In panchina stateci voi

Paolo Stradaioli
Crampi Sportivi
Published in
5 min readMay 5, 2017

Non è una citazione, anche se qualche volta probabilmente l’avrà urlato ad alcuni detrattori, convinti a ogni apertura del mercato che sia la volta buona per salutarlo e puntualmente smentiti dai fatti. La cantilena la sentiamo ormai da tre anni.

Il Manchester United vuole vendere Maroune Fellaini.

Sono veramente poche le squadre alle quali non è stato attributo un contatto con il procuratore del giocatore belga eppure arrivati a maggio, prima van Gaal e adesso Mourinho, hanno tirato un bel sospiro di sollievo. Magari in estate volevano liberarsene, ma avere Fellaini in squadra vuol dire poter accantonare la logica del bel gioco sull’altare di un’efficienza spaventosa per le reali doti tecniche del ragazzo.

Intendiamoci: Fellaini non è un fuoriclasse, tutt’altro. È un giocatore con evidenti limiti atletici che fatica a produrre gioco nella sua metà campo e subisce drastici cali di attenzione, che lo portano a essere dannoso per la sua squadra di tanto in tanto. Però stiamo parlando di un signore alto 194 centimetri, con un controllo del corpo da funambolo e un’indole al sacrificio difficile da trovare in un ragazzo pagato poco meno di 33 milioni e costretto ad apparire sempre meno tra i motivi per i quali guardare una partita dei Red Devils. Nonostante ciò il suo ruolo pivotale, perché di questo parliamo, è tutt’altro che celato. Sa fare quelle due cose (sponde e difesa del pallone) che spostano la manovra della squadra dalla difesa all’attacco senza accorgersene. Le seconde palle stanno diventando sempre di più l’arma prediletta da chi non ha i giocatori per imporre un dominio tecnico sull’avversario e Fellaini è una miniera di seconde palle. Se Luis Enrique avesse potuto disporre di un giocatore diverso nel doppio confronto con la Juventus, forse avrebbe scelto proprio il belga. Ma andiamo con ordine.

Partendo dalla personalità il ragazzo è già un equivoco. Sotto quella folta chioma afro, si cela una fragilità difficile da capire. Le critiche dei tifosi e degli addetti ai lavori possono ledere una persona, ma alla base ci deve essere qualcos’altro. In un’intervista molto informale, dentro un negozio di scarpe, Fellaini assomiglia ad un candidato che sta sostenendo un esame del quale sa poco e niente. Come se qualcosa (o qualcuno) gli avesse portato via la sicurezza di poter parlare liberamente del suo club, della sua situazione, del suo status di calciatore internazionale dimenticato.

Fellaini è un grosso equivoco tattico, ma lo è anche da un punto di vista più introspettivo. Probabilmente quello che gli riusciva molto bene prima di arrivare a Manchester adesso gli riesce meno bene e non tutti hanno le spalle tanto larghe da sopportare tre anni di dubbi, voci, rumours, eccetera. Su questo aspetto ha dovuto lavorare da subito un mago della persuasione come Mourinho, il quale ha chiamato Fellaini durante gli europei per testimoniargli la sua fiducia e la sua volontà nel trattenerlo a Old Trafford. L’ambiente intero di Manchester è più rilassato nei confronti del belga, merito soprattutto della sua importanza in un sistema che fatica ancora a essere riconoscibile, ma che almeno con lui in campo ha delle linee guida.

Nella tragica esperienza vangaliana alla guida dei Red Devils, ci sono pochissime cose da salvare. Una di queste è sicuramente l’utilizzo di Fellaini da “trequartista da seconde palle”. Il belga è un ariete; la sua capacità di fungere da target per i lanci del portiere o dei difensori è impossibile da riscontrare in altri giocatori. È una sorta di attaccante aggiunto, capace di concentrare le attenzioni della retroguardia avversaria e di conseguenza aprire il campo per i compagni. Caratteristica che non è sfuggita ai sapienti occhi di José Mourinho. Nel 2–0 ai danni del Chelsea, la combinazione di passaggi più frequente della partita è stata quella tra DeGea e Fellaini (12 passaggi). Per una squadra carente di giocatori in grado di saltare il primo pressing avversario (maggior ragione il primo pressing di Conte), avere uno sbocco così dominante nel gioco aereo è un’oasi per la faticosa manovra dello United.

