Il più grande prima di Phelps

Crampi Sportivi
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4 min readJul 14, 2016

Ragionando in termini macrostorici quella di Monaco 1972 è un’edizione destinata a diventare leggenda nella storia delle Olimpiadi. Una leggenda che porta una doppia firma. Da un lato quella, eroica, di Mark Spitz e, più tristemente, dall’altra, quella tragica dell’attentato agli atleti israeliani. Ma andiamo con ordine.

Se si parla di Giochi Olimpici e di nuoto, non ce ne vorranno i grandi nuotatori di quegli anni, non si può non considerare l’americano Mark Spitz come il più grande di tutti, almeno fino all’era Phelps. Il californiano, classe 1950, ha un unico pallino in testa: il nuoto. Spinto anche dal padre che sin da bambino gli ripeteva «Nuotare non è tutto, vincere lo è». Un atteggiamento, quello del padre Arnold, che ha segnato pesantemente il giovane Spitz che di modesto ha solo il nome della città di nascita: Modesto, per l’appunto.

Un antipatico che è riuscito ad alienarsi anche dai suoi compagni di squadra, dimostrando però alla fine di aver ragione. Fin da giovane, Spitz comincia a sfornare record. Alla vigilia delle Olimpiadi di Città del Messico del 1968, lo statunitense dichiara che avrebbe portato a casa sei ori, cancellando il record di quattro successi ottenuto da Don Schollander a Tokyo 1964.

Se tra il dire e il fare l’acqua in mezzo è solitamente del mare, in questo caso l’acqua è quella di una piscina, ma non è detto sia meno salata. Di ori ne arrivano soltanto due, nelle staffette, mentre in gara individuale raccoglie solo un argento e un bronzo. Un trauma che tuttavia non lo abbatte e a Monaco, quattro anni più tardi, la musica è completamente diversa. Mark capisce che forse è meglio non fare troppe dichiarazioni e lasciar parlare il nuoto; i risultati gli danno ragione trasformandolo in un vero e proprio eroe: protagonista di una delle settimane natatorie più eclatanti della storia del nuoto.

Spitz è iscritto a sette gare, ma memori del flop di quattro anni prima, in molti non lo prendono sul serio. L’uomo che scende in vasca, però, non è lo stesso di Città del Messico. La prima gara è la sua gara: i 200 delfino. Si qualifica con il primo tempo in finale e agguanta l’oro, davanti ai connazionali Hall e Backhaus, abbassando anche il suo personale record del mondo: 2’00’’70. Stesso giorno e stesso risultato anche per la staffetta 4x100 stile libero: oro e record mondiale in 3’26’’42. Il giorno successivo, il 29 agosto, i 200 stile libero sono la copia della stessa distanza nuotata a delfino. Mark entra in finale con il primo tempo e nel pomeriggio mette a segno un alto record del mondo con annessa medaglia d’oro: terminerà la gara in 1’52’’78.

https://www.youtube.com/watch?v=DDU4x__-msE

Altro giorno, altra gara, altro oro con primato mondiale. Questa volta sono 100 delfino a vederlo protagonista con il tempo 55’’27 e con gli avversari distaccati di più di un secondo: un’eternità in una distanza breve come i 100 metri. Al termine della gara, esulta, alza le braccia e con le mani mostra il numero sei. Ennesimo gesto da “mister modestia”? No, questa volta se lo può permettere: tra lo staff della nazionale statunitense, infatti, siede proprio quel Schollander che di ori olimpici ne ha vinti cinque, di cui quattro nella stessa edizione. E Spitz l’aveva già superato: sei ori complessivi (due a Città del Messico e quattro appena conquistati), con altre tre gare a disposizione per battere anche il record di vittorie in una singola Olimpiade.

E i tre ori arrivano. Mark vince la 4x200 stile libero in 7’35’78: record mondiale, supera definitivamente Schollander e si dedica a un giorno di riposo prima di affrontare quella che per lui, probabilmente, era la prova più difficile: i 100 stile. E l’inizio non è dei migliori: Spitz non vince infatti la sua semifinale, andata al campione olimpico di quattro anni prima, Wenden.

Tuttavia, la finale è tutta un’altra storia. Wenden resta fuori dal podio e per Mark arriva l’ennesimo oro con primato del mondo a 51’’22. La conquista del settimo oro sembra ormai solo più una pura formalità, se non fosse che la notte precedente il villaggio viene completamente stravolto.

Un gruppo di terroristi entra nel villaggio, nella palazzina 31 dove soggiornava la rappresentativa israeliana. Fu una strage: l’allenatore della squadra di lotta Moshe Weimberg e il pesista Joseph Romano vennero uccisi subito, mentre altri nove atleti furono presi in ostaggio. I terroristi chiesero la liberazione di alcuni detenuti di Tel Aviv. La polizia tedesca comincia le trattative: terroristi e ostaggi vennero portati all’aeroporto di Furstenfeldbruck, vicino Monaco su due elicotteri. L’obiettivo era quello di catturarli una volta arrivati, ma i terroristi aprirono il fuoco: morirono cinque di loro, il pilota di uno degli elicotteri, un poliziotto tedesco e tutti gli atleti israeliani presi in ostaggio.

https://www.youtube.com/watch?v=MjMHqd7XiS4

Spitz, ebreo, alloggiava proprio vicino alla squadra israeliana. La tragedia non gli impedì di vincere anche il settimo oro, con ancora un record del mondo, nella staffetta 4x100 misti; ma subito dopo abbandonò Monaco sconvolto, prima della conclusione dei Giochi.

Sono convinto di essere riuscito a compiere una grande impresa, perché dopo i primi tre ori — nella testa dei miei avversari — vi era un’unica preoccupazione e un un’unica domanda: «Chi di noi arriverà secondo?».

Sette ori non intaccano di certo la modestia del campione, ma a Spitz si può perdonare (anche) questo.

Giulia Abbate — Torinese di nascita e granata da sempre, ha passato più tempo nelle piscine che sulla terra ferma. Sogna uno ritorno in vasca e intanto collabora con diverse testate sportive.

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