Il percorso di ricerca musicale dell’artista precedentemente noto come Walter Zenga

Crampi Sportivi
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19 min readOct 29, 2016

E’ il 1987 e Ricordi, la storica casa discografica che ha prodotto artisti del calibro di Fabrizio De Andrè e Gino Paoli (per citarne due), pubblica un LP di 26 minuti circa, Dal tuo amico Walter Zenga. Supervisionato da Luciano Bonci, in copertina un giovanissimo Zenga con indosso delle cuffie tiene in braccio un bimbo piccolo ed entrambi posano per la foto di rito, seduti davanti a una vaga strumentazione musicale. Otto tracce, tutte probabilmente cantate dal portiere dell’Inter, il vinile è praticamente introvabile su internet oggi. O meglio, è possibile acquistarlo usato ma non c’è traccia dei testi delle canzoni o delle canzoni stesse.

Nessuno ne ha mai parlato sul web, nel posto dove tutti sentono il bisogno di dire qualcosa su ogni cosa, nessuno ha mai sentito il bisogno di ascoltarlo e di esprimere un giudizio, di aggiungere un’altra categoria alla voce Walter Zenga dopo portiere, opinionista sportivo, telecronista, presentatore, allenatore. Walter Zenga, musicista e cantante.

Il tuo amico Walter, ventesimo miglior portiere del secolo scorso.

Walter sa quello che fa, non è uno stupido. Nel 1987 è il portiere titolare dell’Internazionale di Milano e a breve verrà insignito per tre anni consecutivi, dall’89 al ’91, del titolo di miglior portiere al Mondo secondo l’IFFHS ma è perfettamente consapevole che tutto questo non durerà a vita. Zenga sa che arriverà il momento in cui ci sarà bisogno di riciclarsi in qualche modo, quando il corpo logoro da anni di allenamenti e partite si arrenderà all’inesorabile scorrere del tempo. Walter sa che il calcio è uno sport crudele, che può regalare tanto in poco tempo e toglierti tutto per sempre. In fondo il mestiere del calciatore porta in dote tutta una serie di benefici che non riguardano solamente gli stipendi in banca. Nel momento in cui decidi di smettere non ci sono più dirigenti, magazzinieri, accompagnatori pronti a occuparsi dei tuoi problemi, l’armadietto dello stadio si chiude e non sei più Zenga l’Uomo Ragno. Sei Walter, sei solo con la tua famiglia, devi alzarti presto e fare la fila alle poste come tutti ma Walter non si lascia spaventare, è da una vita che si deve tirar su da solo, che prova a essere Zenga in mezzo a tutti.
In quello studio di registrazione incide otto tracce mentre in lui si fanno strada tante domande.
Cosa farò una volta slacciati i guanti?
Basteranno i soldi guadagnati finora per vivere tranquillamente?
Riuscirò a rimanere a contatto con questo ambiente ancora per molto?
E se mi dedicassi alla musica?

Una certa stampa che non stima Walter ci ricorda dei 7 esoneri e delle 4 dimissioni in 18 anni da allenatore, dimenticando il resto e chiudendo gli occhi davanti alla abbacinante presenza di un percorso studiato, di un piano nascosto tra gli aerei presi e le città vissute, la lampante presenza di un tracciato sportivo e musicale che ha portato Walter Zenga, oggi, ad essere un musicista, paroliere e ghostwriter italiano di nicchia, tra i più apprezzati emergenti del settore. Il sentiero che ha portato Coach Z al recente esonero dal Wolverhampton è un altro tassello che va ad aggiungersi agli altri, a comporre la storia di un uomo che grazie al calcio e all’indotto di privilegi che genera ha potuto coltivare la sua prima passione sbocciata per caso in un giorno di giugno, quando papà Alfonso spinse un’audiocassetta nel mangianastri, sul tragitto da Viale Ungheria al campo della Macallesi, dalle casse parlava Gianni Morandi.

