Il pallone insanguinato di Monaco ‘72

Crampi Sportivi
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5 min readJul 7, 2016

Parlare di ‘amore non corrisposto’ tra il calcio e le Olimpiadi non è propriamente corretto. Probabilmente il concetto più adatto per descrivere il rapporto che da 116 anni intercorre tra i due soggetti è quello di ‘amore per interesse’. Poco importa, in questo caso, che le parole ‘amore’ e ‘interesse’ siano tanto inconciliabili.

Il primo segno di una relazione mai realmente sbocciata si palesa nella prima edizione dei Giochi, nel 1896, in cui Wikipedia parla di una sola partita, tra una selezione di Atene e una di Smirne, di cui possiamo anche fornirvi gli highlights.

Nel 1900 il pallone figura ufficialmente fra le varie discipline a cinque cerchi e da lì in poi si susseguiranno serie interminabili di tornei organizzati con formule, modalità e partecipazioni sempre diverse fino al 1932, anno in cui al CIO — il Comitato Olimpico Internazionale — non va giù la decisone di Jules Rimet — presidente FIFA — di organizzare una parallela competizione mondiale tra Nazionali. La scontata e immediata ripicca fu l’esclusione del soccer dalle discipline dell’Olimpiade di Los Angeles. Tutto in pieno stile la palla è mia e ci gioco io.

Monaco ‘72

La storia dei Giochi — ed è questo che li rende tanto catartici — segue a ruota quella del globo, assorbendone traumi e gioie, incondizionatamente, e rendendo le Olimpiadi una proiezione in miniatura del mondo: atleti provenienti da tutta la Terra, in rappresentanza delle proprie bandiere, riuniti, per un determinato periodo, in un luogo prefissato. Le edizioni cancellate del 1916, del 1940 e del 1944; quella vagamente propagandistica del 1936; quelle boicottate del 1956, del 1980 e del 1984; quella macchiata di sangue del 1972.

L’intento, piuttosto tardivo, di celebrare in Germania la pace del Mondo dopo la Seconda Guerra Mondiale si traduce nella più grande Olimpiade mai organizzata fino a quel momento: 120 Nazioni partecipanti; qualcosa come settemila atleti. Non proprio un’ottima trovata, specie se nel mezzo di un’altra Guerra, quella fredda. Per di più nel Paese che ne è — di fatto — la proiezione fisica. Come tristemente previsto, la storia ci consegna diciassette vittime — 11 atleti israeliani, 5 terroristi palestinesi di Settembre Nero, un poliziotto tedesco — e un solo giorno di sospensione dell’evento. Di mezzo un altro conflitto ancora, quello infinito tra Israele e Palestina.

Cold War Olympic Cup

Sommando il non-amore olimpico nei confronti del pallone con lo shock post-attentato, il risultato è immediato: competizione appartata, con netto predominio dell’Est Europa. Anche perché se le sette medaglie d’oro di Spitz passano in secondo piano, figuriamoci un torneo post-Europeo giocato da molti ragazzi Under. Sì perché, come quest’anno, nel 1972 il calendario estivo offre in contemporanea ai Giochi un triste Euro ’72 in Belgio. Quattro squadre, quattro partite totali disputate; niente più di due semifinali, una finalina terzo-quarto posto e una finale. Ad alzarela coppa, a scapito dell’URSS, la Germania Ovest di Gerd Muller, miglior marcatore con due doppiette a gara.

https://www.youtube.com/watch?v=wfyf460_JVU

In Germania, va in scena così la Cold War Olympic Cup, nella quale gli stati dell’Est filosovietici sfidano la Germania Ovest, gli Stati Uniti e un bel po’ di pittoresche Nazionali africane e asiatiche. Ah, c’è anche il Brasile ma arriva ultimo nel girone con Ungheria, Danimarca e Iran. L’unica nota positiva si chiama Dirceu, ventenne che segna un paio di reti e che verrà a giocare in Serie A, prima che il Napoli lo accompagni alla porta con l’arrivo degli stranieri Diego Armando Maradona e Bertoni; il massimo, per squadra, sono due.

Mamma li polacchi

In primis quella della Polonia, la cui invasione da parte della Germania hitleriana, nel settembre 1939, sancì l’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Nell’Olimpiade della bandiera arcobaleno con la scritta Peace in mezzo, non avrebbe potuto esserci vincitore migliore. Anche perché i migliori sono proprio loro, figli della più splendente generazione che il calcio polacco abbia mai prodotto.

L’insindacabile prova sta nella sequenza “oro olimpico-bronzo al Mondiale-argento olimpico” che i ragazzacci di Górski ottengono nel quadriennio 1972–1976.

È Kazimierz Deyna a portare in gloria quella squadra contro la favorita Ungheria, addirittura bi-campione olimpica 1964–1968. Un giocatore meraviglioso, probabilmente il più grande ad aver mai vestito la maglia della Nazionale; con buona pace di Zibì Boniek.

La sua doppietta sancisce un passaggio di consegne tra le due nazioni est europee. Anche perché nel ’72 Grzegorz Lato — quello che poi sarà il capocannoniere assoluto dei Mondiali ’74, nonché secondo miglior marcatore della storia della Polonia — ha solo 21 anni e gioca 45 minuti in tutto il torneo.

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Le due Germanie

Altro confronto epico è il derby tra BRD e DDR che si svolge a Monaco, la città che ha ancora gli occhi sbarrati dopo l’irruzione dei feddayn palestinesi nel villaggio Olimpico. All’Olympiastadion ci sono ottantamila spettatori ad assistere alla gara tra la Nazionale maggiore Democratica, contro una rappresentativa giovanile della Nazionale Federale, campione d’Europa appena due mesi prima.

Già, perché sono le squadre dell’Est, con le loro politiche lavorative che considerano il calciatore come un normale dipendente a favorire questa cosa. Da una parte dunque una banda di ragazzini occidentali, dall’altra un gruppo di operai del pallone sovietici.

https://www.youtube.com/watch?v=P65hjJFUmqE

Finisce 3–2 DDR, grazie alla testata di Vogel a dieci dal termine. Sono Uli Hoeneß e Ottmar Hitzifield a cercare di rovinare la festa dell’Est, che sarebbe andata in scena anche solo con un pareggio, dato il solo punto di distanza tra la Germania Est e la finalina terzo-quarto posto.

DDR vs USSR

La gara che nessuno vuole vincere finisce con un 2–2 scolastico che di più si muore. Segna due volte l’URSS in mezz’ora, pareggia la Germania Est nei restanti sessanta minuti. Poi il nulla, con i giocatori preoccupati di non segnare per non gettare giù dal gradino l’alleato contro l’occidente. La noia assale gli ottantamila che arrivano a fischiare sonoramente le loro stesse rappresentative, soprattutto quella tedesca. Con lo sfruttamento della falla del regolamento, che non prevede né sorteggio, né monetina né tantomeno calci di rigore per eleggere un vincitore in caso di parità in una partita secca,

DDR e URSS si conquistano, entrambe, la medaglia di bronzo tra la vergogna del pubblico e l’impossibilità di schierarsi al centro del campo per gli omaggi finali.

https://www.youtube.com/watch?v=fNS34dyLwfg

Lorenzo Dragoni ha avuto la fortuna di nascere e crescere a Lodi, dove ha calcato per qualche anno le peggiori panchine della Pianura Padana; prima da giocatore, poi da cronista. Laureato in Scienze della Comunicazione e Giornalismo. Una volta ha fatto Darth Vader su Rai2.

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