Il leone spagnolo

Elena Chiara Mitrani
Crampi Sportivi
Published in
7 min readFeb 13, 2018

“Resterò un tifoso della Juventus tutta la vita. Troppo belli quei due anni, troppo intenso il feeling con l’ambiente e con i tifosi.

L’esperienza alla Juve e il Mondiale vinto con la Spagna le considero le cose più belle che mi siano capitate a livello professionale”

Fernando Llorente più che un centravanti d’altri tempi è un centravanti fuori dal tempo. E non è tanto un fatto di caratteristiche tecniche che rimandano più ai 9 degli anni ’90 piuttosto che a quelli di inizio XXI secolo: nel calcio stereotipato, iper-professionistico e ultra-competitivo di oggi, in cui gli atleti sono sempre più simili ad androidi costruiti in laboratorio che hanno nell’emotività il loro primo nemico, uno con la sua bontà d’animo appare clamorosamente fuori posto.

Il termine bontà non è usato a caso: Llorente, in campo e fuori, è un buono in senso letterale e, comunque, in un modo che non corrisponde alla narrativa e alla semantica legate all’archetipo dell’attaccante di razza. Un ruolo che si regge su egoismo, ferocia, killer instinct e tutte quelle altre cose che non vi verrebbero mai in mente guardando il volto del navarro. E anche il suo soprannome, “El Rey León”, costituisce un ulteriore paradosso, retaggio dei suoi trascorsi alla Catedral del San Mamés, la casa dei “Los Leones”, un luogo ancor più tetragono alla figura che questo figlio di Pamplona riveste nell’immaginario collettivo. Così come una carriera passata a fare a sportellate contro i ruvidi centrali avversari pare non averlo incattivito nemmeno un po’.

Buono sì, ma pur sempre un centravanti.

Con uno così non si può non andare d’accordo (a meno che non siate Marcelo Bielsa). Uno così non può non lasciare un vuoto incolmabile quando se ne va. Uno così non può che farsi precedere dalla sua fama, come ha raccontato Mauricio Pochettino:

«Il nostro capitano Lloris era impegnato in un’amichevole con la Francia, quando mi ha mandato un messaggio per sapere se fosse vero che avevamo appena ingaggiato Llorente. Quando gli ho confermato tutto, non ha potuto fare a meno di scrivermi “Wow, grande!”. Basta questo per descrivere l’impatto che ha nel nostro spogliatoio: tutti gli altri giocatori hanno un grande rispetto per lui».

E i 15 gol in 35 presenze nella stagione precedente con lo Swansea c’entravano relativamente.

Anche se hanno aiutato, ecco…

Perché a uno come Llorente non puoi non voler bene. Se sei un compagno, certo, ma soprattutto se sei un tifoso. E in un’epoca di ex che non esultano e di curve che insultano perché le scelte di vita e di carriera non combaciano con ideali superati dal mondo e dal tempo, il rapporto che lega il gigante spagnolo ai tifosi della Juventus è qualcosa di speciale. Unico, a tratti quasi inspiegabile, soprattutto se si usano i gol e le prestazioni come uniche chiavi di lettura di qualcosa che va molto al di là del campo.

Anche perché non si può certo dire che Llorente sia stato una delle star più celebrate del recente seiennio d’oro, nonostante una prima stagione molto positiva (18 reti tra campionato e Champions nell’ultima Juve di Conte) e un apporto concreto, fattivo e determinante anche in quella 1.0 di Allegri. Eppure, nel ricordo degli juventini sono rimaste la professionalità e la pacatezza dell’attaccante di Pamplona, che durante la stagione 2014/15 perse il posto da titolare a vantaggio dell’enfant terrible Morata. Quel giovane campione che lui stesso, calzando i panni del fratello maggiore, aveva aiutato a inserirsi nel gruppo.

Pur essendo diventato a tutti gli effetti una riserva, Llorente ha sempre messo il bene della squadra davanti a tutto. Pochi ricordano che nel difficile match contro l’Olympiakos a Torino, durante una fase a gironi piuttosto rocambolesca, fu proprio un suo gol fortunoso a consentire alla Juventus di rimanere aggrappata alla qualificazione, muovendo i primi passi verso la finale di Berlino. Nonostante questo, nel diradarsi (e appannarsi) delle sue prestazioni durante quella stagione, in molti intravidero i segnali di quell’addio poi “ufficializzato” dal successivo e massiccio rinnovamento sul fronte d’attacco messo in atto con l’arrivo di Dybala, Mandžukić e Zaza.

