I tredici giorni che hanno cambiato la Premier

Crampi Sportivi
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8 min readMay 21, 2014
Liverpool v Chelsea - Premier League

Bellissima ed emozionante. E potrebbe finire così. Sì. La Premier League di quest’anno è stata semplicemente questo. Un campionato incredibile, pieno di colpi di scena, combattuto fino all’ultimo, che ha visto vincere — con enorme fatica — la squadra più forte. È stata una pièce teatrale capace di esaltare singoli e gruppi, portarli all’apice della gloria e poi frantumarli impietosamente al suolo. Solo uno poteva essere il vincitore ed è stato quel Manchester City da tutti indicato come il grande favorito ai nastri di partenza ma che, fra infortuni e tentati suicidi, per poco non perde un campionato che oggettivamente solo lei sembrava poter non vincere. E’ finita in festa, con il secondo scudetto vinto in tre anni. In molti si erano affrettati nel dire “non per forza i soldi arabi portano successi”, beh, si sono dovuti ricredere: ha vinto la squadra più ricca. Certo, per vedere City e PSG — le due più spendaccione al mondo, accomunate dai soldi degli emirati — trionfare in Champions League ci vorrà un po’ più di tempo ma si sa, la Coppa Campioni è una competizione del tutto particolare, completamente diversa dal campionato e che fa valere un principio su tutti: la tradizione. Quindi: hai voglia a pedalare! Per ora quei soldi (tanti, tantissimi) sono serviti per vincere i campionati. Poco male per due società che nell’era A.A. (ante arabi) avevano vinto solo 4 volte i titoli nazionali, mentre negli ultimi tre anni hanno raddoppiato il loro bottino.

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Ops we did it again

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Qualitativamente e numericamente, il Manchester City è sempre stata la squadra più forte. La capacità di andare avanti senza strappi, con regolarità, riuscendo a venir fuori da situazioni complicate ha infatti deciso l’esito del campionato. L’inizio di stagione dei citizens è stato complicato: imbattibile in casa (memorabili il 7–0 al Norwich, il 6–0 al Tottenham e il 6–3 all’Arsenal) ma molto, molto balbettante lontano dell’Etihad. Quattro sconfitte, due pari e solo due vittorie fino al 24 dicembre, quando a Londra Yaya Touré e compagni riuscirono a stendere 4–2 il Fulham, conquistando la seconda vittoria esterna consecutiva. Lì è cambiato qualcosa e la Premier League ha — realmente, per la prima volta — preso in considerazione i ragazzi di Pellegrini. Paradossale pensare che il City, fra le grandi del campionato, è quella che è rimasta per meno tempo in assoluto in testa: solamente 13 giorni — ma quelli giusti -, a dispetto dei 128 (!) dell’Arsenal, dei 64 del Chelsea e dei 59 del Liverpool. Sono loro, in ordine crescente, le prime quattro della classifica e le grandi deluse di questa stagione.

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Gioie e delusioni

Gioie e delusioni[/caption]

Partito fortissimo, l’Arsenal si è sciolto come neve al sole. I ragazzi di Wenger hanno cominciato dando spettacolo, illudendo i tifosi che era arrivata la volta buona per tornare a conquistare il titolo di campione d’Inghilterra, che manca dal 2004. Non è stato proprio così, anzi, è stata una cocente delusione, ma dalle parti dell’Emirates ci hanno fatto il callo a stagioni così. Il calcio-champagne ha lasciato spazio ad una serie clamorosa di infortuni e le imbarazzanti prove difensive di Koscielny e compagni hanno fatto il resto. L’unico merito dei biancorossi è stato quello di centrare per l’ennesima volta l’accesso alla Champions League e di vincere una FA Cup che stavano per perdere da soli (rimonta da 2–0 a 3–2 sull’Hull City grazie a Ramsey, il migliore di tutta la stagione). Magrissima consolazione.

