In compagnia di uno straniero

ale fabi
Crampi Sportivi
Published in
4 min readMay 6, 2017

Tappa 1 — Alghero > Olbia, 206 km

Vincitore e leader: Lukas Pöstlberger

Pirazzi e Rugoni, che noia; Aru, che disdetta; Scarponi, che magone: un climax ascendente “per sottrazione”, questo, che rende già la vigilia un the show must go on. La festa di rito, sotto l’egida di Giorgia Palmas, rischia più volte di trasformarsi in una trash night cui Giuni Russo può adattarsi eccome, ma senza Alghero.

Dal divano, snobbare Eurosport sembra una scelta obbligata. La RAI se ne accorge, e per tutta risposta piazza un servizio-chicca su Giommaria Craboledda, eroe locale che a novant’anni è riuscito a pedalare per un’ora e ha fatto fortuna in Francia grazie ai peperoni. Poi, nell’ordine, ci si sganascia per: 1) Bruno Reverberi, che propone la radiazione per «qualche colione» (testuale) che infanga l’immagine dello sport; 2) i supereroi Marvel, corridori in costume al seguito del gruppo che taglia i villaggi; 3) i sorrisi di Davide Formolo (che comunque, nono alla Vuelta), regalati indiscriminatamente a tutti; 4) la cortesia di Sciandri, che apre barrette energetiche per conto di Nizzolo; 5) Marco Saligari, la cui passione da ex-pro lo porta a urlare a squarcia gola ad ogni collegamento, fin quando si lascia andare a un maccheronico «mia culpa» per bacchettare la strategia di Zhupa, ancora intento a bestemmiare per alcuni punti persi. Dulcis in fundo, il piccolo scatto d’ira di Martinello con la regia, colpevole di averlo pizzicato mentre la sua posizione, in cabina, è altamente diseducativa per chiunque. Nel complesso l’atmosfera è celebrativa: Bettini rischia l’approccio socio-antropologico e definisce il Giro come «la festa popolare più grossa che abbiamo»; Moser, che non sta nella pelle, pensa già alla duecentesima edizione.

Nell’anniversario della morte di Ginettaccio, il cinque maggio è caldo e ventoso: dice Andrea De Luca che i rifornimenti d’acqua giocheranno un ruolo essenziale, mentre la tappa, clamorosamente condotta nell’ottica del risparmio energetico, è percorsa tutta al di sotto delle medie previste (meno di 40 km/h alla fine). Io mi sento già un po’ sardo, e quando si arriverà a S. Teresa di Gallura mi sarò già identificato con il Gavino Ledda seienne, avrò già abbandonato la scuola e avrò deciso spontaneamente di seguire mio padre nei campi. Anti-omerico, in questo caso, il valore della fuga, fondamentale per la dimensione epica. E fin qui (a 85 km dall’arrivo e con 3’ di vantaggio sul gruppo) a fuggire sono in cinque, perché Maestri ha lasciato: alle tre -b (Benedetti, il polacco Bialoblocki e Brutt) vanno aggiunti Teklehaimanot, campione nazionale eritreo, e Zhupa, campione albanese. Mano a mano che il plotone si avvicina, maturano un paio di certezze: Zhupa è nervosetto, Benedetti brucia tutti al GPM (3 su 3) e Teklehaimanot si becca un sacco di punti.

Altri, e non pochi, i punti fermi. Alla Quickstep fanno di tutto per Gaviria, outsider dichiarato; Jungels, da cui ci si attende il salto (lo scorso anno sesto nella generale e miglior giovane), è eroico nello scortare il compagno alla volata, onorando il blasone lussemburghese e non risparmiandosi nemmeno per sbaglio; le quattro formazioni professional (Bardiani, Wilier Triestina, CCC Sprandi e Gazprom), invitate con wild card, stanno ampiamente ripagando i team manager e la fiducia degli organizzatori. La Orica, pure, non scherza. Ah: Greipel, favoritissimo, è inquadrato un po’ troppo spesso. Mentre Cattelan «vince insieme a un sacco di persone» e si sponsorizza uno shampoo alla caffeina, il gruppo ha ripreso più o meno un minuto (67 km, 2’ e 15” lo scarto): ci sono saliscendi a morire, Pozzato cazzeggia e il vento non è diminuito. Nibali si trova casualmente a due passi dal concentratissimo Nairo, su cui la pressione al momento non può farsi sentire. A tre quarti di tappa, il punto sembra essere che Thibaut Pinot è un grande; eppure, in RAI quasi lo gufano, ricordandone l’insofferenza al caldo e definendolo «naif» in quanto «contento solo quando vince».

A 55 km, ancora 2’ e 25”. Gli uomini Orica stanno delirando, perché il gemello buono Adam Yates va spinto nella generale, ma avere in squadra un finalizzatore come Ewan comporta dover spingere praticamente in ogni tappa. Il tutto senza Simon Yates, che andrà al Tour a fare le veci di Chaves: gli eroi della spinta sono Plaza e Tuft, due anzianotti già da tempo leggendari. La tentazione di abolire l’apostrofo e scrivere «lorica», lo ammetto, è dietro l’angolo. Il tutto si complica dopo che un’inquadratura su Rohan Dennis mi costringe a controllarne la carriera (oh, 2 ori mondiali nell’inseguimento su pista, altrettanti nelle cronosquadre su strada) e Garzelli ci spiega San Pantaleo, dove si toccherà il 9 %; Petacchi, tra le palme, ci ricorda che manca un’oretta (-42 km). Dumoulin quasi si ribalta in curva, e quando si arriva a -26 inizia la fatica: cede il polacco, che perde terreno.

Da qui, si vola. Boaro ha ancora tempo per i convenevoli, dicendo a Tuft di fare spazio. Brutt ci commuove, incitando gli altri membri del quartetto manco fossero tutti compagni di squadra: in discesa vanno agli 87, e tra i -20 e i -10 il gruppone è a trenta secondi. Movistar macina, CCC non demorde, Quickstep sprinta con una manovra corale e Gaviria fa gli scongiuri. Jungels idolo assoluto, Orica amministra. A tre chilometri e mezzo c’è il ricongiungimento, ed è tutto uno schizzare di divise fluorescenti; Mendes e Dillier cadono, perché la curva è troppo stretta. Ma se Olbia è ormai vicina, la volata non arriva. Lukas Pöstlberger, il più austriaco degli austriaci, sfrutta la scia e supera tutti, complice un varco lasciato dal suo omonimo Mezgec: dalla radio gli danno il via libera, Pöstlberger esegue e va in rosa. Niente da fare, nemmeno per Greipel.

Sul divano, lato destro, la fossa è già discreta.

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