Io odio Mandzukic

Crampi Sportivi
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7 min readFeb 2, 2017

attaccante

at·tac·càn·te/

1.

aggettivo

Che conduce un’azione di attacco, nella guerra e nello sport.

“l’esercito a.”

2.

sostantivo maschile e femminile

Chi attacca.

È un fatto personale, personalissimo: io odio Mandzukic.

Lo odio perché da attaccante non attacca — nello specifico non segna — quanto dovrebbe e difende più di quanto gli è richiesto. Lo odio perché viene idolatrato perché fa qualcosa che non gli compete e che, a mio parere, non fa neanche così bene.

Odio il fatto che Mandzukic sia diventato insostituibile, quando penso che se giocasse qualcuno al posto suo lo farebbe almeno come lo fa Mandzukic, se non addirittura con più qualità. Odio Mandzukic perché è diventato un simbolo, una bandiera: se prima vedevi un cagnaccio che menava tutti per il campo gli davi del ringhiogattuso, ora invece gli dai del mariomandzukic.

La miglior partita dell’anno di Mandzukic

Trezeguet

Lo so, è una cosa sdolcinata, ma il mio malessere trae la sua origine proprio dal numero di maglia di Mandzukic. Quel 17 rimanda a un modo di stare in campo — più in generale di stare al mondo — antitetico rispetto all’interpretazione di Mandzukic. David Trezeguet, che nella mia testa è sinonimo di “attaccante”, stava in campo per una e una sola cosa, fare gol. Le sue partite erano fatte di galleggiamento sulla linea del fuorigioco, tagli sul primo palo, tiri in porta. Nessuna forma di pressing, nessun movimento incontro al portatore di palla, nessun ripiegamento, nessuna rincorsa. Si metteva una palla in mezzo e lui, preferibilmente al volo, di destro, di sinistro o di testa la metteva in porta. Stop. Efficiente, sintetico, pulito, elegantissimo, bello e puntuale.

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Mandzukic vede le partite come un cane vede un frisbee. Gli corre dietro, le insegue, le morde, ci sbava sopra. Affronta le difese come qualcosa da abbattere, non da superare. Sa che il suo ruolo è quello di infliggere dolore, ma lo fa nel modo sbagliato: coi calci anziché con i gol. Mandzukic combatte per tutto il campo, insegue tutti, ma nel suo posto al momento giusto non c’è e quando c’è spesso perdona.

David sul suo divano ha un attacco epilettico

Chiaro, ci troviamo in un’era calcistica differente da quella in cui “i Trezeguet” facevano la fortuna delle proprie squadre e un attaccante moderno ha l’obbligo di essere più mobile, più coinvolto nel gioco, più attivo nella fase difensiva. Ma gli attaccanti — moderni, post-moderni, freak, dada, impressionisti, nichilisti, romantici, fasci — prima di tutto segnano.

Tentativo pelvico

Difendere

Partecipare (molto) attivamente alla fase difensiva da parte di un attaccante è considerato un gesto nobile, una cosa per cuori puri. Ma c’è modo e modo di difendere, così come di attaccare, e difendere con foga mal posta può rivelarsi inutile e a volte dannoso. Mario Mandzukic è specializzato nel recupero palla da dietro: insegue uno che se lo sarebbe già lasciato alle spalle e, da dietro e possibilmente in scivolata, gli prende il pallone. Questa è una cosa che fa letteralmente impazzire la folla dello Juventus Stadium, i telecronisti e probabilmente tutta la famiglia Mandzukic, ma è un cosa sbagliata. Innanzitutto è rischiosa, perché è facile fare fallo e in una zona non pericolosa del campo, come quelle che solitamente occupa Mario, prendere un cartellino per un intervento da dietro è stupido.

Paletta contro l’irruenza nel gioco del calcio

In secondo luogo è inutile ai fini del gioco se la sua squadra è piazzata bene, e la Juve spesso lo è. Infatti se lui insegue un giocatore correndo indietro fino alla sua metà campo lascia l’attacco senza un uomo, il pallone probabilmente verrà recuperato da un suo compagno, il quale una volta in possesso della sfera non avrà nessuno in avanti da poter servire, perché appunto Mandzukic è tornato indietro. Quindi inseguire l’avversario su una ripartenza è giusto — e questo Mandzukic lo fa, non c’è che dire –, ma inseguirlo sempre no.

Mandzukic manda lo Stadium in delirio, ma questa palla l’ha già recuperata Pjanic

Altro fattore: Mandzukic quando raggiunge la zona difensiva è pericoloso, perché non ragiona da difensore. È irruento nelle zone calde del campo e difende individualmente e non di reparto (in quanto il suo reparto sarebbe un altro). La sua presenza in area di rigore è importante, va bene, ma pensare di buttarsi su tutti i palloni che passano in area è deleterio perché genera deviazioni, non recuperi. E le deviazioni in area puzzano, everybody knows it.

«Ancora! Tirate ancora!! Ancoraaaa!!!»