A1 — Dal tuo amico W. Zenga

Il 5 marzo 1997 Walter Zenga si trasferisce ai New England Revolution, Stati Uniti d’America. Dopo la partita di addio a San Siro e qualche mese di vacanza, un’altra sgambata in suo onore coi Revolution e poi la firma. La Major League Soccer è alla sua seconda stagione e i New England, di base a Foxborough nel Massachusetts, riescono a mettere sotto contratto per due anni a ottocento milioni il leggendario Spider Man, con più di 450 presenze con la maglia dell’Inter e circa 60 gettoni con la Nazionale Italiana. Una pensioncina ben pagata con vista sugli Stati Uniti, per assecondare quel bisogno di confrontarsi a tutte le latitudini del Mondo.
Sono passati dieci anni dalla pubblicazione dell’LP ma Walter non ha smesso di pensare a quel breve excursus musicale, ancora di più adesso che intravede il limitare della sua carriera da professionista e lo fa lontano da casa: anticipa di circa vent’anni i connazionali che andranno in America a giocare ma lui si sistema tra i pali di porte infilate a forza in stadi di football americano, i vari Alessandro Nesta, Marco Donadel o Sebastian Giovinco hanno potuto godere di stadi su misura.
La sveglia suona presto a Boston, dove si allenano i New England: Walter si sveglia di buon mattino e accende la tv per intercettare i programmi italiani e magari qualche carosello di album che va in onda. L’Italia è un punto ben definito su una cartina geografica e la nostalgia si fa sentire a tratti ma poi bisogna indossare i guanti e la paura passa, lasciando spazio al sogno di tornarci in Italia, un giorno, con un contratto di lavoro.
Dopo sole 22 partite e una operazione al ginocchio, il 25 agosto del ’98 la dirigenza lo nomina allenatore/giocatore per alleviare il drammatico distacco dal calcio giocato tenendolo saldamente legato alla squadra. In due stagioni Walter si schiera 25 volte, tutte nell’annata 1999, guadagnandosi anche una chiamata per l’All Star Game poi comprende l’insostenibilità del doppio impiego ma la dirigenza lo anticipa e il 2 ottobre dello stesso anno viene esonerato, dopo il deludente 5° posto nella Eastern Conference e dopo le pressanti richieste in merito all’estensione contrattuale. Zenga vuole conferme, chiede lumi sul suo futuro ma negli USA il calcio è ancora un ammasso informe di regole digerite a fatica, spiegate dalla bocca di campioni come Zenga, Valderrama e Donadoni arrivati qui per l’ultima gita scolastica. La dirigenza non sa che farsene di un allenatore col doppio impiego e gli dà il classico benservito.
Doppio impiego risulta però errato: Zenga para, allena, recita nella soap opera Costanza assieme a sua moglie Hoara Borselli e compone musica. Il poco tempo libero di un uomo costretto a farsi in quattro viene investito per le strade del Massachusetts, coltivando quella passione iniziata con un’audio cassetta e curata con Disco Sports su Radio Deejay con Amadeus. Sorprendentemente quell’anno il nome di Walter Zenga compare nei ringraziamenti di The Black Comedy, quinto album dei Sam Black Church, una hardcore band americana che per poco non viene alle mani con il portiere milanese per via di una diatriba sulle percentuali di vendita. I SBC entrano in contatto con Zenga facendo leva sulla sua risaputa passione per la musica e quasi non ci credono mentre condividono lo stesso studio di un iconico portiere di quegli anni: The Black Comedy prende vita e viene pubblicato ma il rapporto si incrina a pochi giorni dall’uscita, ai SBC già non servono più gli accorgimenti di Walter sui giri di basso, l’erasmus musicale di Zenga a spasso tra metalcore e alternative rock è già terminato, è tempo di andare. Esonero. Walter e il suo vice Beppe Galderisi fanno le valigie.

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Walter torna a Milano e per due mesi e mezzo allena il Brera in Serie D beccando due squalifiche. Poi lascia, fa il postino per Maria De Filippi e vende aspirapolveri. Prova a capire il suo posto nel mondo, a intercettare cosa vuole fare da grande. Il 1° luglio 2002 è il nuovo allenatore del National Bucarest, oggi Progresul Bucarest. Forse non se l’aspetta nemmeno lui ma vuole allenare, vuole confrontarsi con questa nuova vita e a Bucarest la panchina è vacante mentre dall’altra parte sperano di staccare qualche abbonamento in più. Walter si accomoda a bordo campo con Dan Petrescu come vice. In aereo incontra Raluca Rebedea che diventa la sua terza moglie e gli cambia la vita, come lui spesso ha raccontato in numerose interviste. Conclude ottavo e arriva in finale di coppa nazionale ma la società crede che la panchina non sia il posto migliore per Zenga e lo nomina direttore tecnico.
Lui per tutta risposta si dimette perché nel guantato universo di Coach Z non esistono mezze misure o sfumature. Solo tanta, tantissima intensità.

