Il calcio protesico di Andreas Schicker

Crampi Sportivi
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5 min readFeb 25, 2016

Il Dynamite Stranger è un petardo prodotto in Germania e destinato esclusivamente al mercato austriaco: 25 mm di diametro, 20 centimetri di lunghezza e sei secondi necessari all’innesco. Classificato come esplosivo di quarto livello (in Austria è necessaria una licenza per poterlo acquistare), a giudicare dai video sul web e dalle testimonianze di chi lo ha sentito esplodere, il Dynamite Stranger suona come una bombola del gas saltata in aria o come un colpo d’arma da fuoco. Non a caso viene considerato uno degli esplosivi più pericolosi del Paese.

Andreas Schicker, ovviamente, tutto questo non lo sa. Nel novembre del 2014 è fermo per un infortunio: la sua squadra, lo SportVerein Horn, preferisce lasciarlo a casa, a Bruck an der Mur, nell’attesa che recuperi dal fastidio ai legamenti crociati del ginocchio destro. Andi ha firmato per lo SV Horn solo ad agosto, ma si è subito fatto male in allenamento e quindi la sua squadra, di cui Keisuke Honda è il presidente, non ha ancora potuto schierarlo in campo per una partita ufficiale.

Difensore centrale di fisico ed esperienza, Schicker è un classe ’86 che ha accumulato tantissime presenze nella Bundesliga austriaca e qualche convocazione nelle nazionali giovanili. Nato a Vienna, non ha mai superato i confini del suo Paese, calcisticamente parlando.

Alle 3.25 di una domenica notte anonima quanto basta, Andi esce dal ristorante con un compagno di squadra: i due passeggiano tra i vicoli di Bruck an der Mur e hanno voglia di festeggiare. Schicker estrae dalla tasca il Dynamite Stranger, da fuoco alla miccia e lo impugna come se fosse un bengala. Lo scoppio è di una violenza inaudita: il vicolo si illumina a giorno per qualche frazione di secondo e, dopo qualche istante, due pattuglie della polizia piombano sul posto, allarmate dal boato che ha riempito l’intero quartiere.

Il quadro della situazione è straziante: Schicker è a terra privo di sensi, la sua mano sinistra è ridotta semplicemente a brandelli e quella destra sembra aver perso alcune falangi. Il suo compagno è a terra poco più distante: ha alcune scottature sulle gambe e la potenza dell’esplosione sembra averlo intontito parecchio.

La vita, la carriera e i sogni di Andreas, quella sera, vengono mescolati e sparigliati sul tavolo. La corsa in ospedale, le successive dieci ore di intervento per cercare di salvare qualcosa dei suoi arti superiori, i vuoti di memoria e la denuncia per possesso illegale di esplosivi sono solo il preludio di quello che lo aspetta, il calvario necessario per essere il primo giocatore paralimpico autorizzato dalla FIFA a scendere in campo con una protesi.

Ma il tunnel che separa Schicker dal prato dello stadio non è mai sembrato così lungo: i medici dell’ospedale LKH di Graz riescono a salvare qualcosa della sua mano destra, che perde solo le falangi di pollice e indice, ma sono costretti ad amputare l’arto sinistro fino all’avambraccio, sostituendolo con una protesi mioelettrica.

Nove mesi di riabilitazione, una difficoltà incredibile a svolgere anche semplici mansioni (Schicker, di fatto, era mancino), la frustrazione e quella sensazione di sentirsi incompleto, unita al dolore fantasma che ogni tanto sovviene. Le critiche di chi si chiede «Cosa ci fa un giocatore di seconda divisione in giro a tarda notte e con un petardo in mano?», la stampa invasiva che prova a sfumare il confine tra la vita privata e quella da professionista.

In tutto questo c’è anche il sostegno dell’SV Horn, la sua squadra, che si dichiara pronta a vivere questo lungo percorso assieme a lui. Andreas è un sognatore, ma si mostra estremamente pragmatico e realista: ringrazia l’SV Horn e decide di trasferirsi alla seconda squadra del Weiner Neustadt, società per la quale aveva già giocato anni prima. Schicker è costretto ad ambientarsi in una dimensione della sua vita (sportiva e non) che non è mai stata sua.

Assimilati i postumi dell’operazione, la mano inizia a rispondere ai primi impulsi: Andreas riesce a guidare, afferrare gli oggetti, il normale ordine delle cose incomincia a ricomporsi nella sua vita. C’è spazio anche per il calcio, col tecnico Gunter Kreissl che gli lascia condurre il riscaldamento della squadra e lo nomina assistente allenatore, ma a 29 anni è difficile passare dal campo alla panchina, specie se superi un dramma incredibile come quello vissuto da Andi e senti dentro di te la forza per abbattere ogni ostacolo.

Nella sua nuova vita da calciatore paralimpico ci sta scomodo. La stucchevole attesa prima di una partita non gli appartiene già da un anno e per questo decide di scrivere alla OFB, la federcalcio austriaca. La richiesta è semplice, quasi infantile: Andreas Schicker chiede alla federazione di poter ritornare in campo, indossando una protesi di schiuma estremamente morbida, che non rappresenta alcun rischio per se stesso e per i suoi avversari.

In questo momento della sua carriera, Andreas è impotente, ancora una volta, ma l’OFB non può aiutarlo. Bisogna bussare ai piani alti, cambiare indirizzo e spedire gli incartamenti a Zurigo, agli uffici della FIFA. Il suo è un progetto medico sperimentale e i vertici del calcio mondiale prendono tempo mentre Andreas torna in palestra e recupera il tono fisico: esordisce in un’amichevole nell’ottobre 2015, a meno di un anno di distanza dal tragico incidente.

Le parole di Schicker sono chiare: «Con Gunter (il tecnico, ndr) siamo molto amici e abbiamo trovato un accordo. Qualora la FIFA mi autorizzasse a ritornare in campo come professionista, Gunter dovrà schierarmi solo se mi riterrà più pronto rispetto ai miei compagni di reparto, non dovrà farlo per pietà o per il rapporto che ci lega». Poi, il 31 ottobre, la FIFA si pronuncia.

Andreas può tornare in campo e ritenersi a tutti gli effetti un giocatore professionista, ma il suo impiego durante le partite dovrà esser deciso dall’arbitro designato a dirigere la gara. Prima di ogni incontro Andreas dovrà bussare allo spogliatoio dei direttori di gara, illustrare la sua situazione e chiedere di poter entrare in campo ma, formalmente, può ritenersi abilitato a indossare la divisa da gara per schierarsi al centro della difesa a partire dall’imminente primavera.

Schicker può esser finalmente felice: «Ho intenzione di festeggiare questa notizia, ma senza fuochi d’artificio o petardi! L’incidente è stato uno shock per me e per i miei amici, in certi casi pensi — Cosa potrebbe mai succedermi? Perché proprio a me? -. Sarebbe potuta andare molto peggio ma ho pagato per questo, adesso sento di poter consigliare a tutti che non vale la pena spendere dei soldi per dieci secondi di divertimento e rischiare così tanto. Dopo i legamenti alle ginocchia, l’amputazione al braccio e la mia protesi, adesso voglio godermi il mio rientro in campo».

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