Kanté non ha speranza e sulla riaggressione un’azione innocua si trasforma in una potenziale occasione da gol
Lettura della traiettoria, tiene a distanza l’avversario e appoggio morbido a Valencia

Più in generale, Fellaini diventa un’oasi per quelle partite in cui una squadra risulta ingabbiata dall’avversario e le soluzioni in faretra sono in esaurimento. Pensiamo ad esempio al ritorno dei quarti di Champions tra Barcellona e Juventus. La squadra di Luis Enrique ha sapientemente mosso il pallone nella trequarti avversaria, ma la solidità dei bianconeri in area di rigore non ha mai dato segni di sbandamento. Competere contro i giocatori bianconeri in fisicità era impossibile per i blaugrana, ma con Fellaini come sarebbe andata? Oltre a saper fare a sportellate (certe volte andando oltre il regolamento), l’ex Everton è un catalizzatore della manovra che avrebbe permesso ai vari Messi, Neymar, Rakitic, Iniesta di avventarsi sulle seconde palle e avere più conclusioni di qualità.

Meno della metà i contrasti aerei vinti dal Barcellona, in area appena 3 su 7. Un solo tiro nello specchio è la cartina tornasole di questa sudditanza sulle palle alte.

D’altronde per questo gioca nella squadra di Mou: aumentare la qualità delle conclusioni. Calciare con il pressing di un avversario è assai complesso, ma se quell’avversario è assorbito dal lavoro di Fellaini la faccenda diventa molto più elementare. FourFourTwo gli ha dedicato un’intervista incentrata su come vincere i duelli aerei in cui il ragazzo spiega per filo e per segno cosa vuol dire essere un “bersaglio” in Premier League, quanto lavoro si cela dietro un singolo colpo di testa magari effettuato a metà campo, senza che nessuno ci presti particolare attenzione. In questa stagione, Fellaini ha vinto 72 duelli aerei complessivi risultando primo tra i centrocampisti in campionato. Il fatto che il secondo, a quota 71, sia Pogba offre una dimensione abbastanza esaustiva del dominio fisico espresso dal Manchester United quando non è troppo impegnato a farsi del male da solo.

L’influenza di Pogba e Fellaini nella sfida contro il Chelsea

Quella del colpo di testa è un’arte vista con sospetto, attribuita a quei giocatori incapaci di esaltarsi palla al piede e quindi costretti a fare della parte superiore del corpo un’arma in più. Anche il duello aereo fa meno audience di un contrasto pulito palla a terra. Giocatori come Kanté o Naingolaan rubano l’occhio per lo sfoggio di equilibrio e atletismo che sprigionano nell’1vs1 difensivo ma un contrasto di testa è un intermezzo trascurabile di un’azione che aspetta di tornare al livello del mare. Questo “lavoro sporco” tuttavia deve essere sobbarcato da qualcuno e nessuno in giro per l’Europa riesce a imporre un dominio aereo come riesce tanto bene a Fellaini.

Non è un fuoriclasse, non è un giocatore sul quale costruire, non è un uomo spogliatoio, ma gioca per la squadra ed alimenta i risultati anche quando il gioco proposto direbbe altro. Appena Mourinho avrà trovato la quadra, forse Fellaini si accomoderà in panchina o finalmente farà i bagagli verso un’altra squadra alla disperata ricerca di un uomo da sacrificare tra le linee nemiche. Fino ad allora, rinunciare a Fellaini vorrebbe dire rinunciare a una fonte di gioco. Può piacere o meno, ma la panchina può attendere.

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