A2 — Cuori Azzurri

Ma la Romania è il posto e l’allenatore è il suo mestiere. Walter è un disoccupato a spasso per Bucarest con un biglietto per Milano in tasca: durante un pomeriggio di corsetta per le vie della città resta folgorato da un suono che si propaga nell’aria. Nell’androne di un vecchio casolare un uomo ascolta una composizione del maestro George Enescu . La Ciocarlia di George Enescu.
Un motivo per violino frizzante, svelto, scattante come dovrebbe essere un portiere. Il torpore si scrolla dalle grandi spalle di Walter, in casa compare un violoncello, un giradischi nuovo di zecca e un manuale da allenatore. Zenga impara ancora più in fretta il rumeno e si fa vedere più spesso in giro, in compagnia dei vecchi dirigenti del National con cui mantiene comunque buoni rapporti.
Il 29 luglio 2004 firma un contratto annuale con opzione per la Steaua Bucarest subentrando a Vitor Piturca accusato di non essersi presentato agli allenamenti. Walter il giorno dopo è già in campo per la prima partita. Il 19 maggio 2005 la Steaua decide di allontanare il tecnico esonerandolo, reo di aver sperperato sette punti di vantaggio nelle ultime tre giornate. A fine anno la Steaua Bucarest è campione di romania, Zenga è campione di Romania ma quel trofeo non può alzarlo al cielo, tutt’al più guarda la sua squadra vincere alla televisione. Rapsodia romana.

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Gli inizi della carriera di Zenga come allenatore (e come tutti sappiamo anche il prosieguo) sono modellati su di un violino. Tutto scorre via talmente veloce che anche a voler riempire gli spazi di questo articolo per poter fare discorso, per ricamare sui contorni di questa storia, sarebbe impossibile e forzato.
A maggio 2005 è licenziato dalla dirigenza della Steaua Bucarest.
A luglio 2005 è il nuovo allenatore della Stella Rossa di Belgrado.
A maggio 2006 non è più l’allenatore della Stella Rossa di Belgrado. Nel mezzo c’è uno scudetto Serbo-Montenegrino vinto assicurandosi il massimo risultato durante tutte le partite in casa e una Coppa Nazionale. In questo preciso istante le fatidiche sliding doors di Zenga sono delle tenaglie che mozzano tutto. Walter è campione nazionale e anziché costruire un progetto duraturo lascia Belgrado attratto dall’eco di un contrattone. La sua prossima destinazione sarà il Qatar, dicono, ma in Serbia tutti sentiranno la sua mancanza: i tifosi di casa che si erano perdutamente innamorati di lui, il presidente Dragan Stojkovic che non ha mai davvero digerito le dimissioni, Rambo Amadeus e il suo locale in centro, il Balcanium, dove non ci sarà più alcun DjSet di un uomo travestito da Spider-Man che riusciva a mescolare le sonorità moderne col turbo-folk anni novanta che ha reso lo stesso Amadeus così famoso. Nulla più di tutto questo.
Dopo di lui, il vuoto.

L’Italia qui sembra lontanissima, tutte le ore passate negli studi di Odeon TV e la voglia di cambiare la propria vita, di essere qualcuno lontano da quel rettangolo di gioco. A Zenga fischiano le orecchie per la fatica.

Ho fatto due scelte nella mia vita seguendo i soldi e mi sono pentito entrambe le volte.

