la squadra, guerriero prima di tutto, col cognome che viene in aiuto.
La verità è che vorremmo che la Juventus faccia questo pensierino dando fondo alle sue risorse economiche e portando Alejandro in Italia per due motivi: 1) il pazzesco cognome che si porta dietro, che lo farebbe diventare immediatamente il giocatore con la maglietta più venduta in tutta Italia; 2) la voglia di rimetterlo a pochi chilometri di distanza da Tomas Rincon. Anzi, se la Juventus portasse a casa il pacchetto Rincon — Guerra non ci sarebbe più bisogno di seguire il calcio sudamericano per almeno un paio di stagioni, considerato che tutta la magica essenza del futebol bailado morirebbe nelle gambe di due carriarmati in tenuta Adidas bianconera. El Lobo, vogliamo Guerra nel centrocampo della Juventus.
Giuseppe riguarda più volte quel nome che spaventerebbe mezza Europa grazie anche alle 60 reti in carriera. Guerra, Guerra contro tutta l’Europa, Guerra negli ottavi di Champions, Guerra fino a che non ci sarà più fiato. Guerra.
Nelle orecchie, nella testa, nei piedi. Guerra.

Bastian Schweinsteiger dal Manchester United

Possibile che nessuno abbia ancora tirato fuori il suo nome?
Trentadue anni, campione del Mondo nel 2014, in rottura con il suo allenatore e mai schierato in questa stagione. Tirato a lucido dagli incessanti e professionali allenamenti, può giocare mediano, centrale o trequartista. Può giocare ancora perché se lo fa Sebastian Veron a quarant’anni suonati vuol dire che Bastian è ancora un giovincello aitante. Può anche urlare a caso dalla panchina per spaventare gli avversari semmai fosse necessario, forte del karma che sgorga dai movimenti di un campione del Mondo. Lo United pagherebbe volentieri una parte dello stipendio per liberarsene, bisogna fare in fretta prima che Mou possa cambiare idea e riscoprirsi più sicuro con Schweinsteiger a centrocampo ma forse Bastian non ha tantissima voglia di giocare più a calcio considerato che l’esilio di Manchester non sembra essere per lui un grandissimo fastidio.
Siamo inevitabilmente divisi. Da una parte la possibilità di ammirare a una sorta di rinascita di un’icona del calcio tedesco sognando l’ennesimo colpo alla Andrea Barzagli, vedergli piazzare gli ultimi colpi di classe e assistere alla sua escalation nelle preferenze di Massimiliano Allegri. Dall’altra ci toccherà sorbirci la stampa italiana che lo chiama Schweini, come un piccolo cagnolino. Schweini, come successe con Podolski trasformato in Poldi. E poi a trentadue anni per noi è già un bollito messo sul fuoco da un paio di stagioni e Beppe questo lo ricorda sempre da quando ha tesserato Daniel Alves. Possibile che il Barcellona me l’abbia lasciato a parametro zero?

Alex Song del Rubin Kazan

In principio era Song Bilong, quando da ragazzo tutti cercavano un valido motivo per dedicargli venti secondi di attenzioni. Oggi Alex Song ha sostituito ogni centimetro del suo corpo con i tasselli che compongono una domanda: perché diavolo ho accettato il trasferimento al Barcellona?
La risposta è immediata: nessuno di noi rifiuterebbe mai di essere ceduto ai culè. Ma Alex Song, al termine della stagione 2011–2012 giocata da titolare all’Arsenal a 24 anni, era probabilmente uno dei mediani più completi d’Europa. Fisico imponente, camerunense educato che in campo non si è mai risparmiato, lottatore del centrocampo con visibili tendenze alla verticalizzazione del gioco. Ha sbagliato, ha commesso un errore credendo di poter continuare a lasciare il segno vestendo i panni della riserva di Sergio Busquets. Di un canterano come Sergio, considerato inamovibili nel suo club quanto nella Nazionale.
Song ha ancora 29 anni e gioca in Russia, nel Rubin Kazan, dopo aver trascorso le ultime due stagioni al West Ham.
Perché non portarlo in Italia? Certo, non ha un taglio di capelli esemplare ma nemmeno Mario Lemina è una fashion icon. Cosa manca ad Alex Song per essere l’ancora del centrocampo della Juventus? Solo un transfer.
Il Rubin Kazan lo ha preso a parametro zero e potrebbe accontentarsi di molto poco, bisogna tener conto di questa e di altre variabili nel Beppe game alla ricerca di un centrocampista. Promessa da scout, questa volta non userà la scusa di aver generato una minusvalenza o un qualsiasi danno alla squadra che l’ha ceduto.

