Il largo anticipo con cui Battiato aveva profetizzato l’ascesa di Roberto Baggio

Crampi Sportivi
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2 min readFeb 18, 2015

di Simone Vacatello

Il pretesto estetico

Sulla copertina del disco di Battiato La voce del padrone (1981) — il primo lp italiano a superare il milione di copie vendute — l’autore esibisce un antesignano codino, ed è circondato da una cornice azzurra. Con quasi una decade d’anticipo l’artista siciliano mette in scena una doppia simbologia che è destinata a entrare nel cuore di tutti quelli che Baggio l’hanno amato.

Sette punizioni sotto l’incrocio

Si tratta del primo vero album di grande successo che abbia rotto con qualsiasi tradizione musicale italiana precedente. Sonorità eleganti che definire new wave è riduttivo e anche ottuso. Un album solitario perché denso ma minimale, come lo stesso Roby, cerebrale nella visione di gioco ma rapido e genuino come un lungo dribbling palla al piede. Sette pezzi pregiati come sette punizioni sotto l’incrocio. Allo stesso modo Roberto Baggio non è un simbolo del calcio italiano o dell’Italia in generale, ma un patrimonio di entrambe le realtà, qualcosa che più che esibito andrebbe protetto, come le specie rare. Uno che i tratti “tipici” dell’italiano, quelli che rimpolpano i pregiudizi di mezzo mondo, non ce li ha mai avuti.

Il paradosso del titolo

Fantasioso ma introverso, mite ma pronto a fare l’antipatico quando sommerso da immondizie calcistiche invece che musicali, mosso da uno spirito che trascende l’individualismo fino a risultare vagamente anarchico, Baggio non è mai riuscito a piegarsi alle esigenze di nessun allenatore. Piuttosto che sentirsi in dovere di andarci d’accordo per forza, anzi, s’è abituato alla valigia sempre pronta, a fare il protagonista in piazze minori. Buffo che il titolo dell’album, La voce del padrone, sia quella a cui il miglior calciatore italiano di sempre non ha mai obbedito.

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