Il vero Mandzukic

Eppure avevo accolto molto positivamente l’arrivo di Mandzukic alla Juve, perché nella mia testa, oltre che uno tutto cuore e polmoni, Mario era uno che segnava tanto e male. Nella sua prima e unica stagione all’Atletico Madrid Mandzukic segna i primi 10 gol con il primo tocco e da una distanza dalla porta media di 4 metri.

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A fine stagione saranno 20 gol in 43 presenze tra tutte le competizioni.

Nonostante tutto il lavoro sporco, Mandzukic è presente in area, segna di tap-in, taglia forte sul secondo palo, domina nel gioco aereo. E il Mandzukic dello scorso anno, quello che ha lottato con Morata per la maglia da titolare, era questo: dieci dei suoi 13 gol in 36 partite li segna dentro l’area piccola. L’arrivo di Higuain e l’esplosione di Dybala, unita al suo “istinto di sopravvivenza”, hanno innescato un mutamento rapidissimo in lui. Mario, che non vuole essere la riserva di nessuno, realizza che per giocare deve differenziarsi. Il discorso tra il suo sé attaccante (MA) e il suo sé che vuole essere titolare nella Juve (MCVETNJ) deve essere andato più o meno così:

- MA: non m’importa chi viene, anno prossimo faccio 50 gol.

- MCVETNJ: dai Mario, sii realista, quello è una macchina, se vuoi fare stesse cose che fa lui questo anno scaldi posto a fianco Audero.

- SA: e c’hai ragione, ma io sono attaccante, cosa devo fare?

- MCVETNJ: Tranqui Mario, ci penso io…

Allegri

Chi riesce a capire prima le “cose” della Juve e le porta a proprio vantaggio è come al solito Massimiliano Allegri. Allegri parla la stessa lingua calcistica di Mandzukic: sa che il calcio è continuo mutamento, evoluzione, e chi si adatta prima e meglio vince. In assenza di Dybala, nella coppia Mandzukic-Higuain il primo faceva la punta, mentre il secondo doveva muoversi incontro per aiutare la squadra a creare gioco (i gol con Napoli e Roma Gonzalo li fa “da dietro” Manzukic). Ma Mario, rincorrendo, non allunga la squadra, anzi se è possibile ne abbassa il baricentro.

Al ritorno di Dybala Allegri schiera Mandzukic a sinistra — consentendogli di smettere di fare l’attaccante e dedicarsi finalmente a inseguire le lepri — e lascia il ruolo del 9 a Higuain, che, tra le altre cose, ora vede anche meglio la porta. E siccome «Mario è un giocatore tecnico» (cit.), il suo ruolo da esterno sinistro, con meno pressione e più spazio per la sua locura, paga dividendi importanti. La sua capacità di difendere il pallone e imporsi nel gioco aereo ne fa il punto di riferimento per tutte le giocate lunghe, che la Juve alterna al palleggio basso per uscire rapidamente dalla pressione alta degli avversari (Mario è il preferito di Buffon). Il suo movimento dentro il campo libera spazio per la discesa del terzino di parte, che lui è molto bravo a servire (vedi Asamoah contro il Milan). Partendo più indietro Mario non deve rincorrere, ma può difendere di fisico, occupando gli spazi e portando i raddoppi senza strappi da invasato e con più ratio.

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Mandzukic quando gli parte la brocca fa i colpi di tacco e gli escono bene.

Insostituibile

Ma è davvero così difficile far mettere seduto Mandzukic? Per lunghi tratti di questa stagione effettivamente lo è stato, più che altro per questioni numeriche: non c’erano attaccanti in rosa. Ma con l’organico al completo che consente alla Juve di giocare il nuovo modulo con interpreti “ortodossi” — vedi Pjaca — potremo vedere il croato accomodarsi tra Sturaro e Neto? La mia impressione è che Mario in questo momento giochi più per il suo atteggiamento che per delle effettive questioni tecnico-tattiche. Lui è l’esempio da seguire per una squadra colma di talento che in Italia vince tutto da un’era geologica e per inseguire ancora il successo deve avere fame, deve lottare contro la propria soddisfazione. Mandzukic smuove il senso di colpa dei compagni, tanto che perfino Higuain, “mister novanta miliardi di milioni di miliardi” si sente in dovere di rincorrere gli avversari da area ad area.

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La verità è che odio Mandzukic come si odia tutto ciò che immaginavi meraviglioso e poi si rivela solo molto importante. Essenziale, ma spoglio di meraviglia. Come il paradiso con le nuvole di zucchero filato che poi invece ti accorgi che è fatto solo di vapore acqueo e, toh, qualche scia chimica. Alla fine sempre di paradiso si tratta, però c’è meno dolcezza e più chimica. Mario continuerà a inseguire i frisbee e a sbavarli, perché è questo che manda il pubblico in delirio e che comunque gli permette di stare in campo. E forse mi deciderò a imparare da lui ciò che devo imparare, e cioè che se a un certo punto la vita ti mette di fianco Higuain, devi trovare un modo nuovo, originale e non per forza piacevole, per farti voler bene.

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