La rivincita di JaVale McGee

Crampi Sportivi
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6 min readJan 10, 2017

Immaginate di avere una tecnica calcistica eccezionale, una potenza fisica straripante, una struttura fisica imponente e la costanza di Paperoga.

Immaginate di essere un proposito ragionevole, particolareggiato, modernizzante ed economico e di ritrovarvi nell’agenda di un capo di partito italiano.

In ambito pallacanestro, immaginate di essere JaVale McGee.

Il profilo che attualmente pare si stia imponendo nella elite NBA è il seguente: lungo in altezza e in apertura alare, atleticamente dotato. Relativamente a questa architettura, JaVale è straordinario: alto 2 metri e 13, ha la quinta wingspan dell’intera NBA, ovvero 228 centimetri di apertura alare; si pone, nell’intera lega, davanti a giocatori che della loro fanno un punto forte (Antetokounmpo, Porzingis), pari a DeAndre Jordan e dietro solo a Drummond, Whiteside e Gobert.

Direte voi: “ma gli altri sono tutti All-Star o al confine per esserlo”. Diciamo che JaVale ha puntato altri tipi di premi da MVP.

McGee nasce nel 1988, da due giocatori di pallacanestro: il meno famoso Carl Montgomery e la ben più nota Pamela McGee. La sua nascita è stata anche travagliata: Pamela, giocatrice in carriera, ex medaglia d’oro ai Mondiali del 1983 e all’Olimpiade del 1984 con la nazionale USA, inserita nella Hall of Fame nel 2012 è decisa ad abortire quando a 24 anni scopre di essere incinta.
Prenota un appuntamento nella struttura scelta per l’operazione, ma nelle 48 ore di attesa di prassi prima dell’operazione afferma di aver sentito prima la voce di Dio dirle di non rifiutare i regali divini e poi, recatasi nella chiesa accanto, allo stesso modo ascoltare da un prete ignaro della decisione un sermone contrario all’aborto. Colpita dal doppio accadimento, coglie il segno, rinuncia al proposito iniziale e ci regala JaVale.

Il ragazzo cresce per diventare un gigante, dal punto di vista fisico: sebbene rozzo tecnicamente, dopo due anni di college in cui non parte mai titolare lascia intravedere le potenzialità di quelle lunghe leve e un discreto atletismo (spicca soprattutto per la capacità di stoppare). Viene perciò scelto come 18esimo nel draft del 2008 dai Washington Wizards, come prospetto per il futuro, con Nick Young scelto l’anno prima, intorno a Gilbert Arenas.

Purtroppo gli infortuni non danno tregua ad “Agent Zero” Arenas, il quale contemporaneamente verrà processato per possesso di armi (scariche, per fortuna) nello spogliatoio della sua squadra (intenzionato a risolvere un problema di debiti di gioco con il compagno di squadra Javaris Critterton); Gilbert non tornerà più quello di una volta, la squadra non arriva più alle vette prima raggiunte, il ragazzo viene scambiato per liberarsi del suo contrattone e per i Wizards viene l’ora di puntare al futuro, e cioè al big man JaVale, che intanto sta provando lentamente a migliorare nei punti in cui è più debole.

Inoltre, nel draft del 2010 come prima scelta assoluta era stato pescato John Wall, ad oggi uno dei migliori 5 playmaker della Lega, stella designata che non ha tradito le attese; insomma, il tavolo era apparecchiato per un asse play-pivot che potesse porre le basi di una sorta di dinastia per il team.

Qui sorgono i primi problemi: perché, nonostante sia John quello all’esordio assoluto nella Lega, l’unico dei due a mostrare una maggiore difficoltà di concentrazione e un atteggiamento poco maturo è invece McGee.
Al quale, ad esempio, Wall in allenamento deve ricordare di… correre con lui:

Certo, quando si trova sulla stessa lunghezza d’onda, la coppia presenta una combinazione atletica devastante che alterna le intuizioni di Wall alle conclusioni di McGee:

Per queste caratteristiche, nonostante qualche passaggio a vuoto, viene chiamato per la gara delle schiacciate nell’All Star Weekend di quella stagione.

Schiacciata d’esordio nella gara: due palloni in due canestri.
Seconda schiacciata: sarà inserita nel Guinnes World Record per il maggior numero di palloni schiacciati a canestro in un unico salto.
Schiacciata finale: forse meno scenografica delle altre, ma ugualmente impressionante.

C’è anche da dire che in quell’annata JaVale alterna momenti stupefacenti a clamorose defaillances di atteggiamento, almeno a livello offensivo.

Sotto di -6, non è il momento più intelligente per dare spettacolo…
Una stoppata con la palla in parabola discendente dà canestro valido all’attaccante: perchè invece stoppare ogni volta che salta senza considerare dove sia la palla, solo per mostrare l’elevazione?