Eppure, l’impressione era che, se fosse stato per lui, Llorente sarebbe rimasto anche come riserva, tant’è vero che lo spagnolo trascorse l’estate 2015 con la squadra in un improbabile status da separato in casa, vincendo la Supercoppa Italiana nel mese di agosto e giocando parte della partita inaugurale della Serie A 2015/16, contro l’Udinese. Solo a fine agosto Llorente finì per salutare, con un’operazione controversa che lo vide passare gratuitamente al Siviglia in seguito alla rescissione del suo contratto: un risparmio d’ingaggio che sarebbe costato carissimo e non solo in termini affettivi.

«Sarà una partita molto speciale per me!». È con questo messaggio postato su Instagram che Llorente ha commentato il sorteggio che lo metterà per la seconda volta di fronte al suo passato bianconero in una partita di Champions League.

Per altro, un gol da ex l’ha già fatto qualche settimana fa con il Tottenham allo Swansea.

Sebbene abbia lasciato l’Italia tre stagioni fa, l’attaccante spagnolo continua a postare anche in italiano, e questo perché una larga parte della sua fanbase, che interagisce con lui con grande affetto, risale proprio ai tempi della sua militanza con la squadra campione d’Italia.

«Grande Fer, sarà bello rivederti», «Sarai uno dei pochissimi ex che verrà applaudito dal nostro pubblico», «Sei sempre un bel ricordo per noi» sono solo alcuni dei messaggi con cui i suoi ex hanno commentato il post.

Non mancano poi gli accenni bonari al “dispetto” del dicembre 2015, quando un gol dell’attaccante, da qualche mese al Siviglia (e con tanto di successivo messaggio di stima attraverso Instagram), nell’ultima partita del girone di Champions League condannò i suoi ex compagni al secondo posto e ad un sorteggio fatale contro il Bayern Monaco di Guardiola («Ero dispiaciuto per il risultato: ho sofferto e ci sono rimasto male come i tifosi e miei ex compagni. Peccato davvero: ero convinto che sarebbero andati avanti e lo avrebbero anche meritato»). Di contro, quel gol spalancò le porte del consueto e trionfale cammino andaluso in Europa League. Ma anche lì, nel momento del trionfo personale e di squadra, con una coppa che dovrebbe assorbire tutto e tutti, uno dei primi pensieri è per il suo passato mai dimenticato:

Anche per questo non è stato difficile perdonargli il gol del Sánchez Pizjuán, in un’ulteriore prova di quanto lo spagnolo goda ancora di grande popolarità tra i suoi ex sostenitori, con un posto nel cuore conquistato grazie al suo buon carattere e a un’eleganza nei comportamenti. Un qualcosa che non è facile trovare in un mondo in cui lo stereotipo della star viziata va ormai per la maggiore e, anzi, a volte contribuisce a generare quell’appeal marketing di cui sempre di più i campioni vanno in cerca per incrementare il loro valore commerciale. In fondo, identificarsi con Llorente è facile, quasi naturale, in una sorta di “vita da mediano” applicata al mestiere di centravanti, innamorato della sua squadra (o delle sue squadre) sposato con una ragazza che è l’anti-wag per eccellenza (Maria è un medico all’ospedale di Bilbao) e che non ha altro modo di stare al mondo se non quello di essere un uomo normale in mezzo ad altri uomini normali, sentendosi a pieno titolo uno di loro. Con l’unica differenza di giocare a pallone un po’ meglio degli altri.

Nonostante il picco di forma attraversato all’Athletic Bilbao (29 reti nel 2011/12), quindi, si può dire che le stagioni da titolare nella Juve dei record abbiano rappresentato il picco più alto della carriera di Llorente. A pochi mesi dall’inizio dell’avventura londinese come primo cambio dell’apparentemente insostituibile Harry Kane, lo spagnolo ritrova sul proprio cammino forse non il suo primo amore ma, di certo, quello mai sopito, come ha dimostrato la presenza nella sfortunata finale di Cardiff, quando è stato letteralmente “scortato” all’ingresso allo stadio da una folla di tifosi bianconeri adoranti. D’altra parte, a pochi giorni di distanza dal primo confronto tra Juve e Spurs, Llorente ha rilasciato a Tuttosport un’intervista dai toni nostalgici, ammettendo il suo affetto incondizionato nei confronti della squadra bianconera.

Il doppio confronto imminente sarà nuova occasione di incontrare vecchi amici e un pubblico che continua a volergli bene, ma di fare allo stesso tempo un nuovo sgambetto ancora più sgradito. Del resto, Llorente qualche settimana fa ha segnato il suo primo gol in Premier con la maglia del Tottenham proprio contro lo Swansea; i tifosi bianconeri, oltre alle manifestazioni d’affetto, penseranno anche — con un po’ di timore — alla cabala. Perché se a farti male è qualcuno cui vuoi bene, ricambiato, si soffre sempre un po’ di più.

A cura di Elena Chiara Mitrani e Claudio Pellecchia

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