Il coro rosso di Klopp

Crampi Sportivi
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3 min readSep 17, 2016

Go on, son! (ep. 2)

Chelsea vs Liverpool è una delle “nuove classiche” del calcio inglese. In effetti, negli anni ‘70, poteva anche capitare che i Blues battessero i Reds per 4–2 in Coppa d’Inghilterra e tutti, ma dico tutti, ritenessero la partita una delle più sorprendenti della stagione. Bella forza: quelli di Anfield erano campioni d’Europa, quelli dello Stamford Bridge erano appena saliti in First Division dopo un biennio trascorso nella serie cadetta.

Poi sono arrivati i petro-rubli di Roman Abramovich (accento sulla o, mi raccomando) e i due team se le sono date di santa ragione in campionato, ma pure tanto in Champions League e nelle coppe nazionali. Sfide epiche, infarcite di polemiche, anche perché sulle panchine c’erano due che non le mandano a dire e che rispondono al nome di Rafa Benitez e José Mourinho.

Noi qualche anno fa abbiamo assistito dal vivo a un Chelsea vs. Liverpool allo Stamford Bridge. Era un quarto di finale di Coppa di Lega e i Reds dominarono ben oltre il 2–0 che inflissero agli avversari. Un po’ come successo ieri. Il 2–1 al ’90 è un risultato a dir poco bugiardo. È vero, ogni tanto il Liverpool precipita in un preoccupante letargo, ma quando applica alla lettera i dettami del calcio ultra-dinamico e molto offensivo di Jurgen Klopp non ce n’è per nessuno.

Non ci aspettavamo invece un Chelsea così passivo, statico e confuso. Nemmeno dopo la prevedibile sfuriata di Antonio Conte all’intervallo c’è stata una reazione degna di nota — il goal di Diego Costa è stato un episodio e basta.

JORDAN HENDERSON.

Purtroppo per l’ex tecnico della nazionale, in campo c’era il fratello pigro e imbronciato di Eden Hazard, quello visto vagare per i campi della Premier la stagione scorsa.

Se nel Liverpool faremmo fatica a scegliere il più bravo, tanto bella è stata la prestazione corale, nel Chelsea si sono salvati in pochi. Nell’epoca del giornalismo usa e getta e dei giudizi obbligatoriamente e forzatamente tranchant, non vuol dire che la compagine dello Stamford Bridge è in crisi profonda e già fuori dai giochi. Vuol dire che Conte ha ancora tanto lavoro da fare per guarire una squadra che si è pur sempre piazzata decima nello scorso campionato.

Invece il Liverpool rimane il mistero più grande della Premier 2016–17. In questo primo scorcio di stagione ha dimostrato di poter giocare a viso aperto e di vincere con le grandi, però si è anche persa in maniera inquietante contro il piccolo Burnley. A noi il calcio diretto e verticale di Klopp, piacevolmente privo di barocchismi, piace tanto. Non ce ne vogliano gli adoratori del tikitaka del vate Pep, ma al momento per noi i Reds esprimono il football più spettacolare d’Inghilterra. Proprio loro che in realtà nemmeno si sentono troppo inglesi, ma sono scouser* e basta.

Che con i londinesi sbruffoni e arroganti non vanno tanto d’accordo (eufemismo) e che quindi non stanno nella pelle per le due vittorie consecutive al Bridge sotto la gestione Klopp. Uno che, se continua così, è destinato a occupare una posizione importante nel pantheon dei manager del Liverpool. Quello dove troneggia un certo Bill Shankly.

Articolo a cura di Luca Manes

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