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A3 — Zenga Maestro

Alla ripresa della stagione 2006 Walter non è in Qatar: firma un ricchissimo contratto annuale con il Gaziantespor ma a gennaio recede unilateralmente lasciando la squadra al dodicesimo posto. Ma possiamo essere ancora più precisi zampettando su queste corde di violino: il 3 gennaio Zenga si dimette da allenatore del Gaziantespor, paga una salata penale e fa le valigie; il 5 gennaio Walter è il nuovo allenatore dell’Al-Ain, negli Emirati Arabi Uniti, raggiungendo la finale di Coppa del Presidente e dorme ricoperto da una valanga di soldi prima di esser esonerato ancora una volta.
Il 5 settembre 2007 è già allenatore della Dinamo Bucarest e in nove anni di “apprendistato giramondo” diventa il primo allenatore ad aver allenato le tre più importanti squadre di Bucarest. La squadra è campione di Romania in carica e ha appena perso il preliminare di Champions con la Lazio. Walter è pronto a far bene “su tre fronti: Coppa Uefa, campionato e coppa nazionale” ma 80 giorni dopo, al termine del derby perso contro la Steaua, Zenga scioglie il suo contratto lasciando la squadra nelle mani del suo vice. La Dinamo è al sesto posto, è fuori dalla Coppa UEFA per mano dell’Elfsborg e in questi due anni ci sono tante valigie fatte e disfatte e pochissima musica.

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Vista da qui la sua storia appare distorta e ad ampi tratti confusa: Walter Zenga sembra Tarkan, uno dei migliori interpreti della musica contemporanea turca, autore di Kiss Kiss che è rimbalzato praticamente dappertutto per via di questi baci che schioccano nel ritornello e per il violino che segue la voce del cantante in parallelo. Tarkan incide questa canzone che diventa un successo pazzesco in Turchia e nei Paesi vicini, poi arriva in Italia e dopo due giorni è un ballo di gruppo da diciottesimi, un’etichetta che ammazza la carriera italiana di Tarkan per sempre.
Zenga, allo stesso modo, nella sua prima decade da allenatore vince due scudetti e una Coppa Nazionale, impara a parlare il rumeno e inizia a masticare l’inglese ma in Italia è un giramondo, è la macchietta di cui si parla nelle trasmissioni per dire “Ma te lo ricordi Zenga? Che voleva fare l’allenatore e diceva che un giorno avrebbe allenato l’Inter? Ma ci pensi che è finito in Turchia?”
Ma davvero non ti ricordi Zenga? Sembra ieri che parava alla Samp.
Adesso forse è finito in Qatar a prendere i milioni, sembra che tutti i calciatori stiano iniziando a spostarsi da quelle parti, dice che il denaro tira parecchio lì e agli arabi il calcio piace.
Zenga, me lo ricordo bene Zenga. Mi sembra ieri.

A4 — Il fischietto

La stagione 2007–2008 del Calcio Catania è il crocevia di un nuovo inizio: il presidente Pulvirenti opta per Silvio Baldini che a inizio stagione si accomoda sulla panchina degli etnei. Il girone d’andata è oltremodo soddisfacente, il Catania staziona a metà classifica e le cose sembrano andare per il meglio ma un brusco calo, culminato con la sconfitta in casa con il Torino collima con l’esonero di Baldini. Dalle profondità del listone dei nullafacenti viene pescato Walter Zenga che si ritrova tra le mani una squadra ricca di interessanti individualità come Juan Manuel Vargas, Jorge El Malaka Martinez, Albano Bizzarri e Giuseppe Mascara.
Il tecnico lombardo nemmeno ci crede di essere davanti a una ghiotta occasione, già un primo riscatto alla prima panchina in Serie A. Capisce che non è il caso di rivoluzionare una intera squadra ma, con dei piccoli accorgimenti che rispecchiano il suo modo di interpretare il campionato partita per partita, riesce a concludere al 17° posto ottenuto all’ultima giornata: Roma e Inter si giocano lo scudetto negli ultimi novanta minuti, i nerazzurri sono a Parma e dopo i primi 45' piantonati sullo zero a zero si affidano ai sacrali piedi di Zlatan Ibrahimovic che entra in campo e chiude il discorso sul titolo. Al Massimino gli etnei non vanno oltre l’1 a 1, rete di Vucinic al quinto minuto pareggiata da un gol di Martinez all’ottantacinquesimo, quando ormai l’esito di Parma — Inter è già decisivo ma il punto è sufficiente per ottenere la salvezza.