Il calo vertiginoso dell’Arsenal è coinciso invece con la risalita del Chelsea. Il calcio spettacolo di inizio anno che aveva lanciato i londinesi, è stato per lunghi tratti soppiantato da quello pragmatico, brutto ma efficace, di Lampard & co. Già, Mourinho ha chiuso però la sua prima stagione da allenatore con zeru tituli e il suo ritorno a Stamford Bridge non è stato proprio esaltante. Certo, i Blues hanno lottato sino alla fine per la Premier e sono arrivati in semifinale di Champions (a dispetto dell’anno precedente in cui a gennaio erano già fuori dalla corsa al titolo, ed erano stati eliminati in Coppa dei Campioni, salvo poi rimediare vincendo l’Europa League) ma così come successo ai tempi del Real Madrid, è uscita fuori qualche crepa di troppo nello spogliatoio dello Special One. Le ruggini con Eto’o (“è vecchio” disse di lui Mou; “è un idiota” ha risposto pacatamente il camerunense) e le incomprensioni con qualche senatore, sono tutti aspetti che nelle squadre dell’uomo di Setubal — vedi Inter, Chelsea prima edizione e Porto — non erano proprio contemplati. Se ci aggiungiamo poi che, a differenza di City (con Aguero, Dzeko, Negredo) e Liverpool (Suarez-Sturridge), il Chelsea non ha potuto contare su un grandissimo centravanti, i motivi del fallimento — se così si può chiamare — dei dollari di Abramovich sono lampanti. Sì, perché lo stesso Eto’o, il parente scarso di Torres, un Demba Ba a corrente alternata e l’evanescente Salah non sono stati una garanzia in fase di realizzazione. Il migliore è stato Hazard, che ha disputato un grandissimo campionato, ma che ha avuto lui stesso ruggini con l’allenatore: “il Chelsea difende e basta” disse il belga dopo l’eliminazione con l’Atletico Madrid; “Hazard non è ancora pronto a sacrificarsi al cento per cento per il Chelsea” rispose per le rime il portoghese. Per l’allenatore la squadra non era ancora pronta per il titolo. Qualche dubbio rimane, visto che a giudicare dai nomi in roster i londinesi erano secondi solo al City.

Sono invece arrivati terzi, alle spalle della più bella e spettacolare squadra della stagione, ma probabilmente quella più delusa. Parliamo ovviamente del Liverpool che, al termine di una grande rincorsa, era ad un passo dal conquistare quel titolo che ad Anfield manca ormai da 24 anni. Perdere così brucia e a volte il destino riserva davvero delle sorprese amarissime. Rodgers ha fatto un miracolo, questo non va dimenticato. Il tecnico dei Reds, dopo il settimo posto dello scorso anno, ha ridato un ruolo di primo piano a quella che in Inghilterra è la squadra più vincente di sempre assieme il Manchester United. Gerrard e compagni hanno trovato una loro marcata e precisa identità, mettendo in mostra un football di qualità, divertente ed offensivo. Le meraviglie di Suarez — eletto MVP della stagione con i suoi 31 gol -, l’intesa con Sturridge, l’esplosione di Sterling e il capolavoro tattico di piazzare l’8 davanti alla difesa, sono state le chiavi di un campionato che ad un certo punto sembrava davvero vinto. “We go to Norwich and we do exactly the same” strillò ai compagni SteveG al termine della trionfale partita casalinga contro il City. Quel match aveva consegnato la stagione ai rossi del Merseyside, ma la sconfitta casalinga col Chelsea e il suicidio da 3–0 a 3–3 col Crystal Palace hanno clamorosamente ribaltato l’esito di un campionato che sembrava non volesse trovare un padrone. “Ora non possiamo più scivolare” dichiarò il capitano dei Reds alla vigilia della gara contro Mourinho. Inutile ricordarvi l’1–0 di Demba Ba….
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E’ così che, quasi inaspettatamente, il City si è trovato ad esclamare “oh, ce lo fanno proprio vincere. Che sciocchi”. Nessun passo falso nel finale di stagione e secondo titolo in tre anni. Nessuno, comunque, ci leverà dalla testa che con Aguero a servizio completo (è stato infortunato praticamente mezza stagione) i citizens avrebbero vinto con largo anticipo. Il grimaldello in grado di scardinare gli equilibri del campionato inglese risponde però al nome di Yaya Touré. L’ivoriano, assieme a Suarez, è stato per distacco il miglior giocatore della Lega. Oramai è indubbio che l’ex Barcellona sia il miglior centrocampista d’Inghilterra e fra i più forti al mondo. Elegante, intelligente e dotato di una forza fisica straordinaria, si è ancora una volta riscoperto un grande realizzatore. È lui, con i suoi 20 gol in campionato, il miglior marcatore degli sky blues. Basti pensare che in Premier è il giocatore che maggiormente trasforma in gol una conclusione: ha una precisione straordinaria, che supera il 32% dei tiri. Mai in carriera aveva avuto percentuali così alte, né aveva realizzato così tante reti. Assolutamente impressionante è poi quello che accade quando SuperYaya calcia in porta: il 73% (occhio, settantatré) delle volte nelle quali l’africano prende lo specchio, fa gol. Più di sette tiri su dieci gonfiano la rete e sono roba bella, come questa. Sbalorditivo se pensiamo che è un centrocampista e che il secondo in graduatoria è Robin Van Persie che ha una percentuale del 57,9%.