Esempio perfetto è quello della gara del 15 marzo 2011 con i Chicago Bulls: nella pesante sconfitta dei Wizards per 98–79, il ragazzo realizza addirittura una tripla doppia con 12 stoppate (!!!), 12 rimbalzi (le due specialità della casa) e 11 punti. Insomma, un gran risultato: peccato che nell’ultimo quarto, mentre la sua squadra veniva distrutta, per raggiungere i 10 punti necessari al traguardo individuale abbia cominciato a prendere tiri forzatissimi e di bassa percentuale per lui, nonchè abbia ricevuto un fallo tecnico per eccessiva esultanza una volta messa a segno la schiacciata per i suoi punti finali.
Chiudendo il cerchio con la risposta piccata alle critiche su questo episodio fatte dal commentatore tv Kevin McHale, hall of famer da giocatore NBA:

“Ho messo a segno una tripla doppia, quanti possono dire di averlo fatto? Non mi preoccupano le critiche”.

Le fatiche invernali del ragazzo però hanno bisogno di qualcuno che possa dargli una mano, una seconda personalità.

Così come si prodiga nello spiegarne le funzioni:

e le necessità:

Durante l’estate, inoltre, arrivano i dubbi esistenziali sulla logica… dei cartoni animati:

Ovvero, per chi non fosse sufficientemente edotto sull’argomento:

Grazie a queste sue “prestazioni”, come abbiamo visto in precedenza diventa una presenza fissa durante la rubrica televisiva di Shaquille O’Neal, lo Shaqtin’a Fool, che colleziona le gaffe più divertenti commesse sui campi della NBA: a fine stagione sarà proclamato Most Valuable Player della prima stagione della trasmissione, diventata poi una rubrica strutturata ed attesa sospinta dalla verve di JaVale McGee (inderogabilmente da pronunciare con l’inconfondibile vocione di Shaq, accompagnato dal suo “my boy”).

A Denver il ragazzo non prende mai il volo verso le vette più alte del gioco: aver cambiato aria non basta all’atleta per lasciare fuori la sua mente da quei buchi neri in cui si infila ogni tanto durante il gioco…

L’unica aggiunta di spessore al suo palmares è la proclamazione per il secondo anno di seguito, unico nella storia a raggiungere il premio due volte, di MVP per quanto riguarda lo Shaqtin’a Fool.

Del campionario di sciocchezze accumulate si stufa anche la dirigenza dei Nuggets: con un contratto che poi si rivelerà avventato, dopo gli inizi con qualche alto fra i consueti bassi, a Javale viene fatto firmare un quadriennale a luglio 2012; tuttavia un infortunio che gli fa saltare metà stagione 2013/2014 (dopo averlo contratto nell’altra metà) porta il front office di Denver a cercare acquirenti per sgravare dal tetto salariale il peso del suo contratto. Non certo aiutato dalle prove fornite al ritorno sui campi:

Alla fine l’occasione esce fuori: viene mandato a Philadelphia, quella in modalità rebuilding, insieme ad una prima scelta, in cambio dei diritti su Cenk Akyol , giocatore mai stato vagamente in orbita NBA.
In pratica, i Nuggets sacrificano una prima scelta pur di convincere qualcuno ad accollarsi JaVale e il suo contratto.
Perfetta corrispondenza insomma con la strategia di Hinkie, general manager dei 76ers, in cerca perpetua di assets per il suo processo di ricostruzione della franchigia; tuttavia, neanche le parole accoglienti del Process in persona:

riescono a risvegliare qualcosa in JaVale, il quale tuttavia chiede di restare a Philadelphia per fare da guida ai giovani Embiid e Noel “per mostrare loro come si vince”.
Tuttavia alla dirigenza non passa inosservato che l’unico esempio che stava trasmettendo al suo Joel è l’uso sconclusionato di twitter:

Inevitabile che a fine stagione non venga rinnovato.

Semplicemente impalpabile nella sua esperienza in Texas, dopo un anno arriva il taglio per lui; riesce giusto in tempo a lasciare qualche perla:

Ai giorni nostri, JaVale ormai è un reietto, senza contratto e con uno status quasi nullo.
A dargli una chance, con un non garantito, è addirittura la super squadra di Golden State: alla ricerca di lunghi che possano venir via con poco dispendio di ingaggio, vista la stragrande maggioranza dedicata agli stipendi delle super stelle Durant, Thompson, Green, Curry e Iguodala, provano a scommettere che per osmosi qualcosa del loro elevato IQ cestistico si innesti in McGee.
Nonostante già la prima scelta, fatta dal parrucchiere, sia pessima:

E lui, per non correre il rischio di non venir notato in mezzo a tutto quel ben di Dio cestistico, fa di tutto per non passare inosservato.

E pensate che ora è un campione NBA.

Articolo a cura di Marco A. Munno

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