Il vero miracolo è la prima, storica semifinale di Coppa Italia, dove il Catania perde per uno a zero a Roma ma pareggia uno a uno davanti ai propri tifosi. Finalmente Zenga è lì in Serie A, dove sognava di allenare da sempre ma sopratutto si dimostra uomo dei record (la prima semifinale) e uomo di calcio a tutto tondo.
Ma perché Catania e non altrove? Perché nella stagione successiva Walter Zenga conclude al 15° posto con record assoluto di punti in Serie A? Perché la Sicilia risveglia qualcosa in Walter portando a galla il suo carattere fumantino o permettendo ai suoi di esprimere una mole di gioco che porta in dote la salvezza con tre turni di anticipo?

La risposta è nascosta tra le pieghe di questa esperienza e porta il nome di Franco Battiato.
In Sicilia Walter si lascia conquistare dal sole tropicale e dai giochi di luce riflessi sulle case ma quello che condiziona maggiormente il suo lavoro è la ghiotta possibilità di passare le vacanze natalizie del 2008 chiuso in uno studio di registrazione con il maestro Battiato, facendo scivolare la penna su una miriade di fogli, scoprendosi similare a Battiato e condividendo con lui le passioni per il cinema e la pittura. In quelle due settimane Walter ricarica le batterie e assieme al Maestro scrive L’alieno, un brano che rappresenta ancora oggi la massima espressione del talento di Zenga. Nei primi secondi è possibile cogliere le sue forti radici musicali che affondano nel panorama rumeno: il brano viene cantato da Luca Madonia e Franco Battiato al Festival di Sanremo 2011, racconta la storia di un alieno profondamente a disagio, emotivo e concettuale, nella vita di tutti i giorni e negli ambienti e nelle persone che vive. E’ la rappresentazione perfetta del periodo vissuto da Walter dopo l’esperienza alla Dinamo Bucarest, prima dell’impiego a Catania. In studio si affaccia anche Carmen Consoli a ridosso del Natale.
Io vivo nei panni di un alieno che non vola
che non mi assomiglia
ma io vivo ai margini di una vita vera

Walter raggiunge il suo apice artistico. A fine stagione si dimette da allenatore del Catania e firma per l’US Città di Palermo, rifiutando di scendere in Serie B col Torino pur di conservare la categoria. Walter è impazzito.

Zenga a Palermo è un errore di calcolo, una svista dettata dall’euforia ancora viva nel corpo dell’ex portiere.
Subentra a Ballardini esonerato a Giugno e dichiara di voler competere per lo scudetto e la stampa si infiamma o per meglio dire lo trita: il Palermo di Zenga ha il nono monte ingaggi della Serie A grazie alla presenza di giocatori come Pastore, Cavani, Nocerino, Miccoli, Hernandez, Kjaer e Balzaretti; Zamparini lascia intendere di essere sulle tracce del diciottenne Eden Hazard e la bassa età media dei talenti rosanero gli vale il paragone con l’Arsenal. Coach Z parte bene e si issa fino al quarto posto, poi due punti in tre partite, Zamparini lo definisce il miglior allenatore mai avuto a Palermo e lo esonera tre giorni dopo. Sono passati appena cinque mesi dalla firma. Anni dopo ha dichiarato a Condò Confidential che in pochi hanno capito quel discorso tra cui Josè Mourinho, in un flashback che ricorda vagamente “Ne ho lette di tutti i colori stamane, ma ormai ho le spalle larghe: solo Maradona, che capisce di calcio, ha centrato il problema. Diego ha detto che è stato bravo Caniggia
A gennaio rescinde il contratto che lo lega alla società rosanero per tornare ad allenare negli EAU.
Non avrai nessun’altra in Sicilia al di fuori del Calcio Catania.

B1 — Il Mal di Gol

L’11 maggio 2010 è il nuovo allenatore dell’Al- Nassr, ancora in Arabia. Sopravvive fino a Natale e poi viene esonerato il 24 dicembre, accusando la società di non aver ricevuto le sei mensilità promesse ma intanto il suo nome circola come vice di Benitez sulla panchina dell’Inter.
Un mese dopo vola a Dubai per allenare l’Al-Nasr, dal nome sembra quasi di assistere a un instant replay ma il terzo posto e la qualificazione per la AFC Champions League gli valgono la permanenza in panchina. Nella stagione successiva conduce la squadra al sesto posto ma viene prematuramente eliminato da qualsiasi competizione. Riceve il benservito al termine dell’annata e prima di salutare si concede un lungo abbraccio con Giuseppe Mascara, attaccante sempre titolare nel suo undici di partenza.

