Il mio sport è differente? Riflessioni intorno all’Italia del Volley

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
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5 min readOct 9, 2014

Avevo letto abbastanza, seguito poco e visto — devo ammettere — praticamente nulla del mondiale femminile di pallavolo, nonostante sulla mia bacheca facebook siano andati intensificandosi negli ultimi giorni i richiami alle buone prestazioni della nostra nazionale. Poi sono andato al Forum per seguire Italia-Usa, e proprio subito dopo la (gran) partita, la redazione mi ha chiesto se avessi voglia di scriverci qualche riga.

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Alla partita ci arriverò tra poco. Vorrei prima spiegare il titolo e il richiamo alla mia bacheca Facebook. Ai tempi di non ricordo quale tra le mille polemiche legate al calcio, sui social è nato l’hashtag #ilmiosportèdifferente, in post in cui — io ovviamente ho letto quelli dei pallavolisti avendone parecchi tra gli amici — ognuno magnificava la superiorità della pallavolo sul mondo becero del “pallone”. Per usare una metafora, ai miei occhi di praticante — che avrebbe dovuto quindi essere schierato — era come se una setta di vegetariani inondasse le bacheche di carnivori con post #ilmiopastoèdifferente.

Questo moto di snobismo social-sportivo ha avuto un’altra ondata quando, all’inizio della World League, l’Italia maschile ha infilato 6 vittorie di fila poco prima dei Mondiali di calcio ed era tutto un “Italia del calcio, 27 pagine sui quotidiani — Italia del volley 6 su 6 e un trafiletto”. Sul poco spazio informativo dedicato alla pallavolo posso anche essere d’accordo. Ciò non toglie che i Mondiali di calcio sono tra gli eventi sportivi più seguiti mentre la World League, ehi, c’è una volta all’anno, e perdonate il francese ma… chisselancula. I giornali offrono quello che la gente domanda, e fanno bene altrimenti non venderebbero che poche copie.

Alla fine dei mondiali maschili, finiti miseramente, nessuno s’è lamentato del poco spazio informativo (anche perché sinceramente sono stati un ottimo spettacolo e ben coperto televisivamente). Ma tant’è, siamo italiani e lo sport nazionale in realtà è il salto sul carro del vincitore. E il carro delle ragazze inizia ad essere ben affollato ancora prima di arrivare in fondo: va benissimo, eh, purchè poi si crei un seguito. Io sono ben contento, sia chiaro, che ci sia richiesta di pezzi sulla pallavolo.

Non dubito però che anche i cestisti (non amo il basket, ma leggo un sacco di basket) potrebbero raccontarci perché #illorosportèdifferente, che i rugbisti potrebbero dirci come #ilterzotempoèdifferente, i calciatori come #icampettidiprovinciasonodifferenti, and so on. Mi piacerebbe però che il mondo della pallavolo sfruttasse l’occasione che una nazionale offre, come negli anni ’90 d’oro per il maschile, per migliorare la propria offerta di prodotto e non per piagnucolare che quel prodotto adesso lo comprano solo pochi appassionati.

Nessuno mi dica ad esempio che è stata la stessa cosa vedere le Olimpiadi su Sky rispetto alla Rai: prodotto uguale, appeal ben diverso.

L’offerta dei palazzetti può e deve migliorare, abbiam voglia a riempire le bacheche Facebook quando poi a vedere le partite o a seguirle alla tv non c’è anima viva. Lasciamo perdere il calcio, ci sono un sacco di carnivori nel mondo e non è giusto cercare di convincerli a diventare vegetariani. Possiamo far sì che apprezzino un pasto vegetariano, e lo introducano volentieri — in modo saltuario o più frequente — nella loro dieta. Ma non è certo slegato da come queste verdure le coltiviamo e le facciamo diventare buone.

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Potremmo far apprezzare la bontà di un pasto come quello che ci hanno offerto ieri le ragazze di Bonitta, insomma, e finalmente arrivo alla partita. Ho ammesso di aver visto praticamente nulla, quindi posso raccontare solo la partita di ieri.

Ho visto una squadra che è riuscita a tenere un’intensità altissima, spinta forse dal pubblico che è già stato determinante nella vittoria della Polonia maschile.

Ho visto giocatrici in fiducia, la fiducia che negli sport tecnici come la pallavolo permette ai gesti una fluidità che senza sicurezze non puoi avere. Ho visto una sicurezza di squadra nell’immagine di una copertura di De Gennaro su un attacco tirato molto forte contro il muro Usa, che ben può spiegare il concetto di assistenza e quale sicurezza può dare all’attaccante.

Ho visto la garra delle persone che erano fuori campo (uno spettacolo le esultanze di Arrighetti quando è in panchina sostituita dal libero), ed una maggiore superiorità nei fondamentali più “operai”, muro e difesa, e una manualità d’attacco ancestralmente italiana, nel senso di capace di adattarsi e trovare la soluzione per vie tecnicamente meno pure ma nella sostanza molto efficaci.

Penso in questo senso ad un paio di attacchi a toccare il muro alto da parte di Costagrande: la differenza tra il punto e la “saetta scagliata nell’aere” in quei casi è legata solo a pochi centimetri e ai chili di fiducia che hai nel braccio. Nel primo set gli Usa quasi sempre in controllo hanno frenato a pochi metri dal traguardo (22–18), non senza colpe su un doppio cambio che ha messo dentro una seconda palleggiatrice non all’altezza di Glass, che aveva un filo logico e una velocità di gioco che per tutta la parte iniziale ha pagato molto.

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la garra

Ho visto infine la fortuna, nell’immagine di Bonitta che al terzo set chiama la panchina per cambiare Chirichella in battuta, poi decide di aspettare e lei prende due difese impensabili per una 1) centrale 2) alta 1,95 in un’azione che di fatto chiude il match perché spiega inconsciamente alle americane che no, non c’è più niente da fare contro quello che le italiane stavano offrendo al pubblico del Forum.

Un ottimo spettacolo, una bella scarica di adrenalina e una gran dose di sicurezza per le prossime partite.

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Matchpoint

Tutto questo, per concludere, rende il mio sport differente? No. Però sa essere molto, molto bello.

Massimiliano De Marco Ex pallavolista di serie B, allenatore, capitato fortunosamente in serie A. Ricercatore di storie di sport, di mare, di poker. Mourinhista intransigente, alla perenne ricerca di Federer moments.

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