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I'm Yaya

I’m Yaya[/caption]

Anche grazie al contributo di un mostruoso Touré, Pellegrini torna a vincere un titolo che gli mancava oramai da tempo immemore. Il tecnico cileno, dopo il successo con il River, in Liga era rimasto a secco di vittorie sulle panchine di Villareal, Real Madrid (e lì è anche sopravvissuto al non aver vinto il campionato nonostante 96 punti realizzati, ma contro aveva il Barcellona più forte di sempre) e Malaga. La sua pacatezza e la capacità di gestire un gruppo di campioni nei momenti di difficoltà — che a tratti ha ricordato quella di Ancelotti (di cui parlammo qui) — stavolta hanno pagato. In Champions League forse è ancora presto per vincere e l’eliminazione per mano del Barcellona (il peggiore degli ultimi anni) è stata una bella bocciatura. In campionato, però, è bastato questo. Tredici giorni in testa. Quelli giusti.

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El Genio

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Di giusto, invece, non ha fatto nulla, ma proprio nulla, il Manchester United. Impossibile chiudere senza parlare dei Red Devils. C’è ben poco da aggiungere rispetto ai numeri impietosi che hanno collezionato Rooney e compagni. Umiliazione, disastro totale e bocciatura senza possibilità di appello per David Moyes, colui che Sir Alex aveva indicato come suo erede. Arrivato dall’Everton — che senza di lui, ma con Martinez in panchina, ha fatto la migliore stagione degli ultimi anni sfiorando la Champions — ha collezionato solo figuracce in serie. Raccogliere l’eredità di Fergie non era compito semplice, lo sapevano tutti, ma non ci si poteva aspettare un simile tracollo verticale. Lo United non disputerà Coppe Europee dopo 24 anni di presenza fissa, mai in casa aveva perso così tante partite (Swansea, Newcastle e West Brom si sono permesse di vincere per la prima volta nella loro storia ad Old Trafford) e per numero di punti conquistati è stata la sua peggior stagione da quando è stata istituita la Premier League (1992). Il tutto con una squadra che aveva vinto il titolo lo scorso anno con 11 punti sul City e condito da una campagna acquisti disastrosa, con 33 milioni spesi in estate per Fellaini e 45 per Mata, in un mercato che non ha riparato proprio un bel niente. Bye bye Moyes, al teatro dei sogni nessuno sentirà la tua mancanza. Ora ci proverà Van Gaal.

Matteo Santi. Mai laureato, cresce giocando a basket, lo abbandona per altezza insufficiente e si dà alla pallavolo. Sogna il Tour. Odia tutti quelli che scrivono “qual’è” e che dicono “cannottiera” e “carammella” @matteosanti_5

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