A ottobre è di nuovo nel Golfo per allenare l’Al Jazira dove ottiene un buon terzo posto e una finale persa in Emirates Cup. Dopo sette mesi risolve il suo contratto e fa perdere le sue tracce.
Parlare di musica quando cambi tre squadre in tre anni è praticamente impossibile e infatti i suoi più fieri sostenitori musicali lo cercano più volte, lo tirano su di morale, lo invitano a prendersi una pausa per poter riflettere meglio sui suoi movimenti futuri.

Viaggia spesso in macchina da solo e un giorno infila a forza nel lettore cd un disco acquistato per sbaglio da sua moglie in un autogrill. E’ una antologia musicale che narra le storie dei cercatori di perle del golfo arabo attraverso le canzoni popolare che si intonavano sulle navi. Walter è un cercatore di perle, perso in mare da molti giorni e partito con la convinzione di diventare il più famoso cercatore di perle del mondo. La nave di Walter non si vede da mesi ormai, mesi che nel frattempo sono diventati anni. La ricerca dura da troppo tempo ormai: Zenga si addormenta addosso al timone e la sua nave incomincia a perdersi per mare trascinata dalla corrente.
Il mattino seguente ci sono delle voci nella sua testa, qualcuno lo chiama ripetutamente Mister!Mister! e Walter rinviene. Davanti ai suoi occhi il porto di Genova e un operaio in maglia blucerchiata che gli tende una mano per rialzarsi.

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B2 — Canzone del portiere

Zenga ha sovvertito il modo di avvertire l’incombenza del tempo che scorre. E’ come se stia diventando via via più giovane, sui di lui non si percepiscono gli anni che passano e l’esperienza che si accumula. Un perenne Vine che si ripete con le note delle società “La squadra da il benvenuto al tecnico Walter Zenga” e “Walter Zenga è stato sollevato dall’incarico”.
Genova gli si schiude davanti ancora una volta, un’altra opportunità di lavoro e di crescita professionale. Al timone della banda blucerchiata c’è Massimo Ferrero, più famoso per il suo essere macchia di se stesso che per aver rilevato l’intera quota della Samp con 0 euro. I prodromi sono sempre gli stessi: imporre il suo gioco e le sue idee, migliorare, fare bene in Europa e non scendere a compromessi con nessuno. I risultati sono quelli più scontati.

Una campagna acquisti che ha portato in dote il ritorno di Antonio Cassano e di tutta la sua personalità, poi quel 0–4 col Vojvodina e l’inutile vittoria nella gara di ritorno. Gli screzi con Gigi Cagni, il suo vice e amico dai tempi della Samb, che rimbombano ancora oggi.
Dodici gare fino a novembre, la sconfitta per mano della Fiorentina. Esonero.
Ancora una volta Walter si dimostra imperfetto nelle uscite. Una volta di più e la stampa glielo ricorda in continuazione, concentrata in quell’esternazione di Varriale. Tutti sentiamo il bisogno di ricordare a Walter Zenga la sua uscita ad anticipare Caniggia e tutti sappiamo come è finita quella gara ma dici Zenga, ricordi Caniggia, la storia si ripete.

A Genova si riallaccia un vecchio filo: Walter non allena più la Samp e riprende i contatti con la casa discografica Ricordi. Il motivo è un vinile di Fabrizio De Andrè, Creuza de Ma, che i tifosi del Genoa hanno adottato come disco che rappresenta la curva e il suo amore corrisposto con l’arcinoto cantautore. Walter si reca negli studi e gran parte dei nuovi impiegati non ha ricordi di quella esperienza di tanti anni fa ma decidono comunque di omaggiare il tecnico con una copia del disco e quattro chiacchiere davanti a un caffè. La conversazione si sposta negli studi, tra racconti di un calcio andato perduto e passioni musicali: qualcuno tira fuori una chitarra e strimpella due canzoni, una di queste è Ritornerai di Bruno Lauzi.

Walter setta la voce e si lascia guidare dalle corde pizzicate mentre si lascia travolgere dai ricordi: guarda oltre la finestra e gli sembra di scorgere Belgrado e il profilo di quello stadio che urla il suo nome.
Tornassi indietro non avrei mai lasciato la Stella Rossa, ripete ai presenti. Qualcuno li chiama errori di gioventù, altri avidità o voglia di strafare. Per Walter sono solo rimpianti e rimorsi.

