Il rituale culinario per la partita dell’Italia

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
Published in
4 min readJun 14, 2016

Questa storia inizia nel tardo 2012.

Erano i tempi di Prandelli e della 10 a Cassano. Su un calcio d’angolo a favore dei tedeschi, Buffon smanacciava verso Montolivo, che con un preciso lancio di 50 metri (sic!), metteva Balotelli in condizione di controllare e fulminare Neuer con un destro da fuori area.

[embed]https://youtu.be/HIhBSSusPto?t=3m14s[/embed]

Una serie di eventi apparentemente incredibili e irrazionali. La spiegazione c’era, ma era distante. Era in un lontano appartamento di Ancona, in una cucina, in una cofana piena di insalata di riso, dalla quale un gruppo di amici balordi mangiava dei wurstel. Da lì è nata una convinzione profonda, rafforzata dall’esito della finale di Kiev, quando vari contrattempi impedirono la realizzazione della paella che ci avrebbe regalato l’europeo. Scusate amici, scusate.

Negli anni abbiamo perfezionato il rituale, acquisendo skill culinarie che ci permettono oggi di preparare piatti sopraffini e ricercati. Il mondiale 2014 è stato un altro momento di importante sperimentazione: le Jacket-Potato inglesi, il Gallopinto costaricano o il Chimicurry uruguayano (ammettiamo che alcuni ingredienti erano di origine italiana). Non è tutto rose e fiori di zucca, ovviamente: questo tipo di atteggiamento richiede massima concentrazione mandibolare e disponibilità a spostare gli orari dei pasti, in modo da poter addentare pietanze avversarie mentre Chiellini morde caviglie.

Arriviamo così ad oggi, all’europeo in Francia. In panchina c’è Conte, pronto a trasferirsi nella patria del fish & chips. Senza contare la forza del primo avversario: il Belgio di Hazard e compagnia, secondo dietro l’Argentina nel ranking FIFA. Prospettive poco incoraggianti, che richiedono il massimo impegno da parte nostra. Conte, fa affidamento su di noi.

Decidiamo quindi per un menù belgissimo: ça va sans dire patate fritte, (o frites, che i belgi rivendicano con orgoglio di aver inventato), cavoletti di Bruxelles (che è la capitale del Belgio, troppo facile) indivia belga gratinata avvolta nello speck (perché è belga, facile pure questo) asparagi alla fiamminga (perché è fiamminga) e waffles (che non dicono belga, ma vi giuro che sono stato in Belgio e proprio li vendevano ovunque e poi la cioccolata giusta l’ho cercata disperato ma non l’ho trovata); mentre la nostra sede distaccata di Milano si concentra su coniglio in padella con birra (belga).

(la sede di Milano mostra birra e coniglio di chiara provenienza. Sopraggiungono dubbi all’analisi calligrafica)
Per la spesa mi coordino con Andrea, fidato cugino a cui Elio e le storie tese ha dedicato una canzone: lui si occuperà dei piatti principali, a me restano i contorni e il dolce. Tra le lunghe file di scaffali della zona banchi frigo, illuminati da luci bianche al led, trovo i cavoletti di Bruxelles e un pacco di patate, prodotte in Belgio, da 2,5 kg a 2,08€, il prezzo suggerisce che probabilmente sono state assemblate in Vietanam, dove — mi dicono — la manodopera costa meno, ma fa niente. È la globalizzazione, bellezza. Per preparare i waffles servirebbe l’apposita piastra. “Compriamola!” grido con entusiasmo reso graficamente da punti esclamativi ed emoticons su whatspp, prima di essere tristemente riportato alla realtà da una confezione di waffles pronti in panetteria.

(Formazioni in campo. La sede di Milano mostra una sigaretta belga)

Iniziamo la cena al grido di: “dai che ce li magnemo!”. Le forchette si muovono veloci sulla tavola, mimando gli inserimenti profondi delle mezze ali azzurre. Il tiro da fuori di Naingollan, su sponda di capelli di Fellaini, rischia di farci andare di traverso la besciamella dell’indivia. Buffon devia in angolo. Bravo Gigi, alla tua. Non molliamo, giochiamo a tutto campo tra contorni e primi piatti. Al 16' c’è un pericoloso contropiede di De Bruyne, mi affretto a masticare e mandar giù un cavoletto di Bruxelles (che è la capitale del Belgio) e Bonucci intercetta di tacco. Coincidenze?
La partita scorre senza sussulti, mentre il nostro amico Metallo, marchiato a fuoco da un soprannome post-medie che evidentemente lo accompagnerà fino alla fossa, ci racconta impressionato del gioco del Camerun. Il Camerun?
Finiamo di mangiare e al 32' Bonucci — ancora lui — spara un lancio di 41 metri che fa i capelli al centrale belga e finisce sul sinistro di Giaccherini. Stop a seguire e destro all’angolo. Palla in rete. La digestione inizia in vantaggio.

[caption id=”attachment_23321" align=”alignnone” width=”854"]

(secondo tempo)[/caption]

Inizia la ripresa e ci gettiamo in pressione sui waffles con crema al cioccolato. Il Belgio inizia a premere e gli stomaci si fanno pesanti: c’è da penare. Al 50' da Milano intervengono per chiedere di mangiare uno yogurt, le grida di indignazione non bastano a fermare lo scellerato gesto e due minuti dopo Lukaku ha sul sinistro la palla del pareggio: finisce fuori di un soffio. Conte si sbraccia a bordocampo gridando “vi ammazzo”. E dice a noi. Scusa mister, colpa nostra.

[caption id=”attachment_23318" align=”alignnone” width=”478"]

(il senso di colpa, la disperazione, il pentimento)[/caption]

Allo scadere, l’ottimo Pellè, dopo una partita tutta sponde e botte, si inserisce in area e chiama palla con gli occhi spalancati e il ditino alzato, come il tizio delle superiori seduto all’ultimo banco che per la prima volta in tutta la sua vita sa la risposta alla domanda. Candreva ,da prof misericordioso, gli concede la palla del 2–0.

Finita. Lo zio Bergomi ci rassicura saggiamente “sappiamo soffrire”. È quello che pensiamo anche noi mentre prepariamo il bicarbonato e ci diamo reciproche pacche di congratulazioni: un lavoro ben fatto. Abbiamo commesso degli errori. Abbiamo rischiato grosso. E forse qualcuno in Belgio ci ha aiutato, forse hanno spezzato gli spaghetti prima di metterli in acqua, forse non hanno mangiato lattuga romana, forse hanno condito la pizza con l’ananas…non lo sapremo mai: intanto godiamoci questa vittoria.

Articolo a cura di Claudio Balboni, con la partecipazione di Andrea Balboni, Francesca Bindelli, David Farina (sede di Milano), Riccardo Ribichini, Beatrice Vagnoni

--

--