Michael Bradley del Toronto FC

Se non fosse stato un calciatore probabilmente avrebbe recitato in Trainspotting 2.
Una stagione a Verona, sponda Chievo. Poi due anni a Roma, giusto il tempo di essere il primo giocatore statunitense dei giallorossi, acquistato pensa un po’ dalla dirigenza USA. Alla fine il ritorno in patria, a Toronto, per dieci milioni.
Michael, so che stai leggendo queste righe e che non hai mai smesso di seguire quello che succedeva in Italia. Ti rendi conto di quanto davvero poco sia il tempo che abbiamo trascorso insieme?
Michael tu sei forte, sei davvero forte e sono anni che ormai martelli senza sosta gli attaccanti di tutto il Mondo. Hai giocato ovunque, non hai ancora trent’anni, sei il capitano della Nazionale Statunitense. Veniamoci incontro! Io sono sicuro che i tifosi della Juve non faranno mica i salti di gioia il giorno della tua presentazione ma a Torino gennaio ha anche portato in dono Nicolas Anelka, chi vuoi che si lamenti per Michael Bradley?
Su un muro di Varese c’era scritto che la calvizie è intelligenza intrappolata che prende il sopravvento, un memorandum mandato giù di forza. Beppe scorre le credenziali del ragazzo, Toronto ha recentemente rifiutato un’offerta di 5 mln per lui ma per qualcosa in più si potrebbe fare. Strappa un foglio da un blocknotes e prende un appunto: telefonare a Verona.

Charles Aranguiz del Bayer Leverkusen

Piano malefico: comprare Aranguiz (stesso agente di Arturo Vidal) dal Leverkusen (stesso club dove giocava Vidal) e vedere che succede. Aranguiz è molto forte, davvero! Non a caso lo chiamano il Principe: centrale di centrocampo e all’occorrenza esterno destro o trequartista, destro naturale, due Coppa America vinte e oggi in Germania. Ha un bel passo e sa stare bene in campo.
Venti milioni. Servono solo venti milioni per cancellare quel senso di vuoto nel cerchio centrale, quello smarrimento, gli occhi lucidi di Claudio Marchisio e tutte le cose che non sono andate più come dovevano da quando Arturo Vidal ha lasciato la Juventus per il Bayern Monaco.
Arturo è stata la prima steal di Beppe Marotta: pagato 12 milioni, rivenduto tre volte tanto. Nel mezzo 171 partite, 48 gol e 25 assist, una finale di Champions League persa col Barcellona e il sogno di poterci riuscire. Aranguiz, transitato magicamente da Udine in un giro di trasferimenti, potrebbe essere il futuro accomodato dietro un assegno da venti milioni. Ma Beppe non è convinto, maledetta Nazionale Cilena che fa levitare i prezzi dei giocatori. Se solo fosse rimasto in Brasile…

Ultima chance: i Fratelli Pogba

Muoviti come un sicario, incuti terrore, mieti vittime.
Beppe continua a pensare a questa soluzione da quando Paul ha ciccato la prima partita coi Red Devils. La prerogativa è non dare indietro tutti quei soldi allo United, l’obiettivo è riportare subito Pogba a Torino prima che l’amore dei tifosi si spenga in un ottavo di Champions tra Manchester e Juventus con PP mattatore.
Florentin Pogba ha 26 anni, lavora come difensore centrale presso il Saint Etienne ed ha un valore di mercato di circa 3 milioni. Ci starebbe benissimo dietro a Rugani e Benatia, magari riesci anche a porgliela come un favore. Del resto se non ti acquista la Juventus dove speri di finire a giocare?
Mathias Pogba è l’attaccante dello Sparta Rotterdam e conosce pochissimo l’italiano grazie anche a quei mesi trascorsi a Pescara. Vale ancora meno di Florentin, appena 125 mila euro. Con cinque milioni compri entrambi i fratelli e richiedi una telefonata internazionale al centralino dell’Old Trafford. Sei arrivato ad essere l’uomo di punta dell’Adidas e uno dei più pagati allo United, hai giocato una finale degli Europei partendo da noi, l’unica squadra che ha creduto in te mentre vendeva l’anima al tuo agente. Non ti sembra l’ora di ripagarci?

Beppe è stanco, scorre nomi da circa due ore.
Giacomo Bonaventura, Alan Dzagoev, Saùl Niguez…
Squilla il telefono ed è il numero di casa. No, stasera faccio tardi al lavoro perché ho delle carte da sistemare, non aspettatemi. Joao Mario, ah no è andato all’Inter, Marco Verratti, Granit Xhaka costa troppo.
Il demone fa suonare il cronometro con quei bip pseudo elettronici che appartengono al passato, riaffiorano i momenti trascorsi a Genova in cui si poteva costruire un centrocampo in linea con gli obiettivi tesserando Lamberto Zauli, Danilo Soddimo o Vladimir Koman. Koman, Koman, Koke! Costa troppo.
Il cursore scivola ancora tra un’infinità di nomi, l’uno gennaio si avvicina e quel numero di telefono di San Pietroburgo nascosto nel portafoglio assomiglia sempre di più all’unica uscita di sicurezza.

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