Il match del secolo

Crampi Sportivi
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3 min readNov 26, 2017

Sono passati 64 anni, ma il ricordo di quella partita ancora brucia. I creatori del gioco del calcio, i maestri inglesi, furono umiliati sul terreno amico dai maghi ungheresi, che quello stesso gioco lo avevano reinterpretato in maniera brillante, anche grazie all’immensa classe di campioni del calibro di Puskas, Hidegkuti e Kocsis. Per la prima volta un team non britannico violava il sacro terreno di Wembley, per di più con un risultato eclatante: 6–3. Dopo solo mezz’ora i magiari conducevano già 4–1 su un team comunque infarcito di gente di valore come Billy Wright, Stan Mortensen e Stanley Matthews. Le geometrie perfette, la sapienza tattica e le invenzioni ungheresi (Hidegkuti falso nueve su tutte) ebbero la meglio del gioco a tratti rozzo e muscolare degli inglesi. Per la verità le prime avvisaglie che i maestri stavano per capitolare e prendere posto al banco degli studenti si erano moltiplicate nell’arco dei due decenni che precedettero quel tremendo pomeriggio di fine novembre. Negli anni Trenta il complesso di superiorità dei Tre Leoni raggiunse il culmine con il rifiuto di partecipare alla neonata Coppa Jules Rimet.

Però lo stentato successo interno (4–3 allo Stamford Bridge) contro l’Austria — per alcuni aspetti simile all’Ungheria di 20 anni dopo — avrebbe dovuto far risuonare il primo campanello d’allarme. La vittoria 3–2 contro l’Italia campione del mondo nella battaglia di Highbury illuse tutti. Ma dopo la fine della guerra si materializzò la prima doccia gelata: a Belo Horizonte l’Inghilterra fu eliminata dal primo mondiale brasiliano per mano di un gruppo di dilettanti statunitensi. Fu uno shock totale, però almeno c’era da accampare qualche scusa. La porta avversaria stregata, la fortuna dei dilettanti (letteralmente), l’impegno preso sotto gamba e via discorrendo.

Contro l’Ungheria di scuse non ce ne furono, semplicemente l’ormai arcaico 2–3–5 inglese fu ridicolizzato dalla flessibilità tattica degli avversari, che impartirono una lezione di gioco senza precedenti ai padroni di casa. Rispetto agli avversari Puskas e compagni erano avanti sotto ogni punto di vista. Anche le calzature erano più moderne, perché più comode e soprattutto leggere. Ma quella lezione così esauriente e severa evidentemente fu appresa solo in parte, se, tolto il trionfo nel mondiale organizzato su suolo amico nel 1966, l’Inghilterra ha sempre faticato e di frequente rimediato figuracce nelle grandi competizioni internazionali.

A rileggere i fatti a 64 anni di distanza, fa impressione pensare che proprio quella fantastica Ungheria non riuscì poi a vincere i Mondiali. Dopo aver umiliato ancora i Tre Leoni, questa volta al Nepstadion (7–1, peggior sconfitta della storia della nazionale inglese), i magiari si presentarono da favoriti assoluti alla Coppa del 1954, tenutasi in Svizzera. Persero in finale contro la Germania Ovest, stritolata 8–3 nel girone di qualificazione. Poi si scoprì che i tedeschi erano imbevuti di sostanze dopanti. Ma questa è un’altra storia.

Articolo a cura di Luca Manes

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