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B3 — Dindola Dindola

Sapete quanto valgono in Arabia sei mesi di Walter Zenga come allenatore della squadra ultima in campionato, l’ Al — Shaab? Precisamente un milione di euro.
E sapete quanto importava a Walter di quel milione di euro? Difficile capirlo, ma dopo 11 partite e 9 sconfitte termina anche la stagione 2015–2016 e Coach Z è ancora una volta un disoccupato.
C’è tempo per l’ultima mini avventura, tre mesi alla guida del Wolverhampton nella serie cadetta inglese. 14 partite, 16 punti, esonero. Un’altra scarna nota odierna e un altro allenatore italiano che lascia a mani vuote l’Inghilterra.

In aereo, di ritorno in Romania, c’è spazio solo per le cuffiette e l’iPad. Parte Miles Davis, accompagnato dal contrabbassista Dave Holland, nato e cresciuto a Wolverhampton. Al diavolo l’Inghilterra, al diavolo tutti.

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B4 — Sporting games

Allora oggi chi è Walter Zenga?
Cosa rimarrà del suo ricordo tra i pali quando il record di 518 minuti di imbattibilità in un singolo Mondiale e il record di portiere più presente della storia dell’Internazionale di Milano saranno superati? Davvero non ne sarà mai l’allenatore? Diventerà davvero (e forse finalmente) ambasciatore dell’Inter? Quel ruolo anche marginale legato ai colori nerazzurri a cui Walter anela da troppo tempo ormai.
Walter ha giocato d’anticipo su tutti, spostandosi in America convinto da tanti soldi, dalla possibilità di imparare l’inglese per poter comunicare con i calciatori, dall’occasione di fuggire da stadi e ambienti dove i tifosi sono tecnicamente superiori nell’offendere piuttosto che nel tifare. Zenga pensa e fa queste cose nel 97, vent’anni fa, proprio in quello che noi reputiamo il momento più alto e nostalgico del calcio italiano. L’allenatore ex portiere oggi parla del suo staff chiedendo buona conoscenza delle lingue e capacità di lavorare lontano da casa. Spavaldo come da giocatore, si stringe nel suo bagaglio di esperienze vissute in campo e fuori, dalla gavetta alla Macallesi agli allenamenti sui campi polverosi dell’est Europa. A Coach Z (come Coach K) nessuno ha mai regalato nulla, si è dovuto prendere tutto baciando incessantemente quella catenina appesa al collo.
Tranquillo Beppe (Bozzo) sono i presidenti a non aver capito che sono un grande allenatore. Un grande allenatore affascinato dagli allenamenti dell’Anderlecht e che dichiara di ispirarsi a squadre come l’Unirea Urziceni. Sui giornali non si legge più delle sue dichiarazioni, di Zenga che “vola da un letto all’altro” ora che non è più in campo ma in panchina.
Oggi si parla di esoneri e di pessime figure nel paese dove siamo tutti allenatori, da una panchina a una tazzina di caffè. Oggi nessuno parla di quella passione mai del tutto sopita della musica, del bagaglio infinito di esperienze vissute e scritte su un foglio, in versi accompagnati da una chitarra ma basta aguzzare i sensi e ascoltare attentamente. Quello che Walter Zenga non è stato fino ad ora su quella panchina è nell’aria intorno a noi sottoforma di pulviscolo musicale come un miracolo al novantesimo.

Del resto il mister lo sa bene che basta un colpo di reni improvviso, un volo elettrico a togliere quel pallone dall’angolino al novantesimo, quando la traiettoria del tiro e la curvatura della tua vita stanno per finire in rete. Basta quel semplice miracolo per svoltare una partita, per rilanciare una vita intera e lui quel pensiero non lo perde mai di vista. Basta un’altra Catania o un’altra Stella Rossa per rimettere a posto le cose, è sufficiente un accordo rettificato e due parole dette bene e la sfacciataggine di un giovane. Come disse quella sera a Daycol Orsini a.k.a. Claver Gold, mentre insieme stendevano il testo di un piccolo omaggio a un grande campione.

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