Il pallone in bocca a una balena

Crampi Sportivi
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2 min readMar 31, 2016

Nonostante nei fiumi d’Islanda gigantesche lastre bianche provenienti da chissà quale ghiacciaio annuncino inequivocabilmente che la primavera è iniziata, il calcio locale è in piena burt árstíð, cioè in off-season. Per evidenti motivi meteorologici, infatti, da queste parti i campionati durano solo da maggio a settembre.

E allora accade, per esempio, che per tutto marzo i locali interni dello stadio Laugardalsvöllur di Reykjavík, quello dove l’Islanda ha costruito la sua qualificazione ai prossimi europei facendo fuori anche l’Olanda, si trasformino in un affollatissimo mercato di libri nuovi e usati, dove la biografia di Balotelli (“il cattivo ragazzo italiano”) si trova tra un volume su Hitler e uno speciale sugli squali.

I campi da calcio, almeno quelli all’aperto, sono deserti. In alcuni di essi, come quello dell’ÍBV di Vestmannaeyjar, mancano del tutto le porte. L’Hasteinsvöllur, capienza 1500 posti, è magnifico anche così, e la luce di un raro giorno di sole lo fa apparire un tavolo da biliardo piazzato nel salotto più incredibile del mondo: se tiri troppo forte in direzione sud il pallone finisce in bocca a una balena, oppure, deviato da un suo spruzzo, rimbalza fino a Surtsey, l’isolotto spuntato dal nulla 50 anni fa; se tiri troppo forte in direzione nord puoi fare canestro nel cratere del vulcano Helgafell, aggiungendo così qualche grammo di cuoio alla massa di elementi incandescenti che il mostro sputerà fuori la prossima volta. Chissà quante volte è riuscito in un’impresa del genere David “Calamity” James, che ha giocato nell’ÍBV tre anni fa.

In quanto a calamità, c’è da dire che gli islandesi delle Vestmann sono dei veri luminari. Tra razzie saladine ed eruzioni vulcaniche, sembra che qui non si possa mai stare troppo sereni, se non in giorni perfetti come questo. Oggi il silenzio di questo scoglietto a forma di Sudamerica, lontano da tutto e senza traffico, è interrotto solo dal calpestio di tre turisti in scarpe da hiking di cui tutto il paese già mormora e dal rimbombo delle pallonate provenienti dalla palestra in cui si allenano le squadre di pallamano. Nella hall, condivisa con la piscina comunale, un’addetta alle docce siede accanto a un tavolino rotondo dove una partita di scacchi è stata lasciata a metà da due giocatori senza più regine. Appesi alla parete, sullo sfondo, i disegni di una classe elementare in cui il faro del porto sembra un razzo pronto al lancio a Cape Canaveral. Dalla porta aperta entra un intenso odore di merluzzo appena pescato, perché per gli alacri pescatori di Heimaey metà marzo non è certo tempo di burt árstíð.

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